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Autore: _Trixie_    09/03/2013    3 recensioni
Raccolta di sei storie partecipante al "Fluff Fest Challenge".
Momenti di vita di Callie e Arizona, per la maggior slice of life dai toni decisamente fluff.
1. Di costumi, guardie e castelli - «Un chirurgo ortopedico che non sa costruire un castello di sabbia!»
2. Di scii, montagna e oceano - «Preferisco vederti addosso un bikini invece che una tuta da sci»
3. Di viaggi, anniversari e occhi - «Ti rendi conto di aver appena rimproverato la tua vecchia madre, vero?»
4. Di acqua, tuffi e sorrisi - «Ed è inutile che fingi, so che sei rimasta senza fiato non appena mi hai vista»
5. Di scommesse, inviti e labbra - «Tango, donna. Se vinco, prendiamo lezioni di tango!»
6. Di imbarazzo, curve e attese - Perciò, sul serio, il mondo può aspettare in eterno.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From the summer to the spring. '
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Autore:_Trixie_
Fandom: Grey’s Anatomy.
Personaggi: Calliope Torres, Arizona Robbins.
Pairing: Callie/Arizona.
Genere: fluff, romantico, slice of life.
Rating: verde.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono e non ne detengo i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. 
Tabella: Estate.
Prompt: 04. Tuffi
Note: Vorrei solo ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi lasciate ad ogni capitolo, davvero, voi sì che sapete come rendere felice una fanwriter! ;D
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, buona lettura!
 
 
 

Di acqua, tuffi e sorrisi

 
Aveva l’abitudine di andare in piscina almeno un paio di volte la settimana, di più quando i suoi turni avevano durate accettabili.
«Nuotare mi rilassa» mi diceva con un sorriso. Io mi limitavo a scrollare le spalle, senza capire come dell’attività fisica potesse aiutare il suo corpo a rilassarsi, dopo aver passato ore in sala operatoria.
Un giorno come tanti altri passai di fronte alla piscina in auto, con il baule carico della spesa appena fatta. Fosse stato per Arizona ci saremmo nutrite di pizza e take-away ad ogni pasto.
La riconobbi, nel via vai di gente che entrava e usciva dall’ingresso del basso edificio, e senza quasi riflettere rallentai la macchina, accostai e parcheggiai.
Aspettai qualche minuto per essere sicura di non incontrarla, poi la seguii all’interno della piscina. L’odore di cloro mi invase le narici non appena misi un piede all’interno, cogliendomi di sorpresa.
Mi guardai intorno spaesata, senza sapere dove andare. L’atrio era piccolo, con una grande vetrata da un lato che dava sulle piscine, e il soffitto basso. Un cartello alla mia destra puntato verso una stretta scala recitava tribune.
Un uomo anziano mi superò e salì le scale e io, fingendo sicurezza, lo imitaii. Arrivata in cima mi ritrovai in una stanza non dissimile dall’atrio sottostante, con un’intera parete di vetro. C’erano anche diverse sedie dall’aria decisamente scomoda, cui non mi sarei mai riferita con il termine tribune. Molte erano occupate da gruppetti di donne impegnate in concitate discussioni, che rivolgevano ogni tanto uno sguardo indagatore verso il basso, dove probabilmente i loro figli seguivano qualche corso.
Mi sedetti nel luogo più appartato possibile e guardai verso la piscina, alla ricerca di quei capelli biondi a me tanto familiari. Passarono alcuni minuti prima che riuscissi a scorgerla. Camminava leggerla sul bordo della vasca più grande, coperta solo dal costume intero che le avevo regalato lo scorso Natale.
Aiutandosi con la scaletta entrò in acqua e, anche se eravamo incredibilmente lontane l’una dall’altra, potrei scommettere che le venne la pelle d’oca, dal modo in cui si strinse per un attimo le braccia intorno al corpo, prima di prendere coraggio e immergersi completamente. Si diede una breve spinta con le gambe e poi iniziò a nuotare, percorrendo la piscina da un capo all’altro, roteando ritmicamente le braccia, sbattendo con forza le sue belle gambe, prendendo respiro con regolarità.
Sorrisi mentre la osservavo percorrere una vasca dopo l’altra, instancabile, fermandosi solo per brevi secondi tra lunghi intervalli di tempo.
Non mi accorsi di essermi incantata se non quando una donna mi urtò passandomi accanto.
«Mi scusi, sono così sbadata!» esclamò, voltandosi verso di me.
«Non si preoccupi» sibilai a denti stretti, simulando un sorriso e nascondendo l’irritazione per essere stata distratta dall’osservare la mia ragazza.
«Non l’ho mai vista da queste parti» disse, simulando un tono di casualità.
«Infatti, è la prima volta che vengo» ammisi, lanciando rapide occhiate alla piscina dove Arizona stava ancora nuotando.
«Suo figlio ha appena iniziato un corso?»
Evidentemente la sua smania di pettegolezzi non conosceva pudore.
«No» risposi brusca. «Ho accompagnato la mia fidanzata».
Il che eraquasi vero.
La vidi storcere il naso e lanciarmi un’occhiata di disprezzo, prima che si allontanasse senza aggiungere una parola.
Al mio cervello occorse qualche istante per elaborare la reazione di una cittadina di Seattle del ventunesimo secolo. Aveva problemi con le relazioni omosessuali.
Quella constatazione mi provocò più sorpresa che rabbia, lasciandomi poi rassegnata e amareggiata. La ristrettezza mentale delle persone è spesso causa di dolore. Il lo sapevo bene, metà della mia famiglia faticava a parlare di me senza provare vergogna.
Scossi la testa, allontanando quella donna dalla mia mente per concentrarmi sull’unica che amavo.
Gemetti quando non la ritrovai in acqua. La piscina si era lentamente svuotata, i nuotatori rimasti erano una manciata, il sole stava tramontando e gli ultimi raggi illuminavano delicatamente l’acqua.
Preoccupata che anche Arizona avesse deciso di andarsene, percorsi la piscina in lungo e in largo con gli occhi. Infine la scorsi, con mio grande sollievo, sulla cima del trampolino più alto, pronta a tuffarsi.
La osservai incuriosita unire le mani sopra la testa e flettere le ginocchia, ma a quello che vidi dopo non ero affatto preparata.
Si tuffò con una grazia disarmante, lanciandosi sicura verso la piscina. Durò un battito di ciglia, ma bastò per lasciarmi a bocca aperta. Quando infine toccò l’acqua, immergendosi in essa e sollevando più schizzi di quanto avrei creduto possibile per la sua esile figura, fu come se si fosse tuffata nel mio cuore, sollevando una gioia che si trasformò in un sorriso sul mio volto.
Guardai ammaliata Arizona uscire dall’acqua e camminare velocemente sul bordo della piscina, facendo un cenno di saluto al bagnino prima di sparire oltre una porta che nascose il suo corpo perfetto ai miei occhi.
Rimasi seduta immobile ad accarezzare il ricordo di quel suo tuffo per qualche minuto, prima di trovare la forza di alzarmi e aspettare Arizona all’ingresso della piscina.
L’attesa mi parve interminabile e quando finalmente la vidi, con i capelli ancora umidi e gli occhi lievemente arrossati, non le diedi il tempo di stupirsi prima di baciarla. La sentii rispondere dopo un secondo di smarrimento e quando infine mi separai da lei, il suo sorriso mi scaldò il cuore.
«Calliope! Cosa succede?» domandò smarrita.
«Ti ho visto. Ti ho visto tuffarti, intendo, e anche nuotare. E sei stata così… incredibile, Arizona» spiegai, prima di lasciarle ancora un bacio a fior di labbra.
La vidi arrossire e mordersi le labbra. Il modo in cui ancora reagiva ai miei complimenti mi scaldava il cuore.
Mi prese per mano e insieme uscimmo dalla piscina.
«Perché la prossima volta non vieni con me?» propose. «Non a vedermi, ma a nuotare» specificò poi.
«Perché non potrei reggere il confronto con la tua resistenza fisica. Anche se in costume sono molto più sexy io» la stuzzicai, mentre mi dirigevo verso l’auto. «Sei a piedi?» aggiunsi poi, guardandola.
«Sì, sono a piedi. Ed è inutile che fingi, so che sei rimasta senza fiato non appena mi hai vista».
Le risposi con una smorfia divertita, ben sapendo che aveva ragione, mentre le aprivo la portiera dal lato del passeggero.
Mi misi dal lato del guidatore e misi in moto.
«Pensa in che situazione mi trovo io, che rimango senza fiato anche quando indossi una vecchia tuta» sospirò sconsolata, prima di sporgersi verso di me e baciarmi di nuovo.
Decisi immediatamente che da quel momento in poi l'avrei accompagnata in piscina ogni volta che fosse stato possibile.
 

   
 
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