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Autore: _Miokie    10/03/2013    5 recensioni
"Uccido i demoni sulla terra perché quelli nella mia mente non possono morire".
In città è arrivata una ragazza avvolta da un mantello e dai lunghi capelli vermigli.
[Avvertimento per coloro che leggono, la storia che vi accingerete a leggere si rifà agli avvenimenti presenti nell' anime ispirato dalla saga dei videogiochi di Devil May Cry ]
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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E buongiorno anche a te, ennesima giornata di pioggia che mi farà inzuppare da testa a piedi nel giro di dieci minuti. Le gocce che sbattevano insistenti sul vetro incrinato della finestra mi hanno svegliato dallo stato di dormiveglia in cui ero entrata da poco.
Oltre alla pioggia oggi c’è anche vento forte e io mi devo fare mezza città a piedi. Benissimo!


Distesa, o quasi, su quel letto striminzito, mi passa quasi la voglia di alzarmi per andare a prepararmi, nonostante sappia che Dante mi sta aspettando alla Devil May Cry. Eppure il mal tempo fa sembrare anche quel letto scomodo e con le lenzuola bucate, il posto più comodo del mondo.
Alla fine mi arrendo, anche perché fissare il soffitto ammuffito inizia ad annoiarmi, e vado al bagno. Mi do una lavata veloce e mi sistemo. Purtroppo però, anche con quel cerchietto nero, i miei capelli non potranno mai sembrare in ordine. Specialmente per la frangetta che ricade da un lato coprendomi gran parte della fronte e dell’occhio sinistro.
Mi guardo più attentamente allo specchio, poggiandomi con le mani sul lavandino. Ho l’aria stanca, sono anche più pallida del solito. Invece di ventiquattro anni ne dimostro dieci o quindici di più.
Mi stacco da quell’orribile riflesso e mi cambio velocemente la maglia, mettendomene una nera e aderente. Ritorno come un fulmine nella camera e la zaffata di odore di chiuso mi sovrasta. In un secondo mi ritrovo con la schiena contro la porta del bagno, seduta per terra a tenermi stretto tra due dita il setto nasale. Ci mancava solo il calo di pressione questa mattina! Ma dopo una nottata quasi in bianco, sembra il minimo che possa succedermi.
Lentamente mi stendo sul pavimento, facendo aderire la schiena sul linoleum bluastro e, sempre con molta calma, alzo le gambe facendo poggiare i piedi sul muro davanti a me.
Cerco di fare dei respiri profondi mentre tra il pollice e l’indice mi tengo saldamente la base del naso. L’altra mano invece, vaga sul pavimento alla ricerca della bottiglia d’acqua che l’altra notte ho lasciato vicino al letto alle mie spalle. E quando le mie dita incontrano la plastica della bottiglia, la afferro e me la porto vicino, in attesa di potermi riprendere.
Piano piano inizio a riprendere colore e a sentirmi leggermente meglio.
Provo a poggiarmi di nuovo sulla porta del bagno e con un braccio mi sollevo, anche se a fatica. Prendo piccoli sorsi d’ acqua e anche la testa non mi gira più.
Lancio un’occhiata alla scatola bianca e blu sul comodino e forse è quasi ora di andare a fare una visita dal medico. Purtroppo per me le medicine non si rigenerano nella confezione ma soprattutto i miei sbalzi di pressione si stanno facendo sempre più frequenti e la cosa è alquanto preoccupante.

Incappucciata e il bordo del mantello a coprirmi mezza faccia con le intemperie non accennano a fermarsi, prego solo in un miracolo.
Miracolo che però non si è realizzato visto che busso da dieci minuti alla porta dell’agenzia ma nessuno mi risponde.
- Dante! Ci sei? Puoi aprirmi per favore!! Sono Beatrix!!- ma nulla, mi sgolo a più non posso ma la porta è mai stata aperta da nessuno.
La cosa positiva è che nel vicolo non arriva il vento quindi sono solo costretta alla pioggia insistente e gelida.
Poggio la schiena contro il muro noncurante del mantello che si sta bagnando e aspetto che qualcuno arrivi ad aprirmi la porta iniziando a colpire con la suola di ferro degli anfibi la porta di legno, vecchia di chissà quanti anni.
Che Dante non sia ancora arrivato non mi stupisce, in fondo sono le nove di domenica mattina.
Però mi stupirebbe ancora meno che si sia addormentato davanti alla scrivania o sul divano. In fondo nell’ultima settimana che sono venuta qui sono state più le volte che l’ho trovato in quello stato che quelle dove stava tranquillamente seduto a parlare al telefono o ad ascoltare vecchi dischi rock dal suo juke-box. Un tipo molto tranquillo, dice Morrison, io dico che semplicemente non ha niente di meglio da fare e che ha davvero molti pochi contatti con la gente. Non che io sia diversa dai lui, anzi. Forse io ho avuto molti meno approcci con le persone rispetto a lui, quindi in parte posso anche capirlo ed è per questo che non mi sono mai arrabbiata con lui. Non è da me arrabbiarmi in generale, mi irrito sì, ma non perdo mai le staffe. Come ad esempio nella locanda il primo giorno che sono stata in città. Già quel tizio mi dava sui nervi di per sé, in più si è messo a parlare su quanto fossi inappropriata nel suo locale. Se avesse continuato ancora gli avrei mostrato volentieri cosa volesse dire essere inappropriati con l’aiuto della mia fidata Justice.
Oh cavolo no, La Justice! Me la sono dimenticata in motel, maledizione!
Di corsa faccio per tornare indietro ma appena svoltato l’angolo mi imbatto in Morrison. Sia lodata la sua presenza nei momenti più opportuni!
-Beatrix! Sei rimasta di nuovo fuori?-
-Sì, ma non è questo il problema. Ho lasciato la mia spada in motel e oggi dovevo lasciare la stanza. Devo assolutamente tornare a prenderla prima che…-
-Va bene ho capito, ci penso io.- Posa le sue mani sulle spalle e mi allunga un mazzetto di chiavi. –Ci penso io, tu entra nello studio, altrimenti rischi di prenderti un malanno.-
Afferro le chiavi e torno verso la Devil May Cry.


Dentro fa molto più caldo e una volta chiusa la porta alle mie spalle mi faccio assalire dal confortante tepore mentre mi libero del mantello e degli anfibi bagnati, poggiandoli sul termosifone accanto all’ingresso.
Dante non è nello studio, forse in camera.
Salgo le scalette che portano nel retro del locale dove ci sono poche stanze: un bagno, una cucina e due camere da letto.
Una delle due stanze ha la porta semiaperta e dentro, su un letto spoglio di qualsiasi lenzuolo, dorme placidamente Dante. Ancora con i vestiti del giorno prima, se ne sta steso a pancia su. Un braccio che penzola fuori dal materasso e l’altro sull’addome, il petto che si alza e si abbassa al ritmo dei suoi respiri profondi. Faccio per passare oltre e dirigermi verso la cucina ma il pavimento di legno scricchiola sotto i miei piedi. Sento mugugnare nella stanza accanto e quando mi volto c’è Dante seduto sul letto a stropicciarsi gli occhi.
-Abbiamo il sonno leggero?- commento scherzosa. Anche se in realtà non mi sento in vena di scherzi: un pavimento che scricchiola ti sveglia subito, ma una ragazza che bussa alla tua porta urlando di aprirti no eh?
Lui anche ha un’aria molto poco divertita. Non deve essere stata una nottata facile anche per lui.
-Vuoi un caffè?- gli chiedo. Si limita ad annuire e a ristendersi sul letto, con un braccio sul viso. Sorrido leggermente e vado in cucina.


Quando torno con le due tazze in mano sento la voce di Dante nello studio mentre parla al telefono. Scendendo le scalette vedo anche che è arrivato Morrison e la mia spada è poggiata sul tavolo da biliardo.
In fretta poggio i due caffè sulla scrivania e vado a controllare che la lama o l’impugnatura non si siano bagnati sotto la pioggia. Per fortuna no, tiro un sospiro di sollievo e ringrazio Morrison.
-Ti devo un favore, sono molto legata alle mie armi.- lui mi rivolge un sorriso cortese e mi porge la tazza di caffè che mi ero preparata poco prima.
Mi siedo sul divano a gambe incrociate prestando attenzione alla telefonata di Dante.-Nella periferia sud? Certo, allora verremo oggi pomeriggio a dare un’occhiata, dica ai residenti di quella zona di rimanere chiusi dentro casa.- dice con tono serio. Eppure sulle labbra ha un sorrisetto strano, che si amplia quando lo guardo interrogativa. Se fosse un nuovo lavoro allora sarebbe un guaio: i demoni non avrebbero potuto scegliere giorno peggiore per uscire allo scoperto. Dopo il calo di pressione, non sono molto in forze.
Dante chiude la telefonata e prima di iniziare a bere il suo caffè si strofina le mani febbricitante.
-Oggi pomeriggio ci sarà il tuo “esame di ammissione”- così usa chiamarlo, neanche fosse un’accademia. –Ora però dimmi- continua –Adesso che hai lasciato la tua stanza in Motel dove andrai?- Lasciato non è proprio il termine adatto, perché in pratica mi hanno buttato fuori a calci. Non ne potevano più di vedermi andare avanti e indietro con spadoni affilati in spalla e tutto il resto dell’artiglieria.
-Dovrò cercarmi un altro posto, ho visto che ci sono altri Motel in questa zona, così sarò più vicina all’agenzia.-
Vedo i due uomini guardarsi per qualche secondo, poi il sorriso di Dante si amplia ancora. -Facciamo così, se lavorerai con me, vivrai qui. Ho una stanza in più e posso benissimo darla a te-.
Lì per lì non me la sarei aspettata una richiesta del genere, però in fondo se dovessimo diventare colleghi non farebbe che comodo no? Specialmente per il mestiere praticato, dove gli incarichi possono arrivare anche nel bel mezzo della notte. –Va bene- dico e finisco il mio caffè.

Verso l’ora di pranzo Morrison è andato via dicendoci di chiamarlo una volta tornati alla Devil May Cry dall’incarico, lasciandomi così, sola con Dante e la pizza. Da una settimana che passo le mie giornate qui, credo di non aver mai mangiato altre cose oltre la pizza. Per fortuna non sono esigente in fatto di gusti e mi accontento di quello che ho sul piatto.
-A che ora andiamo sul posto?- chiedo distrattamente mentre addento la terza fetta di una prosciutto e funghi che è da leccarsi i baffi.
-Giusto il tempo di sistemare alcune cose dopo pranzo.-
Così è stato infatti, dopo aver mangiato quella pizza gigante che sembrava non finire mai, Dante ha chiamato Morrison per avvisarlo che lasciavamo il negozio, ha indossato la sua giacca rosso cremisi e io il mio mantello col cappuccio a coprirmi fin sopra gli occhi.
Spade in spalla e pistole nelle fondine, ci siamo avviati verso il luogo dell'incarico. Praticamente dall'altra parte della città, fortunatamente non troppo grande da non poterla attraversare a piedi. La cosa più seccante è la pioggia che non ha mai cessato un istante di scendere a secchiate.
Raggiungiamo un luogo spento con tante case ammucchiate su un lato, mentre nell'altro pochi negozi o palazzi inutilizzati con finestre rotte e muri semi distrutti.
Al primo fruscio ci giriamo di scatto, la mano già pronta sull'elsa. Un altro fruscio alle nostre spalle e ci voltiamo ancora.
Occhi gialli, ridotti a due fessure maligne che ci fissano famelici.



L'angolo di Lilith!
Sì, lo so sono pessima. Per questo capitolo vi ho fatto aspettare tantissimo, chiedo umilmente venia ç___ç *va nell'angolino*
Spero che riusciate a perdonarmi e che sopratutto vi sia piaciuto, recensite in tanti e fatemi sapere quanti svarioni grammaticali-ortografici ho fatto e che non ho visto.

Baci, Lilith.
  
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