E
buongiorno anche a
te, ennesima giornata di pioggia che mi farà inzuppare da
testa a
piedi nel giro di dieci minuti. Le gocce che sbattevano insistenti
sul vetro incrinato della finestra mi hanno svegliato dallo stato di
dormiveglia in cui ero entrata da poco.
Oltre alla pioggia
oggi c’è anche vento forte e io mi devo fare mezza
città a piedi.
Benissimo!
Distesa,
o quasi, su
quel letto striminzito, mi passa quasi la voglia di alzarmi per
andare a prepararmi, nonostante sappia che Dante mi sta aspettando
alla Devil May Cry. Eppure il mal tempo fa sembrare anche quel letto
scomodo e con le lenzuola bucate, il posto più comodo del
mondo.
Alla fine mi
arrendo, anche perché fissare il soffitto ammuffito inizia
ad
annoiarmi, e vado al bagno. Mi do una lavata veloce e mi sistemo.
Purtroppo però, anche con quel cerchietto nero, i miei
capelli non
potranno mai sembrare in ordine. Specialmente per la frangetta che
ricade da un lato coprendomi gran parte della fronte e
dell’occhio
sinistro.
Mi guardo più
attentamente allo specchio, poggiandomi con le mani sul lavandino. Ho
l’aria stanca, sono anche più pallida del solito.
Invece di
ventiquattro anni ne dimostro dieci o quindici di più.
Mi stacco da
quell’orribile riflesso e mi cambio velocemente la maglia,
mettendomene una nera e aderente. Ritorno come un fulmine nella
camera e la zaffata di odore di chiuso mi sovrasta. In un secondo mi
ritrovo con la schiena contro la porta del bagno, seduta per terra a
tenermi stretto tra due dita il setto nasale. Ci mancava solo il calo
di pressione questa mattina! Ma dopo una nottata quasi in bianco,
sembra il minimo che possa succedermi.
Lentamente mi stendo
sul pavimento, facendo aderire la schiena sul linoleum bluastro e,
sempre con molta calma, alzo le gambe facendo poggiare i piedi sul
muro davanti a me.
Cerco di fare dei
respiri profondi mentre tra il pollice e l’indice mi tengo
saldamente la base del naso. L’altra mano invece, vaga sul
pavimento alla ricerca della bottiglia d’acqua che
l’altra notte
ho lasciato vicino al letto alle mie spalle. E quando le mie dita
incontrano la plastica della bottiglia, la afferro e me la porto
vicino, in attesa di potermi riprendere.
Piano piano inizio a
riprendere colore e a sentirmi leggermente meglio.
Provo a poggiarmi di
nuovo sulla porta del bagno e con un braccio mi sollevo, anche se a
fatica. Prendo piccoli sorsi d’ acqua e anche la testa non mi
gira
più.
Lancio un’occhiata
alla scatola bianca e blu sul comodino e forse è quasi ora
di andare
a fare una visita dal medico. Purtroppo per me le medicine non si
rigenerano nella confezione ma soprattutto i miei sbalzi di pressione
si stanno facendo sempre più frequenti e la cosa
è alquanto
preoccupante.
Incappucciata
e il bordo del mantello a coprirmi
mezza faccia con le intemperie non accennano a fermarsi, prego solo in
un miracolo.
Miracolo che però
non si è realizzato visto che busso da dieci minuti alla
porta
dell’agenzia ma nessuno mi risponde.
- Dante! Ci sei?
Puoi aprirmi per favore!! Sono Beatrix!!- ma nulla, mi sgolo a
più
non posso ma la porta è mai stata aperta da nessuno.
La cosa positiva è
che nel vicolo non arriva il vento quindi sono solo costretta alla
pioggia insistente e gelida.
Poggio la schiena
contro il muro noncurante del mantello che si sta bagnando e aspetto
che qualcuno arrivi ad aprirmi la porta iniziando a colpire con la
suola di ferro degli anfibi la porta di legno, vecchia di
chissà
quanti anni.
Che Dante non sia
ancora arrivato non mi stupisce, in fondo sono le nove di domenica
mattina.
Però mi stupirebbe
ancora meno che si sia addormentato davanti alla scrivania o sul
divano. In fondo nell’ultima settimana che sono venuta qui
sono
state più le volte che l’ho trovato in quello
stato che quelle
dove stava tranquillamente seduto a parlare al telefono o ad
ascoltare vecchi dischi rock dal suo juke-box. Un tipo molto
tranquillo, dice Morrison, io dico che semplicemente non ha niente di
meglio da fare e che ha davvero molti pochi contatti con la gente.
Non che io sia diversa dai lui, anzi. Forse io ho avuto molti meno
approcci con le persone rispetto a lui, quindi in parte posso anche
capirlo ed è per questo che non mi sono mai arrabbiata con
lui. Non
è da me arrabbiarmi in generale, mi irrito sì, ma
non perdo mai le
staffe. Come ad esempio nella locanda il primo giorno che sono stata
in città. Già quel tizio mi dava sui nervi di per
sé, in più si è
messo a parlare su quanto fossi inappropriata nel suo locale. Se
avesse continuato ancora gli avrei mostrato volentieri cosa volesse
dire essere inappropriati con l’aiuto della mia fidata
Justice.
Oh cavolo no, La
Justice! Me la sono dimenticata in motel, maledizione!
Di corsa faccio per
tornare indietro ma appena svoltato l’angolo mi imbatto in
Morrison. Sia lodata la sua presenza nei momenti più
opportuni!
-Beatrix! Sei
rimasta di nuovo fuori?-
-Sì, ma non è
questo il problema. Ho lasciato la mia spada in motel e oggi dovevo
lasciare la stanza. Devo assolutamente tornare a prenderla prima
che…-
-Va bene ho capito,
ci penso io.- Posa le sue mani sulle spalle e mi allunga un mazzetto
di chiavi. –Ci penso io, tu entra nello studio, altrimenti
rischi
di prenderti un malanno.-
Afferro le chiavi e
torno verso la Devil May Cry.
Dentro
fa molto più
caldo e una volta chiusa la porta alle mie spalle mi faccio assalire
dal confortante tepore mentre mi libero del mantello e degli anfibi
bagnati, poggiandoli sul termosifone accanto all’ingresso.
Dante non è nello
studio, forse in camera.
Salgo le scalette
che portano nel retro del locale dove ci sono poche stanze: un bagno,
una cucina e due camere da letto.
Una delle due stanze
ha la porta semiaperta e dentro, su un letto spoglio di qualsiasi
lenzuolo, dorme placidamente Dante. Ancora con i vestiti del giorno
prima, se ne sta steso a pancia su. Un braccio che penzola fuori dal
materasso e l’altro sull’addome, il petto che si
alza e si
abbassa al ritmo dei suoi respiri profondi. Faccio per passare oltre
e dirigermi verso la cucina ma il pavimento di legno scricchiola
sotto i miei piedi. Sento mugugnare nella stanza accanto e quando mi
volto c’è Dante seduto sul letto a stropicciarsi
gli occhi.
-Abbiamo il sonno
leggero?- commento scherzosa. Anche se in realtà non mi
sento in
vena di scherzi: un pavimento che scricchiola ti sveglia subito, ma
una ragazza che bussa alla tua porta urlando di aprirti no eh?
Lui anche ha un’aria
molto poco divertita. Non deve essere stata una nottata facile anche
per lui.
-Vuoi un caffè?-
gli chiedo. Si limita ad annuire e a ristendersi sul letto, con un
braccio sul viso. Sorrido leggermente e vado in cucina.
Quando
torno con le
due tazze in mano sento la voce di Dante nello studio mentre parla al
telefono. Scendendo le scalette vedo anche che è arrivato
Morrison e
la mia spada è poggiata sul tavolo da biliardo.
In fretta poggio i
due caffè sulla scrivania e vado a controllare che la lama o
l’impugnatura non si siano bagnati sotto la pioggia. Per
fortuna
no, tiro un sospiro di sollievo e ringrazio Morrison.
-Ti devo un favore,
sono molto legata alle mie armi.- lui mi rivolge un sorriso cortese e
mi porge la tazza di caffè che mi ero preparata poco prima.
Mi siedo sul divano
a gambe incrociate prestando attenzione alla telefonata di Dante.-Nella
periferia
sud? Certo, allora verremo oggi pomeriggio a dare
un’occhiata, dica
ai residenti di quella zona di rimanere chiusi
dentro casa.- dice con tono serio. Eppure sulle labbra ha un
sorrisetto strano, che si amplia quando lo guardo interrogativa. Se
fosse un nuovo lavoro allora sarebbe un guaio: i demoni non avrebbero
potuto scegliere giorno peggiore per uscire allo scoperto. Dopo il
calo di pressione, non sono molto in forze.
Dante chiude la
telefonata e prima di iniziare a bere il suo caffè si
strofina le
mani febbricitante.
-Oggi pomeriggio ci
sarà il tuo “esame di ammissione”-
così usa chiamarlo, neanche
fosse un’accademia. –Ora però dimmi-
continua –Adesso che hai
lasciato la tua stanza in Motel dove andrai?- Lasciato non è
proprio il termine adatto, perché in pratica mi hanno
buttato fuori
a calci. Non ne potevano più di vedermi andare avanti e
indietro con
spadoni affilati in spalla e tutto il resto dell’artiglieria.
-Dovrò cercarmi un
altro posto, ho visto che ci sono altri Motel in questa zona,
così
sarò più vicina all’agenzia.-
Vedo i due uomini
guardarsi per qualche secondo, poi il sorriso di Dante si amplia
ancora. -Facciamo così, se lavorerai con me, vivrai qui. Ho
una
stanza in più e posso benissimo darla a te-.
Lì per lì non me
la sarei aspettata una richiesta del genere, però in fondo
se
dovessimo diventare colleghi non farebbe che comodo no? Specialmente
per il mestiere praticato, dove gli incarichi possono arrivare anche
nel bel mezzo della notte. –Va bene- dico e finisco il mio
caffè.
Verso
l’ora di
pranzo Morrison è andato via dicendoci di chiamarlo una
volta
tornati alla Devil May Cry dall’incarico, lasciandomi
così, sola
con Dante e la pizza. Da una settimana che passo le mie giornate qui,
credo di non aver mai mangiato altre cose oltre la pizza. Per fortuna
non sono esigente in fatto di gusti e mi accontento di quello che ho
sul piatto.
-A che ora andiamo
sul posto?- chiedo distrattamente mentre addento la terza fetta di
una prosciutto e funghi che è da leccarsi i baffi.
-Giusto il tempo di
sistemare alcune cose dopo pranzo.-
Così è stato
infatti, dopo aver mangiato quella pizza gigante che sembrava non
finire mai, Dante ha chiamato Morrison per avvisarlo che lasciavamo
il negozio, ha indossato la sua giacca rosso cremisi e io il mio
mantello col cappuccio a coprirmi fin sopra gli occhi.
Spade in spalla e
pistole nelle fondine, ci siamo avviati verso il luogo dell'incarico.
Praticamente dall'altra parte della città, fortunatamente
non troppo
grande da non poterla attraversare a piedi. La cosa più
seccante è
la pioggia che non ha mai cessato un istante di scendere a secchiate.
Raggiungiamo un
luogo spento con tante case ammucchiate su un lato, mentre nell'altro
pochi negozi o palazzi inutilizzati con finestre rotte e muri semi
distrutti.
Al primo fruscio ci
giriamo di scatto, la mano già pronta sull'elsa. Un altro
fruscio
alle nostre spalle e ci voltiamo ancora.
Occhi gialli,
ridotti a due fessure maligne che ci fissano famelici.
L'angolo di Lilith!
Sì, lo so sono pessima. Per questo capitolo vi ho fatto aspettare tantissimo, chiedo umilmente venia ç___ç *va nell'angolino*
Spero che riusciate a perdonarmi e che sopratutto vi sia piaciuto, recensite in tanti e fatemi sapere quanti svarioni grammaticali-ortografici ho fatto e che non ho visto.
Baci, Lilith.