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Autore: Princess of Dark    10/03/2013    6 recensioni
"E ho guardato dentro un emozione e ci ho visto dentro tanto amore che ho capito perché non si comanda al cuore"
Così dice Vasco Rossi nella sua famosa canzone, così alla fine la penseranno Stefan ed Evelina. Lei scontrosa, indomabile e testarda, lui presuntuoso, arrogante e irresistibile.
Tratto dalla storia: «Ti odio»
«Sai cosa diceva Shakespeare?», sorrise Stefan dolcemente, come se lei gli avesse sussurrato le più dolci parole.
«Cosa?», mormorò Evelina scossa.
«Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore. Se mi odi, sarò sempre nella tua mente»

Seconda classificata al contest "Quando le dirai..." di darllenwr
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Note dell'autrice: Sì, lo so che ce ne saranno centinaia di storia su questo argomento e quindi -per evitare eventuali incomprensioni future- chiedo anticipatamente scusa se in qualche modo la mia storia dovesse somigliare alle vostre. Ci tenevo comunque a pubblicare la mia, rimasta per più di due anni nascosta nel mio pc.
Ci tengo a precisare che fatti, cose e persone sono -purtroppo- puramente frutto della mia fantasia, se non per i grandi Lord Byron e Shakespeare che citerò qualche volta.
E dico purtroppo perché uno come Stefan lo vorrei davvero ahaha ma per voi è ancora preso, lo conoscerete più avanti u.u
Buona lettura :*


"L’odio non è sconfitto dall’odio, l’odio è sconfitto dall’amore. Questa è una legge eterna."
Gautama Buddha


Russia, Moscow, Palazzo dei Rubliov, 1796.

Il duca Adrian Rubliov era in piedi davanti alla finestra con le mani dietro la schiena ad osservare le figure lontane e indefinite sulla pianura che avanzavano verso la sua casa scorrazzando per le sue terre. Scorse tre cavalli con degli uomini in sella ma, sfortunatamente per lui, quello più avanti non era un uomo: si trattava di Evelina, la sua seconda figlia.
La ragazza aveva appena compiuto ventitré anni ma il padre era convinto che ne avesse molti di meno. Sin da piccola era stata appassionata di cavalli e dedicava gran parte della giornata a essi, prendendosi cura personalmente della loro salute e istruzione, fino a farli diventare dei campioni: il suo preferito era Night chiamato così perché era nero come la notte, diventato un campione del mondo e bramato da molti uomini appassionati di equitazione. Se lo avessero venduto sarebbero diventati ancora più ricchi, pensava spesso il padre, ma poi continuava a ripetersi che con il denaro ricevuto avrebbe comprato l’inimicizia di sua figlia che non glielo avrebbe mai perdonato.
La scortavano quasi sempre i fratelli Ivan e Denis Romanov, i figli della cameriera di casa Anna, più grandi di lei rispettivamente di cinque e tre anni. Facevano un po’ da guardia del corpo a Evelina e quest’ultima, essendo cresciuta con loro, li considerava ormai fratelli.
Evelina era una delle donne più belle della Russia e sapeva come incantare qualsiasi uomo grazie ai suoi lunghi capelli scuri e i grandi occhi a mandorla neri come la pece.
Quasi ogni giorno riceveva proposte di matrimonio che lei rifiutava senza esitare: non era per niente interessata al matrimonio, perché se si sarebbe sposata – pensava lei - non avrebbe più goduto della libertà che ora aveva. A lei importavano solo i cavalli.
Evelina arrivò davanti casa, scese da cavallo e lo portò alle stalle.
Il padre sospirò con aria severa e si voltò verso la moglie, Margarita Verioka, guardandola con aria frustrata.
«È tornata a cavalcare nonostante gliel’avessi proibito», disse amaro.
«Caro, non puoi proibirle l’unica cosa a cui tiene di più. E poi lo sai, cavalcherebbe anche di notte per farti un dispetto, testarda com’è», sorrise Margarita.
«Chissà da chi ha preso…» accennò sarcastico.
«Da te, ovviamente», sorrise divertita. Adrian sospirò di nuovo, ma stavolta il suo sospiro fu profondo e sonoro.
«Meg, ieri ha rifiutato un’altra proposta di fidanzamento. Ha ormai l’età giusta per il matrimonio. Sua sorella Yanina non ha avuto difficoltà a trovare marito ma Eva non ne vuole proprio sapere…», si lamentò, mentre con aria corrucciata di versava della vodka in un bicchiere di cristallo nella speranza di poter affogare nell’alcool la sua frustrazione.
«Sono tornata!», esclamò la giovane ragazza mettendo piede in casa.
Evelina entrò nella stanza e si aggiustò i capelli tutti arruffati. Indossava un pantalone nero da equitazione con gli stivali di pelle che le arrivavano al ginocchio e una camicia di lino tutta impolverata. Si tolse il cappotto logoro e lo appese all’appendiabiti, sollevando una nuvoletta di polvere.
Suo padre aveva perso memoria dell’ultima volta in cui aveva indossato una gonna o un vestito come tutte le altre dame normali: andava in giro sempre in pantaloni, per essere più comoda durante le sue frequenti cavalcate giornaliere.
«L’unica cosa femminile che hai è il tuo nome. Ti sembra questo il modo di presentarti?!», si arrabbiò il duca, stringendo i pugni tanto forte da farsi le nocche bianche. Evelina lo guardò smarrita.
«Ma io vesto sempre così», disse con un filo di voce, non capendo il motivo di tutta quella rabbia, visto che ogni volta che indossava i pantaloni non le aveva detto mai niente.
«Appunto», commentò tra sé e sé. «Devi comportarti come una donna. Cavalcare è uno sport per uomini. E ci sono già Ivan e Denis a occuparsi dei cavalli»
«Papà, ne abbiamo già parlato. Ti sembro il tipo da lavorare all’uncinetto davanti al camino? Cavalcare mi piace», disse con un sorriso soddisfatto. «Con il vostro permesso, andrei a fare un bagno caldo», aggiunse scherzosa, facendo un inchino prima di lasciare la stanza.
Evelina si prendeva gioco così di suo padre, gli rinfacciava quanto fossero stupide le usanze e tradizioni della loro società e ogni volta che le andava di scherzare faceva un inchino dinanzi ai suoi occhi che volevano che quel gesto di eleganza fosse vero e non soltanto una burla.
Adrian restò in silenzio, consapevole del fatto che non sarebbe servito a nulla litigare: i Rubliov erano testardi ed Evelina era la cocciutaggine in persona. Meg gli poggiò una mano sulla spalla per consolarlo.
«Non troverà mai marito se si comporta così»
«Forse dovresti aspettare ancora un po’»
«No, ho aspettato anche troppo. Io voglio solo che sia felice e che si sistemi. La gente inizia a mormorare e non è bello sentire che i Rubliov hanno una figlia zitella», obbiettò l’uomo ragionevole.
«Quindi è di questo che ti preoccupi? Della tua fama?», disse lei inasprendo il tono di voce. Margarita era una donna conosciuta per la sua gentilezza e pacatezza: non alzava mai la voce, neanche quando si arrabbiava, cosa che succedeva molto raramente poiché cercava di trovare sempre una soluzione ai problemi e un lato positivo nelle cose peggiori.
«Non può restare per tutta la vita con quei dannati cavalli. È una donna matura: si deve sposare e deve accudire i suoi figli», commentò.
«A Eva non interessa tutto ciò, ha già rifiutato quindici proposte questo mese», disse cauta la moglie.
«A questo ho già trovato rimedio», accennò con un sorriso stanco.
«Un altro pretendente?», disse lei con tono monotono, abituata a tutte le volte in cui il marito trovava in uomo che voleva sposare Eva, abituata a vedere gli uomini fuggire via da quella casa con la stessa frequenza con la quale ne arrivavano di nuovi.
«Questa volta però non avrà scelte»
«Spiegati meglio», disse Meg, cercando di non perdere di nuovo la pazienza, dato che il marito faceva sempre giri di parole per arrivare al succo della questione. Ma lo faceva quando l’aveva fatta grossa, quando quello che avrebbe detto non sarebbe piaciuto. E questo la spaventava.
«Ho fatto una cosa terribile», disse amaro, divenuto a un tratto teso come una corda di violino.
«Cos’hai combinato stavolta, Adrian Rubliov?», disse con tono rimproverante anche se si vedeva chiaramente dalla sua espressione corrucciata che era preoccupata. Per l’agitazione, anche lei si versò due dita di vodka in un bicchiere e bevve ad un fiato.
«Ti ricordi di quel mio vecchio amico, il conte della Cornovaglia… August Wilson?». La donna annuì, invitandolo a continuare. «Ho promesso Evelina a suo figlio: giacché neanche lui riesce a sistemarlo, ha accettato di firmare il contratto», spiegò a un fiato. Margarita lo guardò stupita, con le labbra schiuse, immobile come una statua di marmo.
«Scherzi?», mormorò con un filo di voce.
«Mai stato più serio»
«Sai cosa ne penso dei matrimoni combinati. Se non dovessero piacersi?»
«E’ una supposizione, potrebbero anche innamorarsi e sposarsi felici», disse. Meg rise amaramente per l’assurdità della situazione.
«C’è una possibilità su un milione. Tua figlia non accetterà mai»
«Ci penserà su visto che c’è in ballo l’onore della famiglia! Se non dovesse accettare faremo una pessima figura e lei non permetterà mai che accada… sai quanto ci tiene all’onore», disse pensieroso, fino a quando non considerò ragionevole la sua risposta.
«Quindi vuoi costringere nostra figlia a sposarsi. Ecco perché ti senti in colpa», disse freddamente la donna.
«Non mi sento in colpa perché voglio far sposare mia figlia, ma perché non avrei voluto arrivare a scegliere io suo marito», ribatté lui seccato.
«Già immagino la sfuriata che ti farà», commentò Meg consapevole del fatto che quella sera non ci sarebbe stata una cena allegra e spensierata come tutte le altre volte.
«Lo so», sospirò il padre. Negli occhi di Margarita c’era una strana luce: da una parte, la compassione per il destino di sua figlia, lei che credeva al vero amore, dall’altra la consapevolezza che suo marito aveva fatto la scelta migliore.
La porta bussò e apparve sulla soglia una donna bassina e paffuta che indossava un grembiule bianco con il quale si stava ripulendo ancora le mani.
«Signori, volevo avvertirvi che la cena è pronta in tavola», sorrise lei, sistemandosi dietro l’orecchio una ciocca ribelle di capelli castani.
«Grazie, Anna, arriviamo subito», intervenne la duchessa, strappando dalle mani di suo marito il bicchiere vuoto.
Evelina si presentò a tavola con dei pantaloni puliti e prese posto alla sinistra del duca mentre alla destra si sedette Margarita. Erano rimasti in tre, dopo che la figlia maggiore se n’era andata: Yanina aveva portato via con sé un po’ dell’allegria che regnava prima in casa e ogni tanto li deliziava con il suo ritorno, riempiendo nuovamente le mura della sua risata.
«Ho capito che l’unica volta che ti vedrò vestita da vera donna sarà il giorno del tuo matrimonio», commentò Adrian. Evelina rise.
«Allora dovrai aspettare ancora molto, papà. Come mai sei così polemico oggi?», disse sorridente mentre gli carezzava il dorso della mano prima di afferrare il cucchiaio e assaggiare la zuppa.
«Non sarai più libera come una volta», accennò Adrian. Meg s’irrigidì.
«Hai deciso di darmi un’altra punizione?», disse Eva che al contrario sembrava divertita, squadrando entusiasta suo padre in segno di sfida.
«No, questa non la considererei una punizione se fossi in te»
«Che cosa vuoi dire?»
«Si chiama Stefan Wilson», accennò sorridendo, aspettando speranzoso la sua reazione. Evelina, abituata a questo genere di discorsi che si teneva ormai quasi ogni giorno, non mosse un muscolo e restò impassibile mentre suo padre parlava confusamente di contee e vecchi amici.
«Puoi anche dire a questo “pretendente” che non ho nessuna intenzione di sposarmi», ribatté disinteressata, mentre finiva di mangiare.
«Stavolta è diverso», replicò l’uomo. Eva lo guardò confusa. «Ho firmato un contratto con suo padre», spiegò. La giovane sgranò gli occhi meravigliata.
«Non l’avrete fatto sul serio…»
«Sì, Evelina, l’ho fatto sul serio. Così la smetterai di pensare che scherzo sempre!», sbottò adirato, posando il tovagliolo con il quale si era pulito la bocca sul tavolo.
«Non se ne parla»
«Voglio solo che tu sia felice!»
«E lo sono così!», urlò. Meg chiuse gli occhi aspettandosi il peggio. Sapeva che, quando Eva alzava la voce con il padre, lui perdeva le staffe e iniziava un altro litigio che poteva durare anche diversi giorni.
«Non puoi restare per sempre con quei dannati cavalli», ringhiò.
«Sì che posso», replicò, sfidando il padre. «Io non mi sposo», aggiunse testarda.
«L’accordo è già stato firmato. Se non ti sposi, infangherai il nome della famiglia», disse infine, ferendola nel suo punto debole. A quelle parole Evelina si alzò dalla tavola, sbattendo le mani sul tavolo e facendo tintinnare le posate contro il piatto e i suoi ricci caddero come una cascata dinanzi al suo viso.
«Ti odio», sussurrò e corse in camera.
«Evelina!», la richiamò il padre autoritario, facendo sbattere anche lui le mani sul tavolo. «Torna subito a tavola!». Poi sentì la porta della sua camera sbattere e sospirò rassegnato.
«Cosa ti aspettavi?», mormorò la moglie che fino a quel momento era stata zitta, scrutandolo sottocchio mentre finiva la sua cena.
«Quando vedrà Stefan Wilson, cambierà idea. Se non dovessero piacersi… al diavolo l’onore e smentirò tutto», disse infine esasperato.
«Dubito che a qualcuno non piaccia nostra figlia», disse Meg amara. Ormai la fame era passata a tutti e così anche la donna si alzò dalla tavola, lasciando il duca da solo nello sconforto, in balìa dei suoi pensieri e sensi di colpa.

 

"L’odio non è sconfitto dall’odio, l’odio è sconfitto dall’amore. Questa è una legge eterna."
Gautama Buddha

  
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