# - 7 deadly sins of
Sanami
#1 - Lust
C’è qualcosa in
Sanji che ti spinge ad osservarlo in continuazione mentre si destreggia
abilmente ai fornelli. Qualcosa che ti fa desiderare di guardarlo negli iridi
celesti, di incrociarle per carpirne le emozioni.
Resti dinnanzi allo stipite della porta, un piede portato in avanti a compiere
un passo mai concluso e interrotto lì,
metà fuori e metà dentro la cucina. Lui non ti ha notata, certo che no; è così
concentrato nella sua attività da trovarsi quasi in un'altra dimensione - puoi
quasi percepire la sua beatitudine, il suo profondo senso di pace.
Poi lo osservi meglio. Quel qualcosa che ti tiene lì, bloccata, immobile, è in
ogni cosa che fa.
È nelle mani che armeggiano con i coltelli, decise ma allo stesso tempo
delicate, quasi ad affettare quelle pietanze con dolcezza – quanto amore per il cibo si nasconde dietro quel gesto?
È nelle spalle, curve sul bancone da cucina, larghe e muscolose – Dio quant’è diventato muscoloso dopo i due
anni di separazione.
È nei capelli, nel dorato delle ciocche che gli nascondono, ribelli, un occhio
che era sempre stato coperto, fino ad ora, e che ora sbuca ai lati di una
cascata bionda, il singolare sopracciglio ad incorniciarlo.
È nel busto, nella vita snella e in una camicia a righe blu, un po’ troppo
stretta per un ragazzo che ormai è un uomo.
È nelle gambe, quelle gambe che sono armi da combattimento micidiali e
all’apparenza sembrano soltanto troppo smilze e slanciate, fasciate dai
pantaloni scuri – la solita eleganza, anche in cucina.
È semplicemente Sanji, e lo sai bene, ma da quando vi siete rincontrati non
riesci a fare a meno di guardarlo, quasi come se ne fossi calamitata.
Non sai dare un nome alla sensazione che ti costringe a voltarti così spesso verso
quella figura familiare eppur ormai così diversa, più massiccia, più virile,
più… attraente. Non ci riesci oppure
semplicemente non vuoi, mentre, seccata, incrociando le braccia al petto e
indurendo il volto nell’espressione più annoiata che puoi, lo apostrofi con un
«sei
sempre il solito stupido, Sanji-kun».
Certo che lo sai
come si chiama quella sensazione.
#2 – Envy
Sanji si domandò
come fosse la vita di quel pezzo di stoffa; dormire addosso a Nami-san,
pranzare addosso a Nami-san, cenare addosso a Nami-san.. sembrava il paradiso.
Insomma, alla fin fine non faceva altro che coprirle
le tette. La sua funzione era unica e beh, molte persone sarebbero state
decisamente felici se non l’avesse
fatto – senza fare nomi, il cuoco era il primo della lista. Invece lui, Sanji,
dedicava la sua intera vita a Nami-san! Cucinava per lei le migliori delizie
che fossero mai state preparate sulla faccia della terra, le portava a letto le
colazioni più squisite di questo mondo e, c’è da dirlo, s’era fatto rompere
parecchie costole per lei.
Ma il permesso di coprirle le tette lui
non ce l’aveva. Lo trovò decisamente ingiusto.
E si domandò se fosse possibile essere invidiosi
di uno stupido costume.
#3 – Greed
«Si è fatta
male, signorina?».
Sanji porse la mano alla ragazza che, inciampando, era rovistata sul pavimento,
le buste che stringeva tra le mani sparse tutt’intorno.
«No…» sussurrò lei, leggermente sorpresa. Non era il tipo di ragazzo che
s’incontra tutti i giorni, quel biondino. Arrossì di colpo. «Grazie» aggiunse
e, stringendogli la mano si rialzò in piedi, osservandolo mentre si chinava a
raccogliere tutto ciò che le era caduto.
«Di nulla» rispose Sanji, con quei suoi soliti sorrisi da galantuomo, «faccia
attenzione, non vorrà rovinare i suoi bei vestiti».
Le porse le buste, straripanti di acquisti e abiti all’apparenza costosi, e,
dopo un rapido inchino e un “le auguro buona giornata”, si allontanò con la
fierezza di chi ha compiuto una buona azione ma, allo stesso tempo, con l’inquietudine
di chi si aspetta di venir punito, e volse lo sguardo verso la boutique d’alta
moda in fondo alla via, gremita di tanti altri piccoli negozietti
d’abbigliamento.
Lei era lì, ovviamente. E.. beh, palesava in maniera abbastanza marcata il suo
disappunto, ticchettando ritmicamente con il piede sull’asfalto.
«Nami-san» la salutò e, con un mezzo sorriso bonario, alzò le braccia a mo’ di
resa.
«Nami-san
è tutto ciò che sai dire?» borbottò lei, portando le mani ai fianchi in una
posizione estremamente spaventosa.
Lui chinò il capo.
«Ti chiedo scusa. Ma era inciampata, non potevo
lasciarla lì a terra!»
Nami alzò gli occhi al cielo, con rassegnazione e ostentato fastidio, quasi
come se lui non giungesse ad una conclusione per lei perfettamente ovvia.
«Quando ti ho visto correrle incontro, mi sono
illusa che volessi rubarle i vestiti nelle buste. Erano così costosi..».
La tristezza nella sua voce e la delusione sul suo viso furono tali che Sanji
non poté evitare di sorridere, seppur mestamente. Nami-san era sempre la
solita.
«Nami-san, così mi offendi» mugugnò, «pensavo
fossi gelosa di lei, non dei suoi vestiti».
«Io non sono gelosa delle altre. Al massimo me la prendo con te. A proposito» e
ridusse gli occhi a due fessure, aggrottando paurosamente le sopracciglia, «non
ti permettere più».
«Ma Nami-san... ti ho vista flirtare con dei ragazzi, prima, lo sai?» ribatté
Sanji, e tentò di apparire minaccioso. Senza risultati, ovviamente; quando lei
lo guardava in quel modo, era impossibile tentare di imputarsi senza avere
paura. Si trattava di spirito di conservazione. Amor proprio. Qualcosa del
genere.
«Io gli ho spillato dei soldi. Tu no».
Lu rise.
«Sei così avara, Nami-san».
«Lo so» rispose lei, con una linguaccia. Poi lo guardò di nuovo negli occhi e,
distendendo le sopracciglia ancora aggrottate, si aprì in un sorriso che, per i
suoi standard, Sanji avrebbe potuto definire quasi dolce. Infine gli scoccò,
rapida e improvvisa, un inaspettato bacio sulla guancia.
«Per questo ti voglio tutto per me».
E lo lasciò imbambolato a fare i conti con un cuore in iperventilazione.
#4-
Gluttony
«Sono nervosa» esordì Nami, spalancando la porta
della cucina e avanzando con passo veloce verso il frigo, che spalancò e dopo
qualche secondo richiuse con violenza. «Preparami qualcosa» ordinò allora,
voltandosi verso il cuoco biondo che fumava accanto alla finestra aperta, ben
attento a non far entrare il fumo all’interno della stanza.
«Perché sei nervosa, Nami-san?» osò chiedere lui, affrettandosi a spegnere la
cicca e ad avviarsi verso il bancone; sapeva cosa cucinarle quand’era in quello
stato.. il suo dolce preferito, quel misto di agrumi e cioccolato che aveva
ideato appositamente per lei.
«Perché sì» borbottò la navigatrice in risposta,
sedendo su una sedia e appoggiando il viso sul tavolo.
«Quel bastardo di Rufy ti ha di nuovo fatta arrabbiare, eh?».
Un mugugno di assenso giunse dalle labbra di Nami.
«Sai quanto mi faccia piacere cucinare per te, Nami-san, ma quando smetterai di
ingozzarti di dolci ogni volta che
qualcuno ti fa innervosire?» domandò Sanji, con voce gentile ma seriamente
preoccupata. Pensare a quanto fosse stressata Nami-san lo rendeva piuttosto
ansioso.. rifletté su quanto dovesse essere difficile la vita a bordò per lei,
l’unica persona leggermente temperata dell’equipaggio (insieme a Robin), e
sorrise. Tra sé.
Nami-san aveva fin troppa pazienza.
Allora, lei sollevò il viso e, osservandolo con intensità, borbottò «quando tu
smetterai di cucinare cose così buone».
La cioccolata che aveva tra le mani e le stava porgendo rischio di cadergli
dalle dita tremanti per la sorpresa.
Certo che far innervosire Nami-san aveva i suoi vantaggi, se poi poteva godere
della sua presenza e dei suoi complimenti mentre si gustava le pietanze che le
preparava.
#5 - Wrath
Le intenzioni di Nojiko erano chiaramente quelle di
dissuaderli dalla loro impresa, tanto assurda quanto irrealizzabile - sapevano
tutti quanto Arlong e la sua ciurma fossero pericolosi e, soprattutto, quante
possibilità ci fossero di vincerli.
Ciononostante Sanji e gli altri erano ugualmente intenzionati a
provarci, per poter poi ripartire con Nami alla volta della Rotta Maggiore,
così come si erano prefissi.
Poi però Nojiko aveva raccontato la sua storia –la storia di Nami, la storia di
mille famiglie-, e tutto era cambiato; Sanji non era più intenzionato a sconfiggere Arlong, era desideroso di farlo. Impaziente. Deciso ad ucciderlo e prendere a
calci quella sua faccia di cazzo, quel suo naso tanto lungo quante erano le
bugie che aveva vomitato, anno dopo anno, a quella povera Navigatrice
schiavizzata senza pietà.
Ripensava al viso che aveva visto, neppure un giorno prima, ridere e scherzare
al Baratie. Quel viso che l’aveva stregato fin dal
primo momento, che gli si era inciso nella mente in maniera quasi ossessiva,
incancellabile - un viso delicato, bellissimo, neppure l’ombra del peso di un
passato tanto straziante oscurava quegli occhi castani. E poi a quello stesso
viso, qualche ora più tardi, i lineamenti induriti dal disgusto, dalla
sofferenza e, poteva giurarlo, dalla paura. Era lo stesso, ma molto più triste,
più provato, totalmente diverso.
Nel rendersi conto della dedizione e della
sopportazione di cui era dotata quella ragazza, all’apparenza fredda e
calcolatrice, avvertì i muscoli delle gambe tesi, pronti e vibranti della forza
con cui avrebbe voluto spezzare le ossa ad Arlong una ad una.
E non poté trattenere l’ira che lo
pervase mentre immaginava di spaccargli la faccia.
#6 - Pride
Nami-san era una creatura perfetta, a suo parere. Quando la conobbe,
spontaneo fu associarla ad una volpe, scaltra e affascinante. Una volpe dal
pelo aranciato e bellissimo, dalle zampe felpate e silenziose, dalla corsa
rapida e aggraziata.
Col passare del tempo, si domandò se paragonarla ad una leonessa non fosse più
appropriato.
Perché lei, Nami-san, così maestosa, così temibile, così padrona di tutti e tutto, sembrava davvero una regina,- una regina
bellissima e crudele.
E poi, beh, constatò quando, affacciata al
parapetto, la vide specchiarsi nelle acque limpide dell’oceano, la superbia di certo non le manca.
#7 - Sloth
Il mattino iniziava benissimo tra le braccia
di Sanji-kun. Sembrava che tutto che la circondava fosse lì per merito suo; il
sole che s’insinuava tramite l’oblò e rischiarava la stanza, riscaldandole il
viso con i suoi tiepidi raggi. Le acque che, calme e oscillanti, sospingevano
pigramente la Sunny che, placida, proseguiva nella sua navigazione tranquilla.
Le voci allegre e squillanti che, in giardino, si soprapponevano l’una
all’altra in un coro di esclamazioni e risi allegri.
Tutto assumeva una luce diversa, si colorava di mille sfumature.
Gonfia di quel groviglio indescrivibile di sensazioni Nami spalancò gli occhi
e, a pochi centimetri da sé, vide Sanji, perfettamente sveglio, intento a
osservarla con intensità e adorazione, chissà da quanto tempo.
«Stupido» biascicò, la voce ancora impastata dal sonno, e serrò nuovamente le
palpebre per lasciarsi andare nuovamente ad un rilassante sonno avvolta dal suo
calore.
«Buongiorno anche a te, Nami-san» ridacchiò lui, carezzandole delicatamente i
capelli. «Non credi sia ora di alzarsi?».
«No» borbottò lei in risposta, affondando il viso ancor più tra le coperte. «Sono
stanca. Non mi sento bene. Non posso alzarmi».
Lui rise ancora. «Nami-san, non sembra proprio tu non stia bene».
«Invece non sto bene, ti dico».
Ma era inutile discuterne. Quel mattino era troppo perfetto e Nami era già
scivolata nuovamente nei suoi sogni, già da un po’ sempre perfetti e senza
alcun turbamento.
Non importava che avesse detto una bugia.
Non avrebbe mai ammesso che quella sua presunta stanchezza era una semplice e
pura mancanza di volontà.
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~ Bla Bla Bla ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~
Quanto tempo era che non scrivevo? Tanto. E cos’avrei fatto meglio a fare?
Farmi i fatti miei e non scrivere.
MA Lu (Lou Asakura) aveva
scritto “sarò felice per mezz’ora solo
con una SaNami e un McDonald”.
Ora, le patatine le ha mangiate a pranzo. La SaNami
gliel’ho scritta io. Ora non ha scuse òwò.
Ps: la FF sulla gola è un po’ tirata, ma non sapevo
proprio come farla! Invece nel caso dell’accidia, l’ho interpretato in maniera
più Petrarchesca, come “mancanza di volontà”.