Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: Manila    15/03/2013    2 recensioni
Tutte le strade portano al Settimo Cielo, specie se è la vigilia di Natale, si è soli e non si sa dove andare. Una mini raccolta sui pensieri dei vari personaggi rispetto al passato e al presente, una nostalgica rivisitazione dei tempi andati e una speranza per il futuro.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In virtù della mia spiccata coerenza verso me stessa e verso tutto ciò che mi circonda, non solo non sono riuscita a terminare la storia per Natale, ma sono riuscita a porvi un punto in prossimità della Pasqua. In mia difesa sono accorse le pessime condizioni meteo, così gentili da ricreare l’atmosfera natalizia a qualche giorno dal 21 marzo. Non so da voi, ma qui ha ripreso a nevicare e fa anche piuttosto freddo.
“The case of Tifa” è l’ultima di queste brevi sfighe natalizie che per puro sadismo ho imposto a personaggi che sto maltrattando con molta, molta serenità (accanimento, questo si chiama indubbiamente accanimento). Sono sicura che ci sono vari svarioni grammaticali e pregherei chiunque abbia la pazienza di non farsi problemi e di indicarmeli tutti affinchè io possa porvi rimedio E’ atroce dover rileggere ciò che si scrive in cerca di errori, si diventa nervosi e non si riesce ugualmente ad individuarli (beh, a me capita così).
 Canzone suggerita per la lettura “I’ll be there “ dei Jackson five.


A tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere i capitoli precedenti, siete tanti e non so come ringraziarvi.
A Mila e al mio calciatore preferito, la pazienza non vi fa difetto.
A Lulu_00, per aver avuto la bontà di commentarla con tanto entusiasmo.
A tre amici mai visti ma sempre presenti, Columbrina, FortiX e Marciux. Ragazzi, le porte della mia casa saranno sempre aperte per voi.
A tutti coloro che a Natale guardano con malinconia i posti vuoti a tavola, cercate, anzi cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ci sono anche dei posti occupati a quel tavolo ed è a loro che dobbiamo pensare.



The case of Tifa

Il cattivo odore provocato dalla combustione del fiammifero scemò presto, coperto dall’essenza della candela che mani bianche e delicate riposero con gesti misurati sul davanzale della finestra.
Piano, lentamente, facendo attenzione a non far spegnere la fiammella e a non bruciare le tendine, come la mamma le aveva insegnato.
Tifa Lockheart amava le tradizioni, amava il Natale e amava le candele.  O forse, più semplicemente, amava i ricordi che evocavano nella sua mente …
Si voltò appena verso l’interno del bar e si soffermò a riflettere su ciò che la Vigilia aveva da offrirle quell’anno. In un angolo, bisbigliando fitto fitto, due Turks dalle espressioni rammaricate discutevano su argomenti che non riusciva a cogliere. Solo alcuni frammenti della loro conversazione le giungevano come ovattati, mentre lo sguardo della giovane donna bionda era assorto nella contemplazione di un fiorellino giallo un po’ sciupato. L’uomo con cui stava parlando era indubbiamente Rude, nascosto dietro il muro scuro degli inseparabili occhiali da sole. Non vedeva il terzo elemento di quel buffo triangolo da tempo. Forse anche loro soffrivano per la mancanza del compagno proprio in quel giorno..
Seduta dal lato opposto, la principessa di Wutai si rigirava tra le mani una serie di variopinte Materia, probabilmente rubate a qualcuno che neanche si era ancora accorto della loro scomparsa. Sulla sedia accanto alla sua, gocciolava un logoro pastrano dalla tinta improponibile e riposava  l’inseparabile shuriken, fedele compagno di innumerevoli viaggi. Stranamente Yuffie era ferma e taciturna, mentre davanti ai suoi occhi una fumante minestra si impegnava a non raffreddarsi, minacciata dalla temperatura che tendeva verso il basso. Forse interpretare il pensiero della piccola ninja non era così facile come si potesse pensare. Fra tutti i compagni di avventura che facevano parte di AVALANCHE, era quella dotata di maggiore spontaneità, tuttavia non era da escludersi la possibilità che anche lei avesse serbato un cantuccio a cui vietava l’accesso a chiunque e, probabilmente, le Materia che scivolavano tra le sue minute dita quella sera erano le uniche custodi delle sue riflessioni. Non le sfuggì di notare, però, le occhiate che Yuffie lanciava alla porta, perdendo l’aria distratta per lasciar trapelare una certa dose di apprensione.
 Non le risultava che il Natale fosse una ricorrenza festeggiata anche nell’isola di Wutai, però sarebbe stata lieta se fosse rimasta lì con loro per quella sera. E se avesse portato con sé qualcuno alla ricerca della Materia smarrita, magari la stessa persona a cui l’aveva rubata …
Poco distante da lei, Barret osservava concentrato delle mappe su cui segnava cerchi concentrici, misurava distanze e appuntava croci e coordinate.
Di tanto in tanto, lo scalpiccio dei piedini di Marlene echeggiava dalle scale un po’ a volerle ricordare che le sue pene non riguardavano solo il piano inferiore del bar. Al livello superiore, in un letto che cercava di rendere il più accogliente possibile, giaceva il corpo infermo di un bambino.
Denzel, raccolto per strada come un cucciolo.
Denzel, che aveva perso tutto e per strada aveva vagato per lungo tempo prima di essere soccorso.
Denzel, le cui ferite bruciavano nel corpo martoriato da una malattia che pretendeva la parcella di un debito contratto da altri, feroce come un creditore.
Denzel, il cui animo stentava a guarire, lacerato da troppe perdite e da esperienze che soffocano stringendo ogni giorno di più il collo dell’innocenza.
Denzel, la cui speranza era tenue come la fiamma della candelina che dondolava sul davanzale, minacciata dagli spifferi. La speranza di rivedere quel qualcuno trovatosi sul suo cammino quasi per sbaglio.
Tifa Lockheart si voltò nuovamente verso al finestra, mordendosi un labbro.
Un posto vuoto a tavola e tanti rimpianti, ecco cosa aveva in serbo per lei il Natale quell’anno.
Sospirò appannando un po’ il vetro. La condensa deformò il suo riflesso, ma le permise di vedere oltre la semplice lastra e di spingersi in territori più lontani, quelli in cui uno sbuffo di nebbia non le impediva di tornare a casa la sera, ma rappresentavano esso stesso la sua casa.
Nibelheim.
Le casette intorno al pozzo al centro della piazza, le montagne imponenti, la sagoma lontana del reattore, le candele sui davanzali delle finestre la notte di Natale. Sua madre …
Le sembrò quasi di poterli raggiungere allungando una mano quei ricordi fatti di dolcezza e nebbia.
“Ho preparato una cena speciale. C’è il vino caldo con la cannella, ricordi?”

Cloud non le aveva risposto quel pomeriggio e tutte le volte precedenti. Probabilmente avrebbe mantenuto lo stesso atteggiamento anche in futuro e neanche si sarebbe ricordato del vino caldo con la cannella, perché sicuramente quelle memorie scaldate dalla luce soffusa delle candele appartenevano solo a lei ormai.
Con nostalgia asfissiante tornò con la mente agli inverni freddi delle sue montagne, splendide donne che offrivano le loro curve alla veste del gelo. Ammantate di ghiaccio lucente, proteggevano il villaggio tra le loro braccia materne, tra le pieghe dei loro bizzarri incroci, come madri premurose, come scrigni che celano preziosi segreti.
Quando le condense lattiginose si alzavano e lo lasciavano libero di vagare, lo sguardo dei paesani poteva assistere allo spettacolo dei fiocchi di neve che si posavano sul terreno con la stessa delicatezza con cui la nebbia lo nascondeva.
Era una vigilia di Natale come tante altre e ricordava ancora il cappotto di lana grezza e la sciarpa lunga con cui cercava di tenere lontano il gelo dalle membra. Era uscita insieme ai suoi genitori, ma non prima di aver acceso la candela e di averla messa al suo posto, sul davanzale della finestra accanto alla porta.
- Perché ogni anno, la notte della Vigilia accendiamo una candela, mamma?- era solita domandarle ogni volta che quel piccolo cimelio di cera prendeva il suo posto d’onore.
La donna la guardava con infinita dolcezza e le rispondeva sempre allo stesso modo.
- Per illuminare il suo cammino, per indicarle la strada e farle sapere che continuiamo ad aspettarla. Sempre -
Pur conoscendo la risposta, continuava a domandarle chi stessero aspettando. Ciò che sua madre le diceva restava ogni anno incomprensibile.
- La Speranza … -
Tifa annuiva,ma non capiva.
Gli abitanti di Nibelheim usavano trascorrere la notte del 24 dicembre fuori dalla circonferenza del piccolo villaggio, in un’area occupata da un lago ghiacciato. Tra stand di legno in cui servivano cibarie e vino caldo con cannella, panchine e un’alta pira di fuoco, tutti si divertivano a pattinare, a chiacchierare e ad osservare il cielo oltre le lucine colorate che andavano da un ramo all’altro degli abeti decorati.
Quell’anno sua madre le sembrava più pallida e più magra, sempre bella e sorridente, ma più fragile. Ai suoi occhi di bambina nessuno di quei particolari potevano essere letti come i segni di una vita che si avviava verso la fine. Tifa continuava a spingere le lame dei suoi pattini sul ghiaccio spesso del lago. Anche se ormai era diventata piuttosto brava,  teneva stretta la mano della donna senza accorgersi della sua presa meno salda, delle dita più sottili, del respiro più affannato, ignorando candidamente i bisbigli delle persone che le vedevano giocare e che tacevano ogni volta che si avvicinavano. Dopo vari giri e qualche scivolone, sedettero su una panchina accanto al fuoco che puntava verso un cielo meno chiaro rispetto agli anni precedenti . Si sentì accarezzare una guancia arrossata, mentre suo padre era più lontano, impegnato nelle solite discussioni riguardanti il reattore. Istintivamente appoggiò la stessa guancia al seno della nutrice, non conosceva rifugio migliore di quello. Il suo cuore batteva, il modo poteva anche cadere.
- Tifa, io e te dobbiamo fare un patto – disse d’un tratto la donna, con il fiato un po’ corto e gli occhi lucenti.
Le porse un bicchiere di vino caldo e cannella, più per farle scaldare le mani che per abbeverarsi.
Le piaceva quel profumo forte e speziato, era l’essenza robusta del Natale, delle risate, dei giochi e di tante altre cose belle. Ne inspirò più che potè, perché avrebbe dovuto attendere altri 365 giorni per risentirlo.
- … Promettimi che accenderai una candela ogni Vigilia di Natale, ogni volta che ti sentirai sola, tutte le volte che crederai di aver perso … -
- La Speranza!- concluse per lei.
La mamma annuì e Tifa sorrise.
- Ma tanto ci sei tu ad accenderla tutti gli anni!- osservò con ovvietà.
La donna sospirò e guardò nei suoi occhi. Intensamente.
- Potrei non esserci più e tu potresti smarrire la strada- bisbigliò.
La bambina scosse il capo, cosa significava?
- Devi ricordarti una cosa, Tifa, solo la speranza può aiutarci nei momenti in cui accadono imprevisti che mai ci saremmo immaginati di dover affrontare, solo lei porta indietro la salvezza e tu devi fare in modo di non perderla mai -
- Te lo prometto, mamma, però tu giura che non te ne andrai mai- rispose imprimendo alla voce un tono d’apprensione senza neanche sapere bene il perché.
La donna sospirò liberando uno sbuffo di vapore che si dissolse nell’aria gelida, si morse le labbra e strinse un po’ di più le dita della sua creatura, ferme intorno al bicchiere di liquido bollente.
- Ti tenderò la mano, avrò fede in ogni cosa che farai. Basta chiamarmi e io ci sarò *-  sorrise al cielo e poi a sua figlia.
Quello fu l’ultimo Natale che trascorse insieme a sua madre.

Mamma … pronunciarono silenziosamente le sue labbra.

La luce della candela parve scaldarla.
La luce della Speranza.

“Farò del mio meglio per restituirle la fiducia che ha riposto in me e dovresti farlo anche tu. Ci ha regalato la speranza e so che la rivedrò …

Era ciò che aveva detto a Cloud e lo avrebbe fatto.
Sua madre prima e Aerith dopo avevano dato la vita ed entrambe avevano insistito affinchè nessuno perdesse la speranza. E Tifa Lockheart non avrebbe mai, MAI disatteso una promessa.
Il profumo del vino caldo cominciò a diffondersi anche nel bar. Lo aveva preparato per ricreare la breve illusione di riavere anche solo per una sera l’atmosfera delle vigilie passate a lei così care.
Forte e speziato come un ricordo custodito con cura maniacale tra pieghe di una vita fatta di lotte.

“Ho preparato una cena speciale. C’è il vino caldo con la cannella, ricordi?”
 
Cloud probabilmente non lo ricordava più, ma lei sì, perché aveva la luce tenue di una candela a proteggere le sue memorie.

Nibelheim in festa, Nibelheim riunita intorno al fuoco, Nibelheim riscaldata dai boccali di vino caldo con cannella mentre gli adulti chiacchieravano e i bambini pattinavano sul lago ghiacciato.
Nibelheim, la notte di Natale e due occhi che puntavano verso di lei ogni volta che non se ne accorgeva.
Lei e sua madre sedute su una panchina a scambiarsi promesse reciproche e il rumore di qualcuno che cade seguito dalle risate di scherno dei ragazzini del villaggio …
- Ma se non riesce a stare in piedi con le scarpe, come pretende di riuscirci con i pattini?- ridacchiava ferocemente qualcuno.
- Già, dovrebbe almeno imparare a camminare prima che a pattinare!- sghignazzava qualcun altro.
Tifa lasciò sua madre e si diresse ai bordi della pista improvvisata.
Disteso sul ghiaccio, che cercava di mettersi in posizione eretta, un ragazzino dai capelli biondi si rendeva protagonista di cadute, una più micidiale dell’altra.
Doveva essere Cloud Strife, il bambino che viveva da solo con sua madre. Non sapeva molto di lui se non che fosse taciturno, imbronciato e solitario. Non parlava mai, non giocava con nessuno e si limitava a osservare lei e i suoi amici da lontano.
All’ennesimo impatto di quel naso ormai arrossato dagli urti e dal freddo, Tifa decise di farsi avanti.
Magari Cloud Strife non era simpatico a nessuno, magari non faceva niente per rendersi desiderabile o carino nei confronti delle altre persone, però di lì a ridergli in faccia e osteggiarlo per una sua incapacità era troppo. Non era un esempio di socialità, ma non aveva mai fatto del male a nessuno e lei si sentì in dovere di prendere le sue difese.
Avanzò di qualche passo e lasciò che le lame dei pattini scalfissero il ghiaccio con padronanza, si avvicinò al gruppetto di dispettosi, si fece largo un po’ a spallate e finalmente giunse alla sua meta.
Come per raccogliere una preghiera, fece quello che sua madre aveva fatto per anni con lei: si abbassò un poco e porse una mano a Cloud.
Il ragazzino alzò la testa dal pavimento freddo e graffiato da lame esperte, posò gli occhi sulla mano che gli veniva offerta e trasalì per la sorpresa. Sulle prime non si mosse, rifiutando l’aiuto della persona a cui non aveva osato rivolgere lo sguardo.
- Dai!- lo incitò la ragazza.
Il biondino abbassò la testa sconfitto, probabilmente in lui si stava facendo largo la consapevolezza della massima “Oltre al danno anche la beffa” rendendosi conto di essere così pappamolla da dover ricorrere all’ausilio di una femmina per rialzarsi da terra.
Dopo qualche istante di indecisione, probabilmente dovette convincersi che accettare quell’appiglio benché delicato, era sempre meglio che restarsene al centro dell’attenzione di ragazzi in vena di sfotterlo.
Quando finalmente alzò la testa e prese il coraggio di guardarla, Tifa pensò di non essere mai stata così vicina a lui da riuscire a guardare i suoi occhi. Quell’azzurro intenso non lo avrebbe più dimenticato per tutta la vita, ma quella sera non poteva saperlo.
- Ti sei fatto male?- gli chiese più per educazione che per il reale rischio che si fosse in qualche modo ferito.
Sì, il suo naso era incredibilmente rosso e sapeva per certo che quel colore non era dovuto al freddo intenso, ma non sembrava si fosse rotto qualche osso.
Dal canto suo, il ragazzo non era particolarmente collaborativo, perché dalle sue labbra non usci neanche un suono. Lo lasciò in modo tale da liberarlo da quel senso d’imbarazzo che sembrava averlo impossessato. Qualche spinta in avanti e Cloud ricadde inesorabilmente come un sacco di patate.
Si morse le labbra per non ridere, gli prese di nuovo la mano e lo trascinò lentamente verso il bordo, in una zona priva di ghiaccio.
- Non sei molto pratico, vero?- gli domandò pur conoscendo la risposta.
Il ragazzino tacque ancora una volta.
-Ma non c’è da vergognarsi, nessuno è bravo all’inizio- cercò di rassicurarlo.
Il biondo fece un’alzata di spalle.
- Sai che hai le mani gelide?- gli fece notare, accorgendosi solo in quel momento che non gliele aveva ancora lasciate nonostante non si trovassero più in una zona scivolosa.
Il piccolo scosse la testa e Tifa capì che non avrebbe potuto pretendere di più da lui.
Sua madre si avvicinò con i bicchieri di vino e l’espressione curiosa. Tifa la vide e sorrise, le prese un boccale dalle mani e lo porse al pattinatore improvvisato.
- Tieni, scaldati con questo. Non ne ho bevuto neanche un sorso, quindi puoi tenerlo e consumarlo tu- e glielo mise tra le mani.
Non rispose neanche a quello, però alzò le sue iridi colore del cielo e le incrociò alle sue.
Non lo avrebbe mai più dimenticato quel colore. Mai più.
Si allontanò dalla figura esile di Cloud Strife e riprese a giocare con sua madre.

Sospirò ripensando all’ennesima telefonata a cui aveva risposto il segnale acustico di un’anonima segreteria telefonica.
Per l’ennesima volta, l’ex SOLDIER rifiutava la sua mano tesa in un gesto di aiuto e sostegno.

“Lasciami riempire il tuo cuore con gioia e risate. Solidarietà, questo è quello che sarò  dopo. In qualsiasi momento avrai bisogno di me, io sarò lì. Sarò lì per proteggerti, con un amore disinteressato ti aspetterò. Basta chiamarmi e sarò lì **”.

La fiammella della candela alla finestra oscillò, mentre le campanelle della porta del bar risuonarono riportandola al presente. Alzò la testa verso il nuovo arrivato e a stento riuscì a riconoscere nell’uomo trasandato che aveva davanti il Turk fiero e battagliero con cui tante volte si era scontrata.
Reno mosse qualche passo, portando con sé i segni del freddo e della pioggia che ormai aveva perso il suo aspetto liquido per diventare densa e poi bianca. Bianca come la neve di Nibelheim.
Il fantasma del ragazzo che aveva conosciuto un anno prima fissò i suoi occhi chiari su di lei, come a volerle rivolgere una muta preghiera.

Ti prego, solo per oggi. Domani non mi vedrai più.

Sì,  gli avrebbe concesso una tregua solo per quel giorno, era pur sempre la Vigilia di Natale.
E poi, in fin dei conti, tutti in un modo o nell’altro stavano scontando i loro peccati, Reno compreso.
Non ebbe il tempo di guardare fuori per dedicarsi ai fiocchi bianchi che avevano preso a cadere fitti fuori dalla finestra, che un altro ingresso fu subito annunciato dal suono delle campanelle. Vincent Valentine, ammantato di rosso e di fretta, varcò la soglia del bar con uno scatolone miagolante e mezzo rotto sotto il braccio e uno sguardo predatore. Si guardò intorno e puntò gli occhi color del sangue sulla biricchina principessa di Wutai, ancora intenta a trastullarsi con le Materia colorate tra le dita. Sul giovane volto orientale si dipinse un sorriso di soddisfazione. 
Anche le labbra di Tifa si incresparono lievemente verso l’alto, avrebbe dovuto imparare molte cose da Yuffie, specie riguardo al come riportare indietro le persone. Cosa avrebbe dovuto rubare a Cloud per convincerlo a tornare? La moto? La spada? Il cuore glielo aveva già rubato qualcun altro …
- Hey, Tif!- il vocione baritonale di Barret  reclamò la sua attenzione.
- Mi ha appena chiamato Cid, dice che lui e Shera stanno arrivando e che si aspetta una degna accoglienza-
Che tradotto poteva solo significare che il Capitano Highwind era affamato.
- Questo posto è una calamita- affermò Cait Sith sbucando fuori da sotto a un tavolo in groppa a Red XIII.
- Sarà perché tutti più o meno desiderano avere un posto d’onore in Paradiso! - rispose scherzoso il grande felino, facendo riferimento al nome del bar.

Tutti al Settimo Cielo …

Quando erano arrivati? Possibile che fosse così presa dai ricordi e distratta dalle cose che aveva perso da non notare tutto ciò che la circondava e che ancora le rimaneva?
Cosa aveva da offrirle il Natale di quell’anno?Sicuramente molte cose in meno e una valigia di rimpianti in più, tuttavia guardando ciò che restava di AVALANCHE non si sentì particolarmente sfortunata.
Yuffie era già seduta ad un tavolo decisamente grande per una persona sola, accanto a lei un taciturno Vincent si tolse il mantello, lo poggiò su una sedia libera e rivolse un’occhiataccia alla ninja, sicuramente con l’intento di approfittarne per riprendersi ciò che gli era stato sottratto in circostanze solo a loro note. Barret decise che le sue mappe non erano chissà quanto interessanti e che il tavolo solitario che occupava non gli piaceva più, quindi si unì alla buffa coppia di amici insieme a Red e a Cait.
Più in là, in un angolo, il bizzarro elemento di un improbabile triangolo fino a quel momento incompleto  si chiuse nell’intimità di un inatteso riavvicinamento. Sarà stato per merito di quel fiorellino giallo che Elena continuava a rigirarsi tra le dita?
Tifa rivide un sorriso tra quei petali un po’ sciupati e si ricordò che la speranza arrivava da dove meno la si aspettava.
Osservò la sua candelina, simbolo di una promessa mantenuta con affetto.

“ … Solo la speranza riporta indietro la salvezza …”

E lei avrebbe fatto di tutto per non deludere le due donne che per quella salvezza avevano sacrificato tanto.

- Allora, questo vino caldo arriva o no?- brontolò Barret.
Annuì con convinzione, in fin dei conti lo aveva preparato per sentirsi a casa e i presenti si potevano considerare quanto di più simile a una famiglia potesse avere.
La sua nuova famiglia in attesa che vi si aggiungessero i membri ancora in viaggio.
Avrebbero dovuto preparare almeno una poltrona per la povera Shera, però era contentissima di rivederla. Se poi sarebbe stata l’ultima volta aveva poca importanza, era stato concesso a tutti loro almeno un’altra Vigilia di Natale e non lì’avrebbe sprecata a rimpiangere cose che non aveva ancora perso.

Così, tra una risata, un brindisi e una parola allegra, la candelina al davanzale oscillò per l’ennesima volta, come a volerla avvisare del rombo di un moto che si avvicinava.




Fine.




* Parole tratte dalla canzone “I’ll be there ”dei Jackson five.
**Parole tratte dalla canzone “I’ll be there”dei Jackson five.

Vincent e Yuffie non hanno mai incontrato Denzel prima di Advent Children, la mia è stata una pura licenza poetica ( anche se nella mia storia non è narrato un vero e proprio incontro).
Non ho idea di come sia morta la madre di Tifa e neanche se la sua dipartita sia stata improvvisa o lenta, così come non so se esiste un lago su cui gli abitanti di Nibelheim hanno l’abitudine di pattinare in inverno.
In Giappone il Natale viene festeggiato come un evento commerciale, l’ho introdotto in Final Fantasy VII solo perché nel videogioco esistono diversi richiami al Cristianesimo. E poi è un giorno di pace a prescindere dal credo professato.

A presto, Manila.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Manila