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Autore: Sophie_Wendigo    16/03/2013    2 recensioni
- Piano la presa si allentò, il dio lasciò scivolare i gelidi palmi fino ai suoi polsi, cingendoli quasi dolcemente, poi si avvicinò al volto della donna, deviando all’ultimo verso il suo collo.
“Ti ho detto di non giocare con me…" sussurrò su di esso -
Genere: Erotico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Silenzio, oscurità, vuoto. Natasha era seduta sulla sponda della sua branda, chiusa nella camera buia, avvolta solo dal pacato ritmo del suo respiro.
Riempì un’ultima volta i polmoni, poi chiuse gli occhi:
1 secondo, solo vuoto.
5 secondi, ancora vuoto.
10 secondi, un sorriso bianchissimo si aprì nella sua mente. Strinse le palpebre, cercando di mantenere il controllo.
Di nuovo vuoto.
20 secondi, due occhi cangianti spalancati su di lei la scrutavano compiaciuti.
Non poteva continuare così, ma resistette, doveva dominarlo. S’impose sull’irrefrenabile voglia di respirare, abbassò quindi il capo, inarcando la schiena.
Va tutto bene, puoi farcela.Si ripeté.
No. Non puoi Piccolo Ragno.Echeggiò nella sua mente la sua voce. La distrasse quel tanto che bastava per farle perdere la cognizione di se stessa: riempì i polmoni, inspirò, svuotandoli subito dopo in un urlo di rabbia, che s’infranse nelle claustrofobiche mura della sua camera.

Adesso il suo respiro era irregolare, il suo petto si alzava e abbassava sconnessamente, facendo si che molte ciocche ribelli si spargessero sul suo viso, ancora piegato verso il basso.
Che diavolo le stava succedendo? Anzi, non c’era niente che non andasse in lei: era stato quell’essere a farle un qualche incantesimo, non c’era altra spiegazione, no.
Si concesse alcuni istanti, giusto il tempo di regolarizzare il battito cardiaco, poi cercò tastoni il collo della bottiglia di vodka poggiata ai suoi piedi, portandola alla bocca e mandando giù un piccolo sorso. Tutto, anche l’incoscienza dovuta all’alcol pur di non averlo nella testa.
D’un tratto la sua attenzione fu catturata da dei passi fuori dalla porta.
Almeno i miei sensi sono rimasti invariati… pensò delusa, voltandosi verso l’uscio. I passi si fermarono, poi l’uomo bussò con sicurezza.
“Agente Romanoff?” la voce di Tony raggiunse ovattata le orecchie di Natasha, che si passò le mani sul volto, rimanendo in silenzio.
“Andiamo Piccola, lo so che ci sei!” continuò imperterrito. Ancora silenzio.
“Tasha, apri.” Disse con tono serio, decisamente insolito per lui. Allora la donna si alzò, piano, nascondendo la bottiglia sotto la branda e prendendosi qualche secondo per assumere un aspetto che non desse sospetti; poi si avvicinò alla porta, digitò il codice e l’aprì.
“Tony, che ci fai qui?” chiese sorridendo appena.
“Che ci faccio qui?!” ripeté sbalordito “Oh giusto, che dovrei farci qui? Dopo tutto non sei entrata nella cella del Cervo trapassandogli lo stomaco con un pugnale, il che è legittimo, e ti sei chiusa in camere senza dare spiegazioni, il che non lo è affatto!” Disse con quel suo solito fare da saccente. La ragazza roteò gli occhi e, sospirando, fece per chiudere la porta, che fu bloccata dal piede di Tony.
“Natasha, smettila. Voglio solo parlare.”
“Ti ha mandato Fury, tu non vuoi parlare, vuoi controllarmi! Digli che domani farò rapporto, non c’è bisogno che mandi delle spie.” Continuò allontanandosi verso il centro della stanza, massaggiandosi la nuca.
“Dovresti sapere che non sono una sua marionetta, non mi ha mandato lui. Lo Zio Stark voleva solo accertarsi delle condizioni della sua Nipotina!” disse scivolando dentro la camera appena prima che la porta automatica si chiudesse.  “mi hai salvato la vita un paio di volte, farti da consulente mi sembra il minimo…” allora si sedette sulla branda, guardandosi attorno nell’oscurità, facendole poi cenno di avvicinarsi.
“Non ho bisogno di un consulente, sto bene, ho solo perso il controllo…”
“E’ questo il problema, tu non perdi il controllo.” Le fece notare l’uomo.
“Lo so! Ma lui è così… così… Irritante! Si stava prendendo gioco di me!”
“Esattamente come stavi facendo tu, come fai ogni volta. È così che ci si sente, non è piacevole e il nostro piccolo Cervo te l’ha gentilmente fatto notare!”
“Non mettertici anche tu adesso! E’ il mio lavoro ingannare le persone, morirei se non lo facessi! E non è questo il punto.”
“Dimmi qual è allora, perché dalle telecamere si capiva solo questo: lui ti ha battuta e tu non l’hai presa bene.”
“Non è per questo che l’ho fatto! Non trapasso il ventre di tutti quelli che m’infastidiscono! Sennò saresti un colabrodo adesso…” si concesse quella piccola frecciatina, probabilmente per l’effetto dell’alcol; era russa, ma una bottiglia di vodka si fa sempre sentire.
“Quindi la domanda adesso è: a chi trapassi lo stomaco di solito?” disse Tony ignorandola completamente, a dispetto di quello che si poteva pensare, teneva molto a Natasha, e quello non era il momento di scherzare, non l’aveva mai visa così.
“Non lo so Tony! Io non lo so! E smettila di fare lo psicologo! Lasciami in pace!” gridò voltandosi contro la parete, avvicinandosi quel tanto che bastava per poggiarvi la fronte e chiudere un istante gli occhi. Ma fu costretta a riaprirli subito dopo, di nuovo queisuoi occhi chiari che la fissavano. Batté con violenza un pugno contro il muro, cercando in ogni modo di controllare il battito cardiaco e il ritmo del respiro, senza molto successo visto che Tony si alzò, avvicinandosi.
“Che ti succede?” chiese preoccupato, sorreggendola appena: sembrava sul punto di svenire.
“Non riesco a mandarlo via… nemmeno con la vodka… la vodka manda via tutto, sempre…” disse piano, lasciandosi andare, per la prima volta davvero.
“Chi?” chiese l’uomo, aiutandola a sedersi sulla branda al suo fianco. Possibile che non si fosse accorto subito che era una cosa davvero grave? Non aveva mai visto Natasha in quelle condizioni.
“Loki...” continuò lei, passandosi le mani sul viso. “Ogni volta che chiudo gli occhi, ogni volta… lui è lì… ci sono i suoi occhi, il suo sorriso, le sue mani gelide e il suo respiro…” spiegò lei, ma il tono della sua voce non era più arrabbiato, quanto piacevolmente rassegnato. La verità era che, se ci rifletteva bene, non la infastidiva poi molto, e questo la preoccupava sempre più.
“Se non ti conoscessi, direi che ti sei presa una cotta per lui, e che fai di tutto per non pensarci.” Azzardò l’uomo, protendendosi verso il suo volto, per scrutare ogni minima reazione.
“Non ho idea di cosa mi stia succedendo…” sussurrò.
“Cosa?!” sbraitò Tony, alzandosi dalla sponda del letto e cominciando a fare su e giù per la stanza. “Che diavolo ti è preso?!” chiese infuriato.
“Ma di che parli?”
“Di cosa parlo?! Come ti è venuto in mente di innamorarti di lui?!”
“Innamorarmi? Io non…”
“Ogni volta che qualcuno ti fa un’osservazione del genere tu rispondi che –L’amore è per i bambini.-!” disse mimandola goffamente. “Sei innamorata di lui! Da non credere!” concluse sconcertato.
Natasha ascoltò interdetta quelle parole, allora scattò in piedi a sua volta, bloccando il corpo di Tony contro la parete.
“Non dire cazzate. Io non sono innamorata di lui. È chiaro?” sibilò fra i denti.
“Come ti pare, ma se lo fossi, vattene.” Disse sereno, guardandola negli occhi. “Ti farà solo soffrire questa storia, ti metterà di fronte ad una scelta, e io non sarei in grado di farla.” Continuò piano, non più arrabbiato, ma pensando a lei e ai suoi interessi. “Senza contare, che metteresti a rischio tutta l’operazione.” Concluse cercando di dissimulare la nota di dolcezza con cui aveva parlato.
“Sta tranquillo Stark, non c’è alcun pericolo. Non credo che un mostro del genere possa essere amato, tantomeno da me. Adesso sparisci.” Disse poi allontanandosi, indispettita da quel suo modo di fare tanto opportunista ai suoi occhi.
In quell’istante una chiamata raggiunse l’auricolare di Tony che, ancora spalle al muro, ascoltò e asserì, interrompendo poi il collegamento.
Sul volto aveva un’espressione indecifrabile.
 
“Il Cervo immortale sta morendo.” Disse guardando Natasha negli occhi, che parve confusa.
“Come ho fatto a dimenticarlo… dannazione!” imprecò poi, precipitandosi fuori dalla stanza, seguita a ruota da Tony.
“Dove stai andando?!” chiese, continuando a seguirla. Lei non rispose, seguitò a camminare finché non raggiunse la sala di comando, fermandosi alle spalle di Fury.
“Comandante! Chiedo il permesso di vedere il prigioniero Loki, Signore.”
“Permesso negato Agente Romanoff.” Disse Nick, voltandosi lentamente. “è sospesa dal progetto Avengers a tempo indeterminato, non verrà più aggiornata sugli sviluppi e i suoi lasciapassare saranno limitati.”
“Signore, la sua decisione è legittima, ma il prigioniero è…”
“Gravemente avvelenato? Avevo intuito che la lama non fosse solo ben affilata quando ha iniziato a vomitare sangue.” La interruppe Fury. “può andare adesso.”
Natasha rimase ferma al suo posto, indecisa se insistere, o farsi da parte.
Dopo tutto che motivo aveva per voler alleviare le sofferenze di quell’essere così insignificante? Nessuno, non aveva nessun motivo per farlo. Eppure c’era qualcosa che la frenava dall’obbedire agli ordini del Comandante.
In quel momento, due guardie e un medico di bordo si affrettarono verso Nick, spostando di malagrazia Natasha e Tony, che aveva assistito al colloquio in silenzio.
“Comandante Fury! Il prigioniero rifiuta le nostre cure, dice di voler veder l’Agente Romanoff! La ferita non accenna a rimarginarsi, e perde molto sangue, dobbiamo agire, o lo perderemo!” disse l’uomo avvolto dal camice bianco. Nick si prese qualche istante, poi congedò i tre individui con un cenno del capo. Si voltò infine verso Natasha, che cercò di mascherare al meglio la latente soddisfazione di essere l’ultimo desiderio di Loki.
“Dimostrami che posso ancora fidarmi di te.” Disse l’uomo, fissando l’occhio scuro in quelli chiari e limpidi di lei.
“Agli ordini Comandante.” Asserì fiera, prima di voltarsi, salutare Tony con una rapida occhiata, e dirigersi immediatamente verso la capsula di vetro.
 
“Sei venuta…” rantolò piano Loki, curvo in canto della cella. Alzò poi il volto madido di sudore verso Natasha, con il solito sorriso beffardo a colorare il suo sguardo gelido.
  
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