Capitolo 4
Vieni con me Amelia
Ciao a Tutti! Eccomi di nuovo qui con Amy e il Dottore! Visto che alcuni mi chiamano il Dottore come lo spirito. devo chiarire un punto: Lo spirito e il Dottore non sono la stessa persona. condividono il corpo e sono molto simili carraterialmente ma sono due persone diverse! Devo ringraziare samuela, Joasteroide42 e Bigmouth per le recensioni!
Buona lettura
Baci
Marty Evans
Quella
notte nel
paesino di Leadworth in Inghilterra,( Un posto di 100 anime, ormai noto
ai miei
lettori) tutti stavano dormendo. Anche la dolce e bellissima rossa che in questa vita
rispondeva al nome di Amelia
Pond Stava sognando
tranquilla nel suo
letto. Stava sognando di avere ancora 7 anni, di essere in giardino,
seduta su una
valigia, il sole che le
stuzzicava la pelle mentre aspettava il suo Dottore Stropicciato. Il
suo amico
immaginario venuto dallo spazio e mai dimenticato. Quando ad un tratto
sentì il
suono della cabina del Dottore. Quella
specie di “uahh” che caratterizzava
l’arrivo e la scomparsa di quella cabina
blu. Una cabina magica per Amelia
Pond. Il
suono che aveva udito era un suono magico, per lei rappresentava tutto.
Un suono
che
simboleggiava il suo ritorno. Il ritorno del suo dottore Stropicciato.
Ma quel
rumore che lei pensava non
avrebbe mai
più sentito sembrava così reale. La speranza ebbe
la meglio sul dubbio e Amy corse
alla finestra. Come quella notte di 14 anni prima, quando la cabina blu
era
caduta nel suo giardino. Scostò le tende con gesto deciso e
sorrise. La cabina
blu era li. Non aveva sognato. Lui era
li. Lui era tornato a
prenderla.
Ancora in ciabatte e camicia da notte corse fuori dalla stanza.
Spalancò la
porta di casa e corse fuori. Si fermò un attimo sul portico.
Non ci poteva
ancora credere era li.
POV Amy
Ero andata a dormire come
tutte le sere, anche
se quella sera era diversa dalle altre. Mi ero ritrovata a sognare che lui tornasse. Ed
eccolo qui. nel giardino di casa mia con la sua cabina blu volante.
I miei pensieri furono interrotti proprio da lui. L’oggetto
indiscusso dei miei
sogni di bambina e ragazza. ( oltre al ragazzo moro con gli occhiali
s’intende)
«Scusa
se sono
scappato prima» disse con tono di scusa. Non l’
avevo ancora notato. Era
poggiato a una delle porte della cabina ed era in penombra.
«Un
TARDIS nuovo di
zecca. Molto eccitante» mi
spiegò. Gli
corsi incontro. Me ne fregai di essere in camicia da notte. Lui era li. Era reale.«Ho
fatto un salto fino alla Luna per rodarlo. Ora è pronto
per i grossi viaggi» disse battendo ua mano sulla cabina.
«Sei
tu!Sei
tornato!» esclamai ancora incredula. Non era possibile! Era
li, davanti a me,
sorridente. Come se niente fosse successo. Era nel mio giardino. Era
tornato
«Certo
che sono io. Torno
sempre. Tornerò sempre da te Amy. Qualcosa non
va?» Quella frase era talmente dolce
che stentavo a credere che l’avesse pronunciata per me. Era
tornato. Notai che
portava gli stessi vestiti che aveva rubato al ospedale.
«Hai
tenuto i
vestiti?» chiesi stupita.
«Ho
appena salvato
il mondo. L’intero pianeta per la milionesima volta gratis.
Si,sparami! Mi sono
tenuto i vestiti!» esclamò lui indignato.
Constatai con sgomento che si era
tenuto quel orribile papillon. Che faceva dannatamente damerino inglese
del
ottocento. Gli mancavano solo il cappello a cilindro e il bastone da
passeggio. Ha dei gusti orribili in fatto di
moda.
«Compreso
il
cravattino» dissi scioccata indicando l’orribile
farfallino rosso che portava.
Il suo nuovo look era abbastanza semplice: pantaloni neri,mocassini
neri,una
camicia bianca, sopra una giacca di tweed beige e per finire
l’orribile
papillon rosso. Lui assunse un aria orgogliosa e mi disse toccandosi il
cravattino (come se fosse la più sacra e preziosa delle sue reliquie)
«Si,mi piace. Mi da
classe» beh se quello ti da classe allora non capisci
niente di moda.
Poi
formulai la
domanda a cui aspettavo una risposta da almeno 14 anni. La domanda a
cui avevo
paura di dare una risposta:
«Tu
vieni da un
altro pianeta?» Ero incerta su come avrei reagito se mi
avesse risposto di si.
Ma non m’importava. Volevo sapere. Per me lui era ancora uno
sconosciuto e
volevo conoscerlo.
«Si»
mi disse lui
come se la risposta fosse ovvia.
«Okay»
riuscii solo
a dire. Ero stupita. Avevo un amico immaginario, che possedeva un
cabina blu
volante e veniva da
un altro pianeta!Wow!
Incredibile! Io conoscevo una persona così! Iniziavo a voler
bene a quel uomo
un po’ pazzo che appariva sempre in ritardo. Fu proprio lui a
riportarmi alla
realtà. Era un po’ indignato siccome non lo stavo
ascoltando . (E lui odia che
gli altri non li prestino attenzione. Ma allora ero troppo giovane, lo
conoscevo da troppo poco tempo per sapere cosa lo irritasse o cosa no)
«Allora
cosa ne
pensi?» chiese
«Di
cosa?» chiesi
cadendo dalle nuvole dei miei pensieri.
«Gli
altri pianeti
li vuoi vedere?» chiese un po’ indignato dal fatto
che non lo stessi
ascoltando. (E lui odia quando la gente non lo ascolta e fa di testa
sua.
Infatti, ce l’ha sempre con me perché sono di
carattere testardo, combattivo , non
mi lascio spaventare da niente e da nessuno.) Comunque tornando a noi.
Non
capivo di cosa stesse parlando.
«Che
vuol dire
questo?» chiesi. Speravo, anzi agognavo che mi chiedesse di
scappare con lui.
Li, quella notte in quel giardino. Mi facesse montare su quella cabina.
E mi
facesse sentire almeno per una volta, per un ultima volta,libera e
felice. Ma
non osavo sperare tanto. L’indomani avrei dovuto fare un
passo decisivo. Avrei
dovuto essere felice. Domani doveva
essere il giorno più bello della mia vita. Ma, ora che lo
avevo rivisto. Sapevo
che non era quello il mio destino. Il mio destino non era li, a
Leadworth, con
due bambini, un cane e un marito che mi baciava quando tornava a casa
la sera.
Il mio destino era li, con l’uomo che avevo davanti, su una
cabina blu volante
a esplorare l’universo. Quello era quello che sognavo. Non una vita normale Ma una vita
avventurosa con lui.«Vuol dire..
beh.. Vuol dire.. Vieni con me» sembrava più un
ordine che una richiesta.
«Dove?»
chiesi
ancora stupita. Quel uomo era straordinario
«Ovunque,
Tu,
voglia» disse sorridendo.
«Quello
che è
successo.. L’ospedale, le navi, il Prigioniero
Zero..» non riuscii a terminare
la frase perché mi anticipò e
m’interruppe.
«Oh
non ti
preoccupare. Era solo l’inizio» disse lui.
«Già,ma
quelle
cose.. incredibili. Tutta quella storia..»
m’interruppi e lo presi per il
cravattino urlandogli «é successo 2 anni
fa!» Lui aprii la bocca incredulo ed
esclamò
«Uh!Oh
OPS!»
«Già»
«E
così fanno..»
cercò di dire mortificato lui.
«14
anni» lo
interruppi io arrabbiata. Era di nuovo in
ritardo.
«14 anni
dal pesce
con la crema. Amy Pond, una bambina che ha aspettato
abbastanza» lo ignorai. E
guardai la cabina sembrava così piccola.
«Quand’ero
piccola
dicesti che c’erano una biblioteca e una piscina. E che la
piscina era nella
biblioteca»
«Si,non
so bene dove
sia,rispunterà fuori. Allora vieni?» sembrava un
ordine, e io odiavo le persone
arroganti che mi davano ordini. Così risposi
secca:«No»
«Volevi
venire 14
anni fa» constatò lui.
«Sono
diventata
grande!» dissi con tono di superiorità. Avevo 21
anni non 7 cavolo! Mi vedeva
ancora come la
piccola Amelia Pond, la
ragazzina scozzese che sentiva le voci nel muro della sua stanza. Ma io
ero
cresciuta. Ero una donna e glielo avrei dimostrato. Odiavo essere
considerata una
bambina. Sopratutto da lui. Volevo che mi considerasse un adulta forte
e
combattiva. Non una bambina da difendere accidenti!
«Rimedierò
a questo»
mi disse lui schioccando le dita. Immediatamente le porte della cabina
si
aprirono come per
magia verso l’interno
da cui usciva una calda luce gialla. Quel luogo sapeva di casa, affetto
e
amore. Lui mi sorrise. Mentre il
mio
viso si apriva in un sorriso stupefatto. Lui mi fece
l’occhiolino. E io non
potei non sfogare tutta quella meraviglia in un
«Ah!» di stupore. Entrai
curiosa. Lui entrò subito dietro di me
e
richiuse la porta alle spalle. Non ho parole per descrivere il TARDIS.
é
magnifico. Era è gigantesco. È una cabina
più grande al interno.
POV Dottore
Ero felice di
averla stupita. Dell’ espressione rapita e
incredula che aveva sul viso
mentre osservava la mia cabina. Quella che per 905 anni era stata la
mia casa.
Non ero stato così felice di mostrare la mia cabina a
qualcuno da quando Rose..
beh da quando era successo. Finalmente sentivo di poter ricominciare. Con Amy. Quella ragazza, quella
bellissima ragazza. Quella ragazza umana dai lunghi capelli rosso scuro
e dagli
incredibili occhi color smeraldo. Che allo spirito ricordava tanto sua
moglie per
me poteva essere un’altra possibilità . e non
soltanto perché lo spirito voleva
che io la proteggessi. Ma anche perché mi stavo affezionando
a lei. Mi stavo
innamorando di lei. Anche se non me ne rendevo ancora conto. Con il
Passare del
tempo Amy Pond sarebbe diventata la mia ragione di vita. Lei
mi stava ridando la voglia di vivere. Lei
sarebbe stata il
cuore
pulsante del TARDIS. Senza di lei per me non esiste alcuna vita. Amy mi
è
indispensabile come l’aria per respirare. Amy
è diventata tutto per me. Ma allora lo ignoravo.
Mi
posizionai di
fronte a lei .«Allora,vuoi dire qualcosa, qualche commento
interessante. Già
sentito»
«Assurdo»
fu la sua
risposta incredula. Attraversai il breve spazio che mi separava dalla cabina di comando.
Salii i tre gradini
che mi separavano dalla console mentre Amy rimaneva li basita e
incredula.
«Sono
in pigiama»
constatatò stupita.
«Oh
non ti
preoccupare. Ho un sacco di vestiti qui e forse anche una
piscina» dissi
guardando verso l’alto e perdendomi nella mia nuova cabina.
«Allora,
tutto lo
spazio e il tempo. Tutto quello che è accaduto e che
accadrà. Da dove vuoi
iniziare?» chiesi sapendo che sarebbe venuta con me
«Tu
sei così sicuro
che io verrò» disse attraversando lo spazio che la
separava dalla console.
«Si
lo sono» risposi
con una puntina di arroganza nella voce.
«Perché?»
mi chiese incuriosita
e irritata. Adoro quando si arrabbia
«Perché
sei una
ragazza scozzese in Inghilterra. Credimi, so cosa si prova»
dissi e un ondata
di nostalgia mi travolse. Nonostante tutti gli anni passati in giro per
l’universo Galifry mi mancava terribilmente. Mi mancavano gli
alberi argentei e
i due soli che lo riscaldavano e la mia casa. il palazzo dei Signori
del Tempo
i miei amici e la mia famiglia. Purtroppo però non sarei mai
potuto tornare.
Era tutto perduto. Erano tutti morti . Per
colpa mia. Il mio pianeta non esisteva più da molti secoli ormai. Era la colpa
più grave di cui
mi ero macchiato. La colpa per cui provavo più rimorso.
Avevo condannato il mio
pianeta e la mia razza a morte. Non avevo più nessuno. A
parte uno spirito che
si divertiva a infestare i miei pensieri nella mia attuale
rigenerazione. Ero
un traditore e meritavo di essere solo.
«Davvero?»
mi chiese
interrompendo i miei ricordi. Picchiettai su un orologio girai una
manovella e
poi puntai l’indice su di lei.
«Tutti
gli anni vissuti
qui, tutta la tua vita.. ma conservi la grinta. Si, verrai» feci suonare un campanello.
Mentre osservava incuriosita
gli strumenti che aveva davanti. Sbucò da dietro il
catalizzatore.
«Puoi
riportarmi per
domani?» mi chiese preoccupata
«È
una macchina del
tempo. Ti riporto quando vuoi. Che c’è domani?
» chiesi curioso e un po’
preoccupato.
«Niente.
Solo delle
cose»
«Bene
allora, di
ritorno, in tempo, per delle cose»
la
schernii
Proprio
in quel
momento spuntò un cacciavite sonico nuovo.
«Oh
uno nuovo!Perfetto»
esclamai contento provandolo. Questa volta emetteva una luce verde. Come gli occhi di Amy
”ti stai innamorando”
no
“si!”
no!
”si invece”
Piantala spirito o giuro che ti ammazzo
“il problema, mio caro Dottore
è che sono già
morto!”
disse scoppiando a
ridere.
Spinsi le
leve nere
avanti e indietro. Impostai le coordinate sullo scanner,
«Perché
io?» mi
chiese Amy dubbiosa al‘
improvviso
«Perché
no?» risposi
divertito dalla sua irritazione
«Dico
sul serio.
Perché mi stai chiedendo di scappare con te nel bel mezzo
della notte? É una
domanda lecita. Perché io?»
«Non
lo so. Mi
diverte. Devo avere una ragione?»
«Tutti
hanno un
motivo» disse decisa lei
«Io
ti sembro
tutti?» chiesi divertito
«Si»
ribatté
testarda e
orgogliosa lei. Adoro questo lato del suo
carattere. da guerriera
da vera scozzese qual’è.
Riflettei sulla risposta
alla sua domanda.
Riflettei sulla risposta migliore da darle. Non potevo ancora dirle di
Rose.
Non sarebbe stato giusto nei confronti di Amy. Non potevo dirle che
volevo
amare di nuovo qualcuno. Che volevo che qualcuno mi aiutasse a
dimenticare
Rose. Sarei stato egoista. E non volevo esserlo. Non
più. Volevo guadagnarmi la fiducia e
l’amore di Amy. Così optai
per una mezza verità. Era il meglio che potessi offrirle in
quel momento. La
risposta che avrebbe accettato con più facilità
Avrei rivelato tutta
la storia a tempo debito
«é
un po’ che giro da
solo. è una mia scelta. Ho iniziato a parlare con me stesso.
Ho il mal
d’orecchie»
“ti faccio venire il mal d’orecchie per
caso?
Guarda che potrei offendermi!”
se non la pianti
me lo farai venire sul serio il mal d’orecchie
«Ti
senti solo? é
così? Tutto qui?» chiese lei sospettosa
«Tutto
qui. Promesso»
assicurai anche se non era vero.
«Okay»
rispose lei
convinta. Ci mettemmo uno accanto al altra
al parapetto della sala comandi
«Sei
d’accordo? Perché
questo posto..a volte ti fa sentire un pochino..Ecco.. Si
insomma..» non
riuscivo a trovare le parole. In verità
volevo sapere se la faceva sentire un estranea. Come
Rose le prime volte che viaggiava con me
nella mia nona incarnazione ( Ero orribile allora)
«No,
sto bene. É
solo che.. Qui c’è un mondo intero come dicevi.
Pensavo..Iniziavo a
pensare..Pensavo che fossi solo un pazzo con una cabina» la
interruppi
«C’è
una cosa che
dovresti sapere di me. Perché è importante. Un
giorno la tua vita potrebbe
dipenderne.. Io sono assolutamente, totalmente, un pazzo con una
cabina» Lei mi
guardò stranita e vedendo la sua espressione scoppiai a
ridere. Lei rise con
me. Poi mi
avvicinai alla leva di
comando e dissi «Ah Ah Si! Addio Leadworth. Buongiorno a
tutto il resto» Lei
al mio fianco rise mentre il TARDIS
iniziava a fare il suo tipico rumore. Libera e felice e io con lei. Lei
scoppiò
a ridere e io la seguii spensierato. Come non mi sentivo da anni. Mentre
la
cabina svaniva dal giardino di Amelia Pond sentivo che potevo di nuovo
vivere.