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Autore: Hero98    17/03/2013    2 recensioni
"Il mondo è in rivolta: milioni di persone si sono riunite nelle piazze di ogni Paese, anche i più piccoli. Si spingono, urlano per farsi sentire. Sono stanche di subire, vogliono giustizia. Mostrano cartelloni candidi macchiati con scritte di un rosso scuro, colanti come lacrime, che chiedono vendetta.
Hanno visto morire vicini, compagni, parenti, in guerre che potevano essere evitate. Adesso basta.
Ventiquattro Nazioni scelte a caso tramite un sorteggio dovranno lottare in un’area selvaggia fino alla morte. Dovranno vedere il sangue dei loro compagni sporcare i loro vestiti, le loro mani. Uno solo uscirà “vivo” se dopo un’esperienza simile potrà ancora considerarsi tale.
Solo così il popolo di tutto il mondo si calmerà.
Che gli Hunger Games delle Nazioni abbiano inizio."
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 5 – Insulse sfilate
 
Senza sapere il motivo si ritrovò in una specie di camerino che trapelava lusso da ogni angolo: la stanza era ampia e il lampadario al centro del soffitto bianco pendeva in mille cristalli luminosi che illuminavano le pareti creando un’atmosfera quasi da sogno, un tappeto rettangolare ornato da figure elaborate ricche di riccioli e onde copriva la maggior parte delle assi di legno del parquet, accostata alla parete di fronte alla porta c’era una maestosa toeletta bianca decorata con ghirigori dorati e tempestata intorno allo specchio ovale e lucido di piccole gemme azzurre, vicino ad essa si trovava una sedia con cuscini marroni imbottiti sullo schienale e il sedile che aveva l’aria davvero comoda, nella parte destra della stanza invece il padrone era un possente armadio di legno di betulla che contrastava con il pavimento più scuro. Ciò che ad America sembrò strano fu il non trovare neanche una piccola finestra, solo pareti color panna circondavano l’entrata. Per un attimo si sentì soffocare da quella luce e quel lusso esagerato per i suoi gusti, dopotutto la sua camera era abbastanza piccola: le pareti circondate da mensole con pile e pile di fumetti, una modesta libreria con dei libri di archeologia e astrologia, modellini di supereroi e altri personaggi disposti disordinatamente sulla cassettiera vicino al letto sempre disfatto e una finestra abbastanza grande da dove si potevano ammirare le punte dei grattacieli di New York. Adesso, lì, si sentiva a disagio.
“Prego, accomodati” disse una figura alle sue spalle, America non sapeva dire se era lì da molto o era appena entrato. Si girò giusto un minuto per osservare l’uomo, alto e magro con la pelle abbastanza abbronzata, un pizzetto nero leggermente appuntito e gli occhi piccoli e scuri. In testa aveva un basco grigio che copriva i capelli. La Nazione andò a sedersi sulla sedia poi domandò guardando la propria immagine riflessa nello specchio che era così pulito da far credere che ci fossero due America: “Cosa devo fare?”
L’uomo chiuse la porta e si mise alle spalle della sedia, poteva vederlo dietro di lui nello specchio, poi rispose con un sorriso nel quale era sicuro di leggere compassione: “Tu niente, devi solo stare fermo e buono, ci metterò poco.”
America scrutò i suoi occhi cercando di capire le sue intenzioni, non sembrava avere cattive intenzioni. Infatti gli mise le mani tra i capelli biondi iniziando ad accarezzarli. Ciò fece rilassare il ragazzo che socchiuse gli occhi scivolando leggermente sulla sedia.
“Adesso ti faccio diventare davvero America”
 
Russia aprì di scatto gli occhi sussultando, la schiena era leggermente indolenzita. Appena la vista tornò nitida abbassò lo sguardo verso il proprio sedere notando che era su una sedia. Si era addormentato? Per quanto tempo? Si alzò, stiracchiandosi con le mani dietro la schiena poi portandole in alto e spingendosi con le punte. I suoi occhi viola e stanchi si posarono sulla stanza nel quale si trovava, ora ricordava: era nel camerino nel quale quella ragazza tanto simpatica e allegra aveva iniziato a fargli qualcosa di strano in faccia. Lo sguardo cadde sullo specchio della toeletta e istintivamente spalancò gli occhi nel vedere com’era cambiato. Aveva addosso un cosacco russo, nero, con delle cinghie di pelle marroncine incrociate sul petto e degli stivali neri a stringhe. Inoltre notò che sul ripiano della toeletta c’era un colbacco anch’esso nero. Doveva ammettere che non stava male acconciato così, ma perché doveva indossare quegli abiti? Dopotutto andava a combattere in un’arena aperta per la propria vita.
Si accorse solo adesso della piccola finestra coperta da una tenda spessa che stonava quasi con la chiarezza della stanza. La scostò piano, il paesaggio scorreva veloce davanti a lui: era su un treno.
Aprì la porta ed uscì dalla stanza trovandosi in un largo corridoio pieno di porte, da una uscì un ragazzo. Russia spalancò gli occhi, il ragazzo anche arrossendo e voltandosi in fretta pronto ad andarsene ma il russo fu più veloce e lo trattenne per un braccio.
“America!” esclamò incredulo facendolo girare lentamente, teneva lo sguardo basso e riusciva a leggere nei suoi occhi chiari e limpidi l’imbarazzo che provava in quel momento. Aveva solo dei pantaloni di pelle addosso e degli stivali con frange, in testa un copricapo di piume bianche, rosse e azzurre che ricordava quello degli indiani d’America. Era a petto nudo e sulle guance aveva due strisce nere. Un sorriso si dipinse sul viso di Russia che con una mano sotto il mento di America lo obbligò ad alzare lo sguardo senza troppa forza.
“Non dire una parola.” sibilò l’”indiano” assottigliando gli occhi, sulle guance il russo poteva vedere un leggero rossore. “Mi hanno costretto a mettermi questo costume per una stupida sfilata che si farà prima dei giochi che serve a farci conoscere, a quanto pare più piacciamo alla gente più possibilità abbiamo che ci aiutino quando saremo nell’arena a morire…” la voce tradiva un certo nervosismo da parte dell’americano e Russia poté anche sentire il suo braccio irrigidirsi sotto la sua stretta. Gli lasciò il viso e lo abbracciò avvicinando le labbra al suo orecchio.
“Stai benissimo vestito così… Mi dispiace non poterne approfittare.” Sussurrò in modo quasi sensuale facendo avvampare America che dopo essersi ripreso lo spinse via. “Idiota.” Disse soltanto dandogli le spalle ed entrando in una porta poco più avanti. Russia rise.
“Mio dolce piccolo America, sarà un peccato vedere spegnersi la luce che illumina i tuoi bellissimi occhi”
 
Era ormai giunta la sera e tutte le Nazioni divise in gruppi di due persone si apprestavano ad entrare in scena a bordo di sontuose carrozze addobbate a seconda dei loro Stati. Il carro del Nord America era ricco di foglie, una zona cosparsa di neve e sembrava riprodurre l’ambiente delle riserve naturali. Canada vestito come un Inuit, popolazione che abitava il suo Paese prima delle conquiste coloniali e che adesso abita piccole zone nel nord, strinse la mano del fratello. Era agitato, li avrebbero visti tutti.
“Tranquillo, stai benissimo!” America sorrise stringendogli la mano mentre con l’altra gli aggiustava un po’ la pelliccia che gli andava sul viso. Aveva addosso un enorme giubbotto di pelliccia di varie sfumature di grigio e dei pantaloni invece di pelliccia bianca. Ai piedi dei larghi stivali spessi con suola morbida.
“Piuttosto non hai caldo?” domandò lo statunitense. Canada scosse la testa e accennò un piccolo sorriso “E tu non hai freddo…?”
America rise e si portò la mano libera al petto con fare fiero “Ma no, io sono l’eroe!”
Improvvisamente si spensero le luci, i carri partirono. Il canadese rimase abbagliato dai riflettori puntati verso di loro, folle urlanti nelle platee intorno a loro e dagli altri tunnel scorse le altre Nazioni tutte con abiti tipici del loro Paese: Prussia e Germania, Italia del Nord e del Sud, Spagna e Francia, Russia e Bielorussia, Lituania e Polonia, Inghilterra e Sealand, Cina e Sud Corea, Turchia e Grecia, Seychelles e Liechtenstein, Svezia e Norvegia, Giappone e Lettonia.
I loro abiti li facevano brillare di forza e audacia, Canada si ritrovò a paragonarli, e a paragonarsi, ai manzi dal manto splendido portati dritti al macello.
Trema al pensiero che solo una notte li divide dall’inizio di quei giochi di sangue.

Angolino di Hero~
Sono tornata! Dopo aver scritto una piccola storia a quattro mani con la mia amica Gabrina1606 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1593351&i=1 ecco un nuovo capitolo e al più presto scriverò un nuovo cross-over di Hetalia!
In ogni caso grazie a tutti per le recensioni e spero che questo capitolo vi piaccia~!
   
 
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