Tremo. Non posso tremare. Non posso permettermi di essere debole, non davanti a loro.
Stringo le braccia lungo i fianchi e mi convinco che la causa del tremore è il vestito che non serve tanto a vestirmi quanto a mettermi in mostra. E' completamente trasparente. Come se non bastasse, come se non fosse abbastanza andare a morire per il divertimento altrui. No, devo anche fare la sfilata con un vestito che mostra ogni centimetro del mio corpo. Non mi vergogno, non è questo il problema. Il problema è che odio tutto questo, odio tutti. Odio me stessa.
Forse me lo merito, forse quel biglietto col mio nome non è stato estratto per caso. Era destino. Avrei dovuto offrirmi volontaria quando sarei davvero servita a qualcosa, quando avrei potuto salvare la vita di qualcuno, allontanare qualcuno dalla morte almeno per un poco. Avrei potuto salvare lei.
Aveva 13 anni, poco più di una bambina. Capelli neri, a caschetto, occhi blu, grandi e intelligenti. E' stata uccisa dal suo alleato, nell'arena, con una pietrata su una tempia. E' morta sul colpo, il ragazzino che l'ha uccisa era abbastanza forte, non gli è servito un secondo colpo. Non lo biasimo, no. Non era colpa sua, fu ucciso anche lui poco dopo.
E' colpa della gente di Capitol, del presidente Snow. Di tutte le persone che si divertono nel vedere ragazzini che si ammazzano a vicenda. Li odio, odio tutto. Odio il fatto di dover uccidere altri ragazzi, odio di essere obbligata a farlo. Morirei piuttosto, ma non posso. Io devo tornare a casa. Per lei. Per non dimenticarla mai.
Si chiamava Lamia, tredici anni e già quasi una donna. Catturava qualsiasi cosa con gli occhi, due enormi fari blu. Amava salire sugli alberi e odiava doverli abbattere. Diceva che era ingiusto, che erano troppo belli per sterminarli in quel modo. Al mondo aveva solo suo fratello. Suo fratello e me. E io avevo solo loro. Adesso solo lui. Ma forse non l'avrei mai più rivisto. Una cosa buona ero riuscita a farla, l'avevo salvato da questi giochi maledetti.
Questo era il suo ultimo anno di mietitura, mi aveva promesso che se fossi stata estratta si sarebbe offerto volontario per starmi vicino, per proteggermi, fino alla fine, per poi farmi vincere. Non riuscì a farlo, non gliel'avrei mai permesso. Il figlio del macellaio del distretto l'aveva steso con un pugno appena aveva aperto bocca, altri due lo tennero fermo finchè la cerimonia non fu finita. Quando entrò dalla porta di legno di una delle tante stanze del municipio per l'ultimo saluto iniziò ad urlarmi contro, era fuori di sé. Poi iniziò a piangere, mi abbracciò, mi baciò ripetutamente. Iniziai a piangere anche io, come una bambina. Mi fece promettere di fare il più possibile per ritornare a casa. I pacificatori ci misero un bel po’ per separarci.
<
Il pubblico inizia ad urlare, sbraitare, fischiare. Mi accorgo che le loro attenzioni sono rivolte a me e solo in quell’istante mi ricordo di essere completamente nuda ai loro occhi. Rido, non ho la più pallida idea del perché ma rido, come non facevo da tanto tempo. Rido di questa situazione, io nuda e Capitol che mi acclama e probabilmente morirò tra poco. Rido pensando ai bei momenti passati nel mio distretto insieme a Lamia e a suo fratello, che amo come non ho mai amato nessuno. Rido e saluto il pubblico, dimenticandomi completamente dei consigli del mio mentore. Rido e penso al mio futuro, penso al mio futuro con lui. Perché io non morirò in questi giochi, costi quel che costi.
Io tornerò a casa.
Fatemi sapere cosa pensate di questo mini-racconto!
Un saluto <3
Vi posto l'immagine della vaga ideo che ho del completo della ragazza...