Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: leo rugens    17/03/2013    13 recensioni
Louis vuole davvero sdraiarsi, magari in mezzo alla strada più trafficata di Londra, tenendolo per mano. Parlare di quanto lo ami, dell’ultimo film da vedere, di quanto gli piaccia il suo sorriso. Al suonare dei clacson stringergli forte la mano, bearsi della sua voce roca che gli sussurra “Boo” all’orecchio, delle sue labbra sulla clavicola. Niente regole, niente sei miliardi e mezzo di persone, niente aeroporti con il nome di John Lennon. Harry e Louis, Louis e Harry: non ha bisogno d’altro.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
leo rugens' stories 2013©
Disclaimer: Questa storia è stata scritta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla.
Non si tenta in alcun modo di stravolgere il profilo dei caratteri noti.
Nessuno degli One Direction mi appartiene, in alcun modo.
Se copiate,  giuro che vi prendo a sprangate.




Salve a tutti!
L'ennesima Larry scritta dalla sottoscritta, con un insane!Louis e un ghost!Harry, appena sfornata. E' ancora calda, sbrigatevi, altrimenti non è più buona. Fondamentalmente non so cosa dire, quindi me ne torno dai Coldplay.
I social sono nella bio, vi adoro, un bacio,

Sun.


Tulipani.

Loro sono come un mazzo di tulipani. Rossi magari, Boo adora il rosso. Fiori che se ne stanno lì, all’angolo di un marciapiede, gettati in terra, i gambi ancora avvolti nella carta bianca. Il vento scompiglia piano le corolle e, se strizzi gli occhi, attraverso la nebbia, lo vedi che gli scarruffa i ricci, giusto per fargli fare quella smorfia che tanto adora.
“Ma i tulipani che vogliono dire?”
Significano dichiarazione d’amore perché gridi che lo ami ogni volta che lo guardi, quando si aggiusta la maglia, se rientra tardi a casa e ti fa preoccupare perché non aveva detto dove andava.
“Sinceramente non lo so, non mi intendo di fiori.”
Perché Louis Tomlinson è un tulipano, in ogni cosa che dice, fa, in ogni sorriso che tenta ce lo leggi l’amore per Harry, Harry Styles.
Perché Louis è un tulipano e i fiori urlano da secoli, ma nessuno li sente.

 

***


“Buongiorno, amore.” Sussurra Louis e sa che lui lo sente,  il piumone bianco avvoltolato intorno alle gambe e i ricci sparsi sul cuscino. Gli sale, così, l’assurda voglia di poggiare le labbra su ogni centimetro di pelle che vede, la punta del naso, il neo vicino alla bocca, le palpebre chiuse, i tatuaggi -“Adoro i Larry Birds, tesoro, sono meravigliosi!”-, le sopracciglia corrucciate, i sogni, e anche l’anima, perché Harry è così, da baciare. Si alza, spalanca le ante dell’armadio, la finestra, la sua voglia di vivere il mondo come viene. Infila i jeans, le Toms, la maglia a righe, quella con lo scollo a V, perché sa che a lui piace tanto, “Non ti farei uscire di casa vestito così, sei troppo bello!” senza smettere un secondo di canticchiare gli Snow Patrol, sempre a tutto volume nella Range Rover di Harry.
“If I lay here, if I just lay here, would you lie with me and just forget the world?”
Ignora l’angoscia che stringe il cuore, sente le unghie graffiargli le vene, stringe i denti e corre in cucina a preparare la colazione. Louis vuole davvero sdraiarsi, magari in mezzo alla strada più trafficata di Londra, tenendolo per mano. Parlare di quanto lo ami, dell’ultimo film da vedere, di quanto gli piaccia il suo sorriso. Al suonare dei clacson stringergli forte la mano, bearsi della sua voce roca che gli sussurra “Boo” all’orecchio, delle sue labbra sulla clavicola. Niente regole, niente sei miliardi e mezzo di persone, niente aeroporti con il nome di John Lennon. Harry e Louis, Louis e Harry: non ha bisogno d’altro.
“Haz, vuoi i pancakes?” Urla, sbuffando perché non si è ancora alzato, “Quel dormiglione!” e inizia a spadellare, accendere il fornello, cercare lo sciroppo d’acero, perché sa che a lui piace metterne quantità industriali ovunque. Si impegna nel prepararglieli, ogni mattina, come un rituale. In verità non sa cucinare altro, ma va bene così, un po’ di monotonia non ha mai ucciso nessuno.
“Ho il frigo vuoto, uffa! Amore, ieri ti avevo detto di andare a fare la spesa.”
E il broncio che mette su Louis quando qualcosa non gli va bene è semplicemente adorabile, con quelle guance gonfie e le braccia incrociate al petto, il torto fattogli l’avesse quasi ucciso.
“Potevi dirmelo, andavo io! Facciamo che faccio un salto al supermercato dopo va’!”
Afferra i libri dal divano, recupera una biro dal mobile del telefono e corre fuori casa, i soliti cinque minuti di ritardo di tutte le mattine, perché arrivare in orario all’Università era decisamente fuori discussione. Ci prova, a seguire i corsi, le lezioni, a dare gli esami, ma ci riesce solo a metà, “Diavolo Haz, tu mi distrai decisamente troppo dai punti portanti della mia lista.” È un segreto, ma lui è la sua priorità da tempo, da quando ha capito che esistere è decisamente meno interessante se Harry Styles non ti russa accanto ogni notte e ti bacia ogni sera quando rientra dopo la sua passeggiatina per il centro. Lo sa, di amarlo, e ha paura della delusione, di crescere, del buio. Allora tira la torcia e, nel buio delle tre del mattino, si diverte ad accenderla e spegnerla, puntando il fascio di luce verso il muro di fronte a lui.
Amore, il buio mi fa tanta paura.”
Sa che a lui non importa che abbia ventun’anni, che sia –in teoria- adulto e vaccinato. Lo abbraccia forte, solleticandogli la guancia con le dita, e “Va tutto bene, ci sono io.” Dopo trecentoventiquattro sospiri, Louis decide finalmente di addormentarsi, le dite intrecciate alle sue collanine. Non sa come ci è finito, in quel circolo vizioso, ricorda solo che prima era l’ossigeno a farlo respirare e la gravità a tenerlo inchiodato a terra. Più lo ama, meno ne è sicuro. Insomma, gli sembra di vivere dei suo abbracci, bere i suoi sussurri, mordere i suoi ‘Ti amo’. Forse la scienza ha torto: perché Harry Styles ha tutto ciò che stava cercando, Harry Styles è il suo mondo.
“Amore, sono uscito adesso dall’Università!” Trilla al cellulare, cercando di sovrastare il chiacchericcio, badando bene di non perdere gli appunti di Statistica “Vado a fare la spesa, ho ordinato le pizze per stasera, alle otto e mezza. Sì, riprendo il dentifricio, va bene!”
Lascia i libri in macchina e si avvia a piedi, mangiando il mondo con gli occhi. Non sembra, ma Louis Tomlinson adora guardare. Vedere è noioso, osservare scientifico. A guardare, invece, ti perdi, ed è così difficilmente semplice da spiegare che vorresti cavarti gli occhi e dargli agli altri, sperando che guardino le cose come fai tu, che si perdano in quella sfumatura minuscola, quasi invisibile. Se faccio la foto? Neanche quella riesce a spiegarlo sul serio, ti strapperesti i capelli dalla disperazione, non sai come fare. Perché guardare è bello, vuoi farlo fare a tutti e nessuno ci riesce. Louis lo fa spontaneamente, ancora prima di respirare e il suo soggetto preferito, non ci vuole un genio per capirlo, è senza dubbio Harry.
Afferra un carrello, la lista della spesa, inizia a girare fra gli scaffali, come vedeva fare a sua mamma quando aveva sette anni e doveva stare sempre vicino a lei, chiedendosi se è meglio prendere i biscotti da 3,40 o quelli da 5,00. Due ore dopo, incredibile ma vero, esce di lì con quattro buste e il portafoglio decisamente più leggero –“Che banda di ladri, a quel paese la crisi europea!”
Dopo aver buttato tutto nel bagagliaio, si concede una gomma da masticare e un pezzo dei The Fray alla radio, per poi tornare a casa, per poi tornare da lui.
“Sono a casa!”
Ma non c’è nessuno.
Deve essere a qualche corso extra a scuola.
Rimette a posto la spesa, accende la televisione sul notiziario delle sei.
“Da non crederci, che gente. Oddio guarda, Obama!”
Louis adora sedersi sul divano e commentare ogni genere di notizia trasmessa al BBC, le gambe accavallate e una tazza di tè al caramello che brucia fra le dita. Si fanno le sette, arriva il fattorino con le ordinazioni, ma non ha fame. Harry non è ancora tornato, non può mangiare la pizza del mercoledì senza di lui così esce, mette la giacca in ascensore, va dal fiorista in fondo alla strada.
“Oh, mi dia quelli!”
Dieci sterline e due minuti dopo sta facendo di corsa le scale, un mazzo di fiori ben stretto fra le mani. I cartoni delle margherite sono vicino alla pattumiera, l’unica luce accesa in tutto l’appartamento è quella della cucina.
“Sai tesoro, se non gli tagli un po’ di gambo e poi dopo li metti subito in acqua poi muoiono praticamente subito.” Spiega, tagliando via la parte finale a un paio di tulipani e mettendoli subito nel vaso. Va avanti così dieci minuti e, dopo aver ripulito il tavolo, ci crolla sopra, il respiro pesante e Harry dietro le palpebre.



Sogna.
Hazza
che non vedeva le mani tremare se si avvicinava, la voce che si abbassava insicura e l’amore scritto negli occhi. Il dolore lo aveva ferito troppo in profondità ed era come cieco, non guardava più niente. E Louis, Louis è un tulipano, continua a dimostrargli quanto dipenda da lui anche se non c’è più, forse perché nella vita non sa fare altro.
Si dichiara, in mille modi diversi,“Non so più come fartelo capire, insomma Harry!”
Ormai è troppo tardi: è nell’aria, nel raggio di sole che passa dalla tapparella, nel tiramisù in frigo: ovunque, ma non con Boo. Doveva ascoltare sua mamma quando gli diceva che di crepacuore si può morire in un attimo perché Harry se ne è andato così, in un secondo.
E Louis, Louis è un tulipano, e lui lo sa.
Mentre lo guarda sonnecchiare sul tavolo di cucina e si china per dargli un bacio sulla fronte, -sapendo che non può sentirlo, sapendo di essere solo un'ombra di qualcuno che fisicamente non esiste più- i bocci dei tulipani si aprono.
Harry è il sole, brilla unicamente per lui.
Perché Louis è un tulipano, sa solo amare.


 

***


 

  
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: leo rugens