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Autore: Blacket    18/03/2013    2 recensioni
{...} "Amare quindi, risulta l'arte più acuta e meschina delle storie di mondo."
- Accetto, Francis. Che il Re sia.-
Ignorò lo sbigottimento di uno, l'occhiataccia quasi ben azzecata di suo fratello, che però sostava poco più in là. Era meglio non badare alle proteste, perchè chi doveva decidere, era lui.
Ed in quel momento, aveva appena deciso di amare la sua Grande Maestà.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'A. del Re 11
Capitolo Xi
- l'imprevedibile ed il rischio -











[...] Donare sé stessi alla riuscita di un precedente e non nobile obiettivo, comporta nell'individuo stesso una presa a coscienza del vocabolo "rischio".
Esso brillerà più volte per contrattempo e non per sfarzo, verrà catalogato da chi si ritiene l'Amante come un compagno che vien ancor prima della vittima stessa- diverrà un'arma preziosa se usata ad arte, il nemico più invincibile quando sottovalutato.
Il rischiare, non deve però considerarsi come rischio (in eugual antifona) ma piuttosto pari ad una convenzionale occasione; che ogni valido cacciatore deve saper ritenere opportunamente superabile o meno.






Anno del Signore 1307 - Dicembre

Si era appena accorto di aver perso l'ispirazione.
Nel silenzio del faticoso annunciarsi dell'alba, Feliciano constatò amaramente -e guardando i fumi della notte stuzzicarlo in fini volute astratte, fino a trovarseli atrocemente davanti- di non aver più con sé il sentimento di scoperta e fulcore che accompagnava prima le sue estasiate pupille nere ad inghiottire quadri e schizzi dipinti per aria; un fuoco delicato e fresco scoppiargli impietoso nello stomaco; scintille di faville di fuoco sulle sue tele e pennelli in modo così sagace ed imperioso, tale da lasciar attonita la mente tormentata.
Gli era stata strappata di dosso la sua arte, il suo status d'Amante- quelle movenze decise capaci d'ammaliare, il fatto che si portasse addosso il profumo del vespro notturno e tutta la sua cascata di stelle; e che diventassero comete e costellazioni di bruma anche solo per un'offuscata notte. Perse anche maschere che aveva scoperto inutili, un'intero decoro di un bieco carnevale cucito con aghi e fili fintamente preziosi e sottili, rivelandosi fatali quando le puntute cime dorate di una corona avevano iniziato a bucare il suo lavoro, cogliendolo di sorpresa senza dargli tempo di rattoppare per bene, lasciando macabre pezze sporche a penzolare inutilmente.
Innanzi a lui, sostavano inquiete le fronde tintinnanti di ghiaccio della Schwarzwald, si scostavano l'un l'altra sfregando le poche foglie raggrinzite dal freddo; facevano perno sopra ad enormi stalattiti quasi conficcate a forza nel terreno, dove forse in un'altro tempo vi avrebbe riconisciuto la grezza corteccia ed il muschio cisposo dei tronchi.
Vedeva le querce farsi immense in lontananza, accavallare le forti radici fra pietre ed altri busti legnosi, esalavano forti il loro respiro verde, percepibile lì al limitare con vari sbuffi di fiere- un gorgogliare animalesco e naturale che raschiava il fondo della foresta, graffiava il sottobosco non riuscendo a liberarsi dalle pesanti catene di rami secchi.
Quell'aritmico pulsare di vita, si srotolava sotto i suoi occhi fino a toccare l'orizzonte con una linea sregolata di ramificazioni nere e bislunghe; pareva si muovessero nella sua direzione, per parlargli e contorcersi sotto la guida di una strana magia secolare, così potente da imprimere nella Foresta Nera la stessa atmosfera che avevano carpito le sventurate fanciulle delle fiabe mentre chiedevano asilo sotto le fronde fitte ed oscure, quell'eroe vagante in cerca del suo drago da uccidere e della principessa precedentemente passata lì per sfuggire da un qualcosa di più devastante di una lucertola sputafuoco.
Il cavaliere, per quanto fosse perfetto ed invincibile, non avrebbe saputo risolversi con la principessa prima di averla salvata- non avrebbe intuito il suo vero dolore, se non avesse tentato di liberarla dalla foresta; calpestando foglie secche ed aggirando i sinistri pioppi, tenendosi per mano fino a trovare l'uscita del labirinto smeraldino: un piccolo sentiero scavato dal nulla, coperto d'aghi e d'infide diavolerie.
Eppure il cavaliere e la principessa sarebbero sbucati al sole di nuovo, perchè le loro mani erano sempre state intrecciate l'una con l'altra, e se il primo si schiariva gli occhi con il bagliore della libertà, anche la seconda riusciva a farlo di conseguenza.
Feliciano invece, aspettava ancora il suo Ammazzadraghi.
Aveva appena saputo che nell'oscura foresta aveva fatto irruzione una cavalcatura che scivolava sull'oro, montata dal più bel paladino che potesse desiderare. Egli non avrebbe avuto timore delle avversità, portava al trotto la giustizia fusa assieme all'acciaio della sua lama e della sua armatura brillante; la foresta andava dicendo che era bello come il sole, coraggioso come un leone, leale come il più buono dei giusti- e già vedeva quelle voci prendere vita, mentre riconosceva nelle pozzanghere azzurre del cielo i suoi occhi.
Aspettava nella sua radura curata e spoglia, era certo che non ci fosse più una belva infuocata da cui star lontani, e voleva che il suo cuore palpitasse per la forza della sua voce ed il calore che gli avrebbe regalato con un bacio.
Ma per quanto fremesse, non aveva ancora tracciato le linee del suo volto, nè sorriso al suono della voce che immaginava profonda e nemmeno saggiato il morbido delle sue labbra.
Nulla.
L'italiano aveva accolto con un rammarico stridente la freccia che Cupido gli aveva conficcato nel cuore; prima inseguendolo e minacciandolo più volte, nascondendosi dietro alle grandi pieghe che avevano mosso le sue congetture, non trovando nessun traguardo a cui appellarsi; finchè specchiandosi in una risata derisoria di Eros non si era accorto che il pennino piumato del crudele dardo aveva già bucato i suoi sentimenti. 
Li vedeva ora impalati dentro ad una estenuante solitudine, la stessa sorda profondità che pian piano l'aveva tirato giù a fondo poco prima di accorgersi che effettivamente, la scala per risalire quella sua ascesa non era poi tanto lontana ed irraggiungibile. Peccato che appena non avesse scoperto come mettere mani e piedi sui pioli arrugginiti dall'inesperienza e dal tempo il suo stesso desiderio gli si era rivoltato contro, buttandolo giù con una semplice spinta.
Una mano sul cuore, e quel poco che bastava per vedersi a soffrire di nuovo di vertigini- perchè più in cima ci si arrischia a cadere, più la montagna si fa dura e rocciosa ad aspettarti al suolo.
Che poteva poi importare al Dio Alato se la punta argentea del suo strumento si bagnava di fiotti vermigli; un'emorragia causata da pesanti parole sussurrate nella condensa mortifica dell'aria- un "Non posso" che era stato capace di dar vita a bacini marci e vitrei, arati dello stesso dispiacere che premeva forte dallo stomaco.
Avrebbe in un certo qual modo voluto, che quel rantolo animalesco vibrante nel sottosuolo, fendesse finalmente l'erba cristallina ed immobile a formare una distesa di chiodi verdognoli, e che lo venisse a prendere.
-Ragazzo! Ci siamo! L'hai tenuto il pennuto, vero?-
Ascoltare Gilbert senza voce era come permettersi di assistere ad un concerto di rovinate lamiere di rame e pietre biforcute: vedeva queste ultime strinare il metallo tantando di farlo liscio, raspavano su un tintinnio sporco e scoordinato; chiudevano la gola tonante dell'albino e la preparavano ad un doloroso sputar fiamme e maldicenze.
Le avrebbe forse rivolte al compagno di sangue, nel suo accennarsi d'una barbara eleganza, se avesse scoperto qual destino si erano scelti entrambi marciando indomiti sui propri sbagli; senza esser sicuri d'avere sotto i piedi il fresco ciottolato piuttosto che l'intera e nera montagna.
-Venghino, che voglio riprenderlo in mano.-
S'accovacciò, ne tasta le poche piume morbide, compresse il giallognolo fra le fauci di ferro dell'armatura, e par strano non strilli per paura d'esser mangiato. Non avrebbe certo dato merito all'abitudine, perchè in soli due giorni, la piccola stazza dell'orfanello non avrebbe potuto soffrire il ruggito della mamma; potrebbe immaginarlo a voltarsi, evitando uno sguardo che scottava d'antico, tinto del rosso pompeiano della brillante e forte Roma, d'un impero e tradizioni, ora rivolto ad un falco ancora privo d'onore.
Non avrebbe dato atto cambiamenti, solo un graduale portarsi ad accettarne il volto tranto fascinoso e gramo, che in quel momento ancor profumava di selvaggina e lascivi sorrisi.
Ora abbassa quindi il capo, che il tuo dolore annicchilisca dentro- e nel caso si facesse grande lo vedresti accartocciarsi per aderire alle pareti, nell'intento di farti scoppiare.
-Vi aspettavo.-
E dissero, non molto tempo prima, che una maschera una volta rotta ha poca probabilità di farsi buona a ricongiungersi. Si dia colpa alla porcellana, che tanto pregiata si righerebbe di cicatrici e frantumerebbe il proprio delicato volto; alla persa abitudine di porlarla, par che graffi e sfugga dal viso, che sia scomposta e pur maligna nella sua cupidigia.
Con un minimo d'attenzione persino quel drago malcomposto avrebbe trovato atto nell'insolito umor pesante, d'un uomo che stupidamente s'è fatto catturare da uno sguardo più limpido ma non sereno, il cui fondo ha tralci di rovi avvelenati, simili se non uguali a quelli che tiran corda ai suoi.
Eppure Ludwig non aveva dato nè possibilità nè gioia nello scrutar dentro al suo pozzo celeste; tu come uomo, ancor ridotto mortale, avresti dovuto far conto della beccata corona in capo, ed il tuo inchino avrebbe oscurato la vista, per poi riportarti innanzi ad un Sovrano, con il quale non avresti potuto condivider nulla se non l'aria che a fatica ansimi.
-Tu, vien qui. L'hai notato, quel brusio da basso?-
Il giovane accenna a girarsi, con poca ed arresa convinzione, giù per il placido colle d'aghi smeraldini ora stinti e calpestati  dal cumulo di soldati intenti a trascinare le cotte del vestiario di metallo, ne osserva le movenze che ben poco han di calibrato, e se prima l'occhio aveva puntato distratto i tendoni in un secondo momento fa propria l'agitazione degli uomini; in lontananza dan l'impressione d'esser un flusso sparpagliato di sangue e ritaglio di macelleria della più rara specie: non ne avrebbe distinto uno, a volerlo.
Gli occhi caldi si fan grandi e mobili, prima di puntarsi aperti verso la criniera or più seria dell'albino, lo sguardo a trafigger impietoso l'orizzonte, il gelido abbraccio del gelo che a sue movenze prende fuoco.
Quel bisbiglio titubante nell'aria, aveva fatto solo da grama previsione, e che fosse pronto o meno, aveva da far fronte al coraggio rintanato e nascosto abbandonato giusto la notte prima, e forse lasciato a sostare assieme al ricordo dell'acciaio sibilante, ed il gozzo di Babilonia che aveva potuto veder poco prima che Ludwig venisse ferito.
Si stavano preparando per una diavoleria che avrebbe visto vincita o sconfitta- e già provati, già aizzati dai rinforzi non avrebbero avuto modo di rimandare oltre: si sarebbe il capo e supremo comandante dell'una ed altra sponda, sino a vederlo inginocchiato nel fango, sporcandosi i polsi della ruggine delle catene.
- E non..Gilbert?-
Si voltò, in un pigolo preoccupato, l'eterea sofferenza che mano a mano se ne dipartiva e fa posto l'armata provvigione della sopravvivenza. Se avesse dovuto combattere, partecipando alla carica, forse davvero avrebbe dovuto pentirsi e rammentarsi del fratello che gridando l'aveva voluto a casa- eppur a cavallo aveva preso la strada dell'esercito, solo per poter conoscere di tremende emozioni.
Non sapeva combattere, in ogni caso, e nemmeno rendersi utile a quei grandi omoni armati dell'inventato diritto di poter porre fine ad altrui esistenza, senza che si fermassero a compiangerla, a versare una piccola croce.
- Stanno arrivando, gabbiotto. Preparati.-
Lo sguardo si oscurò, marciarono sui prati nuove file di destrieri, uscirono di botto coloro che accompagnavano il Re dalle schiere di sempreverdi vibranti; e calpestarono le poche sicurezze che lo sfioravano, già flebili e malmesse fuggono spaventate. Seppur essendo un uomo da mille svariati volti, mai si era visto a sferragliare e stringere denti e sospirare quando le lame raggrinzite falciavano l'aria tanto forte che ti pareva di sentirtele addosso.
Apre false e tristi speranze sulla linea del confine, sopra alla cornice scura ed alberata che tace e si fa pietra; ed è immobile spettatrice, si ragguaglia ed apre gli occhi neri.
Si tratta di un felino raro e poco mansueto, soffia e stride, mira ad allontanare il foresiero incauto, eppur Feliciano correrebbe incontro ad esso, si farebbe avvolgere dalla folta coda sinuosa, e dalle umide radici e foglie e spine- avrebbe sfiorato l'umido sottobosco, al posto di mettersi nella posizione d'un assassino.
E si voltò, scostato dalla scorta armata e vigile che avanza nel panico, giusto per vedere la chioma bionda del Re, e tutto il sole gioioso che mancava quel giorno, parea addensato sul capo fermo di lui. L'espressione trafelata, e quelle ciocche che si scostavano libere sotto la forza del vento, a coprire in parte un grugno arcigno ed inarcato a guerra- non avrebbe potuto scorgere altro che divino nel fisico smorzato al trotto, e quella tollerabile protezione e sicurezza che dava la sua sola presenza; sicura, forte ed imponente come le fondamenta e colonnati di pietra, dalle queli si cerca riparo nel pericolo, festa dopo la vincita.
Ne osservò le pieghe della maschera di ferro, cerca il volto arrossato e furente di rabbia e decisione; quanto poteva piacergli, quel giovane uomo! Che fosse un Re pronto alla guerra, o fra le più umili genti, o ragguardevole come un lupo ringhiante qual'era, perchè si stagliavano spire di lance al cielo, e fanti e arceri, ed ogni singolo loro movimento sottostava a suo cenno e potere: l'abilità d'un combattente si mischia al giudizio del sommo capo, una marionetta senza fili a cui deve la vita alla fedeltà ed intuito.
Ludwig avanzò, bardato ed impaziente, s'impegnava a stilettare dall'alto il resto dell'accampamento, e nulla sfuggiva alle lame glaciali del suo sguardo, che mai si muove e solo respinge e colpisce, non assorbe. Trottò sorpassando le altre cavalcature, in un sommesso avanzare di lui e suo vestiario; prese fiato, il capo eretto ed alto, apre bocca, e ruggisce.
Piombò secco il tuono della sua voce, e lì innanzi, così vicino, l'italiano s'irrigidì d'un tremolio stupido ed insano- e ne aveva viste le fauci, dannazione, e tanto era potente la sua voce che si fermarono le guardie, rimasero in attesa trattenendo il respiro affinchè non lo infastidisse.
L'ordine di preparare gli schieramenti, lanciato dalle sue labbra schiuse, rosse per il freddo.
Non era momento di perdersi a disgregarsi.

Feliciano si voltò, scortando la pista e cunicoli e spazi liberi; lo fece persino annusando l'aria pregna di paura, gocciolante della terribile ansia- ed unta l'aveva sul corpo fine, tremante d'un'adrenalina viscida ed inattesa, avrebbe potuto portarlo a girarsi, sentire uno sguardo amaro puntato sulle schiena e voto a distruggerne le vesti sino a bruciar sulla pelle viva.
Sospirò, prende atto della scialba egemonia delle abitudini di genti, fermandosi socchiude gli occhi, attende di trovarsi nella balia del suo più grande sbaglio, amar lo sbagliato.
-Feliciano, via da qui.-
Lo sciolse tempo addietro, il tono pronto e profondo; l'avrebbe forse portato in basso, non gli sarebbe dispiaciuto. Forse avrebbe potuto tentare di capirsi, a tentar di rimediare a quella mancata conoscenza sull'amore- e se non corrisposto, quanto inutile e stretto male, nel non poter impedire di trovarsi placidamente a piacere ciò che ancora non poteva avere.
Pose gli occhi stralunati in quelli del Re, ne legge i contorni, sposando i gesti sicuri con i quali teneva stretto a sè il destriero ed era fiero e maledettamente uomo in quel momento- qual sorpresa, di vederne l'animo di chi si è lasciato alle spalle una difesa salda e fin troppo impenetrabile. 
Lo sguardo non ebbe voglia di scorgere gli uomini che fiumavano a valle, ed il verde che piano andò a far cornice florida al viso tirato, eppure tanto disposto ed attento alla sua figura. Temeva, e non a torto, che dopo la tragica allegria nataliza non avrebbe sprecato parola se non per congedarlo.
Era quindi semplice dovere, una cortesia che velava quegli occhi stanchi? E fosse stata tale, l'avrebbe accolta comunque, che gli giungesse quell'attenzione particolarmente sua, magari qualche ricordo che coincidesse con un timido schioccar d'opinioni e menti, una coesione di pochi minuti, andata ad ingabbiarsi nell'infinito di una memoria.
- Non ditemelo perchè dovete.-
Questo, aveva fatto di lui Ludwig; l'uomo fragile e supponente, investito dalla preoccupazione di non poter vivere l'amore come vorrebbe la giovinezza ed il cuore, facendo dell'arte solo l'opposizione a sè- oppur morta, strozzata com'era quella poca briciola di magia che ancora gli avviluppava nelle vene, ed era malata ed informe, un nero catrame capace sol di disegnare i tratti dell'uomo a cui Amore lo indirizzò.
Attese quindi risposta, sotto lo starnazzare coordinato dei fiati di ferro, imponendosi di non studiarne l'espressione, in quanto sarebbe stato inutile e stranamente masochista.
- Si tratta di un mio ordine. Eseguilo.-
E diamine, che guardasse quel viso italiano rovinato ed accartocciato! Come non vedeva, quanto bramasse il più crudo affiatamento arrabbiato, che la diffidenza di quel dannato gigante d'acciaio; e frantumava, disgregava i legami avendone paura, temendo che mai più sarebbe riuscito a separarsene quando quei fili rossi avrebbe accennato a rottura,"e Ludwig, questo tu lo chiami vivere?"
Sibilò nell'aria fredda, e che oramai osasse, si era spinto tanto in fondo con azzardi inconsueti a reali, che un morso o ferita in più non l'avrebbero scalfito.
-Vuoi forse mandarmi via, Ludwig?-
I piedi che si piantarono saldi a terra, sotto il cielo che diveniva scuro e plumbeo di cirri dispettosi, uno sontro di volute e flebili uragani; e si specchiavano tanto bene, negli occhi del sovrano, che chiari rammentavano alla pioggia, e continuavano a spingerlo a timore.
La voce tremula ed inferma lo indispettì, lo fece rivoltare triste, corrucciare nel profondo.
Chiuse poi la bocca, serrandola, ed osando non si giunge sempre a riva, sebbene sia noto il contrario, ci si può trovare nei turbini dei naufragi, annaspando e trovando come aiuto di nuovo l'acqua cisposa. Solo pregando, congiungendo il tuo volere a quello dei potenti, troverai un appiglio pronto ad afferrarti saldo- e stupiscilo, prova e tenta se è in tuo volere, ma fidati del tuo fiuto fino e corteggia la fortuna; non si viola e cede, difficilmente sarà tua.
E d'improvviso quel crudele cavaliere lo prese fra le mani e strinse le spalle pesanti e gobbe, tirandolo in un brusco e non voluto avvicinarsi; non avrebbe avuto cuore di ribellarsi dalla presa forte, in un contorto senso anche rude, ma non dispiaceva, ancora non faceva male.
Avvertì il calore dovuto al forzato chinarsi di lui, un fruscio lento sulla sua fronte; e l'armatura scricchiolò, lo fecero anche le voci del soldati oramai pronti e volti verso la schiera della nemesi. Uno schiocco sulla fronte di una briciola di tempo, tanto leggero e casto, puro e bianco sullo sfondo della lama sguainata al fianco, delle grida ed attesa, sotto i tamburi che rullano.
E vorrebbe vederne il volto rosso, quel gesto incapibile che l'ha fatto un poco più buono ai suoi occhi, eppur cambia pagina rapidamente, Ludwig volta e inizia capitolo, sale veloce a cavallo e prende ad ululare i suoi comandi- la spada in mano scivola dalla guaina, volta al cielo che antipatico borbotta, e quel momento muore, va dritto sulla marcia a calibro dell'orizzonte animato da nere formiche in ferro.
Si tesero i nervi sull'incapacità di parlare, lo fanno i soldati frementi, il gesto si ripete nel ghigno dei nemici, s'alzò la polvere piana, bieca nel suo turbinar- infine egli, quel frastornato preso dall'amore, nel mezzo.


Ed il fischio rauco d'ottone gridò.
















- Parlandone.
Ragazzi, scimmie mie, sono terribilmente sconvolta da ritardo con il quale posto.
Ho avuto svariati problemi con il pc, il tempo per scrivere che si riduce, e i progetti che s'ammassano e tirano verso nuove storie e pairing- ci dedico un filo di tempo, passa l'opportunità di seguire con la storia.
Innanzitutto, questo è mezzo capitolo.
Sono particolarmente presa da deficit mentali in questo periodo, e pur di dirmi viva con "L'Amante del Re" posto metà di quello che dovrei, forse perchè preferisco tagliare qui che in altri momenti.

Ringrazio di cuore i vostri incoraggiamenti e la voglia di leggere quel che scrivo- inaspettata, direi! Al prossimo arrivederci, inserirò i dovuti e smielati grazie, nome per nome, punto per punto.
E ditemi che potrei migliorare (seppur il capitolo in sè non sia troppo curato e faccia schifo in buona proporzione), se è bene che continui o metta nel cassetto questi due ometti.

Grazie per l'attenzione, vi ano.



  
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