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Autore: Glinda    18/03/2013    3 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.), tranne Harlan Andrews. Lui sì che lo rivendico! Dell’Agente Alleyn, invece, rivendico solo il nome e il cognome ^^

 

 

Capitolo 19: L’effetto del silenzio

 

“Sei davvero sorprendente, Jax. Fino a pochi istanti fa credevo di aver perfettamente inquadrato la tua situazione, e invece adesso…”

 

“E invece adesso…?” gli chiesi, in preda all’ansia. “Professore, me lo dica chiaro e tondo che sto per morire! La degenerazione di cui parlava mi ha già causato troppi danni, vero?”

 

Andrews scosse ancora una volta il capo. “No, no. Jax. Non farti prendere dal panico. Non sta succedendo nulla del genere. Anzi, oserei aggiungere che è esattamente il contrario.”

 

Prima che potessi aprire di nuovo bocca per protestare, tuttavia, il professore tornò a poggiarmi la mano sulla spalla. “Ascolta bene quello che ho da dirti, perché ne va letteralmente del tuo futuro,” mi ammonì.

 

Il suo sguardo si era fatto all’improvviso estremamente serio, per cui mi rilassai un poco, e mi apprestai a sentire il resto delle sue parole.

 

“Come ti stavo spiegando prima, in tutti i miei anni di membro dell’Agenzia ho già incontrato la degenerazione spazio-temporale diverse volte. Non per averla provata sulla mia pelle, però; almeno in quello sono stato piuttosto fortunato. Tuttavia, in rarissimi casi mi è stato riferito di un fenomeno del tutto diverso, ossia quello della risonanza…”

 

***

 

Harlan Andrews, originario del trentesimo secolo, trentotto anni, era un tranquillo docente universitario. Insegnava in un anonimo istituto di un’anonima città, sita a sua volta su un altrettanto anonimo pianeta, uno dei tanti sparsi per la Via Lattea.

 

In una calda serata d’autunno, mentre fuori dalla finestra le ultime foglie degli alberi erano appena mosse da una brezza leggera, la vita del professor Andrews cambiò drasticamente.

 

Si trovava nel suo ufficio a godersi una meritata tazza di tè e a rimuginare sugli argomenti da preparare per le lezioni del giorno successivo, quando all’improvviso qualcuno bussò alla porta. Andrews, pur lievemente infastidito dall’interruzione, andò ad aprire e si preparò ad accogliere con un cortese sorriso l’involontario disturbatore della sua rilassante routine quotidiana.

 

La prima cosa che lo colpì dell’uomo ritto sull’uscio della porta furono i suoi occhiali da sole, decisamente incongrui come accessorio, soprattutto considerando l’ora tarda. L’uomo se li sfilò quasi subito, e Andrews sussultò nel ritrovarsi davanti a degli occhi gelidi come il ghiaccio, e allo stesso tormentati da qualcosa di torbido, di oscuro. Il secondo particolare che gli rimase impresso nella mente fu che lo sconosciuto era completamente vestito di nero, dalla testa ai piedi.

 

Sulle prime Andrews temette che si trattasse di un malintenzionato, e indietreggiò di qualche passo. Era quasi pronto a chiamare a gran voce un addetto alla sicurezza, ma l’altro si richiuse la porta alle spalle senza nemmeno girarsi, lo raggiunse subito e gli posò una mano sul braccio. “Fossi in lei non lo farei, professore. D’altra parte, sarebbe del tutto inutile, considerato che ho schermato la stanza. Nessuno può sentirci, né tantomeno entrare senza che io me ne accorga.”

 

“Si… Si può sapere chi è lei? E che cosa vuole da me?” chiese Andrews, sforzandosi di tenere a bada il tremore che già gli stava pervadendo la gola e il resto del corpo. “Rapirmi? Nel qual caso la… la avverto, non sono facoltoso di famiglia, e inoltre nessuno dei miei amici, colleghi o conoscenti sarebbe in grado di pagare un eventuale risc-mmph!

 

“Oh, finalmente ha chiuso il becco,” replicò l’uomo roteando gli occhi, dopo avergli tappato la bocca con la mano libera. “Figuriamoci se voglio il suo denaro. Conosco ben altri posti, e altre linee temporali, in cui procurarmi tutte le ricchezze che desidero… Ma questi sono discorsi che ora non ci toccano. Ciò che mi preme sapere da lei è la risposta a un paio di semplici quesiti.”

 

Così dicendo, lasciò andare il professore, che quasi andò a sbattere contro la scrivania posta dietro di lui. Andrews deglutì a vuoto. “E sarebbero?”

 

“Prima domanda: cosa sa del viaggio spazio-temporale?” lo interrogò l’altro.

 

Andrews aggrottò la fronte. “Molto poco, a dir la verità. La mia specializzazione sono gli studi umanistici, non la meccanica quantistica. So solo che è possibile, a livello teorico, ma che per svilupparlo in termini pratici ci vorranno come minimo diversi decenni. Almeno, da quel che mi è parso di capire dai pettegolezzi dei miei colleghi del Dipartimento di Fisica e Astronomia, e…”

 

“Bene. Un’idea, seppur vaga, sembra averla,” lo interruppe lo sconosciuto. “Seconda e ultima domanda: basandosi sul mio aspetto e su ciò che ci siamo detti finora, si è fatto un’idea di chi io sia?”

 

Il professore lo fissò per qualche istante. In effetti, il tipo gli sembrava familiare, in un certo senso. Abiti scuri, presenza minacciosa, discorsi incomprensibili; dove aveva già incontrato una persona del genere? Ci pensò un attimo. Ebbe un’illuminazione improvvisa, spalancò gli occhi e puntò il dito verso il proprio interlocutore. “Ma allora lei… Un Uomo in Nero?!”

 

“Sì, nelle vostre misere leggende siamo conosciuti sotto questo nome,” affermò l’uomo, e incurvò le labbra in un sorriso beffardo. “Ma mi permetta di presentarmi con la mia denominazione ufficiale: Agente Temporale Eion Alleyn, proveniente dal cinquantunesimo secolo, al suo servizio,” aggiunse, profondendosi in un inchino.

 

“Mi-mi devo sedere,” balbettò il professore.

 

“La prego, si accomodi pure,” disse Alleyn, ironico.

 

Andrews si voltò, fece il giro della scrivania e infine si lasciò ricadere sulla propria poltroncina. Si passò le mani sul viso, emise un lungo respiro, e quando tolse le dita dagli occhi notò che l’uomo si era seduto giusto sul bordo della scrivania, e lo guardava divertito.

 

“Lo sa che è proprio patetico? Oltre che maleducato, tra l’altro. Non mi ha nemmeno offerto…” Alleyn si protese e afferrò la tazza abbandonata pochi minuti prima dal professore. Ne annusò delicatamente il contenuto, lo sorseggiò, poi fece una smorfia. “… Qualunque porcheria sia questa,” concluse, disgustato.

 

“Tè. Non replicato subatomicamente, puro e autentico tè Earl Grey,” rispose Andrews, in tono offeso.

 

“Un’autentica porcheria, intende,” commentò Alleyn, scuro in volto, e si gettò la bevanda, tazza e tutto, dietro la schiena. Il rumore della porcellana che si frantumava sul pavimento, tuttavia, sembrò rallegrarlo un poco.

 

Andrews, invece, guardò sgomento i miseri resti, sia liquidi che solidi, sparsi per terra. Poi riportò gli occhi su Alleyn. “Io sarò anche patetico, ma in quanto a maleducazione lei mi batte su tutti i fronti, Agente. E ancora non mi ha detto cosa vuole da me.”

 

“Andiamo, professore. Secondo l’organizzazione per cui lavoro, lei è una persona arguta, brillante. Se non ci arriva da solo, credo proprio che la mia missione sia una totale perdita di tempo.”

 

Andrews fremette. Se anche prima aveva provato un minimo di timore nei confronti di Alleyn a causa dell’aura di mistero e di pericolosità che pareva avvolgerlo, ora era totalmente scomparso. Di ciò il professore incolpò soprattutto la sconvolgente arroganza e l’insopportabile cinismo dell’uomo, che sopraffacevano ogni sua altra caratteristica fisica o caratteriale. “Ho capito benissimo, non si preoccupi, signor Alleyn. E per rispondere alla sua seconda domanda, ossia quale sia la sua identità, non credo di sbagliarmi quando mi azzardo a suggerire che, secondo me, fa parte di una… fantomatica Agenzia Temporale?”

 

Alleyn batté le mani, soddisfatto. “Ottimo! Finalmente ci è arrivato. Mi chiedevo quanto ci avrebbe messo.”

 

“Un’eternità, se mi fossi attenuto al suo ritmo, Agente,” rispose Andrews, insolitamente acido.

 

“Intelligente e dotato di lingua velenosa. Niente male nemmeno sul lato fisico. Proprio il mio tipo,” mormorò Alleyn, sporgendosi verso di lui e squadrandolo con occhi socchiusi. “Ma non sono qui per questo, purtroppo. Ha ragione, fra l’altro. L’Agenzia Temporale, di cui faccio evidentemente parte, ha puntato gli occhi su di lei, professor Harlan Andrews.”

 

“La ragione dovrò attenderla ancora per molto?” lo apostrofò Andrews.

 

L’Agente scoppiò a ridere. “Se non mi trovassi qui per tutt’altro motivo, si sarebbe subito accorto delle mie intenzioni, stia pur tranquillo!”

 

Il professore tamburellò con le dita sul ripiano della scrivania, e aspettò che l’altro si riprendesse dal proprio scoppio di ilarità.

 

Alleyn si asciugò le lacrime dagli occhi e riprese a parlare. “Vede, nel futuro il viaggio spazio-temporale verrà sviluppato fino al punto da rendere necessaria la creazione di un ente apposito. Un ente, ossia l’Agenzia, che si occuperà di mantenere la stabilità e l’equilibrio del Flusso Temporale stesso.”

 

“Una specie di forza di polizia, ma più in grande, insomma,” borbottò Andrews.

 

“Esatto. Noi le cose le facciamo esclusivamente in grande,” ghignò Alleyn. “Proprio per questo, a volte veniamo mandati in giro per la galassia alla ricerca delle migliori menti da mettere al servizio dell’organizzazione. E lei, professore, fa parte di esse. È stato scelto per le sue eccellenti conoscenze nel campo dell’antropologia e della psicologia; i miei superiori ritengono che in futuro, grazie a lei, verranno formati degli ottimi Agenti Temporali. Fra i migliori che l’Agenzia abbia mai avuto.”

 

“Sta parlando delle vicende a venire, Agente, come se fossero qualcosa di stabilito, di già compiuto,” commentò Andrews, inquieto.

 

Alleyn si guardò le unghie, fingendo disinteresse. “E chi le dice che le cose non stiano proprio in questo modo?” Sollevò poi gli occhi, in cui brillava adesso una luce strana. O almeno, così parve al professore. “Lo sa perché ci siamo interessati proprio a lei, e non a qualcun altro, dotato magari di eguali o superiori qualità?”

 

“Muoio dalla voglia di saperlo,” fu la sarcastica risposta.

 

L’Agente sorrise di nuovo. “Esatto. Muoio è il termine giusto. Secondo le cronache di quest’epoca, professore, lei stasera uscirà dalla presente stanza per tornare dai suoi familiari, ma in realtà non farà rientro a casa. Sparirà in circostanze misteriose. Verrà inserito negli elenchi delle persone scomparse, ma nessuno riuscirà mai a trovarla. Dopo alcuni mesi di inutili ricerche sarà dichiarato deceduto dalle forze dell’ordine. Una bara a suo nome verrà interrata in uno dei cimiteri cittadini, ma all’interno, ovviamente, non vi sarà alcun cadavere.”

 

“Cosa?!” esclamò esterrefatto Andrews, balzando di scatto in piedi.

 

“Eh già. Quindi, come vede, la sua scomparsa è destinata ad accadere, professore. Che venga con me o se ne vada da qui da solo, il suo destino è già segnato.” Alleyn si alzò in piedi a sua volta. “Per l’Agenzia questo va benissimo, perché ciò significa che, in ogni caso, la linea temporale non verrà comunque stravolta.”

 

“Non… Non può parlare sul serio,” sussurrò Andrews, e si portò una mano alla tempia, in preda a un improvviso mal di testa.

 

L’altro fece qualche passo verso di lui. “E invece sì. Scelga, professore. Preferisce sparire nel nulla, e magari cadere fra le mani di qualche serial killer che nasconderebbe il suo corpo o quel che ne resterebbe chissà dove, e non essere mai più ritrovato… Oppure unirsi a me e all’Agenzia Temporale, e iniziare una gloriosa nuova vita in mezzo alle stelle, circondato da meraviglie che nemmeno immagina?”

 

Il professore scosse il capo. “Non mi può chiedere di decidere fra due opzioni altrettanto sgradevoli, Agente. Mi sta… Mi sta dicendo che non rivedrò più la mia famiglia, qualunque cosa dovessi scegliere. E poi,” e qui Andrews incrociò lo sguardo di Alleyn in segno di sfida, “chi mi assicura che non stia mentendo? Magari ora me ne andrò dall’ufficio e non succederà niente di ciò che mi ha rivelato. O magari i giornali scriveranno della mia scomparsa per il semplice motivo che a provocarla sarà lei! Non ci ha pensato?”

 

“Ovvio che ci ho pensato,” replicò Alleyn. “I paradossi fanno parte del nostro mestiere, professore. Mi sorprende invece che ci abbia pensato lei. Per essere una persona che sa poco o niente sul viaggio spazio-temporale, dimostra una notevole capacità intuitiva. Capacità che saprà mettere a frutto al servizio dell’Agenzia.” Detto questo, l’uomo si scoprì il polso destro, sul quale Andrews notò subito un bizzarro bracciale di pelle. Alleyn iniziò ad armeggiare con alcuni dei suoi pulsanti, alzando ogni tanto lo sguardo verso il professore. “Solo un attimo, e sarò subito da lei, non tema.”

 

“Un momento!” protestò Andrews. “Non le ho ancora comunicato cos’ho intenzione di fare!”

 

“Oh, ha ragione. Si vede che non mi sono spiegato fino in fondo,” commentò Alleyn. Si ricoprì il polso e in un lampo raggiunse il professore; stavolta gli afferrò tutte e due le braccia, piegandogliele dietro la schiena. “Non le sto concedendo una scelta,” gli sussurrò all’orecchio.

 

Andrews rabbrividì e cominciò a divincolarsi, ma la stretta dell’Agente si rivelò troppo forte per lui. “Che diavolo significavano tutti i discorsi di prima, allora?!”

 

Alleyn si limitò a ridacchiare. “Mi perdoni, professore. Un mio vizio: amo giocare con le mie vittime, tutto qua. Ma lo vuole sapere il dettaglio più divertente di tutta questa incresciosa faccenda?”

 

“Non me ne importa niente dei suoi giochetti! Mi lasci andare, altrimenti…!”

 

“Altrimenti niente. Fra 30 secondi il mio Manipolatore del Vortice si attiverà, e ci trasporterà entrambi lontano da qui, su Sagittarius A*. La sua nuova casa. Non è contento?”

 

“Razza di bastardo che non è altro!” gli gridò Andrews.

 

Alleyn, in tutta risposta, lo strinse a sé ancor più forte, fin quasi a provocargli dolore. “Come le stavo dicendo, c’è un buffo particolare su cui ancora non si è concentrato, professore. Rammenta cosa le ho dichiarato all’inizio del nostro incontro, ovvero che non desideravo i suoi quattro miseri soldi? Ciononostante, la sua prima domanda ha comunque colto nel segno; aveva perfettamente ragione, quando mi ha chiesto se intendevo rapirla. Di nuovo complimenti per il suo intuito.”

 

Andrews non ebbe il tempo di replicare alla frase derisoria pronunciata dall’Agente, poiché intorno a lui il mondo sembrò all’improvviso dissolversi in un lampo di accecante luce bianca.

 

***

 

Note esplicative al testo:

- Il titolo del capitolo è ispirato a una frase di Napoleone Bonaparte: Sappiate ascoltare, e abbiate per certo che il silenzio produce spesso lo stesso effetto che la scienza.

- Come forse si sarà capito, all’ultimo momento sono stata colta dall’ispirazione e ho deciso di rimandare di un ulteriore capitolo il ritorno in scena di Becca e la fine delle spiegazioni del professor Andrews al povero Jax… Inoltre, con l’introduzione dell’Agente Alleyn, ho offerto la mia personalissima interpretazione sull’origine del mito moderno dei famosi Uomini in Nero. Abbiate la bontà di perdonarmi! XD

- Mi è stato fatto notare da iscizu che la questione su chi siano i famigerati Uomini in Nero potrebbe non essere chiara a tutti, per cui credo sia opportuna una breve spiegazione.

La leggenda urbana e/o mito popolare degli Uomini in Nero (in inglese Men in Black, abbreviato MIB) appartiene alla cosiddetta teoria ufologica della ‘congiura del silenzio’ riguardo un’eventuale origine aliena degli UFO. In pratica, sarebbero degli agenti governativi americani, operanti però a un livello di sicurezza a cui nemmeno lo stesso Presidente degli USA avrebbe accesso. Alcuni azzardano persino che non sarebbero nemmeno umani! Questi MIB andrebbero in giro a minacciare e a far tacere i testimoni di avvistamenti UFO o chi entra in possesso di informazioni riservate. Vengono così chiamati perché indosserebbero dei completi giacca e cravatta neri e porterebbero degli occhiali da sole. Come mi faceva notare Jadis96, fra l’altro, un altro particolare sui MIB sarebbe che, anche nel caso in cui una persona venisse a contatto con loro, se ne dimenticherebbe subito dopo, e le resterebbe solo un vago senso di déjà vu. Per cui, restando nell’Universo di Torchwood e, più nello specifico, in quello di Doctor Who, un esempio lampante di MIB sarebbe rappresentato dai Silenti, sia per quanto riguarda il loro aspetto, sia per la questione dell’amnesia.

Più in generale, comunque, in letteratura, nel cinema e in TV esistono molti personaggi ispirati ai MIB. Così tanti che, se dovessi elencarli, sicuramente me ne scorderei qualcuno… Per ovviare a ciò, vi rimando alla pagina Wikipedia italiana a loro dedicata, e anche a quella in inglese, sicuramente più completa. Se volete farvi quattro risate, invece, consultate pure Nonciclopedia XD

  
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