CAPITOLO SETTIMO: FIAMME
DALL’INTERNO.
Virgo
rideva soddisfatto.
Sghignazzava
fragorosamente nel salone principale della Sesta Casa, gustandosi, nelle fiamme
del braciere, la guerra in corso sulla Luna, guerra che presto sarebbe
dilagata, incendiando la Terra intera. Del
resto, e di questo era sommamente convinto, da una sola scintilla divampano incendi soffusi. Come ebbe a dire
quel brav’uomo di Lucrezio.
E
il pianeta, a suo credere, offriva molti arbusti secchi che lo avrebbero
permesso.
Gli uomini! Sogghignò, espandendo il cosmo e lasciando che le
fiamme della visione turbinassero attorno a sé, fino a generare un mosaico sul
muro laterale che gli mostrò tutti gli eventi in corso.
Mio padre guerreggia appagato, facendo
strage di quegli sciocchi Seleniti, convinto di poter sedere vittorioso al
tavolo delle trattative, alla fine della guerra, e presentare il suo conto! Mi
sembra quasi di sentirla, la sua brama di potere, che già lo incorona
governatore di qualche provincia del nascituro impero delle tenebre. La vedo,
colare sulla sua barbetta, l’acquolina che rivela la sua fame di gloria! Lo
sento, il fremito eccitato che accompagna il tendersi del muscolo quando
impugna la Lancia di Sangue, piantandola nel corpo sventrato della sua vittima,
quasi servisse a riaffermare la sua patriarcale e virile autorità!
Povero sciocco! Non ha mai compreso a che gioco stiamo invece giocando! Una corsa al
trono da cui è escluso! Pur tuttavia, quell’ardore selvaggio, quella furia
animalesca che riversa in guerra, mi affascina e mi appartiene! O, quantomeno,
appartiene al semidio chiamato Flegias, il figlio di
Ares che fui un tempo! Rise l’uomo dalle sembianze del
Cavaliere della Vergine, mentre le fiamme oscure cambiavano forma, mostrando
nuove immagini a colui che possedeva la Vista.
La Vista. Uno dei pochi doni che Avalon gli aveva fatto, uno
dei pochi segreti che era riuscito a carpire all’Isola Sacra, e che gli aveva
permesso di sopravvivere per così tanto tempo. Persino Loki
se ne era stupito. Persino Odino doveva ricorrere alla Fonte di Mimir per sapere, per vedere. Egli invece doveva soltanto
evocare le tetre fiamme, prodromo dell’incendio purificatore.
Surtr lo aveva
capito, che il mondo sarebbe finito così. E anche quel poeta inglese di cui
adesso mi sfugge il nome lo aveva predetto. Dicono taluni
che il mondo finirà nel fuoco, altri nel ghiaccio. Io propendo per il primo! Ah
ah ah! E
guardò ancora, osservando Pegasus fronteggiare suo padre mentre i Cavalieri
delle Stelle tentavano di frenare l’avanzata degli Spiriti della Battaglia, e
gli altri Seleniti si organizzavano per affrontare i figli di Eris. Doveva esserci anche Avalon con loro, ne era certo,
per quanto non riuscisse a trovarlo, nascosto come sempre ai suoi poteri
oscuri. Di certo osservava gli eventi dalla reggia di Selene,
codardo e presuntuoso, convinto di poter manovrare le sue pedine e ottenere
facile vittoria.
Bastardo! Avvampò, mentre le fiamme attorno a lui divamparono
in ogni angolo della casa, rischiarandone le silenziose profondità. Ma subito
riprese controllo di sé, temendo che qualcuno potesse scoprirlo. E rise,
compiaciuto dall’errore che Avalon per la prima volta aveva commesso.
Egli crede davvero che mi interessi
l’ultimo talismano? Umpf, ho abbandonato ormai l’idea
di impossessarmene, da quando ho compreso, grazie alle memorie di Tegel, quel che realmente sono. Ma se non posso averli,
posso almeno arrestarne la furia e distrarre i nostri nemici da altri obiettivi. Ghignò, mentre le fiamme turbinavano ancora,
rivelando un volto calmo che ben conosceva. Il viso di un uomo che stava
camminando tra alte montagne innevate, diretto verso segreti che finora non
erano stati rivelati. Neppure ad Atena.
E,
quale ironia, sarebbe stato proprio lui, un Cavaliere di Atena (o presunto tale!) ad autorizzare tale
missione.
Virgo
rise, o quantomeno fu il suo corpo a farlo. La coscienza ormai era stata
annientata, sopraffatta da un potere più grande di lui. Un potere più grande di
qualsiasi essere vivente, che presto si sarebbe rivelato al mondo intero. Pochi attimi ancora, poche ore, e la
sconfitta delle benigne stelle sarà definitiva! La configurazione astrale è
ormai stata ricreata e il Signore di…
“Maestro?!”
Una
voce all’improvviso ruppe il tombale silenzio, obbligando il Cavaliere a
voltarsi di scatto verso l’ingresso lontano e a spegnere d’un sol colpo tutte
le fiamme, lasciandone solo alcune a baluginare sul trono a forma di fiore di
loto.
“Maestro,
siete in casa?” –Ripeté la voce femminile, mentre timidi passi iniziavano a
risuonare sul marmoreo suolo del Sesto Tempio.
Aguzzando
la vista, Virgo riuscì a intravedere un’esile figura
affacciarsi tra le statue dell’ingresso, identificandola come una ragazza sui
vent’anni, con mossi capelli castani. Indossava vesti molto povere, una
semplice tunica gialla fissata in vita da un cordone, e questo gli permise di
capire subito chi fosse. Uno dei discepoli che il Cavaliere d’Oro aveva
addestrato in Uttar Pradesh
anni addietro, la giovane portata da Iemisch
sull’Isola delle Ombre per farne un’arma al servizio dell’oscurità.
Cosa diavolo vuole? Digrignò i denti il Custode del Sesto Tempio,
imponendosi la calma mentre si incamminava verso l’atrio, per accogliere
l’allieva.
“Riconosco
la tua voce! Tirtha, la Pellegrina!” –Esclamò,
fermandosi a qualche metro di distanza, evitando le lame di luce che filtravano
tra le colonne all’ingresso.
“Sono
lieta di rivedervi, maestro!” –Si inchinò la giovane, con fare compito,
rialzandosi solo quando l’uomo, spostandosi di lato, le fece cenno di
precederla all’interno della casa. –“Perdonatemi se vi ho recato disturbo! Ho
forse interrotto la vostra meditazione?”
“Posso
riprenderla in qualsiasi momento! Ma dimmi, cosa ti porta nella mia umile
dimora? Che cosa turba la tua giovane anima?”
“Voi
avete sentito?! Oh maestro, ero certa che avrei trovato conforto in voi!
L’ombra, maestro… l’ombra non mi ha ancora…” –Esclamò la ragazza, il respiro mozzato da un
singulto.
“Controlla
le tue lacrime e non temere giudizio alcuno! Solo i muri e le colonne del sesto
tempio sono in ascolto! Che cosa ti ha fatto…
l’ombra?” –La incitò Virgo, che aveva iniziato a
comprendere quel che stesse accadendo alla ragazza.
“Non
mi ha ancora lasciato! La sento, maestro! È in me!” –Confessò, sollevando gli
occhi tremanti verso il volto del Cavaliere, che quasi si dispiacque per non
poterle sorridere, per non poterle dire che lo aveva sospettato.
È naturale, del resto. La distruzione
del mio corpo mortale e dell’Isola delle Ombre hanno rappresentato solo una
sconfitta momentanea. Ma quando il varco si è aperto, le creature oscure che
avevano infettato il suo animo hanno trovato nuovo nutrimento! Un plancton di
tenebra di cui cibarsi e grazie al quale crescere! Sogghignò Virgo, pensando a
come poter sfruttare quella nuova interessante scoperta.
“Maestro?!”
–La voce atterrita della Pellegrina lo rubò di nuovo ai suoi pensieri,
portandolo a voltarsi infastidito verso di lei, che subito chinò lo sguardo,
temendo di averlo deluso confessandole il suo intimo segreto. –“Vi prego di
scusarmi, ma non sapevo dove andare! Non potevo rimanere ad Angkor, non con
questo male nel cuore! Non con il timore di poter ferire Pavit
o uno dei santoni che spesso meditano con noi sotto il bassorilievo del Kurma! No, vivere con questo peso sarebbe impossibile! Per
cui vi chiedo, oh illuminato, c’è una cura? Una salvezza per la mia anima? O
solo nella morte potrò trovare pace?!”
“Una
cura?! Ma certo mia cara! Fidati di me! Farò in modo di mettere fine quanto
prima alla psicomachia che ti dilania il cuore!” –Le
sussurrò con voce melodiosa il Cavaliere, carezzandole il mento con un dito,
cullandola con parole che così disperatamente voleva udire. Ma quando Virgo schiuse gli occhi, fissandola con quelle iridi
intrise di fuoco e ombra, Tirtha trasalì, spalancando
la bocca per gridare, ma venendo prontamente afferrata dalla mano destra
dell’uomo, che le strizzò il collo, mozzandole il fiato, gettandola poi a
terra.
“Silenzio,
mia cara! Non l’hai invocato poc’anzi? E già vuoi rimangiarti la parola?! Non
si fa così, proprio no, birichina!” –Le sibilò, montando sopra di lei e
bloccandole ogni movimento. –“Sei venuta alla Sesta Casa, mi hai arrecato
disturbo, interrompendo le mie elucubrazioni, per avere una panacea che ponesse
fine al tuo dissidio, e io te la sto offrendo! Accetta l’ombra! Abbracciane la
causa, falla tua! Ti darà forza, ti farà essere ben più potente della ragazzina
vestita di stracci e odorosa di giungla che nelle notti senza stelle cerca
conforto nell’amico devoto, senza concedersi mai! Ah ah ah!
Un’esistenza a metà hai sempre vissuto, come apprendista, che non è mai
diventato Cavaliere, come donna, che non ha mai avuto soddisfazioni, e adesso
come essere umano, dilaniato da un conflitto tra ombra e luce, un conflitto che
credevi di aver vinto ma che il risveglio del mio Signore ha riacceso in te!”
“Cosa… state dicendo, maestro? Vi prego!” –Singhiozzò Tirtha, mentre le mani di Virgo
bramose le strappavano la tunica, carezzandole il corpo e i seni sodi, fino a
stringerli con violenza.
“Abbraccia… l’ombra!!! O muori divorata da essa!!!”
–Ringhiò, avvolgendola nel suo cosmo tenebroso e lasciando che la sua natura
animalesca emergesse. Glielo vide negli occhi, che si tinsero di nero, mentre
boccheggiava delirante, invocando pietà. –“Questa è la mia pietà! Risparmiarti un’esistenza
di dolore, lacerata in due metà!”
“Che
cosa state facendo?!” –Esclamò una terza voce all’improvviso.
Volgendo
lo sguardo verso l’ingresso, Virgo vide un giovane
dai capelli fulvi fissarli con occhi stupefatti e trattenne una risata al
pensiero di quanto sconvolta potesse essere la sua mente adesso, dopo aver
visto il suo nobile ed etereo maestro a cavalcioni sopra l’allieva seminuda.
“Pavit!” –Esclamò, ricordandosi il nome dello sciocco
discepolo. –“Aspettavamo proprio te! Vuoi unirti ai festeggiamenti?”
“Festeggia… maestro ma che succede? Vi sentite bene?!
“Mai
stato meglio! Anche se temo che non potrò dire lo stesso di te, tra poco!”
–Sibilò, rimettendosi in piedi e offrendo la mano a Tirtha,
che in silenzio la afferrò, la mente avvolta in una nuvola d’ombra, lo sguardo
ormai perso nel buio.
“Tirtha?! Cos’hai? Cos’è accaduto? Perché hai lasciato
Angkor in fretta e in solitudine?”
“Cercava
risposte, la donna che ami! E le ha trovate qua alla Sesta Casa, al Tempio
della Vergine d’Oro!” –Ironizzò il Cavaliere, abbandonandosi a un riso
sguaiato.
“Voi… tu non puoi essere il mio mentore!” –Esclamò infine Pavit, inorridito.
“Quale
intuito! Tardivo ma efficace!” –Si limitò a commentare l’uomo, prima di dare a Tirtha il suo primo ordine. –“Uccidilo!”
La
ragazza si lanciò contro il compagno, graffiandogli il volto con artigli di
tenebra e poi muovendosi per colpirlo con un calcio in pieno petto, inebriata
dal ruscellare del sangue sul volto ferito. Ma Pavit,
dopo la sorpresa iniziale, fu svelto a muoversi all’indietro, afferrando la
gamba dell’amica e sbattendola in terra, pensando al qual tempo una soluzione
per impedirle di nuocergli pur senza ucciderla.
“Il
dubbio ti dilania, non è vero? Ucciderla o essere ucciso, questo è il
problema!” –Rise Virgo, osservando la scena
divertito. –“Ed in effetti è un gran problema, quanto meno per te, poiché lei
non si fermerà finché non sarai morto!”
“Che
cosa le hai fatto, bastardo? Riconosco la tua voce, adesso! Sei il Maestro di
Ombre contro cui il mio maestro lottò mesi addietro!” –Disse Pavit, mentre Tirtha intanto si
rialzava e gli si lanciava di nuovo contro, gli artigli di tenebra pronti a
sgozzarlo.
“Le
ho dato una ragione per vivere! Ora fai la tua scelta, Pavit
il Devoto!”
“Mai!”
–Avvampò il discepolo, bruciando il proprio cosmo e generando un’onda di luce
con cui travolse Tirtha, scaraventandola contro il
muro. Quindi si voltò verso Virgo, per affrontare
anche lui, ma questi non era più di fronte al trono. Lesto, era sgusciato alle
sue spalle, paralizzandolo con una morsa mentale.
“Meno
uno!” –Ghignò il Cavaliere, affondando il braccio nella schiena del ragazzo e
strappandogli il cuore. Quindi, mentre Tirtha si
rimetteva in piedi, le fece cenno di avvicinarsi e glielo lanciò, facendola poi
cadere sopra di lui.
“Virgo!!!” –Gridò allora una voce, mentre lo sferragliare di
un’armatura anticipava l’arrivo di un uomo dall’entrata posteriore del tempio.
–“Dei dell’Olimpo! Cos’è questa carneficina?!” –Tuonò Libra, sputando nel
salone principale, mentre il parigrado gli si faceva incontro, con lo sguardo
affranto e pieno di lacrime.
“Dohko, ti prego, non ucciderla! Lei non sa cosa sta
facendo! È malata!”
“Malata?!
Ma chi sono costoro? I tuoi… discepoli?!” –Li
riconobbe, mentre Virgo iniziava a raccontare cos’era
accaduto. La scoperta dell’ombra annidata nel suo cuore da parte di Tirtha, la fuga dall’Indocina, la battaglia per l’anima che
era infuriata mentre il maestro aveva cercato di liberarla da tale oscura
tenebra e infine la vittoria dell’ombra, che l’aveva spinta a uccidere il
compagno. –“Per Atena! È terribile!”
“Il
mio cuore è straziato da indicibili tormenti, Dohko!
Ed è tutta colpa mia! Ho fallito! Ho cercato di purificare il suo cuore ma
l’ombra è così radicata, così forte, come mai l’ho percepita prima d’ora, da
avermi respinto!”
“Io… l’ho sentita!” –Annuì il Cavaliere di Libra.
“Davvero?!”
–Incalzò preoccupato il parigrado, temendo che il suo gioco fosse stato
scoperto.
“Mentre meditavo alla Settima Casa, è esplosa nella mia mente, come una macchia
su un velo bianco! Per questo sono intervenuto! Non in tempo, a quanto pare!”
“Ti
prego, concedimi di curarla! È pericolosa, è vero, è un’assassina, ma è pur
sempre una mia allieva! E non ha colpe, di per sé!”
Libra
rimase qualche secondo pensieroso, osservando Tirtha
china sul corpo di Pavit, il cuore macellato a pochi
passi di distanza, lo sguardo furioso di una tigre pronta ad azzannare. Fece
per avvicinarsi, ma la ragazza si sollevò, sfoderando artigli di pura tenebra e
un ghigno demoniaco, prima di avventarsi anche su di lui.
“Dohko!!!” –Gridò Virgo, vedendo
oscuri fendenti abbattersi sullo scudo dorato del Cavaliere, pur senza
scalfirlo, in un flusso continuo di cieco furore.
“Perdonami,
amico mio! Ma devo fermarla!” –Si limitò a commentare il custode della Settima
Casa, prima di concentrare il cosmo sul braccio e muoverlo dal basso verso
l’alto, generando un dragone di energia che travolse Tirtha,
schiantandola contro una colonna molti metri addietro.
Virgo
corse subito da lei, per verificarne le condizioni, e sentì il cuore battere
ancora, capendo che il Cavaliere aveva soltanto voluto stordirla. Con il volto
rigato da false lacrime, lo ringraziò più volte, chiedendo clemenza per lei.
“Sarà Atena a giudicare i suoi peccati! Per adesso dobbiamo impedirle di ferire
ancora! La condurremo alla prigione di Capo Sounion,
dove il cosmo della Dea la tratterrà fino al suo ritorno!”
“Solo
Atena può darle pace! Non potrei sopportare anche la sua perdita, è l’ultimo
dei miei discepoli! L’ultimo di dieci allievi che la guerra mi ha rubato!”
“Comprendo
il tuo dolore, amico mio! È accaduto a molti di noi!” –Esclamò Dohko, ponendo una mano sulla spalla del parigrado. Quindi
si incamminò verso l’uscita, portando Tirtha con sé e
dicendo che avrebbe mandato alcuni soldati ad occuparsi del cadavere di Pavit. Si fermò un istante, ponderando tra sé un enigma che
non riusciva a decifrare. Per un momento, per un solo momento, gli era parso di
percepire due cosmi di ebano alla Sesta Casa. Poi scosse la testa e iniziò a
scendere la scalinata, certo di essersi sbagliato.
Virgo,
rimasto al centro del salone, si spostò i capelli all’indietro, concedendosi un
sorriso malefico. Stava vincendo.
***
Al
Cerchio di Saturno Reis e Jonathan erano in
difficoltà.
L’ondata
di Phonoi e di Androctasie
sembrava inarrestabile e soprattutto interminabile. Per ogni guerriero che
uccidevano, altri dieci ne arrivavano e ben presto i Cavalieri delle Stelle
sentirono la pressione di tale furiosa avanzata sulla loro pelle. L’unica cosa
positiva, pensò Jonathan, era che, di fronte a quel brulicante ammasso di
nemici, ovunque puntasse lo Scettro d’Oro era certo di colpire qualcuno, anche
senza impegnarsi troppo nel prendere la mira. Ma quella misera consolazione non
mitigò lo sforzo di entrambi, che alla fine furono spinti lontano dal varco nel
muro, mentre l’esercito dei Signori della Guerra dilagava all’interno del Sesto
Cerchio.
“Maledizione!
Sono troppi!” –Strinse i denti Reis, impegnando con
la spada una lama avversaria, prima di sfilarla e infilzare il proprio
oppositore.
“Serve
un’azione congiunta! Uniamo i nostri colpi segreti!” –Propose Jonathan,
bruciando il proprio cosmo lucente, presto imitato dalla compagna.
“Vortice scintillante di luce!” –Gridò Reis, liberando un turbine che travolse alcune decine di
guerrieri, scaraventandoli in ogni direzione, le corazze squarciate da fulgidi
fendenti. Quelli che riuscirono a evitarlo, o ne vennero solo sfiorati, si
esposero al repentino assalto dell’allievo di Andrei, che aveva già concentrato
il cosmo sul palmo della mano, generando migliaia di comete energetiche.
“Ora
mi sento meglio!” –Commentò il ragazzo dai capelli biondo cenere, soffiandoli
via dal volto sudato su cui gli si erano fastidiosamente appiccicati.
“Quando
torniamo ad Avalon, ti farò tagliare quel cespuglio che hai in testa!”
–Ironizzò la compagna. –“Simili distrazioni generano ritardi nei tuoi
attacchi!”
“Ah,
davvero? Eppure mi sembra di tenere il passo!”
“Sensazione
sbagliata! Ho eliminato quasi il doppio dei tuoi avversari!” –Concluse Reis, balzando alle spalle di due Androctasie
e colpendole poi con un rapido affondo. Per un momento si incupì, guardando i
loro corpi giovanili crollare nel sangue e nella polvere, riflettendo che,
fossero state umane come lei, sarebbero state sue coetanee e forse, in un’altra
vita, avrebbero potuto essere amiche, uscire insieme, frequentarsi e vivere una
realtà diversa, che non il continuo mondo di guerra in cui erano immersi. Ma
poi ricordò chi erano, le figlie di Discordia, colpevoli, al pari della
genitrice, di molti mali nel mondo. –“Vostra madre vi ha generato, facendovi
dono dello status di Divinità, ma siete stati voi, con le vostre turpi azioni,
ad inquinare tale rango, lasciando che gli uomini vi identificassero con gli spiriti
del macello! Voi, da Dei siete divenuti mostri!”
“Tu
credi?” –Parlò allora una voce, risuonando sopra la molesta cacofonia della
battaglia. –“È un’opinione interessante, quella di chi sostiene che anche gli
Dei dispongano del libero arbitrio, qualità di cui finora ho sempre udito
uomini farsene vanto! Dovremmo parlarne! Se al termine di questo scontro sarai
ancora viva! Ih ih ih!”
–Rise la stessa voce femminile, prima che il rimbombare confuso di migliaia di
piedi, pesanti come zoccoli, riempisse l’aria.
Anche
i Phonoi e le Androctasie
lo udirono, scattando lesti verso i lati del varco nel muro, mentre una
devastante onda d’urto squassava il suolo lunare, investendo in pieno il
Cavaliere di Luce e scagliandolo in aria, assieme ad alcuni guerrieri nemici
che non erano riusciti a portarsi in tempo fuori dal suo raggio d’azione.
“Che
diavoleria è questa?!” –Esclamò Jonathan, stringendo lo Scettro d’Oro di fronte
a sé, pronto a ripararsi da un eventuale assalto, e osservando nel contempo Reis rimettersi in piedi a fatica.
“Non
diavoli siamo, ma spiriti bellicosi! Gli spiriti per eccellenza della
battaglia, le voci che animano i soldati in lotta, infoiano il loro ardore e
mantengono saldo il loro proposito di andare avanti! Vittoriosi sempre,
arrendevoli mai!” –Gli rispose una voce femminile, mentre alcune figure
avanzavano tra la polvere sollevata dall’ultimo assalto, rivelandosi agli occhi
dei Cavalieri delle Stelle.
Erano
tre donne, alte e snelle, dall’impeccabile fisico guerriero, i capelli tagliati
corti, da uomo, il volto una maschera di ghiaccio. Erano rivestite da corazze
violacee e rossastre, coprenti quanto una Veste Divina, sebbene Jonathan non
fosse certo che Efesto avesse mai costruito alcunché
per tali violenti spiriti. Prima ancora che si presentassero, il ragazzo capì
chi aveva di fronte, e capì anche che quello scontro non sarebbe stato affatto
facile.
“Noi
siamo le Makhai, gli spiriti della battaglia!” –Continuò colei che aveva
parlato finora, la donna al centro del trio, quella con i corti capelli biondi.
Forse persino più biondi di Jonathan, al punto da sembrare quasi bianchi. –“Io
sono Kydoimos, la confusione!”
“E
io sono Homados, il rumore della battaglia!” –Le fece eco la sorella dai
capelli viola, prima che anche la terza parlasse. –“Proioxis,
l’avanzata impetuosa! Ma di questa caratteristica vi siete certo già accorti!”
–Aggiunse, con un ghigno beffardo, diretto soprattutto a Reis,
ancora acciaccata dall’onda d’urto.
“Ora
che queste insulse formalità sono state sbrigate, possiamo proseguire per la
nostra strada!” –Esclamò allora Kydoimos, iniziando
ad avanzare, subito imitata da tutti i Phonoi e le Androctasie, che si erano riorganizzati in falangi
compatte, tenendosi comunque a debita distanza dal trio.
“Dove
credete di andare?!” –Intervenne Jonathan, il cui scettro stava iniziando a
pulsare vivida energia.
“Che
domanda sciocca! Al palazzo di Selene!” –Continuò il
demone del frastuono in battaglia, sottolineando l’ovvietà di
quell’affermazione seguitando ad avanzare.
“Temo
che non vi sarà così semplice!” –Esclamarono i Cavalieri delle Stelle,
scambiandosi un rapido sguardo prima di lanciarsi entrambi alla carica.
“Ah
no?!” –Sbuffò Kydoimos annoiata, prima di voltarsi
verso la sorella dai capelli neri, che subito annuì, facendosi avanti e aprendo
le braccia di lato. Subito un’onda di energia si propagò dal suo corpo,
investendo in pieno Reis e Jonathan e scaraventandoli
indietro, facendoli ruzzolare per molti metri sul suolo lunare e strappando
loro persino la presa delle armi.
Risolto
quel piccolo contrattempo, Kydoimos ricominciò a
camminare, affiancata dalle sorelle, guidando l’esercito della guerra verso il
cuore del Cerchio di Saturno.
“As… pettate! Lo scontro è appena
iniziato!” –Esclamò Jonathan, facendo forza su un ginocchio per rimettersi in
piedi.
“A
me pare che sia finito da un pezzo!” –Gli rispose la Makhai del frastuono,
senza neppure fermarsi.
“Non
mi ignorare!!!” –Avvampò il Cavaliere delle Stelle, il palmo stretto attorno ad
un globo di energia. Non attese risposta e scattò avanti, liberando il suo
colpo segreto.
“Non
chiedere troppo!” –Digrignò i denti Proioxis,
voltandosi all’improvviso e balzando di fronte al giovane. La cometa lucente,
che stava sfrecciando verso di lei, frenò la sua corsa, venendo infine
rispedita indietro ad una velocità persino maggiore.
“Jonathaaan!!!” –Gridò Reis,
vedendo il compagno colpito in faccia dal suo stesso attacco e scaraventato
indietro, con la maschera dell’armatura in frantumi.
“Se
ti ignorassi, sarebbe certo meglio, per te!” –Concluse la figlia di Eris, prima di fare cenno alle sorelle di proseguire. –“Pur
tuttavia, dato che molto hai insistito, rimarrò qui a farvi compagnia, finché
non avrete esalato il vostro ultimo respiro! E, state sicuri, accadrà molto
presto, perché nessuna difesa può contrastare l’avanzata furiosa delle Makhai!”
“Non… possiamo lasciarle passare…”
–Balbettò Jonathan, faticando a rialzarsi.
Reis capì
i pensieri del compagno. Con Pegasus e Phoenix impegnati contro Ares e
Discordia al Settimo Cerchio, e loro costretti all’immobilità, soltanto Shen Gado avrebbe potuto impedire che quell’esercito
furioso si riversasse sui Seleniti, e poi sulla residenza di Selene. Ma se persino loro, addestrati ad Avalon, erano in
difficoltà contro uno solo di quei demoni, cosa avrebbe potuto fare il sia pur
valoroso Capitano della Luna?
“Vai!”
–Affermò infine il Cavaliere di Luce, mentre l’amico si rimetteva in piedi.
–“Appena avrai l’occasione, vai!” –Ripeté, prima di scattare avanti, la spada
saldamente in pugno. Ma prima ancora che potesse gridare alcunché, Proioxis aveva già sollevato il piede e stava calando il
tacco sul terreno.
“Forse
non avete capito…” –Sibilò, mentre una devastante
onda di energia scuoteva il suolo lunare, rimbombando sotto di loro e attorno a
loro e travolgendoli di nuovo. –“Nessuno di voi andrà da nessuna parte! Mia
sarà la mano che vi scorterà ai gradini di Tartaro! Mio il calcio nel
posteriore per farvi precipitare entrambi! Addio Cavalieri di Avalon, questa di
Proioxis è l’Avanzata
Impetuosa!!!” –Aggiunse, spalancando le mani e generando una devastante
onda d’urto, simile a un maroso di pura energia, che sfrecciò verso di loro,
fagocitando in fretta il poco spazio restante.
Jonathan
e Reis cercarono di disperderla, colpendola con raggi
energetici, ma quando comprese che non vi sarebbero riusciti, quest’ultima fu
svelta ad afferrare l’amico e portarlo dietro una barriera che aveva appena
creato, una scintillante cascata di luce che avvolse entrambi a spirale, mentre
l’onda li investiva in pieno, schiantandoli molti metri addietro, con le
armature crepate in più punti.