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Autore: Kuri    08/10/2007    7 recensioni
"E per l’ennesima volta è ancora estate. Gli yukata leggeri vengono tirati fuori dalle loro buste di plastica, il condizionatore riprende a riempire tutta la casa del suo quieto ronzio. E come ogni estate si rinnova questo rito, da anni e anni e anni, questo aggrapparsi ostinatamente alla memoria per non andare alla deriva."
Satsuki è cresciuta. Ha diciassette anni e vorrebbe solo essere felice, vorrebbe solo potergli dire che lo ama. Ma ci sono troppe cose che non conosce del passato delle persone che la circondano.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qui... ci ho messo un po' più del solito a copiare il capitolo, ma questo perchè questa settimana ho iniziato a lavorare, e quindi il mio tempo va a cause ben meno nobili della scrittura... che dire? Sono in astinenza di Nana, non vedo l'ora che esca di nuovo in edicola (non ho ancora controllato se esce adesso a ottobre) altrimenti sclero... volevo ringraziarvi tutte per i complimenti, siete molto gentili... il problema è che questa fic non mi preoccupa tanto dal punto di vista stilistico, quando da quello emozionale. Parlare attraverso gli occhi di un personaggio che nella serie beh... semplicemente deve ancora arrivare è un po' azzardato... però se ci pensate bene è proprio la piccola Satsu-chan che mette in moto molti eventi, anche se involontariamente! In fondo al capitolo ho risposto alle recensioni... un espediente per tenervi con me fino alla fine! XD ENJOY!



Famiglia


Questo posto ha il potere di rimanere immutato nel tempo. In parte per volontà di mia madre, in parte perché non può essere altrimenti. Quando un luogo diventa il santuario della memoria di una persona il tempo si solidifica, bloccando tutto al suo interno come una goccia d'ambra.
La mamma spalanca la finestra sopra il tavolo, lasciando entrare la luce del sole. Nobu si accovaccia accanto al frigo e lo apre per controllare che tutto sia in ordine.
Ma che qualcosa sia fuori posto, in questo giorno, è semplicemente inconcepibile.
Ogni settimana, da quasi vent'anni, la mamma viene qui per pulire e tenere ogni cosa come Nana l'aveva lasciata.
Ho dovuto convivere anch'io con questo ricordo e accettare nella mia famiglia tutte queste persone che aiutano la mamma a non dimenticarla.
È stato difficile. Ancora oggi ci sono momenti in cui vorrei urlargli di lasciarmi in pace, di dire a tutti di uscire dalla vita che sarebbe dovuta essere solo mia e dei miei genitori.
Ma questo significherebbe strappare alla mamma anche l'ultimo brandello di sollievo rimasto. E soprattutto toglierle le persone che ha imparato con gli anni a considerare la propria famiglia.
Bussano alla porta.
Lei si volta e si avvicina a passetti piccoli, quanto gli consente lo yukata stretto che le fascia il corpo.
Il suo viso sorride quando vede comparire Yasu e Miu oltre lo stipite. Abbraccia Miu con trasporto, come se non la vedesse da una vita intera.
«Sono felice che tu sia venuta quest'anno...»
Poi saluta Yasu che le risponde con un cenno e abbozza un sorriso nei miei confronti.
«Non mi abituerò mai a vedere Satsuki. Assomiglia ogni anno che passa sempre di più a Takumi, e questa è una cosa inquietante.» dice avvicinandosi e abbracciandomi con affetto.
Mi piacciono Yasu e Miu.
Yasu mi piace perché l'ho sempre sentito come una presenza sicura, a differenza degli altri. Le sue attenzioni ti avvolgono come una carezza e nulla di brutto può turbarti, se lui è accanto a te. A volte mi chiedo come gli sia stato possibile sopportare sulle spalle tutte le aspettative e le paure degli altri, ma credo che Miu lo abbia aiutato a non smarrirsi.
Lei, sempre così silenziosa e scostante con gli altri non ha mai smesso di essergli compagna da quando si sono incontrati. Sono così strani, insieme, eppure standogli vicino si può sentire quasi una vibrazione di felicità.
Yasu mi accarezza i capelli.
«Vedo che non ti è passata la curiosità per le farfalle.» mi dice sfiorando le mollette con la punta delle dita lunghe.
La mamma e Miu iniziano a preparare le cose da mangiare per il pic-nic che faremo questa sera mentre i fuochi d'artificio esploderanno in cielo come fiori variopinti. Si affaccendano chiacchierando fitto tra di loro, lasciandosi scappare ogni tanto qualche risatina, come delle ragazzine.
La mamma è davvero felice quando arriva questo giorno. È agitata, nervosa, ma è felice.
Quello che mi spezza il cuore è il giorno dopo. Sul suo viso si disegna un pallido sorriso di aspettative deluse, perché ogni anno ancora spera di vederla comparire da quella porta, con la sua giacca di Vivienne Westwood dal bavero a forma di cuore. Nei suoi ricordi Nana non è mai invecchiata. Ha ancora lo sfolgorante sorriso dei loro vent'anni e un'energia travolgente.
Ora ha trovato in Miu un'amica attenta e gentile, ma non è la stessa cosa. Non è una sensazione che ti stringe lo stomaco e ti fa rimanere alzata fino a tardi. Non ti fa vivere come se il tuo mondo fosse a tre metri da terra e tutto avesse un significato relativo. Anche se Miu l'ha aiutata in molte occasioni, lei non ha mai rappresentato tutto quello che è stata Nana.
Bussano ancora alla porta.
Il mio cuore ha un sussulto. Di persone davvero speciali, nella propria vita, non può essercene più di una. Questo senso di pienezza, questo traboccare del cuore sommerso da una felicità senza scampo, non può accadere più di una volta. Perché quando il cuore viene colmato dalla presenza di una persona speciale non ci sarà mai più la possibilità di lavarne via le tracce.
Io credo di averla trovata, questa persona. E anche se fossi solamente vittima dei sussurri bugiardi del mio cuore, sarei felice ugualmente. Perché lui esiste e quindi il mio sentimento non può essere davvero un totale inganno.
Nobu si avvicina per aprire la porta.
I miei occhi sono inchiodati lì, sulla superficie bruna del legno e li sento dolere per la forza con cui fisso quella maledetta porta.
Quando penso a lui divento nervosa, mi sudano le mani e dico sempre qualcosa di molto stupido.
La porta si apre e Nobu scoppia in una fragorosa risata, allungando la propria mano per afferrare la bottiglia di saké che ha portato Ren.
«Mi fa piacere che per una volta tu non sia arrivato all'ultimo minuto!» esclama con allegria invitandolo con la mano libera ad accomodarsi «Ci sei anche tu? Perché ti sei nascosto?» dice poi, prima di richiudersi la porta alle spalle.
«Non mi ero nascosto. Sei tu che hai visto solamente il saké.»
Ogni volta, sentirlo, è qualcosa che mi stringe lo stomaco, come se stessi male. Il cuore accelera i propri battiti, tanto che ho paura quasi di vedere la stoffa dello yukata che si solleva sotto i colpi di questo tum-tum possente.
«Shin.» la mamma si avvicina a lui, lo abbraccia, lo stringe a sé come farebbe con me.
«Ciao mamma» le risponde chiudendo gli occhi e appoggiando la guancia sulla sua spalla. Deve abbassarsi parecchio per poterla tenere tra le braccia ma in quella posizione, per qualche istante, la sofferenza sembra abbandonarlo. Anche il viso di Shin ha una perpetua traccia di dolore sordo. Fin da quando lo conosco, è questo il ricordo che ho di lui. Degli occhi chiari dal taglio occidentale, la piega della bocca sottile, quasi un urlo trattenuto a stento.
Vederlo così, così vicino, ogni volta mi fa tremare le gambe.
Lui saluta tutti mentre Ren da una vigorosa pacca sulla schiena a Yasu.
E alla fine si gira a guardarmi e mi sorride.
Perché la felicità deve fare così male?
Perché mi piace un ragazzo che ha sedici anni più di me e che ogni volta che mi guarda ha un sorriso così triste?
Non è una sensazione che ho avuto solo adesso. Il suo sospetto mi accompagna da sempre e anche se so che questa mia famiglia mi vuole bene, a volte mi si forma un nodo alla gola che non so spiegare.
«Ciao sorellina...» abbraccia anche me e – il profumo dei suoi vestiti, l'odore intenso delle Black Stone che sembra permeare la sua stessa pelle – mi sento tremendamente piccola in questo abbraccio, solo una bambina smarrita in una situazione troppo intricata.
«Non fare così che Satsuki è nell'età dell'adolescenza. Si innamora in fretta.» dice Nobu portando il saké alla mamma che si sta tamponando gli occhi con un fazzolettino.
Shin scuote la testa, sorridendo appena.
«Io vado a fumare una sigaretta.» si limita a rispondere, indicando con il dito quella che era la stanza di Nana.
La mamma annuisce sorridendogli comprensiva.
«Dopo se vuoi ti aiuto ad allacciare lo yukata» gli propone «Non hai mai imparato a farlo bene.»
Lui si avvicina, la attira e sé e la posa un bacio sulla fronte.
«E' per questo che ci sono le mamme, no?»
«Io vado con lui, devo chiedergli una cosa!» esclamo appena Shin scompare oltre la porta della camera.
Quando entro nella stanza lui è già appoggiato alla finestra con il bacino, e guarda distrattamente aldilà del vetro. La fiamma dell'accendino gli riverbera sul viso magro, sottolineandone ancora di più le ombre.
Quell'accendino è vecchissimo e ormai ha consolidato il suo valore come pezzo da collezione. È un grosso globo con una croce sopra, uno dei simboli del potere della monarchia inglese e del marchio di moda di Vivienne Westwood. Subito si spande nell'aria il profumo dolciastro delle Black Stone.
Non mi parla. Si limita a fissarmi e sorridermi come si fa ad una bambina piccola.
Inspira il fumo e poi lo soffia fuori dalle labbra socchiuse.
Mi avvicino a lui con una sicurezza che in verità sento mancare ad ogni passo e gli sfilo la sigaretta dalle dita.
«Il fumo non è una cosa per i piccoli...» mi dice con un sorriso indulgente.
Espiro il fumo, ma questo mi punge acre la gola e mi ritrovo a tossire, avvampando per lo sforzo e di vergogna.
«La mamma e Nobu mi hanno detto che alla mia età fumavi già da anni!» esclamo indignata incrociando le braccia sul petto dopo che lui si è ripreso la sigaretta.
«Quei due esagerano sempre...»
Quasi non mi accorgo di essermi aggrappata a lui. Mi gira la testa e non so se è il fumo o il suo essere così vicino.
«Io non sono piccola...» mormoro appena vicino al suo viso. Ho gli occhi chiusi ed ho paura che se li aprissi il suo sguardo potrebbe distruggermi il cuore.
«Sei la mia sorellina, Satsuki. Non dovresti fare così...»
«Ma io non voglio essere la tua sorellina, Shin. Non è una cosa che ho deciso io.»
Posso sentirlo il suo respiro quieto, mentre il mio mi sembra così affannoso che la testa diventa leggera come un palloncino.
«Io non voglio essere la tua sorellina, Shin...»
«Non farlo, Satsuki. Ti farebbe solo stare male.»
Non lo sento neppure, il suo avvertimento.
Per quale motivo dovrei? Siamo arrivati mille volte a questo punto nell'ultimo anno e in ogni occasione, afferrata dall'angoscia, ho sempre fatto il passo che mi allontanava da lui.
Questa volta no. I miei piedi non si muovono, le mie mani sono contratte sulla stoffa della sua maglia e le nostre bocche sono così vicine.
«Shin, se vuoi il bagno è pronto.» dice la mamma mentre apre la porta.
Quando solleva lo sguardo verso di noi, dopo aver finto di asciugarsi le mani con uno strofinaccio, Shin si è già sollevato dal davanzale a cui era appoggiato. Dopo essersi avvicinato a lei, le circonda le spalle con un braccio e le bacia la fronte con tenerezza, quasi lei fosse davvero sua madre.
È questo pensiero a farmi avvampare, oltre alla consapevolezza di essere rimasta impietrita come una stupida vicino alla finestra.
«Satsuki, non dirmi che stavi importunando Shin come il solito...»
Apro la bocca, la richiudo, come se fossi un pesce in una boccia di vetro.
«Ma io non importuno le persone!» esclamo infine stringendo i pugni lungo i fianchi con un gesto di stizza.
«Non ti preoccupare, Hachi. Satsuki è la mia sorellina. Può disturbarmi quando vuole.» il sorriso che mi rivolge è dolcissimo e proprio per questo mi fa sentire ancora di più una stupida «Vado a fare il bagno.»
Quando anche la mamma esce seguendo Shin, io rimango sola in questa stanza.
Fuori dalla finestra il cielo inizia a tingersi di violetto e nell'aria di questa camera vuota ormai da vent'anni, ancora il forte odore delle Black Stone.


I fuochi d'artificio esplodono in una miriade di scintille contro lo sfondo nero della notte.
Ma io non sono felice. Le risate che di tanto in tanto scoppiano in mezzo alla folla, i respiri trattenuti, i vaghi moti di stupore mi danno solo fastidio.
A diciassette anni si può essere infastiditi e arrabbiati per un milione di motivi, ma queste sono cose che gli adulti non potranno mai capire.
La mamma alza il dito verso il cielo all'ennesimo scoppio di faville colorate e ride spensierata, stringendosi al braccio di Nobu.
Giro lo sguardo verso Shin, seduto sulla coperta accanto a me e lo osservo fissare a sua volta il cielo, anche se il suo sguardo sembra assente, solo un'inerzia indolente. Anche se il cielo fosse vuoto, in questo momento, per lui sarebbe lo stesso.
E io vorrei solo che si accorgesse di me, che puntasse gli occhi nella mia direzione e mi vedesse davvero, anche solo per una volta. Invece così tanti fantasmi avvolgono la vita della mia famiglia che, inevitabilmente, anche io finisco per rimanerne soffocata.
E mentre tutti se ne stanno con il naso all'insù, io abbasso la fronte sulle ginocchia singhiozzo piano, bagnando di sale la stoffa dello yukata.





NanaOsaki: Io propendo per il fallimento... poi vedremo!
SakiJune: Non ci sono grandi sorpresone, nella fanfiction... però chi può mai dirlo? Però credo che la piega di alcuni eventi ti piacerà! (sono una ruffiana scandalosa...)
etoil noir: Il tuo commento mi ha ispirato molto... diciamo che ho ripensato un po' a quello che mi hai detto, e ho modificato un po' quello che era il mio obbiettivo iniziale... quindi non posso che ringraziarti moltissimo per l'ispirazione! *________*
majinannetta: E' un piacere sentirsi seguiti anche in decisioni un po' di "nicchia", come quella di usare la povera Satsu-chan... grazie mille dei complimenti!

   
 
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