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Autore: _Emma    20/03/2013    5 recensioni
L'orologio segna le sette. Tra sei ore esatte sarò in piazza con tutti gli altri. Sento lo stomaco attorcigliarsi al pensiero della Mietitura. Oggi verranno scelte le due persone che parteciperanno agli Hunger Games[...]. Quest'anno sarà diverso dagli altri, però.
[Teenlock][Hungerlock][Hunger Games/Sherlock]
24 ragazzi, costretti a uccidersi a vicenda per sopravvivere alla crudeltà di una grande città. Chi sarà il vincitore?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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E' curioso, il modo in cui il proprio mondo riesca, in un solo secondo, a schiantarsi a terra, frantumandosi in mille pezzi. Il modo in cui ti rendi conto che il tuo cuore è fatto di fragile vetro, e il minimo urto può rovinarlo. Ma questo non è un “minimo urto”; questo è un enorme urto. Secco, forte, improvviso. Inarrestabile.

Improvvisamente mi sembra di non far più parte del luogo in cui mi trovo. La piazza non esiste più. Vedo tutto nero. E' come essere sott'acqua. Tengo gli occhi strizzati, non sento nulla, se non gli echi di rumori che si trovano oltre la superficie, troppo flebili perché io possa coglierli. Tutto ciò che sento è il silenzio; è così assordante che mi rimbomba nel cervello una, due, cento volte. Non riesco a muovermi, è come se le mie braccia e gambe fossero strette in una morsa d'acciaio. Non è un dolore acuto, comunque. E' sordo, presente. Apri gli occhi, John. Esci dalla tua apnea. Fallo. Ora!

Di scatto torno al mondo reale, e una moltitudine di suoni, odori e sensazioni mi colpisce all'improvviso. Mi schiarisco la gola, dirigendomi verso il palco e salendo la scala di metallo che mi porta sul piano rialzato ornato da stendardi di Capitol City posto davanti alla porta del municipio. Raggiungo con calma l'accompagnatrice e Claudie. La donna chiede se ci sono volontari: nessuno risponde. Chi vorrebbe prendere il posto del solitario e scontroso John Watson? Guardo mia sorella, e mi sembra di vedere delle lacrime luccicare nei suoi occhi. Sta piangendo? Perché? Perché suo fratello morirà? Perché sa di non potersi offrire al posto mio? Non voglio che Harry stia male. Se lei soffre, soffro anch'io. Clara le stringe la spalle; il suo gesto mi fa sentire rincuorato, giusto un po'.

Capendo che non ci sarà alcun volontario, la capitolina ci trascina nel comune, chiudendo dietro di noi le pesanti porte di legno di quercia grezzo che ci intrappolano qui dentro. Il corridoio che percorriamo è silenzioso; si sento distintamente tre serie di passi: quelli dell'accompagnatrice, frettolosi e ticchettanti, quelli di Claudie, rapidi e leggeri, e infine i miei; sto cercando di fare il meno rumore possibile. A malapena mi accorgo che la donna ha fatto entrare la ragazzina in una stanza e che mi sta spingendo gentilmente in una camera a pochi metri dalla prima. Diamine, come può una persona dall'aria così materna e affettuosa far parte della schiera di tremendi abitanti di Capitol City? Entro nella stanza scuotendo la testa.

E' abbastanza grande, tinteggiata di arancione. Dovrebbe essere un colore allegro, ma in questo contesto mi sembra solo minaccioso. Non ci sono finestre. Ma che posto è questo, una prigione? Forse tutte queste precauzioni sono qui perché qualcuno, in passato, ha cercato di fuggire. Chissà. Un ragazzo o una ragazza ha avuto il fegato di tentare di rompere la sicurezza? Non lo saprò mai. Ne dubito, comunque. Chiunque, in questa situazione, sarebbe troppo terrorizzato per fare una cosa del genere. Me compreso.

Mi siedo sul divano, che è di velluto rosso scuro. La stoffa è morbida e fin troppo calda.

E' questo che sto facendo, quindi? Provo a fingere di non essere un tributo, di avere davanti a me tanti anni felici, di non essere parte di un gioco troppo grande per me? Devo pensare a qualcos'altro. A qualunque cosa!

Non farò il pacificatore. Beh, questa è una cosa buona. Fuori dalla porta ci sono due di loro, prima li ho sentiti chiacchierare. E' quello che avrei fatto anch'io? Sorvegliare ragazzina spaventati? Non ci riuscirei. Però, ora che ci penso, non farò neanche il medico. Peccato, mi sarebbe piaciuto un sacco. Chissà, magari ciò che so sulla medicina mi aiuterà, laggiù. No, John. Non pensarci. L'Arena non deve neanche sfiorare i tuoi pensieri, capito? Panico. Panico. Non voglio andarci. Ma devo. Tanto varrebbe morire subito. E se mi suicidassi? Se, non so, trovassi qualcosa di appuntito e mi infilzassi o qualcosa del genere? No. Forse per sostituirmi prenderebbero Harry. Non voglio che accada. E' il suo ultimo anno, poi finalmente sarà al sicuro.

Strizzo gli occhi. Forse ora mi sveglierò nel mio letto e scoprirò che si tratta solo di un sogno, che la Mietitura non è ancora passata, oppure che gli Hunger Games non esistono, che sono solo incubi. Poi potrò dimenticarli e fare una vita normale. Mi pizzico il braccio. Non succede niente. Sono qui sul serio, morirò in qualche maniera atroce. No, no, no... Non devo pensarci! 

Accanto a me c'è un cuscino dello stesso colore del divano; lo prendo e me lo premo sulla faccia. Chissà, magari questo schiaccerà tutte le mie preoccupazioni. Ecco. Come volevasi dimostrare, non funziona, anzi. Mi sembra di avere il doppio dell'ansia di prima. Inspira. Espira. Inspira. Espira.

Morirò immediatamente? Sopravvivrò al bagno di sangue iniziale e, durante i giochi, vedrò cose terribili? Vincerò e non riuscirò mai più a dormire la notte, tormentato da sogni sanguinosi e pieni di urla? Verrò ucciso da un coltello? Una bomba? Oppure saranno la fame e il freddo a massacrarmi? Non lo so; tutti questi interrogativi mi rendono dannatamente nervoso, accidenti. Vorrei piangere, urlare, magari fare a pezzi questa camera che sembra una prigione. Non ce la farei, comunque. A guardia della porta ci sono due pacificatori, pronti a fermarmi nel caso cercassi di fuggire o se impazzissi e iniziassi a spaccare tutto. Forse qualcuno ci ha provato. A scappare, intendo. Comunque, dubito che ci sia anche una sola persona che ci sia riuscita. Sposto il cuscino dalla faccia; la stoffa è calda e soffocante.

Ora che ci penso, io sono qui per dire addio alle persone che amo; eppure sono solo. Che vuol dire? Che è successo qualcosa là fuori? Che nessuno mi vuole bene? Dio, mi sto comportando come un maledettissimo bambinetto. Mi appoggio allo schienale del divano, chiudo gli occhi, aspetto.

Dopo un tempo che potrebbe essere un momento così come un'ora, la porta si apre timidamente. Non alzo le palpebre. Sento dei passi leggeri, esitanti. Chi è?

Finalmente apro gli occhi, trovandomi davanti un ragazzino. Iridi scure, capelli castani. Pallido. Un paio di centimetri più alto di me. Dimostra circa quattordici anni. No, non è lui ad essere un palo, sono io ad essere basso. Mi guarda con gli occhi spalancati; marroni, tendenti al nero. Liquidi, spaventati. Anzi, terrorizzati. Apre e chiude la bocca di continuo, senza dire nulla, come un pesce. Deglutisce, probabilmente sta cercando di scacciare la paura. Ma la paura di cosa? Passano i secondi, poi i minuti. Sospira. Inizia a parlare.

“Mi chiamo Max.”

Non conosco nessuno con questo nome. Non lo dico, non voglio sembrare arrogante o maleducato.

“Max Bruhl.”

Oh. Oh.

Ma certo; ecco dove ho visto quegli occhi. La bambina che è stata sorteggiata con me.

“Sono il fratello di Claudie.”

Come volevasi dimostrare. Cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere con la sorellina? Ha sbagliato porta?

“Volevo... volevo chiederti una cosa.”

“D'accordo, dimmi.”

La mia voce è ferma; strano, dato che dentro di me mi sembra di tremare tutto. Calmo, John.

“Io... io volevo semplicemente chiederti di non uccidere Claudie.”

Non rispondo. Lo guardo e basta.

“So che probabilmente a te di non lei non importa nulla, ma ha solo dodici anni e... non ti sto chiedendo di dare la tua vita per lei o qualcosa del genere. E' solo che non voglio che sia tu ad ammazzarla. Per favore. So che mia sorella ha quasi il cento per cento di possibilità di morire, ma se tu la uccidessi e poi tornassi qui... io non ce la farei. E neanche la mia famiglia. Forse, se sarà un estraneo ad assassinarla, farà meno male.”

Un ragionamento infantile, quello di un bambino. Max è spaventato, sa che perderà Claudie, sa che farà male. Non si rende conto che il dolore per la sua perdita sarà lo stesso, sia che sia io a farla fuori sia che il colpevole sia qualcun altro? Non voglio che lui stia male. Non voglio dirgli che il soffrirà comunque moltissimo.

“D'accordo.”

“Cosa?”

“Ho detto d'accordo. Non ucciderò tua sorella.”

“Giura.”

Non si fida di me. Sento un angolo della bocca alzarsi, stiracchiandosi in un sorrisetto amaro.

“Giuro.”

Lui sospira di sollievo, poi alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sembrano più sereni, ora. Certo, sono ancora tristi, ma meno di prima. Non sorride, ma si vede che è sollevato. Mi fissa per qualche secondo, poi se ne va rumorosamente. Nel tempo durante il quale è stato qui non si è mai seduto.

Appoggio di nuovo il capo contro la stoffa morbida. Ho appena promesso ad un ragazzino di non freddare la sorella. Dovrei sentirmi meglio? Più buono, più pietoso? Non lo so. Non sento niente. Comunque, non la ucciderei mai, sul serio. Anche se lui non me l'avesse chiesto, credo che farei finta che lei non esista. Prima o poi morirebbe da sola. Diavolo, sembra che l'idea degli Hunger Games mi abbia fatto il lavaggio del cervello. Mi faccio schifo da solo. Mi sto comportando da cinico, e io non sono così. Sarà così per tutti gli altri partecipanti? Si sentiranno anche loro come se tutte le parti buone del loro essere avessero improvvisamente deciso di fare i bagagli e andarsene per un viaggio di sola andata? Respira, John. Pensa. Questo non sei tu. Vuoi davvero morire stando al gioco di Capitol City? Vuoi perdere te stesso? Vuoi diventare un assassino senza pietà né umanità? Dio, no. Assolutamente no. Mia sorella mi ha sempre descritto come gentile, generoso, protettivo, ma anche determinato. Ho veramente intenzione di perdere queste cose? La risposta è negativa, ovviamente. Ma come posso fare? Come posso dimostrare che io non sono una pedina nelle mani ingioiellato dei capitolini?

Sto ancora pensando a cosa fare, quando la porta si apre una seconda volta. Apro gli occhi di scatto, trovandomi davanti i miei genitori.

Mi guardano, e sembrano... raggianti. Un attimo. Perché accidenti sembrano così felici? Ma si rendono conto che sto per morire?

“Oh, tesoro, aspettavamo questo momento da tanto tempo!”

“Siamo certissimi che ci renderai fieri, figliolo!”

E vanno avanti così per un po', con i loro complimenti. Io non li ascolto. La mamma si mette addirittura a piangere di gioia. Non si rendono conto che li sto completamente ignorando. Il primo ad accorgersene è papà.

“Ci stai ascoltando, John?”

“No.”

“E perché? C'è qualcosa che non va? Devi essere al tuo massimo, figlio mio!”

Alzo gli occhi verso di lui. Davvero non si rende conto di ciò che sta accadendo? Lo guardo con occhi sgranati.

“Io morirò.”

I miei genitori puntano gli occhi spalancati su di me, sorpresi.

“Caro, il fatto che tu sia stato scelto è una cosa meravigliosa! Sei un po' giovane, ma siamo certi che ce la farai! Porterai gloria e onore all'intero distretto! Dovresti essere allegro!”

Non posso sopportarlo. Mia madre e mio padre mi stanno mandando felicemente al macello, e addirittura pensano che io riesca ad uscire vivo e vegeto. Anche se vincessi, cosa mi resterebbe? Forse una vita di tristezza e di ricordi dolorosi. Magari delle cicatrici indelebili, sulla pelle e sul cuore. Non voglio che loro stiano qui a guardarmi come se fossi un fenomeno da baraccone. Non ci riesco.

“Uscite.”

Lo dico con calma, ma la mia voce è ferma. Loro sembrano sbalorditi, ma li interrompo prima che possano rispondermi.

“Fuori, subito!”

Mio padre cerca di prendere la parola, ma io mi alzo, corro alla porta e, da dietro la superficie di legno grezzo, chiamo i pacificatori. Loro entrano immediatamente, trascinando via i miei genitori. Non provo alcun rimorso mentre loro mi fissano, costernati.

Mi lancio nuovamente sul divano. Non voglio pensare a mamma e papà.

Beh, immagino che adesso non verrà più nessuno. Ho giusto il tempo di sciacquarmi il viso prima di uscire... scommetto che sono tutto rosso dalla rabbia.

Non mi accorgo della porta che si apre, troppo impegnato ad eliminare i residui della mia ira. Quando apro gli occhi vedo Harry. Ha gli occhi pieni di lacrime. Si vede che sta lottando per non farle uscire, nonostante le bagnino le ciglia e minaccino di sgorgare copiose da un momento all'altro. Mi alzo e la abbraccio. Non dico nulla. Non c'è niente da dire. Restiamo lì, uniti, immobili; nessuno di noi due vuole rompere questo legame per primo, quindi non ci separiamo.

“Mi dispiace tanto, Johnny. Mi sarei dovuta offrire, sono una codarda!”

“Ma che stai dicendo? Se l'avessi fatto non te l'avrei mai perdonato, lo sai. Voglio che tu sia felice, lo sai!”

“Sì, ma... e tu?”

“Non è importante. Tu hai davanti a te una vita piena di soddisfazioni... e poi hai Clara! A me, invece... a me non succede niente.”[1]

Cerco di sembrare sicuro di me, ma una paura mi incrina la voce. Temo che mia sorella affoghi la sua tristezza nel alcol, così come ha fatto tante, troppe volte. Non voglio che si faccia del male. Ha già sofferto abbastanza! Le metto le mani sulle guance, guardandola negli occhi.

“Harry, ascoltami.”

Lei mi fissa.

“Non devi stare male per me, d'accordo? So che... so che farà male, ok? Ma, ti prego, non rovinarti la vita per questo. Ti prego!”

Lei annuisce; il suo labbro inferiore trema, i suoi occhi sono rossi, sembra disperata. Riuscirò mai a salvarla del tutto. Di colpo, si infila una mano nel vestito, estraendo un ciondolo. Me lo mette in mano, chiudendolo attorno al mio pugno.

“Ricordati di me.”
“Come potrei mai dimenticarti?”

Sorride tristemente, mi stringe le mani per l'ultima volta. E se ne va.

Harry è la persona più importante che ho.

Proprio quando penso che la processione sia finita, ecco che entra un'altra persona. Una ragazza dai capelli in disordine e l'aria trafelato. Per riconoscerla impiego qualche secondo; Clara. Vado verso di lei, le stringo le mani. La conosco da pochissimo, eppure sono certo di potermi fidare di lei. Non sembra che stia per piangere, anzi: sul suo viso campeggia l'espressione più determinata che abbia mai visto.

“Tu ce la puoi fare, John. Sul serio, non sto scherzando. Sei bravo con le armi, veloce, resistente.”

“Sì, ma avrò veramente il cuore di uccidere delle altre persone?”

“Ascolta: io so che tu sei una persona buona, ma devi tornare. Fallo per Harry. Lei ha bisogno di te!”

“Ma ora ci sei tu a prenderti cura di lei, no?”

“Io... John, io a lei tengo moltissimo, dico sul serio. Ma tu sei il suo fratellino minore. Come pensi che si senta adesso? Come ti sentiresti tu?”

“...Distrutto.”

“Ecco.”

“Forse... forse potrei farcela. Nel caso non accadesse, però, spero che tu faccia di tutto per aiutarla.”

“Per Harry farei qualsiasi cosa.”

Vorrei aggiungere qualcosa, qualsiasi cosa, ma veniamo interrotti dai pacificatori che irrompono bruscamente nella stanza.

“Il tempo degli addii è finito. Dobbiamo portarti sul treno.”

Abbraccio velocemente Clara, e lei mi stringe la mano. E' solo quando sono fuori dal municipio che mi accorgo che sto stringendo un bigliettino che reca le parole “Per John”.




[1] Citazione da “A Study in Pink”


Note;
Mi dispiace. Sul serio, mi sento da cani. Avevo promesso di aggiornare ogni mercoledì. Effettivamente, oggi è mercoledì, ma è passato un pelino di più di una settimana. Ne ho anche parlato con quella pazza adorabile della mia compagna di banco, che mi ha detto che lei aggiorna ogni morte di papa. Grazie, cara, sai sempre come tirarmi su di morale lol E vabbè, mi dispiace sul serio. Temo che per un po' dovrò aggiornare qualche mercoledì a caso... ho un trilione di verifiche e interrogazioni. Comunque, questo capitolo l'ho buttato giù in un'oretta, non l'ho neanche riletto, quindi, per favore, ditemi tutti i miei errori. Sul serio, a volte mi succede questo: niente ispirazione per due/tre settimane, poi... BOOM. Mi vengono le idee e devo scriverle in fretta, sennò le dimentico subito. Ho la memoria corta, io. Comunque, non voglio giustificarmi; i miei errori sono miei. Basta con queste inutili note, vi sto tediando! Spero di ricevere qualche recensione, mi fa piacere avere i vostri pareri, ciò che secondo voi è bello e cosa invece fa schifo:) Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, inserito tra le ricordate/seguite/preferite e a chi lo farà in futuro!
Emma




 

  
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