L’ARKENGEMMA.
Era questo l’unico pensiero di Thorin da quando si erano insediati nella Montagna. Era scontroso, intrattabile. Perfino con Fili e Kili. Lasciava spesso il gruppo per scendere nella penombra del tesoro a cercare quella che sembrava essere la cosa più importante della sua stessa vita. Passava molte ore ad aggirarsi tra le montagnole d’oro ammucchiato e tuttavia non riusciva a trovarla. Che Smaug l’avesse nascosta? No, non poteva essere. Il Drago aveva raccolto tutto l’oro senza distinzioni fra oggetti preziosi di vario tipo, costruendosi la sua dimora sopra di esso. Ma allora dove poteva essere finita? Non capiva. Stava perdendo il lume, pensava. Temeva di star per impazzire come suo nonno, il precedente Re Sotto la Montagna, il grande Thror. Scacciò via quei pensieri dalla sua mente. Lui non sarebbe diventato ‘malato’ come suo nonno, no. Avrebbe mantenuta salda la sua lucidità, il tesoro non lo avrebbe sopraffatto. Continuava però a cercare l’unico oggetto che realmente gli interessava in quella vastità di oro luccicante. Solo, non si sarebbe mai immaginato di ritrovarsi davanti Bard l’Arciere e Gandalf che, durante una delle ambasciate che si tenevano davanti la porta principale, con in mano la SUA Arkengemma, si dissero pronti a riscattargliela per la parte di tesoro che spettava agli uomini.