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Autore: MarchesaVanzetta    21/03/2013    0 recensioni
Una breve flash di rimpianti e ricordi di vecchi. Nulla di più.
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Dedicata a ShadeFlash, che oggi fa gli anni: auguri! E grazie per avermi fatto conoscere la canzone da cui è partita questa flash :))
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Der Hochmut macht trunken
Und die Nähe treibt zur Flucht
-Alleine zu sweit, Lacrimosa.
 
Uscì dalla porta a vetri sul retro, avvolta in uno scialle di lana pesante, temendo di prendere troppo freddo e ricadere nel baratro della malattia dal quale era appena uscita. Ascoltò il lieve gorgoglio della fontana in fondo al giardino, che Lucio aveva fatto montare per lei, perché potesse dipingere quello scorcio di parco. Osservò, portandosi una mano alla fronte, dei rari uccelli che volavano nel cielo di un azzurro quasi bianco e, infine, come ultimo piacere a lungo rimandato, ispirò l’aria del giardino, riempiendosene i polmoni.
Subito sentì la profumata nota dell’acqua e dell’erba nascente ma, sopra tutti, spiccava il profumo delle violette, i suoi fiori preferiti. Quasi corse, non badando troppo ai rischi nei quali poteva incorrere cadendo, e si diresse verso quell’ammaliante profumo, rapita come da bambina da quel dolce e delicato aroma.
Si inginocchiò dove iniziava la macchia viola e avvicinò, non senza qualche dolore, il naso al terreno, annusando violette e terra bagnata e sorridendo come non faceva da anni.
Avvolta da quella nube sicura e fragrante si lasciò andare ai ricordi, rivedendo nella sua mente ormai stanca quei giorni felici con suo marito, quando avevano comprato quella casetta in montagna: doveva essere il loro nido d’amore, la fuga dalla città e si era invece rivelato solo un rifugio dove riparare dopo la separazione.
Lei e Lucio, dopo tanto lottare e stare lontani, sembrava che non avessero più nulla da spartire dopo sette anni di matrimonio, neppure un figlio; e quella vicinanza tanto agognata si era trasformata in qualcosa di simile all’odio, che le lasciava in bocca l’amaro gusto della lontananza, quella lontananza così evidente proprio perché provata seduta di fianco all’uomo che aveva amato. E da quel sapore amaro vennero grida, pianti, schiaffi, minacce e, infine, il bagaglio della macchina piena delle cose del marito e lei che gli consegnava le chiavi della casa in montagna, salutando l’amore della sua vita con un bacio sulla guancia.
Eppure lui, nonostante tutto, aveva continuato a coltivare le violette per lei, sperando.
E lei lo aveva illuso.
Il senso di colpa le squarciò il petto provato e cadente e si accasciò tra le viole, ripensando a quanto poco sarebbe bastato, allora, per rimettere tutto posto. Sarebbe bastato accorgersi di amarlo ancora…
Ma l’orgoglio, a lei come a lui, aveva corroso la ragione, mandandola in rovina. Non avevano fatto quasi nulla di razionale, e di certo non avevano usato la ragione per risolvere i loro problemi: avevano tirato dritto per la loro strada, fingendo che non gliene importasse, sperando in una redenzione dell’altro. Redenzione che non era avvenuta, evidentemente, considerato il fatto che lei, in quel giardino, era finalmente tornata solo per dare l’estremo saluto a suo marito, morto due giorni prima.
Aveva rovinato tutto, e se n’era accorta troppo tardi.
Davanti a questa presa di coscienza non poté fare altro che restare stesa dov’era, nel profumo primaverile delle viole, facendo scorrere le sue lacrime invernali. 
  
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