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Autore: Nike93    12/10/2007    4 recensioni
La diciottenne India si trasferisce a Garbatella per due anni. Lì farà la conoscenza della grande famiglia Cesaroni e, soprattutto, dei Masetti: un ragazzo spensierato e irriverente, una professoressa vigile e severa, un meccanico simpatico e distratto. Non tutto ciò che sembra complicato lo è davvero...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con una fic a capitoli con protagonisti tratti dalla seria “I Cesaroni”. Enjoy it!
(Il primo capitolo è un po’ un prologo. I prossimi saranno più lunghi!)

 

ATTENZIONE: I personaggi de “I Cesaroni” non mi appartengono e tutte le canzoni da me citate sono proprietà degli artisti che le hanno create. India, la protagonista, e la sua famiglia sono personaggi di mia invenzione. Ogni riferimento a luoghi e persone realmente esistenti è puramente casuale. La storia non è scritta a fini di lucro.

 

Capitolo 1 – Si parte!

 

- India, a che punto sei? –
Madri. Ansiose come sempre.
- Sto chiudendo la valigia, mamma. –
- Fai in fretta, mi raccomando. –
Non ci sarebbe stato bisogno di dirlo, dato che, secondo la leggenda, era lei a essere sempre in ritardo. Quel giorno, per la prima volta da molto tempo, Laura, la madre di India aveva paura di fare tardi. Eppure avrebbe dovuto essere sua figlia, quella divorata dall’ansia. Dopo più di diciotto anni di vita in Sicilia, erano pronte a partire: quella sera sarebbero già state a Roma, nella loro nuova casa. Beh, non proprio “loro”. Era grazie alla zia Giulia se potevano assicurarsi un appartamentino in affitto per tutto il soggiorno a Roma. Non era detto che dovesse durare in eterno, ma neanche che l’avrebbero lasciata appena finito il corso d’arte.
Povera zia Giulia. Era talmente vecchia e malandata, ormai, che fare questo “piccolo regalo” alle sue nipoti, come diceva lei, era stata una vera gioia per lei. In gran confidenza aveva detto a India di averlo fatto solo ed esclusivamente per lei, perché se ad averne bisogno fosse stata sua madre, non si sarebbe data tanto da fare. Questo, alla madre, India non l’aveva detto, ma dubitava che Laura ne sarebbe rimasta urtata o amareggiata. Era così presa dalla sua lotta quotidiana, che non aveva certo il tempo di prendersi una botta di collera per stupidaggini come quella.
India agganciò le fibbie del suo unico bagaglio e ci si sedette sopra sospirando. Non perché fosse troppo piena, semplicemente perché si sentiva spossata, come se il viaggio fosse appena terminato. E invece l’aereo sarebbe partito appena tre ore dopo.
Provò a immaginarsi la nuova casa: non le riuscì granché bene. Forse perché non era la casa, la sua preoccupazione.
E la scuola, come sarebbe stata? Se il motivo del trasferimento non fosse stato molto valido, la ragazza avrebbe pensato che fosse una sciocchezza cambiare scuola proprio l’ultimo anno. “Probabilmente non avrò neanche il tempo di farmi qualche vero amico. Non che ne abbia mai avuto uno” pensò. Chi non diffidava del color caffellatte della sua carnagione, era reticente per il suo carattere chiuso e la sua natura non esattamente di logorroica.
Alzò lo sguardo e incrociò il riflesso rimandato dallo specchio che teneva appoggiato sulla scrivania. Fortunatamente non si era mai fatta troppe paturnie per il proprio aspetto. Anzi, nel complesso si piaceva abbastanza. Pensava che la pelle scura le donasse, e le piacciono i suoi morbidi capelli castani, corti e vaporosi. Trovava buffa la forma leggermente squadrata del suo viso. La zia Giulia non le aveva mai nascosto il proprio amore per gli occhi verdi della nipotina.
Era il suo nome a darle fastidio.
India.
Sua madre l’aveva chiamata così semplicemente perché l’aveva concepita insieme a un uomo proveniente da quel lontano Paese. Dopodiché lui era sparito, così India portava il cognome di sua madre, Fabiani. Lei l’aveva solo visto in fotografia. Mai una telefonata, mai una lettera. Laura diceva di essere soltanto affezionata ai ricordi di lui che conservava, ma India sapeva benissimo che, da diciotto lunghi anni, sua madre non faceva altro che aspettare il suo ritorno. Sinceramente, a lei interessava di più la chiazza d’inchiostro che ornava le sue scarpe da tennis bianche, e che sembrava volerle ricordare che era giunto il momento di acquistarne un altro paio. Ma di certo non poteva chiederlo a sua madre.
Essendo sola e con una figlia da mantenere (anche se lei sperava che le cose cambiassero entro un anno), non poteva certo permettersi grandi lussi. Si arrangiava andando a pulire la casa ogni giorno di una famiglia diversa. Non era il massimo come confidente, per sua figlia, ma bisognava ammettere che da quel punto di vista era instancabile. Quindi non se la passavano neanche tanto male, e nell’armadio di India c’erano bei vestiti, anche se certamente non nuotavano nell’oro. Per Laura, o Sicilia, o Lazio, o Polo Nord non faceva differenza: per una cameriera non era poi tanto difficile trovare un posto. La loro nuova casa sarebbe stata più piccola di quella che avevano avuto fino a quel momento, ma fortunatamente India non aveva mai avuto grossi problemi di adattamento. Anzi, nonostante dalla sua nascita a quella parte avesse abitato in tre appartamenti diversi, tutti regolarmente affittati, era sempre riuscita ad affezionarsi a tutti. Adesso, si sentiva strana: come se non provasse niente.
- India, prendi le tue cose e andiamo! –
La ragazza si alzò, afferrò il manico della valigia e se la trascinò dietro fino all’entrata. La madre l’aspettava con i suoi due borsoni. Non si poteva certo dire che fosse al massimo della forma: i suoi capelli biondi avevano l’aria di non vedere una spazzola da almeno due giorni. La pelle chiara era già segnata da rughe mediamente profonde. Chi le avesse viste insieme non avrebbe mai sospettato di una parentela: nonostante i lineamenti europei molto simili a quelli di sua madre, India aveva preso i colori del suo ipotetico padre. – Forza, sbrigati, non vorrai perdere l’aereo? –
Certo che no! Le era costato così tanto prendere questa decisione, che non poteva tirarsi indietro per puro e semplice orgoglio. L’idea di cominciare il corso d’arte non poteva che elettrizzarla. Al momento, era l’unica cosa che desiderava.
Comodamente seduta su una delle poltroncine dell’aereo, accanto a Laura che sfogliava nervosamente una rivista (l’idea di volare la terrorizzava, ma cercava sempre di non darlo a vedere), cominciò a chiedersi cosa avrebbe fatto dopo. Cominciare? Erano settimane, mesi che affrontava mentalmente l’argomento. Era fermamente convinta di quello che stava per fare, ma quando cominciava a pensare al “dopo”, le idee si sfumavano e la testa si svuotava. Avrebbe potuto fare l’illustratrice. O la ritrattista. Chissà. India disegnava la gente, le poche persone che conosceva, le tante che le passavano davanti senza sapere che lei li stava osservando con attenzione, quelle sedute su una panchina al parco mentre lei si appostava con il suo blocco e la matita. Forse quello che avrebbe fatto era secondario. Quello che contava davvero era che potesse sempre rimanere nella sua posizione, acquattata su una sedia, o su un muretto, o per terra, a osservare senza essere osservata.
Mamma Laura le aveva detto che se non avesse avuto i voti che invece aveva, il corso se lo sarebbe potuto scordare. India non era sicura che dicesse sul serio, ma per fortuna i suoi 8 e 9 erano sempre stati lì, fissati sul registro e sulle pagelle.
Naturalmente avrebbe cercato di dare un contributo per le spese della scuola e del corso, sia perché non voleva pesare sulle spalle di nessuno e perché avrebbe dovuto cominciare a darsi da fare da sola. Sarebbe bastato un lavoretto part-time. Solo, non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe potuto fare: sperava che l’occasione si presentasse da sola.
Smise di pensare e guardò fuori dal finestrino: il cielo era azzurro, senza una nuvola. Sperava che il tempo non somigliasse troppo a quello lasciato in Sicilia: non aveva mai amato quel caldo asfissiante, con annesso sudore e senso di debolezza.
E così, eccola lì a preoccuparsi del tempo atmosferico, invece che delle persone con cui avrebbe avuto a che fare. Era strano, si sentiva come se non gliene importasse veramente. In fondo, se stava andando via da casa non era per cercare nuovi amici, ma per impegnarsi nel coltivare la propria passione.
A volte aveva paura di risultare asociale. Non avrebbe voluto dare quell’impressione, ma purtroppo, dato lo scarso numero di suoi conoscenti, pareva che fosse proprio quello che faceva. Forse perché non era mai riuscita a togliersi dalla testa che doveva essere anche colpa sua se non aveva un padre e sua madre non aveva un marito. Certo, guardandola capiva che lei non era esattamente il tipo da matrimonio, ma era come se, guardandola negli occhi, leggesse una sorta di accusa nei suoi confronti.
O forse era solo paranoica.
L’aereo atterrò alle 18;00 esatte. Il sole non era ancora calato, l’aria era piacevolmente fresca e le persone che si affollavano all’aeroporto misero allegria alla ragazza. Sua madre non perse tempo a guardarsi intorno e si fece subito largo nella confusione. Acchiapparono al volo i bagagli e in un batter d’occhio si trovarono sedute sul sedile posteriore di un taxi, dirette verso la loro nuova abitazione.
Vista da fuori non sembrava niente male. Si trovarono davanti a un portone verniciato di verde. Sul citofono c’erano solo cinque etichette con i rispettivi pulsanti. Salirono tre rampe di scale, aprirono una porta in legno di noce e subito si trovarono dentro la loro nuova vita. India dette un’occhiata veloce: un bagno, una camera con due letti e due comodini, una piccola cucina e un soggiorno di pochi metri quadri.
Decise subito che la casa le piaceva.
L’unica cosa a cui avrebbe faticato un po’ ad abituarsi era la condivisione della camera da letto con sua madre. Ma supponeva che con il tempo non ci avrebbe fatto più tanto caso.
Meno di due ore dopo, i vestiti erano sistemati negli armadi, i mobili erano stati spolverati (perlomeno in superficie) e il resto degli averi di madre e figlia avevano già preso posto in casa.
Intenta a prepararmi un panino in cucina, India capì da un improvviso silenzio che mamma Laura si era messa a letto. Magari avrebbe fatto lo stesso non appena finito di mangiare.
Finì in fretta il panino e, anziché andare in camera da letto, si rannicchiò sul divano. Voleva godersi un po’ di solitudine prima dell’inizio della nuova vita.
Non aveva quasi scambiato una parola con sua madre, ma poco importava. Ormai ci era abituata.
Sperava solo che quel soggiorno a Roma non la facesse diventare un’eremita completa.

  
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