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Autore: Lady ONeill    25/03/2013    1 recensioni
E se Robin non avesse rifiutato Isabella? E se non si sarebbe scatenato tutto il putiferio? Se si fossero sposati e Guy fosse ancora vivo? Purtroppo sono solo i sogni di Isabella. Sogni che non si avvereranno mai.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Non-con
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Quanto era passato? Un mese? Due. Il tempo sembrava non scorrere mai a Londra.
Mi trattavano come un oggetto e se uno dei due a fine giornata era arrabbiato, si sfogava su di me.
Botte, lacrime. E ancora botte per aver pianto. Avevo paura ad addormentarmi per due motivi: il primo era perché dovevo dormire con Thornton, il solo pensiero mi faceva venire il voltastomaco. Lui ci provava, mi costringeva a farlo con lui. Io mi dimenavo e urlavo, senza  riuscire a liberarmi. Un ritorno al passato, un incubo senza fine; ogni sera piangevo, nascondendo la testa nel cuscino. Dovevo scappare, tornare da Robin, da Guy e da Catherine. 
L’ennesima mattina dove non avevo chiuso occhio, ero scesa lo stesso a fare colazione. Non andarci sarebbe significato ricevere altre botte o maltrattamenti, meglio di no. Stavo percorrendo l’ultima rampa di scale quando qualcuno mi prese i fianchi, dall’odore sembrava Thornton. Puzzava di sudore e di terra.
 
-Allora, dolce Isabella. Oggi mi concederai un bacio?-
 
Intanto sentivo la sua mano che si infilava nella mia scollatura, andando a stuzzicare un seno, sobbalzai, mordendomi il labbro. Non provavo nulla se non disgusto. Non ero più sua moglie, non volevo e basta.
Mi scostai, coprendomi  di nuovo, doveva imparare a tenere le mani a posto. Se non con le buone, con le cattive.
 
-Toglimi le mani di dosso, verme.-
 
Sibilai tornando a scendere verso la sala da pranzo. Lui mi corse dietro bloccandomi una seconda volta.
Mi aspettavo una botta, uno schiaffo, un pugno, ma non arrivò nessuno di quelli. Grazie al cielo.
 
-Tu sei mia, Isabella.-
 
Mi sussurrò all’orecchio. Quanto odiavo il suono della sua voce. Pensa Isabella, pensa. Prima avevo notato un pugnale attaccato alla sua cintura. Dovevo prenderlo. E per farlo dovevo fingermi colpevole e dispiaciuta e baciarlo. Che schifo.
 
-Hai ragione, ti chiedo scusa.-
 
Detto questo mi voltai, abbracciandolo e baciandolo.  Una sensazione di nausea mi stava inebriando, ma ora avevo il pugnale tra le mani. Geniale. Lo nascosi nella manica del vestito prima che lui potesse vederlo e ricominciai a scendere. Avrei usato quell’arma solo in caso di necessità. Perché il mio piano non era quello di uccidere Thornton, il mio piano era quello di scappare.
Lo sentivo dietro di me che ridacchiava, pensava davvero di avermi insegnato qualcosa? Ah, illuso. Sentivo il suo sguardo sulla mia schiena che poi scendeva lentamente verso il mio fondoschiena. Ora oltre alla nausea per averlo baciato ci si metteva anche il nervoso per il suo continuare a fissarmi il sedere. Ero sempre più convinta che scappare sarebbe stata la cosa giusta.
A colazione venni bellamente ignorata;  chiedevo qualcosa e non venivo ascoltata. Così dovevo alzarmi e prendere quello che volevo.
Se fosse mai stato possibile.
Ogni volta che provavo ad avvicinarmi a una pietanza, uno dei due spostava il piatto e portando così il cibo lontano da me. Più volte ero stata costretta a salire sul tavolo e a pestare le mani a uno dei due, così da prendere quello che volevo. Si divertivano nell’umiliarmi. Al diavolo.
Dopo l’ultima ‘sfilata’ sul tavolo  mi ero scocciata. Che andassero al diavolo. Mi ero seriamente stancata dei loro giochetti.
 
-Andate al diavolo!-
 
Sbottai uscendo dalla stanza. Erano uomini o bambini?
Quello era il momento adatto. Con la scusa di andare a fare una passeggiata, sarei scappata. Geniale, come sempre. Andai nelle scuderie e presi il mio cavallo. Ebbene sì, erano stati talmente gentili da darmi un cavallo. Avevo con me il mio mantello, per coprirmi dal freddo. Controllai il pugnale…era sempre lì.
In quel momento l’unica cosa a cui pensavo era cavalcare come mi avevano insegnato i miei genitori. Avrei cavalcato come Robin mi aveva insegnato, sempre per i casi di emergenza. Ma lo usavo quasi sempre. Non cavalcavo quasi più all’amazzone. Il cappuccio mi celava il volto, sarebbe stato più difficile riconoscermi, bene.
Appena fuori dalle mura del castello, partii al galoppo. L’aria provocata dalla velocità mi scompigliò i capelli dopo aver fatto cadere all’indietro il cappuccio. Libertà, presto sarei tornata a casa. Dalla mia famiglia.
Mi fermai a metà strada per Nottingham, stava cominciando a farsi buio e non volevo correre rischi. Chissà cosa stavano pensando Thornton e il principe Giovanni. Poco importava, ero lontana. Ma mi sarei fermata fino al mattino dopo.
Mi rimisi in viaggio la mattina dopo, verso sera sarei arrivata a casa. Ero lontana da Thornton quindi potevo rimanere il meno discreta possibile. Ripresi la strada per Nottingham, sarei passata per la foresta, nessuno si sarebbe curato di me, infondo c’erano tante persone che si rifugiavano  lì per scappare. Sfrecciai per la foresta, avevo rischiato di perdermi più volte, ma alla fine trovai la strada. Un’ora, forse due per percorrere tutta la foresta prima di intravedere il castello. Finalmente, ero stanchissima. Mi avvicinai al portone e due guardie mi sbarrarono il passaggio.
Mi levai il cappuccio.
 
-Sono lo sceriffo!-
 
Dissi loro, mi riconobbero e abbassando il capo, mi lasciarono entrare. Passai per il cortile del castello, scendendo poi da cavallo e correndo dentro. Appena all’entrata della sala del trono, mi nascosi, il tutto era reso più facile dal fatto che indossassi un vestito nero, non mi si notava, nell’oscurità della stanza. Sbirciai, Robin stava cercando un modo per venirmi a prendere.
 
-Bene, Robin e Guy. Spero che Nottingham non sia in miseria dopo che vi ho lasciati soli per due mesi.
Se trovo una sola riga di spada sul tavolo ve la faccio pagare.-
 
Dissi con il migliore tono di voce serio che mi riusciva. Ero uscita allo scoperto, e li avevo lasciati di stucco. Le loro bocche erano spalancate, avevo ottenuto ciò che volevo. Mi fermai davanti a loro, le braccia incrociate al petto.  Ridevo.
 
-Credete davvero che non sarei riuscita a scappare da quegli idioti? Ho solo un po’ di lividi in più dell’ultima volta, ma sto bene. E chiudete la bocca, o volete che le mosche entrino?-
 
Dissi prima di venire stretta da tutti e due in un abbraccio che mi toglieva il fiato. Sentivo anche qualche osso scricchiolare, ma nulla di che. Robin mi prese subito per mano, portandomi di sopra, Guy rideva. Che diavolo mi stavano nascondendo?! Robin mi condusse nella nostra camera, io lo guardavo con aria interrogativa, e lui si mise in ginocchio davanti a me.
 
-Isabella, noi due continuiamo a definirci marito e moglie, ma non lo siamo…ufficialmente…io voglio passare il resto della mia vita con te. Vuoi ufficialmente sposarmi?-
 
Le gambe cominciavano a tremarmi, minacciavano di cadere. Le lacrime di felicità mi colavano sulle guance, intanto sentivo qualche borbottio da parte di Catherine che era stata svegliata da Robin. Sorrisi.
 
-Si.-
Risposi mentre venivo coinvolta in un bacio appassionato con quello che presto sarebbe stato mio marito. E questa volta per davvero. E Thornton sarebbe stato un lontano ricordo.
  
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