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Autore: Dave1994    26/03/2013    2 recensioni
Skyrim, poco prima della resurrezione dei draghi e del ritorno di Alduin.
Una terra immersa nel mistero e nella magia...talvolta così antichi da trascendere persino il tempo stesso.
Due universi che si incontrano,per ridipingere un passato sconosciuto e incredibile.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La brezza del vento sulla mia pelle, i granelli di sabbia sotto i miei piedi nudi e sporchi. Percepivo un indistinto ronzio fischiarmi piano nelle orecchie, come se avessi temporaneamente perso la capacità di udire il mondo intorno a me. Sottili rivi di sangue stillavano dai numerosi graffi sulle mie braccia: l'esplosione della nave aveva proiettato frammenti di legno qua e là, escoriandomi in diversi punti del corpo. Ma il dolore non era che una sensazione estranea in quel momento dettata solo da un riflesso incondizionato del mio sistema nervoso, impegnato a gridarmi a squarciagola cosa voleva realmente dire il concetto di istinto di sopravvivenza.

Quando vidi il corpo di Tevinias riverso sulla sabbia, le braccia spalancate come in un affettuoso abbraccio, ebbi un tuffo al cuore e silenziosamente maledii un fato crudele e perverso. Poteva forse un uomo soffrire a tal punto? Dov'era la giustificazione nello spaventoso peso che gli gravava invisibilmente sulle spalle?

Quale colpa poteva comportare tanta sofferenza?

- Ehi – gli sussurrai scrollandolo, con un filo di voce. Avrei pianto, se solo non mi fosse stato insegnato come atto di profonda debolezza. Ma io non ero debole, no: ero commosso da tanta eroica resistenza alle avversità della vita. Tevinias sopportava da moltissimo tempo le conseguenze del suo gesto, il suo orribile sacrilegio.

Quale dio misericordioso e compassionevole poteva punire con tanta crudeltà uno dei suoi figli?

- Ehi...Tevinias. -

Vidi i suoi occhi aprirsi lentamente, rivelando iridi castane come l'ebano giovane delle foreste di Markarth. Era uno sguardo stanco e rassegnato il suo, tanto che mi domandai quanto a lungo potesse aver desiderato la morte. Chi sa che in qualche occasione non aveva persino provato a darsela da sé.

- Sebastian? -

- Sì. -

- E' finita? - mi domandò, con un tono di voce che lasciava più lo spazio ad una silenziosa implorazione. Vidi le sue mani, pallide e dalle dita nodose e contorte come radici, cercare alla cieca il tocco confortante del suo bastone trovandolo infine poco distante, appena vicino alla rotula sinistra. Minuscole scintille cominciarono a rilucere attorno al suo corpo, rinfrancandolo dal terribile sfoggio di potere che poco prima aveva mostrato su quella nave imperiale, ora ridotta a poco più che un relitto carbonizzato e semidistrutto.

Poi, lo vidi per la prima volta. Mi apparve alla vista in un baleno, facendomi ritrarre di scatto per il ribrezzo: dalla foga inciampai quasi sulle mie gambe e ci mancò poco che non finissi per terra, se non fosse stato per un provvidenziale arbusto afferrato all'ultimo momento.

Tevinias imprecò a bassa voce alzandosi in piedi, mostrando il suo vero aspetto a quella landa dimenticata da Dio. La pelle, gialla e tesa come un tendine laddove ancora ricopriva il volto, lasciava intravedere qua e là i capillari sottostanti e nella zona intorno agli occhi creava un sinistro affossamento, rendendo le sue orbite oculari quanto di più simile a un pozzo dilavato dal tempo.

- Perdonami, Sebastian – mi disse, sogghignando involontariamente e mostrando denti bianchi come perle lavorate – avrei dovuto dirtelo. -

Cercai di muovere le labbra, ma scoprii che la lingua mi si era incollata al palato. Parte della mascella sinistra dello stregone era esposta all'aria aperta, come una ferita orribilmente incancrenita.

Un teschio ricoperto di pelle. Fu quell'immagine a venirmi in mente per prima, e probabilmente anche la meno disgustosa. Dove la stoffa della sua tunica da mago non copriva il corpo, che intuii essere in condizioni sicuramente peggiori del suo volto, la pelle giaceva raggrinzita e annerita, pendendo qua e là bellamente come se fosse la cosa più normale del mondo.

- Tu...sei... - biascicai, ma Tevinias alzò una mano e vidi chiaramente le articolazioni trasparire dal sottile strato di pelle che le ricopriva. A quella visione mi morì il fiato in gola, negandomi ogni possibilità di favella.

- No, non sono morto. - disse, quasi sussurrando – anche se ne ho tutto l'aspetto, non lo sono. Non vedi che ti sto parlando? Che intendo e penso come te? -

- Necromanzia - risposi, nel disperato tentativo di resistuire razionalità alla piega che avevano preso gli eventi – stai usando una qualche forma di magia nera, ma in realtà sei morto. -

- Nemmeno questo. - disse lo stregone, avvicinandosi lentamente a me. Avrei voluto ritrarmi, orripilato dalla vicinanza di quell'essere disgustoso e nemico di ogni legge logica naturale, ma non riuscii a trovarne la forza. Ero troppo stanco e abbattuto per potermi opporre a quel nuovo stravolgimento cui era sottoposta la mia mente.

Vidi come al rallentatore la sua mano sfiorarmi il volto in una silenziosa carezza. Per quanto la sua pelle fosse incartapecorita e tesa come una pergamena di vitello, il contatto con essa fu dolce e leggero: dal suo corpo non traspariva nessun puzzo caratteristico della decomposizione e solamente un sottile aroma di gelso e di sorbo mi raggiunse le narici.

- Questo è il miracolo operato dal Creatore, Sebastian – sentenziò Tevinias, con occhi forti rinnovati – il mio dono, la mia maledizione. Sono morto, ma vivo ancora. E probabilmente, sarà così ancora per molto, molto tempo. -

Ero scioccato, ma una domanda mi tormentava da tempo e in quel preciso istante tornò più forte che maia d affacciarsi sull'interminabile e frenetico corso dei miei pensieri.

- Da quanto, Tevinias? Per quanto hai vagato errabondo e solitario in questo mondo? -

- Sebastian... -

- Ti ho fatto una domanda. - sentenziai, con voce dura. Volevo risposte, le volevo sin da quando quell'uomo mi aveva liberato dai miei carcerieri: ora più che mai sentivo il bisogno di ancorarmi a qualcosa di concreto, che fosse per me un'incrollabile certezza.

- Da quanto? -

Tra noi due cadde il silenzio e un tuono lontano rimbombò cupo nell'aria, avvertendoci del sopraggiungere di una tempesta. Tra poco si sarebbe abbattuta là dove ci trovavamo e ancora eravamo alla ricerca di un qualsiasi riparo.

Quando lo stregone rispose, cominciarono a cadere le prime gocce di pioggia. Pesavano come macigni laddove mi colpivano sulla pelle oppure si limitavano a pungermi come api, sottili e fitte.

- Duecento anni. Se il computo del mio mondo equivale al vostro, sono intrappolato su Nirn da due secoli. Mica robetta, eh? - disse, sorridendo.

Tacqui. Il suo sarcasmo mi spezzò in due come un fuscello portato via dal vento.

Intanto, dietro di noi, sentii l'assassina avanzare cautamente sulla sabbia. Vidi lo sguardo di Tevinias correre per fissarsi in un punto oltre le mie spalle e mi voltai lentamente, pronto ad affrontarla una volta per tutte.

 

 

- Gregorius, tu sai bene che prima di formulare un'accusa grave conviene avere delle prove valide. Non si sa mai che potresti irritare qualcuno. - disse il più anziano degli uomini seduti al tavolo, accendendo un cero per illuminare quella stanza semisepolta nell'oscurità. Mezzanotte era passata da poco e Solitude intera dormiva, ad eccezione delle persone riunite al primo piano della Guarnigione Imperiale. Erano pochi, ma ognuno di loro era un membro di spicco dell'Impero e il fatto che fossero stati convocati tutti assieme così precipitosamente era sintomo di un'eccezionale rarità.

- Io dico, Grigori – sentenziò il più giovane, dai capelli corvini e gli occhi astuti come quelli di una volpe – che tra noi vi è un sabotatore, colpevole di aver quasi boicottato il mio incarico, faccio notare affidatomi dal Generale Tullius in persona. -

Vi fu un breve rumore di vesti mosse per un gesto affrettato e una donna dalla pelle scura si sporse quanto più il tavolo potesse permetterlo verso Gregorius, gli occhi colmi di sdegno e di ira.

- Come ti permetti di accusare i tuoi colleghi? Non sei altro che un moccioso arrivista e... -

- Fran, ti prego – la interruppe l'uomo dal nome di Grigori, massaggiandosi con entrambe le mani le tempie doloranti e segnate da una calvizia dettata dall'età – non siamo qui per insultarci a vicenda. Piuttosto, dobbiamo cercare di capire perché Gregorius ci accusa di tradimento. E farà il possibile per chiarirsi, non è così? - aggiunse, con un tono di sottile intendimento. Ci voleva poco per capire che dentro quella stanza era l'uomo di maggior prestigio e sebbene celasse i suoi intrighi dietro una patina di apparente ragionevolezza, ognuno dei presenti era al corrente di come si fosse fatto strada per arrivare fin lì. Era metodico e spietato, quando si trattava di eliminare un'opposizione sul nascere. Gregorius si augurò che lui e quell'uomo non dovessero trovarsi in futuro sui lati opposti della scacchiera.

- Grazie, Grigori. - disse, cercando di fingere sicurezza. Quando si tratta di accusare qualcuno, pensò, non poteva mai sapersi a chi appartiene il coltello diretto alla tua gola.

La donna dalla pelle scura tacque, senza tuttavia smettere di fissare Gregorius con il suo terribile sguardo. Qualcuno tossì, come facendo cenno di continuare.

- Ebbene, per svolgere il delicato incarico affidatomi dai nostri superiori – incominciò Gregorius, aggiustandosi l'armatura scarlatta da sempre contrassegno dell'Impero – ho dovuto ricorrere a mezzi...insoliti, dopo aver constatato il fallimento della mia squadra di recupero. Ho perso un valente soldato quale era Gamlen Thediàs ed è inutile che ricordi a tutti i presenti gli onori legati alle sue gesta. -

Tacque, in attesa di eventuali osservazioni. Non parlò nessuno e decise continuare con il suo racconto.

- Dalle informazioni in mio possesso, il prigioniero noto come Sebastian Orius è stato aiutato dall'esterno. Un singolo uomo, che tuttavia è riuscito a sbaragliare il corpo da me assemblato. -

- Ho sempre pensato che ti circondassi di nullità, Gregorius – lo interruppe la donna di nome Fran, con un sogghigno – questo conferma le mie supposizioni. -

L'uomo non rispose a quella frecciata, aggiungendola all'infinita lista di umiliazioni e affronti subiti da parte di quei meschini ipocriti. Con un gesto svolazzante banalizzò l'interruzione e continuò a parlare.

- E' stato uno stregone a sconfiggere i miei uomini. Il luogo dello scontro riverbera ancora di energia magica in tale quantità da farmi supporre il coinvolgimento di un esponente di Winterhold: mi risulta difficile credere che un mago tanto abile se ne vada in giro così, slegato da qualsiasi limitazione giuridica. -

- Abbiamo già controllato – osservò Grigori, incrociando le dita all'altezza del volto – non ci è stato segnalato nessun intervento da uno dei feudi. Gli unici maghi di corte e apprendisti a Skyrim si trovano sempre al loro posto. -

- Comunque sia – continuò Gregorius, consapevole di essere arrivato al nocciolo della questione – davanti a questi improvvisi stravolgimenti ho ritenuto opportuno adottare...certe misure. -

Tra i presenti cadde il silenzio, invisibile come una cappa di fumo. Una voce si sollevò dal nulla con un timbro diffidente e sospettoso.

- Quali misure? -

Gregorius cercò di identificare il padrone di quella voce, ma non lo trovò e si rassegnò a dover rispondere come se l'avessero domandato tutti insieme. Fissò fiero negli occhi Grigori, sostenendo il suo sguardo inquisitore.

- Ho chiesto aiuto alla Confraternita Oscura. -

Un brusio si sollevò tra i presenti e Fran si sollevò, battendo i pugni sul tavolo.

- Questo è inaccettabile! Grigori, come puoi permettere una cosa del genere? Rivolgerci ad una banda di squallidi mercenari come la Confraternita per una missione ufficiale?! -

- Ti prego, Fran – disse Grigori a denti stretti, con un tono di voce che non ammetteva repliche – siediti. E voialtri, tacete per un momento. -

- Ascoltate... -

- No, ascolta tu - intervenne nuovamente l'uomo anziano, fissandolo con uno sguardo gelido – quello che hai fatto va contro il Codice e tu lo sai bene. -

- Ma... - tentò di dire Gregorius, trovando però davanti a sé soltanto una cortina di disprezzo. Ogni membro in quella stanza lo stava fissando, accusandolo ad alta voce.

- Non ho bisogno di sentire altro. - disse Grigori, alzandosi e indicando Gregorius con l'indice della mano destra, un'espressione terribile dipinta sul volto.

- Io ti accuso, Gregorius, di alto tradimento e di connivenza con organizzazioni extraimperiali. Sarai normalmente processato e se la corte lo riterrà opportuno, verrai giustiziato così come il Codice lo richiede. -

- Come osi...? -

- Oh, io oso. Troppo a lungo siamo stati costretti a sorbirci la tua torbida parlantina e per troppo tempo i tuoi mezzucci da quattro soldi hanno recato disonore a questa Legione. - sentenziò l'uomo anziano, mentre tutti intorno a lui ora vociavano animatamente, infervorati e sdegnati – guardie, portatelo nelle prigioni. Dichiaro da questo momento Gregorius un traditore e un bugiardo: rimarrà nelle segrete del palazzo fino a giudizio. Andate, ora! -

  
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