SEDICESIMO
“Oh! Lady Doll, Lady Doll!
Non saltare…
ma chi te lo fa fare
questo continuo
scappare!
E’ forse la noia… la paura…
l’orgolio…
o l’angoscia?”
La mano stringeva con
forza la maniglia.
Il sole lo colpiva alle
spalle proiettando la sua ombra sulla superficie bianca della porta.
- Sono un idiota… un gran pezzo d’idiota… -
L’ ininterrotto martellare
del suo piede sul marmo del pavimento si sovrapponeva ad ogni altro suono…
La donna stava ancora
aspettando oltre quella porta…
Aspettava che lui si
decidesse ad uscire, ma naturalmente lui non ne aveva la minima intenzione.
Non sarebbe mai andato
incontro a quella donna.
Mai.
Kei non lo chiamava più…
Non sentiva più la sua
voce e nemmeno l’incessante battere della porta che veniva forzata.
Cominciò a chiedersi se
l’indesiderato ospite se ne fosse andato…
Probabilmente era per
questo che il russo aveva smesso di chiamare…
…di chiamare il suo nome.
La sua mente era confusa… come doveva comportarsi? Che doveva fare? Perché
in quel momento non riusciva a raggiungere un livello vagamente superiore alla
stupidità?
Sapeva solo una cosa…
… quell’ insopportabile spiffero… se non chiudeva qualla
maledetta finestra presto avrebbe dovuto vedersela con un orribile torcicollo.
-
_ . - ° * ° - . _ . - ° * ° - . _ -
Anche se cercava il più
possibile di nasconderlo era molto agitato.
Troppo agitato.
Aveva il fastidioso
presentimento che qualcuno avesse fatto qualcosa che non doveva fare.
Come ad esempio ricevere
una chiamata che non era indirizzata a lui.
Almeno era questo che gli
diceva la memoria del registro chiamate del proprio cellulare.
Il registro delle chiamate
ne segnalava una ricevuta durante la mattinata, in quella breve mezzoretta
sfruttata per consumare la colazione nella sala da pranzo dell’albergo, ma lui il cellulare lo aveva dimenticato in
camera.
E chi allora aveva
risposto?
Max e Rei erano con lui…
Takao era con Kei…
Kei dormiva…
E quindi…
Takao aveva risposto al suo cellulare.
Nessun’altro avrebbe
potuto.
E quindi…
Perché non gliene aveva
parlato quando ne aveva avuta l’occasione?
Lo stesso Takao gli aveva domandato se aveva qualcosa da chiedergli.
“Che idiota….”
E se il giapponese avesse
in qualche modo fatto sapere il luogo in cui si trovavano?
“Perché ha risposto proprio
alla chiamata di quella donna!”
Il moretto non era così
idiota da rivelare il luogo in cui si trovavano…
Ma allora perché quella
mattina era così agitato?
Aveva sicuramente combinato
qualcosa.
Adesso temeva di ritrovarsi
faccia a faccia con il direttore ad ogni angolo che svoltava…
Si guardò per l’ennesima
volta intorno.
Prima a destra….
…poi a sinistra.
Volti senza nome che
attraversavano le vie di Mosca…
Ognuno con i proprio
pensieri a cui badare.
- Puoi anche
tranquillizzarti Yuri… non ci possono riconoscere
conciati a questo modo… -
La voce calma di Rei attirò
l’attenzione del rosso su di sé.
Due occhi celesti si
alzarono in cerca delle due pietre d’ambra, ma gli occhi del moro erano ben
nascosti all’ombra del berretto.
Capì che anche lui lo stava
osservando quando le sue labbra si curvarono in un sorriso rassicurante.
Max sospirò da sotto la
pesante sciarpa.
- Ci vuole ancora molto?
Non ne posso più di girare conciato in questo modo! Mi stanno fissando tutti! -
Rei ridacchiò lanciando
occhiate comprensive al grosso cappello di un arancione acceso che troneggiava
sulla testa dell’americano.
Era l’unico che avevano
trovato in grado di raccogliere l’intera chioma bionda del compagno.
- E meno male che non
dovevamo attirare troppo l’attenzione! -
- Non preoccuparti…
Così, più che sembrare un tipo sospetto, dai più l’idea di avere un pessimo
gusto nel vestire… -
- Grazie per le tue parole
confortanti Yuri…. Come farei senza di te…. –
Max si imbronciò e proseguì
di qualche passo davanti a loro.
Rei scosse il capo
rassegnato.
- Comunque siamo quasi arrivati… L’hotel non dista ancora molto…
-
E infatti…
Al termine della stretta
via che stavano percorrendo, Yuri fu costretto a
coprirsi gli occhi per la luce solare che li investì nella loro entrata nella
piazzetta antistante l’hotel.
Lanciò uno sguardo
preoccupato verso le finestre cercando di riconoscere quella appartenente alla
loro stanza.
Non ci riuscì…
-
_ . - ° * ° - . _ . - ° * ° - . _ -
Una leggera brezza gli
scostava dal volto i lunghi ciuffi argentei rivelando la pelle liscia del volto
ancora un po’ arrossata dalla febbre.
Le sottili sopracciglia si
levarono mentre lo sguardo cadeva lungo tutto ciò che lo circondava
incutendogli un vago sentore di instabilità…
- Spiegami Takao… perché sono qui? -
La voce era leggermente
sfumata dalla stanchezza, ma il tono seccato non veniva di certo diminuito da
una simile sciocchezza.
Le occhiate diffidenti continuavano
a scrutare i dintorni, esaminando il salto nel vuoto che divideva la ridotta
superficie del bordo della finestra dall’impalcatura eretta attorno
all’edificio accanto.
Il metro e mezzo abbondante
che li separava non era certo confortante e neppure l’altezza che comportavano
i tre piani dell’albergo…
Era una cosa da fuori di
testa!
- Takao!
-
Si voltò furente, lo
sguardo iracondo reso ancora più minaccioso dai segni della nottata appena
trascorsa, occhi vermigli che scrutavano con collera il povero moretto.
Il povero in questione se
ne stava alle sue spalle, di tanto in tanto lanciava rapidi sguardi alla stanza
accanto, ma era evidente che tutte le sue attenzioni e preoccupazioni erano
rivolte al ragazzo di fronte a lui.
Le sbirciatine all’altra camera
erano solo infantili pretesti per non incrociare il suo sguardo.
“Fissa il pavimento è più sicuro…
questo ti può ammazzare solo con un’occhiata…”
Tipico atteggiamento di
colui che ha qualcosa da nascondere…
…o da temere.
- Ecco.. – la voce che uscì
dalla sua gola era bassa, leggermente roca… - non ci
sono altri modi per svignarsela… pensavo fosse una
buona idea. -
Le parole mancavano di
sicurezza, ma Kei sapeva quanto avesse ragione…
D’altronde un semplice
divano non avrebbe tenuta bloccata quella porta per troppo tempo.
In qualche modo quella
donna sarebbe presto entrata e se anche fossero riusciti a evitarla nulla
poteva rassicurarli sul fatto che non ci fosse qualcun altro nella hall ad
attenderli.
Takao sprofondò con stentata disinvoltura le mani nelle
tasche dei pesanti pantaloni tenendo lo sguardo basso.
Attendeva una sua risposta…
- Spero che questo non sia
anche il motivo che ti ha tenuto chiuso qui dentro per tutto questo tempo
mentre la Tanaka cercava di entrare…
-
Due occhioni
cobalto si alzarono subito su di lui.
- La Tanaka?
-
Quasi lo urlò alzando al
contempo entrambe le sopracciglia.
La curiosità apparve per un
istante sul viso del russo che ricambiò accigliato lo sguardo del giapponesino.
- La conosci? -
- No, mai sentita… -
- E allora cos’era quella
reazione? –
- Quale reazione?! –
- Quella che hai appena avuto… -
- Ho avuto una reazione? –
- Non fare l’idiota! –
- Chi è la Tanaka? –
- Non cambiare discorso!! –
- Kei,
cerca di calmarti, ti salirà di nuovo la febbre… -
- Tu…
brutto idiota! –
Con un balzo il russo scese
dal davanzale e afferrò Takao per il colletto
strattonandolo con violenza…
- Ti diverti a farmi
saltare i nervi? -
- Sei tu che sei più
irascibile del solito… datti una calmata! Volevi
andartene via da qui? Ecco! La vedi quella finestra? La vedi l’impalcatura?
Ecco la tua uscita! Non ti piace? Allora restatene qui e aspetta che quella Tanaka o come diavolo si chiama ti venga a prendere! Tanto
non è un mio problema… sei tu che hai voluto provare
l’ebbrezza dell’essere un fuggitivo! E perché poi? Perché sei fuggito proprio
adesso Kei!? -
Quel fiume di parole aveva
scombussolato Kei più di quanto già non fosse…
Si ritrovò per un istante
senza parole.
Questa volta era lui che
cercava una scusa per distogliere lo sguardo eppure stringeva ancora nel pugno
la stoffa della felpa del compagno.
Le nocche bianche per lo
sforzo.
Era stanco…
Era malato e per quanto
cercasse di sforzarsi questo non cambiava… la febbre
poteva anche essere quasi del tutto scesa, ma gli mancavano le forze…
…gli mancava la volontà per proseguire.
Takao gli afferrò la mano e con lentezza gliela tolse dal
suo colletto.
Lo sguardo era serio, non
dimostrava tutta la rabbia che aveva svelato poco prima.
Si limitò semplicemente ad
allontanarsi dal compagno, risistemarsi la felpa e mettersi in disparte ad
osservarlo.
Qualsiasi suo pensiero
celato dal suo volto inespressivo.
- Non vuoi parlarmene… - Il tono calmo, serio…quasi
comprensivo.
Kei alzò un sopracciglio nella sua direzione…
Intuendo la sua silenziosa
domanda il moro specificò.
- Del motivo per cui sei fuggito… -
Kei sbuffò lanciando uno sguardo all’impalcatura fuori
della finestra…
Per un istante avvertì una
strana sensazione… come se il collo fosse stato
avvolto da un asciugamano imbevuto d’acqua calda.
Cercò di non badarci.
Tutto ciò gli stava facendo
perdere qualcosa di molto peggio della pazienza.
- Non l’avevi ancora
capito? -
I suoi occhi tornarono a
indirizzarsi in quelli del moretto.
Dopo tanto tempo, rivide il
famoso sguardo glaciale del Kei passato.
Vide quegli occhi rossi, di
un colore rosso vivo, un colore che generalmente è considerato “caldo”,
divenire ancora più freddi di quelli di Yuri, gelidi
di natura.
Takao si passò una mano tra i capelli, preoccupato e al
contempo infastidito dal comportamento del compagno.
Cercò di non sbuffare anche
lui, ma non poteva fare altro.
Allora si calmò, sapendo di
essere più colpevole di quanto Kei credesse, sapendo
che doveva ritenersi fortunato perchè se in quel
momento Kei avesse saputo che quella donna era lì per
colpa sua, in quel momento lo avrebbe picchiato a sangue.
Forse però avrebbe
preferito che fosse stato così.
Almeno non sarebbe stato
schiacciato dal rimorso.
Dal senso di colpa per aver
trascinato Kei in quella situazione.
Se non avesse risposto a
quel cavolo di cellulare adesso Kei se ne starebbe
tranquillo su un letto a sbollire la febbre e non ad aggravarla di fronte alla
fredda corrente che passava dalla finestra del bagno.
Però pur sapendo che tutta
quella ridicola situazione era colpa sua non cercò di opporsi alla necessità di
liberarsi di un peso…
…di cercare in qualche modo di alleviare la sua colpa…
…di costringere qualcun altro a fare la scelta che le sue
azioni avevano comportato.
- Allora? Cosa vuoi fare?
Saltiamo o restiamo? -
Nonostante si sentisse una
carogna a fare quella domanda, non poté evitare di sentirsi più sollevato dal
fatto che qualsiasi strada avrebbero preso, sarebbe stato Kei
a sceglierla.
Il russo si avvicinò di
nuovo alla finestra continuando ad osservarne il decisamente poco confortante
panorama.
Il suo sguardo indugiava
prima sull’immenso scheletro di ferro e travi poi sulla stradina di sotto,
semibuia e deserta.
Quella finestra, l’unica
del piccolo bagno, si affacciava su un vecchio teatro in restauro, affianco
all’hotel, pochi metri a separare i due edifici.
L’attenzione ritornò
sull’impalcatura; logori cartelli di avviso non mancavano di ricordare ai due
ragazzi che l’edificio e la struttura stessa fossero fin troppo pericolanti.
Ogni sbarra di ferro, ogni
vite, ogni trave ed ogni chiodo erano ricoperti da strati di usura.
Continuamente corrosi dal
tempo.
Era evidente che il
restauro di quel teatrino non procedeva con costanza da chissà quanto tempo.
Eppure non aveva altra
scelta.
Senza grazie né prego si issò
sul davanzale mettendosi in piedi.
Takao manteneva lo sguardo su di lui, gli occhi leggermente
socchiusi per via del riflesso del sole sul vetro della finestra.
- Allora si salta. -
Non seppe dire se nella sua
voce vi era preoccupazione oppure sollievo, ma in ogni caso quelle parole non
gli suonarono per nulla piacevoli.
Lo sguardo gli cadde di
nuovo sulla strada di sotto…
…sul suolo calpestato e impolverato della piccola via.
Era un bel volo…
- Kei?
-
- Si? –
- Non salti? –
Il tono quasi canzonatorio
di Takao stava decisamente per fargli perdere la
pazienza.
Cos’aveva quello da fare
tanto lo sbruffone…
- Ahah…
hai paura? In effetti è un bel volo… -
Dentro di lui, una
scintilla riaccese la fiamma del suo orgoglio.
Takao stava per sporgersi in avanti per osservare meglio il
vuoto sotto di loro, ma il russo lo precedette spiccando un salto dal
cornicione di marmo e atterrando con un pesante tonfo su una trave di legno
dell’impalcatura di fronte.
Un sinistro scricchiolio…
Se fosse stato un gatto in
quel momento Kei avrebbe rizzato di colpo le piccole
orecchie pelose all’indietro arruffando il pelo lungo tutta la schiena.
Un brutto presentimento lo
costrinse ad afferrare il palo più vicino evitando con cura le parti incrostate
dalla ruggine e prediligendo quelle ancora integre.
L’improvviso contatto con
la superficie gelata del metallo lo fece sussultare senza nemmeno rendersene
conto.
L’occhiata di trionfo che
rivolse al moro trovò soddisfazione nell’espressione di quest’ultimo.
Difatti Takao
pareva completamente spiazzato: gli occhi cobalto spalancati e la bocca
distorta in una strana smorfia di incredulità mista a orrore.
Kei non gli lasciò un solo istante per parlare, le sue
labbra sfoggiavano ora un perfido sorriso di sfida.
- Tocca a te, Takao… -
Prima di rispondere, il
giapponese si assicurò di deglutire e prendere un profondo respiro.
- Kei!
Sei un idiota! Sei matto!? Saltare così di colpo! -
Kei alzò un sopracciglio, leggermente infastidito.
- Sei tu che mi hai messo
tutta questa premura… con le tue arie da cuor di leone… -
- Volevo solo fartela
pagare per prima! Non pensavo che fossi così sconsiderato da buttarti così su
due piedi… potevi almeno…
contare fino a tre… potevi cadere…
-
Entrambi inconsciamente
lanciarono un’occhiata furtiva alla stradina che scorreva sotto di loro.
Entrambi, inconsciamente, deglutirono… persi nel pensiero di un risvolto ben peggiore…
Kei fu il primo a ritornare alla realtà.
- Non fare tanto il
dispiaciuto. Adesso tocca a te. Vuoi che ti tenga il conto? Allora al tre. Uno… -
Takao incontrò il suo sguardo…
- Due… -
Si voltò…
- Tre! -
E sparì alla vista del
russo.
- Ehi! – Kei era evidentemente furente.. – Dove vai, Takao! –
Fece per sporgesi verso la finestra
per avere una migliore visuale, ma il cigolio delle travi gli fece presto
perdere ogni intenzione.
- Maledetto codardo! -
Stava cominciando
seriamente a considerare la possibilità che il compagno lo avesse piantato in
asso quando lo rivide apparire di nuovo davanti a lui.
- Prendi questo! -
Non fece tempo a lanciargli
qualche imprecazione contro che qualcosa di leggero e soffice gli volò addosso
oscurandogli la visuale, lo afferrò come suggerito da Takao
prima che cadesse di sotto.
In quel preciso momento un
violento scossone al suo fianco accompagnato da un forte tonfo gli fece capire
che anche il moro aveva fatto il grande salto.
- Takao!
Che diavolo… -
Un sinistro scricchiolio…
- Beh…
via il dente via il dolore… -
Esclamò esaltato il ragazzo
con gli occhi blu guardandosi alle spalle.
Quest’ultimo gli rivolse un
sorriso raggiante mentre con una mano si aggrappava a lui per non perdere
l’equilibrio.
Kei gli afferrò la mano evitando che si sbilanciasse
all’indietro e facesse una brutta fine.
Sotto il braccio reggeva il
pesante giubbotto invernale che Takao gli aveva
appena lanciato.
Quando ebbe ripreso
stabilità e si fu messo in una posizione eretta il moretto gli indicò con
l’indice l’indumento parlando con un sorrisino che voleva essere un incoraggiamento.
- Infilalo prima di
congelarti; non stai ancora bene… -
E senza attendere sue
risposte iniziò ad indossarne uno simile che lui stesso si era portato
appresso.
Ancora titubante Kei iniziò a vestirsi, incitato più dal freddo pungente che
dalle parole di Takao.
All’inizio ebbe
l’impressione che con quel coso indosso avrebbe solo patito più freddo, ma
quando il suo calore cominciò ad avvolgerlo trattenuto dall’imbottitura del
giubbotto iniziò notevolmente ad apprezzare quel soffice tepore.
Per una volta Takao aveva pensato a qualcosa di utile.
- Allora? Iniziamo a
scendere? -
Fu la sua voce a
riscuoterlo dalla momentanea riflessione; scosse il capo ritornando alla realtà
e immediatamente iniziò a scrutare con più attenzione tutto ciò che li
circondava.
Gli bastava un appiglio,
una piccola sporgenza e avrebbero potuto cominciare la loro discesa.
L’alternativa, tralasciando
quella di ritornare indietro, era di entrare nel teatro attraverso una delle
finestre disseminate un po’ ovunque nella parete, ma non conoscendo
assolutamente la planimetria dell’edificio era da considerarsi una perdita di
tempo.
Sarebbero sicuramente scesi
prima scalando l’impalcatura.
- Takao…
- mormorò, interrompendosi a causa di alcuni colpi di tosse – dietro di te c’è
una scaletta. Inizia a scendere da lì… -
Il moretto emise un flebile
suono che venne considerato come tacita conferma e si voltò cercando con lo
sguardo la scaletta.
La vide a pochi passi da
lui, ricoperta di ruggine.
Fischiettò divertito mentre
il suo fiato si condensava in una piccola nuvoletta bianca.
- Perfetto! -
La scaletta portava solo
alla fila di travi inferiore e lì si interrompeva, ma almeno era già un inizio.
- Kei,
nelle tasche del giubbotto dovrebbero esserci dei guanti…
-
Il russo infilò una mano in
una delle tante tasche dell’indumento, quella più grande, e in effetti ne
estrasse un guanto nero. La infilò nuovamente dentro e ne estrasse l’altro che
prontamente fasciò la mano corrispondente.
Quando li ebbe indossati
entrambi e riportato la sua attenzione sul nipponico notò che anche lui ne
sfoggiava un paio di identici.
Almeno oltre al freddo non
si sarebbero nemmeno preoccupati di prendere il tetano toccando quei pali
arrugginiti.
Se solo fosse stato così
attrezzato anche quella famosa notte…
Sarebbe bastato quel giubbottone caldo e asciutto a evitargli quel fastidioso malanno…
Dei passi metallici
attirarono la sua attenzione e vide che Takao era già
a metà della scaletta e si stava preparando a saltare sulle travi poco più in
basso.
Si avviò anche lui verso la
scala, ma quando fece per guardare giù dovette reggersi con forza alle aste di
metallo colto dalle vertigini.
Malore che era più
riconducibile alla stanchezza che all’altezza.
Chiuse gli occhi per
qualche secondo, poi li riaprì inspirando l’aria gelida. Questa bastò a fargli
riprendere un po’ di forze.
- Tutto, ok? -
Il moretto non poteva
averlo visto da lì sotto, eppure saltava fuori sempre nei momenti peggiori.
- Sto arrivando…
-
Borbottò ignorando del tutto
la sua domanda.
Cominciò a scendere notando
quanto ogni passo gli risultasse sempre più faticoso. Evidentemente non stava
così bene come sperava.
Con un ultimo piccolo
sforzo raggiunse con un salto le spesse quanto consunte lastre di legno che
fornivano il supporto di quel piano.
Si piegò un istante,
riprendendo fiato, assicurandosi che in quel momento Takao
stesse guardando da un’altra parte.
- Lì c’e un’altra scaletta… -
Disse quest’ultimo
indicando con la mano guantata un punto a pochi metri
da loro.
Bene… a questo punto restavano solo altri due piani e
avrebbero raggiunto la “terra ferma”.
Fece un passo per
avvicinarsi, ma qualcosa lo bloccò…
Un sinistro scricchiolio.
La prima cosa che lo
segnalò del pericolo fu l’urlo di sorpresa che Takao lanciò
al suo fianco.
Si sentì mancare la terra
da sotto i piedi, allungò freneticamente le mani nella speranza di afferrare
qualcosa, ma l’unica cosa che riuscì ad afferrare fu il terribile pensiero di
cadere nel vuoto.
…
O-oh… ahi… non so che dire… spero che non si sia notato il piccolo periodo di
attesa che ha separato questo cap. dall’altro…
No…vero? Ditemi di no…ToT
E’ la mia fine… immagino che sarò stata un’ inconsapevole vittima di
furiose bestemmie e maledizioni varie… Nuooooooooooooooooooooooooo!!! >o<
Chiedo perdonoooooooooooooooo!!!
So che non ve ne può fregare niente, ma chiedo lo stesso perdonooooo!!!
Anche perché altrimenti non saprei cos’altro dire…
immagino che adesso tutti i miei lettori saranno volati via con la nuova era… adesso posso solo sperare che tutto ciò venga almeno… lontanamente… apprezzato
dalla nuova generazione… o quantomeno compatito.
Và, quella povera autrice
che manco riesce a scrivere un ff in modo regolare… porella…
No, ne?
Capit… allora… alla prossima!! xD
Comunque sia, a tutti voi
che avete sempre comentato, un grazie di cuore. <3