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Autore: Strawberry88    29/03/2013    1 recensioni
La vita di una semplice ragazza divertente e sempre sorridente si è trasformata, da un giorno all’altro, quella di una semplice ragazza che non parla, se non ai suoi parenti stretti, e alla quale è sparito il sorriso.
I suoi fratelli e altri cinque ragazzi saranno in grado di farla ornare quella di prima?
*ZIALL*
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Domenica 19 Dicembre 2010
New York City , New York
 
Il compleanno di Kitty era vicino e, come ogni anno, la famiglia Malik si stava recando a New York per quell’occasione ma poi ne approfittavano sempre per passare le vacanza invernali con i genitori di Jane.
Ci sarebbero andati in aereo e con loro avrebbero portato Weekly, che avevano scoperto essere un gatto randagio, così l’adottarono.
Durante il viaggio, Kitty ascoltò musica guardando i Paesi statunitensi passare sotto l’aereo e le nuvole bianche. Zayn stette al computer a messaggiare con la sua nuova “fidanzata” Melissa mentre Donna cercava qualcuno con cui parlare.
«Don, cosa vuoi fare al nostro compleanno?» chiese Zayn, non distogliendo lo sguardo dallo schermo.
«Non lo so. Compiamo diciassette anni, magari potremo festeggiare da soli, no?»
«Okey. E in famiglia come vuoi festeggiare.»
«Una torta … a forma di ragno alato.» disse.
«Tu sei fissata.» disse divertito.
Lei cominciò a picchiettare le dita sul bracciolo della poltroncina dov’era seduta, ovvero di fronte a Zayn che al suo fianco, dalla parte del finestrino, aveva Kitty. Osservò la sorella minore e si accorse che dormiva. Si mosse e aprì la borsa della sorella, dove era sicura di trovarci il suo blocco di scrittura, lo prese e lo sfogliò.
«Che stai facendo? Kit non vuole che noi leggiamo le sue storie! Posalo adesso.» la rimproverò Zayn, guardando la gemella minacciosamente.
«Devo scoprire una cosa e lei non vuole dirmela: vuol dire che devo scoprirlo da sola.»
«NO! Non significa proprio questo. Come sei sicura che nasconda qualcosa?»
«Parla continuamente di un ragazzo pipistrello.»
Arrivò alla parte che le interessava e cominciò a leggere ad alta voce.
«“La giovane Milly si risvegliò su di un lettino in una stanza verde. Si mise in piedi e …” questo non mi interessa … “Era vestito con un costume nero su cui erano incisi i pettorali …”.- continuò a leggere semplicemente con gli occhi -Wow, le descrizioni che fa Kitty sono fantastiche e realistiche. “Quando Milly uscì da quell’appartamento, si rese conto che il ragazzo presente con lei in quella stanza indossava un travestimento molto simile al modello di un pipistrello. La maschera copriva tutta la testa e metà volto, lasciando visibili solo le labbra e il mento …”. Dev’essere un gran figo, questo ragazzo.»
«Magari, leggendo le mie storie, potresti imparare la grammatica.» la voce di Kitty fece spaventare Donna che, tutta intenta a leggere, non si accorse che la sorella non stava realmente dormendo e l’aveva vista e sentita mentre curiosava nel suo quaderno.
«Ops, sei stata sgamata.» commentò Zayn.
«Io la so benissimo la grammatica.» disse Donna, ignorando il gemello.
Kitty e Zayn si guardarono negli occhi prima di sorridere sotto i baffi e infine scoppiare a ridere.
«Si, certo, prendetevi pure gioco di me. - disse offesa - Comunque, Kit, scrivi molto bene, sai?»
«Grazie. Non sei la prima a dirmelo, anche tutte le professoresse di lettere me lo ripetono da quando siamo in prima elementare.»
Dopo quell’affermazione, i tre fratelli restarono in silenzio a guardarsi negli occhi, aspettando il momento in cui sarebbero atterrati nella Grande Mela.
 
L’albergo che avevano scelto era davvero bellissimo. Dalla loro suite potevano vedere tutta la città attraverso la lunga vetrata che caratterizzava la sala d’ingresso, quella allestita come salotto. Le loro camere erano singole ma i tre fratelli erano sicuri che sarebbero rimaste intoccate perché avrebbero dormito sui divani, come ogni anno.
Erano le due del pomeriggio e, dopo pranzo, sarebbero andati a trovare i nonni. Disfarono le valige e si riunirono a tavola a mangiare la pizza che avevano preso durante il viaggio dall’aereoporto fino all’hotel, facendo fermare il taxi.
Appena tutti finirono di mangiare, buttarono i cartoni della pizza e scesero nella hall dell’albergo, richiedendo al receptionist di chiamare un taxi. L’auto arrivò dopo dieci minuti e li portò nel centro di Manhattan.
 
Quando la nonna Josephine aprì la porta, venne investita dall’affetto dei tre nipoti e non solo quello. Sia le ragazze che Zayn le si lanciarono addosso, abbracciandola e baciandole le guance.
«Oh, ragazzi, cos’è tutto questo amore?» chiese Stephen, il nonno, entrando nel salone.
«Nonno!» esclamò Kitty correndogli incontro, seguita dai maggiori.
Dopo che Kitty, Donna e Zayn salutarono in grande stile i due coniugi anziani, lo fecero anche i loro genitori, poi Stephen uscì di casa per andare al “club” per giocare a carte con i suoi amici. Gli altri, invece, si recarono nella cucina e Josephine offrì a tutti una tazza di thè. Nel mentre ne porgeva una alla nipote più piccola, vide sulla sua mano la voglia a forma di gatto e sospirò.
«Oh santo cielo!- esclamò dolcemente - Come è successo a Kitty?» disse sapendo che avrebbero capito.
«Mamma, non vuoi saperlo, magari tra qualche secolo.» scherzò Jane, facendo intendere il senso serio del discorso.
«Okey. Come l’avete presa questa?»
«Donna si è tipo troppo schizzata. Ha disegnato dei costumi e mamma l’ha aiutata a crearli. Nonna, sto impazzando a casa: adottami, ti prego!» la supplicò.
Josephine rise divertita.
«Me lo dissi anche quando compisti sei anni. Ah, Zayn - sospirò - se solo avessi una camera anche per te. Ci vivono già troppe persone qui.»
«Chi è che vive con i miei nonni preferiti?» disse imbronciandosi.
La nonna guardò Jane con un’espressione dubbiosa.
«Non avete detto niente?» domandò.
Sia Jane che Luke scossero la testa mentre Zayn faceva gli occhi da cucciolo a sua nonna.
«Gwen, Fred e Justin sono arrivati qualche settimana fa mentre tra qualche giorno viene Philipah.»
«Allora mandiamo Justin con le due pazze e io resto qui. Starò sempre buono buonino. Io e Philipah andiamo molto d’accordo.»
Donna si sentì offesa da quella frase.
«Io non sono pazza!- esclamò - Sono un genio incompreso!»
Kitty, invece, se ne stava in silenzio a sorridere mentre beveva il suo thè.
«Dove sono ora gli zii e Justin?» chiese posando la tazzina bianca sul tavolo.
«Non ne ho idea. Stamattina, quando mi sono svegliata, non c’erano già più.» 
Gwen era la sorella minore di Jane e Fred è il suo compagno; Justin, invece, era il figlio di Gwen. Prima di trasferirsi dalla nonna Josephine vivevano in Canada, a Stratford. Loro tre erano umani al 100% e non sapevano niente delle trasformazioni della famiglia Malik, anche se erano parenti stretti. Forse era meglio così, visto che Gwen era una scienziata, non avrebbe mai creduto a delle storie così fantascientifiche come le loro.
 
Ritornati in hotel, Kitty salì in ascensore fino ad arrivare sul tetto. Portò con sé una sedia piegabile che aprì appena trovò un posto adatto dove metterla. In confronto alla California, a New York c’era la neve e in quei giorni stava nevicando parecchio. 
Kitty, possedendo i poteri dei gatti, non sentiva tanto freddo, infatti indossava un semplice maglioncino, una sciarpa e gli scarponi; avrebbe messo anche un cappello di lana, se solo ne possedesse uno. 
Si sedette a gambe accavallate sulla sedia e osservò il paesaggio. La città completamente bianca infondeva, agli occhi della ragazza, magia e meraviglia.
Zayn e Donna raggiunsero la sorella, anch’essi muniti di una sedia; erano vestiti decisamente in modo molto più caldo, inoltre si erano portati una coperta ciascuno.
«Pensateci un attimo.- spezzò il silenzio Donna - Kitty compie sedici anni tra tre giorni e noi tra tre settimane ne compiamo diciassette. È bruttissimo!»
«Perché scusa?» le domandò rassegnato Zayn.
«Perché … siamo tutti e tre dello stesso anno e compiamo due età diverse nel giro di un mese.»
«Zayn, lascia stare. Non la recuperi tanto: quel volo le ha fatto più male di quanto pensiamo.» sussurrò impercettibilmente Kitty.
I due gemelli la guardarono stupiti non comprendendo bene il motivo di quel calo di voce, visto che ce l’aveva solo in presenza di molte persone. In quel momento e in quel luogo, però, c’erano solo loro tre.
La più piccola prese un quaderno, che usava per “parlare” con gli estranei, e cominciò a scrivere.
 
_ Non leggete ad alta voce però sento come se ci fosse qualcuno qui, con noi, sul tetto e non mi sento sicura. Andatevene che controllo._ diceva il suo messaggio.
 
«Noi allora scendiamo, okey?» parlò Donna, alzandosi e tirando per un braccio il fratello.
Appena chiusero la porticina che portava alle scale, Kitty si alzò e si guardò intorno. Prese il quaderno e ne strappò un foglio, scrivendoci sopra: 
 
_ Per caso mi segui?
 
Camminò sulla neve fino a raggiungere un punto dove il tetto era rialzato. Salì sopra questo rigonfiamento e si inginocchiò per poi sporgere il foglio in avanti e abbassarlo, tenendo la lingua in mezzo alle labbra, cercando di non cascare.
«Che cosa?» sentì dire, visto che non vedeva nessuno.
“Bingo”, pensò lei.
Vide tre figure alzarsi in piedi. Una di loro l’avrebbe riconosciuta anche ad occhi chiusi, le altre due credette di averle intraviste da qualche parte.
«Kitty?» parlò ancora quel ragazzo.
Lei annuì, tenendo la testa bassa a guardarsi le mani che ormai aveva appoggiato sulle ginocchia, mentre le gambe erano a contatto con la neve.
Lei avrebbe volentieri alzato la testa ma non ci riusciva, così, con la penna che portava sempre con sé, continuò a scrivere sul foglio.
«“Che ci fai a New York“?» lesse parola per parola un altro ragazzo, vestito di nero e verde.
«Una vacanza. Scusa se ti abbiamo spiata.» rispose Batman.
Lei alzò le spalle, facendogli capire che non le dava fastidio. Si mise in piedi e si ripulì i jeans, bagnati, e si allontanò dai tre ragazzi mascherati, come la prima volta che gli incontrò. Dopo aver preso il suo quaderno si avvicinò alla porta e l’aprì, poi, prima di sparire, salutò i ragazzi agitando la mano e aspettò una loro risposta, guardandogli da lontano e da sotto la sua frangia, quando risposero al saluto, sorrise e rientrò.
 
Era sdraiata su un divano, al caldo, mentre fissava il soffitto. Ripensò a quel giorno dopo la rapina in gioielleria. Voleva provare a parlare a Batman ma aveva appena subito un trauma legato alla sua morte e non se la sentiva di parlare con qualcuno che non conoscesse quello che le era successo; sicuramente non lo avrebbe raccontato ad un estraneo. Secondo la sua teoria, non riusciva a interagire né visibilmente né vocalmente con le persone perché quando Weekly la risvegliò, le stava guardando gli occhi attraverso le palpebre mentre le miagolava contro: praticamente temeva che se avesse guardato o parlato con qualcuno, questo potesse, in un qualche modo, farla tornare nel mondo dei morti.
Voleva cambiare però, non voleva riprendere la vita di prima ma neanche non vivere la sua nuova vita.
A risvegliarla dai suoi pensieri profondi, che solo lei riusciva a comprendere, fu suo fratello che si sedette affianco a lei sul divano, accarezzandole i capelli.
«A cosa pensi?» le chiese.
«Al futuro. Al mio futuro.» rispose.
«E com’è?» le chiese Donna interessata, inginocchiandosi sul pavimento davanti alla sorella.
«Non c’è.»
«Come non c’è, scusa?» continuò la maggiore.
«Prima del mio incidente avevo programmato tutto il mio futuro. Avrei frequentato il liceo, avrei fatto dei corsi di scrittura e sarei diventata una scrittrice. Non è servito a nulla. Sono morta. Potrei ancora fare tutte quelle cose che ho deciso di fare ma se mi hanno ridato una vita vuol dire che non è quello che dovrei intraprendere.» sospirò.
«Magari non era la sequenza giusta o mancavano delle parti.»
«Mi sento ridicola. Non interagisco con gli altri perchè ho paura di morire di nuovo, anche se questi mi fanno sentire al sicuro.»
«Come Batman.» disse maliziosamente Donna.
Kitty ridacchiò.
«Sì. C’era lui sul tetto, prima.- sospirò - Io volevo alzare gli occhi e guardarlo in faccia ma non ci sono riuscita. Cos’è che non funziona in me?»
I due gemelli risero.
«Niente. Sei leggermente paranoica.» risposero all’unisono, prima di lasciarla sola nei suoi pensieri.
Si mise seduta e accese la televisione guardando il programma che veniva trasmesso e che, ovviamente, non stava seguendo. Un’ombra fuori dalla vetrata la distrasse, ancora di più di quanto lo fosse già.
Girò la testa e, sul cornicione, vide Batman. Gli guardò le labbra e sorrise. Lui bussò alla finestra.
Kitty si alzò e tese l’indice, poi sparì e andò a prendere Donna nella sua camera, portandola davanti al vetro.
Batman bussò nuovamente e urlò qualcosa che assomigliava a «Aprimi.» così Donna gli concesse di entrare. Lui la ringraziò e si avvicinò a Kitty, che teneva come sempre la testa bassa, e le porse un fogliettino.
«Noi non ci conosciamo però nel giro di quattro mesi ci siamo incontrati due volte in due città diverse e secondo me è un segno. Se vuoi, su questo foglio ho scritto il mio numero, puoi scrivermi. Potremmo rincontrarci.- ridacchiò - Ora devo andare. Ciao, Kitty.» le diede un bacio sulla guancia e sparì, uscendo dalla finestra lasciata aperta.
Donna inarcò un sopracciglio e sorrise maliziosamente.
«Uhh, qui qualcuno conquista cuori mascherati. È lui Batman?- Kitty annuì sorridendo - Bel culo.» commentò andandosene.
Kitty aprì il foglio e lesse le cifre sorridendo, poi si rese conto del commento di sua sorella e la inseguì.
«Don, che cavolo significa? Non puoi lasciarmi con una frase del genere. Devi darmi dei consigli!» urlò mentre correva.
Entrò nella stanza della maggiore e riprese fiato.
«Colpo di fulmine.- cantilenò - Ti ha chiesto se potete conoscervi meglio. Ti ha lasciato il suo numero di telefono.»
«È un tipo mascherato!- le ricordò agitando il foglietto - Magari è un numero finto.» disse tristemente.
«Magari è il suo numero da supereroe figo mascherato. Un secondo numero di telefono. Oppure è del ragazzo che si nasconde dietro la maschera.»
«Ti fai troppi film, Donna.»
«E quando l’hai scoperto?» chiese scherzosamente Zayn passando nel corridoio.
«Adesso.» rise e andò in camera sua, pensando a quel ragazzo.
Restò in piedi al centro della stanza e prese il suo cellulare. 
 
A: Batman
- Comunque questo è il mio numero. Kitty. - scrisse e poi inviò il messaggio indirizzandolo a Batman, salvando poi il numero.
 
Posò il telefonino sulla scrivania e uscì fuori sul balcone, ispirando l’aria natalizia che c’era. Si sentì accarezzare la spalle e si girò per vedere chi fosse.
«Donna dice di muoverti perché deve farti vedere una cosa in televisione.»
Kitty sospirò e rientrò: sua sorella, anche se più grande, si comportava come una bambina. Arrivò nel salotto e Donna le mostrò la tv.
«Stanno intervistando il  tuo supereroe e i suoi amici.» disse mettendosi un poc-corn in bocca.
La più piccola si sedette e assistette allo spettacolo.
«Superman, cosa intendete fare ora che avete finito il vostro tour anti-crimine?» chiese una giovane giornalista a un tipo vestito di blu e …
«Ma quello ha le mutande sopra al costume?!- esclamò Donna - Ovvio, è un maschio. Non sa vestirsi senza la mammina dietro.»
«Io so vestirmi!» disse offeso Zayn, scompigliando i capelli alla gemella.
«Zitti!» li ammonì Kitty.
«Mi pare più che ovvio: torniamo a casa nostra. Lì ci sono sicuramente più crimini che in tutti gli Stati Uniti.- rise - Promettiamo di essere sempre pronti a mascherare qualche rapina …» prima che potesse terminare la frase, Batman gli piombò sulle spalle.
«Signorina, dovremo andare ora. Ci aspettano i nostri genitori.» disse sorridendo.
«Un’ultima domanda?» domandò ancora quella.
Sia Superman che Batman annuirono, dopo essersi guardati, come per chiedere conferma all’altro.
«Voi cinque fate stragi di cuori tra le ragazzine ma ce n’è una in particolare che ha fatto scoccare la scintilla nel vostro?» 
«Può darsi di sì.» rispose quello vestito di nero.
«Abbiamo anche noi dei sentimenti.» aggiunse Superman.
«Ehi, dobbiamo muoverci!» nell’inquadratura della telecamera face capolinea un terzo ragazzo vestito di rosso, con un fulmine giallo sul petto.
In pochi secondi, i cinque supereroi sparirono.
  
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