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Autore: Nori Namow    31/03/2013    15 recensioni
«Stai tranquilla. Non ti farò del male, non potrei mai.» le sussurrò accarezzandole dolcemente la testa.
La donna l'aveva riconosciuta, era lei.
«Non è ancora il momento di incontrarci…» esitò, non sapeva il suo nome.
«A..A…Alexis.» balbettò a fatica lei, riportando lo sguardo sulla donna.
«Bene, Alexis. Quando arriverà il momento giusto, ci incontreremo nuovamente. Ma fino ad allora, devi perdonarmi per quello che sto per fare.»
***
«Siamo molto più simili di quanto pensi, Alexis. È un bene che tua madre se ne sia andata proprio adesso, l’ha fatto per il tuo bene. Poi con il tempo capirai perché.»
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                     capitolo IV                                  

Dovevo ammettere che l’abbigliamento di Nix era pieno di colori, per non dire altro. Indossava una maglietta giallo canarino e una minigonna blu elettrico, con dei fuseau con le stampe della galassia messe sopra. Ai piedi c’erano delle Converse rosso sangue, le punte logore ma la stoffa perfettamente lucida.
Deglutii rumorosamente, mentre Nix camminava ad un passo di distanza da me, i capelli rosa pastello che volteggiavano liberi da un lato all’altro.
Il corridoio era lungo e sembrava oltrepassare la lunghezza della casa. Passammo accanto ad una camera con una porta spalancata color miele, e sbirciai all’interno, incuriosita. Le pareti erano bianche, inizialmente. In quel momento erano imbrattate di vari colori, come se qualcuno si fosse divertito a lanciare contro le pareti, secchi di vernice. C’era qualche sprazzo di blu, di verde acqua, fucsia.
«Ti piace? È la mia camera!» esclamò la ragazza facendomi sobbalzare. Chissà perché, non avevo dubbi sul proprietario di quella camera.
Passammo accanto ad altre tre o quattro porte, di queste una apparteneva ad un bagno, e finalmente Nix si fermò.
Poggiò il trolley vicino allo stipite per non farlo crollare a terra dato il peso, e mi sorrise smagliante. Vidi che aveva un brillantino sul canino sinistro.
«Eccoci qui. Non conosciamo i tuoi colori preferiti, ma potrai sempre personalizzarla.» affermò aprendo poi la porta bianca.
Entrai dentro, rimanendo sbalordita dalla bellezza e dalla normalità di quella stanza. Sembrava quasi non appartenere a quella casa. Le pareti erano color giallo chiaro, mentre la mobilia era bianca. La moquette color panna e le tendine giallo chiaro, rendevano l’atmosfera più pacata, tranquilla.
Alla mia destra c’era una scrivania bianca pronta ad essere riempita dalle mie cianfrusaglie; al centro della camera vi era un letto ad una piazza e mezzo, il copriletto bianco con dei ghirigori dorati ricamati sopra. Se poggiavo la testa sul cuscino la sera, ed ero poggiata sul fianco sinistro, avevo a disposizione la grande finestra, e una vista magnifica del cielo stellato. Ad un metro dal letto c’era l’imponente armadio che però non infastidiva, grazie al suo colore bianco e alle manopole dei cassetti giallo chiaro. Era perfetta.
«Ti lascio sola con la tua stanza. Dovrete fare conoscenza.» disse Nix, scoppiando a ridere subito dopo, mentre con un braccio si teneva la pancia. Pochi secondi dopo uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Io inarcai un sopracciglio, immaginando i successivi sei mesi in compagnia di quelle persone senza sfiorare la pazzia. Mi lanciai sul letto senza troppi preamboli, sfilando il cellulare dalla tasca per mandare un messaggio a Lisa.
La immaginai mentre si mordeva le unghie e fissava insistentemente il cellulare, in attesa di mie notizie.
 
“Sono finita a Strambolandia. AIUTAMI.” Digitai in fretta, sorridendo sghemba.
 
Pochi minuti dopo, passati ad osservare intensamente il soffitto giallo chiaro, qualcuno bussò alla mia porta. Essa si aprì timidamente e senza cigolare.
La testa biondo scuro di Polly fece capolino, sorridendomi dolcemente.
«È pronta la cena. O meglio, sono tornata con la cena pronta, ma dettagli.» esclamò ponendo fine al discorso con un gesto della mano. Sorrisi, seguendola poi al piano inferiore.
Urlai.
Nix era letteralmente appesa come una scimmia al lampadario del salotto, dondolandosi avanti e indietro, incurante del fatto che io la stessi guardando allibita.
Polly notò il mio sconcerto, intimando alla ragazza di scendere dal lampadario e precipitarsi in cucina. Entrammo dalla porta vista poco prima, quella accanto alle scale. Vi era una bella cucina, semplice e normale. Al centro, un tavolo con sei posti a sedere. Mi sedei accanto a Myrtle, la ragazza che sembrava più sana mentalmente, mentre Nix si accomodò proprio di fronte a me, sorridendomi felice.
«Bene ragazze, come avete capito, lei è Alexis Carter.» proferì Polly, pronunciando il mio nome con un tono che non seppi riconoscere.
«Sicura? Voglio dire, è proprio quella Alexis?» domandò Nix, osservando con i suoi occhi bi colore prima me, poi Polly.
Perché, quante Alexis conoscono? Ad Holmes Chapel nessuna della mia età si chiamava Alexis, oltre me.
Polly sbuffò, leggermente infastidita dalle domande insistenti di Capelli Rosa.
«Sì Nix, è proprio lei. E adesso mangia la pizza.» la rimbeccò, per poi addentare il suo trancio di pizza. Io ne avevo divorati già due pezzi, assaporando la cena e chiedendomi cosa diamine stesse succedendo.
Pochi minuti dopo, fu Myrtle a rompere il silenzio, con la sua voce pacata.
«Qual è la tua specialità?» chiese, e quando mi voltai verso di lei e vidi il suo sguardo addosso, capii che stava ponendo a me la domanda.
«Come, scusa?» domandai sbigottita, con le sopracciglia aggrottate.
«Sapremo tutto presto, Myrtle.» rispose Polly con uno sguardo carico di significati che a quanto pare io ero troppo stupida per capire.
Mi ero persa qualcosa? Perché non stavo capendo un bel niente.
«Ehm, sapere tutto, cosa?»
«Polly, non sa nemmeno chi è!» trillò Nix scioccata, indicandomi con il suo trancio di pizza morso da poco.
Polly?! Perché la chiamavano con il suo nome di battesimo, se era la  madre?
«Non è ancora pronta, bisogna avere pazienza.» rispose lei con tutta tranquillità. A quel punto, non riuscii più a tenere la situazione. Mi alzai, facendo strusciare la sedia con rabbia. Non avevo idea di cosa stessero parlando, sapevo solo che era assurdo e da matti.
«Quando avrete finito con i vostri discorsi strambi, chiamatemi.» sbottai, per poi andare in quella che sarebbe stata la mia camera.
Mickey mi seguì a ruota, come a volermi fermare o semplicemente confortare.
Arrivata in camera mi cambiai, indossando dei fuseau e una maglia che arrivava a metà coscia. Mickey era già sul materasso, acciambellato accanto al cuscino e profondamente addormentato. Beato lui che era solo un maledetto gatto e non doveva avere troppo a che fare con strane persone che prendevano strani discorsi a cena. Mi infilai sotto le coperte, trovando le lenzuola calde e accoglienti. Sperai soltanto di non dover passare i prossimi sei mesi rinchiusa in quel piccolo spazio a causa della gente che mi circondava. Il mio cellulare vibrò, e aprii il messaggio appena arrivato. A causa della luce emanata dallo schermo, Mickey aprì gli occhi, incuriosito. Si stiracchiò appena, per poi passare oltre il mio corpo e posizionando il muso nell’incavo del mio collo, come se stesse osservando anche lui il mio cellulare.
 
“Figo, portami un souvenir.” Lisa. Sempre la solita stupida, pensai ridendo sommessamente.
 
Fortunatamente avevo ancora lei, la scuola (per quanto la odiassi), i miei compagni di classe, i professori. Avevo la mia vecchia vita, insomma, solo leggermente diversa. Ripensai a mia madre, chiedendomi se avesse preso l’aereo, se stesse pensando a me e a Mickey. Mi addormentai con la dolce melodia delle fusa del felino.
 

Aprii di scatto gli occhi, spaventata.
La prima cosa che feci, quando la luce mi accecò gli occhi, fu guardare l’orologio che portavo al polso. Erano le due di notte.
Voltai la testa verso la porta della mia camera, trovando Nix, la ragazza dai capelli rosa pastello e gli occhi di due colori diversi (uno azzurro, l’altro color miele), che mi guardava dalla soglia, sorridendomi amabilmente.
«Sono venuta a darti la buonanotte! Buonanotte, Alexis.»
«Ehm, grazie. Buonanotte anche a te.»
Era stata gentile, ma poteva risparmiarsi quel casino a quell’ora della notte. Stavo riposando beatamente, e non c’era nemmeno il solito incubo a torturarmi, stranamente. Nix fece per chiudersi la porta alle spalle, quando notò qualcosa che la fece sorridere –se possibile- ancora di più.
«Oh, e buonanotte anche a te, Harry!» urlò come se fosse stata una venditrice di strada.
Harry?! Oh, sul serio? L’amica di Naruto, Sakura, ha anche un amico immaginario oltre ad avere la mente contorta, svegliandomi a notte fonda per la ‘buonanotte’.
La porta si richiuse, e il buio e il silenzio piombarono nuovamente nella stanza.
Osservai Mickey, una informe palla di pelo castana. Dal baglio lunare, riuscivo a scrutare i suoi occhioni osservarmi.
«Ti consiglio di pregare per la nostra incolumità, gatto.» esordii, tuffandomi con la testa sul cuscino.
Beh, almeno il letto era morbido.
 
 

La mia mano cercò automaticamente una testolina pelosa e delle orecchie sottili, non trovandole.
Sollevai piano le palpebre, cercando di abituarmi alla luce del sole, così rara in Inghilterra in quel periodo dell’anno. Mi stropicciai gli occhi per poi alzare il busto, guardandomi intorno. La mobilia bianca e giallo chiara, le pareti che non erano piene di poster. Oh, la nuova casa, giusto.
Notai una miriade di scatoloni e le valigie; ciò mi fece sbuffare e non poco. Avrei dovuto mettere tutto a posto quel giorno stesso, e da sola. Mi alzai con fatica dal letto, aprendo poi uno dei trolley che avevo portato il giorno prima. Pescai il beauty case e alcuni vestiti e mi rintanai in bagno.
Un bagno che, lasciatemelo dire, era davvero fighissimo. Vasca idromassaggio, doccia, confort che nemmeno un albergo a cinque stelle possedeva.
Mi chiesi come facesse Polly a permettersi tutto ciò, partendo dal salone che poteva ospitare un esercito, finendo alla miriade di camere che non potevano appartenere a sole tre –e con me quattro- persone.
 

Scesi le scale il più silenziosamente possibile per non dare l’impressione di una che al posto dei piedi ha dei carro armati. Sentii le voci ormai familiari di Nix e Myrtle, ma a quelle se ne aggiunse un’altra che non avevo mai udito prima. Scesi l’ultimo gradino e mi bloccai vicino al muro, a pochi centimetri dallo stipite della porta. Origliare non era mai stata una priorità, ma qualcosa nel mio cervello mi suggeriva di ascoltare.
«Nix, cerca di contenerti.» sbuffò una voce che apparteneva sicuramente a Myrtle Ward, la ragazza dai capelli blu. E quella più normale, senza dubbio.
«Credo di esserle simpatica.» esordì Nix. Probabilmente parlavano di me, a giudicare dal tono abbastanza basso che avevano.
«No, così la spaventi.»
«Myrtle ha ragione, così non fai altro che traumatizzarla.»
Ma quella voce non la conoscevo affatto. Non apparteneva a Myrtle, a Nix, e nemmeno a Polly. Anche perché era una voce indubbiamente maschile, a considerare dalla profondità del timbro. C’era qualcun altro in quella casa, e ringraziai il cielo per essere stata presentabile. Respirai profondamente, per poi entrare in cucina con nonchalance. I tre sobbalzarono, ma il mio sguardo fu catturato da quello del ragazzo.
Era seduto su una sedia, quella opposta ai fornelli, ed era spaparanzato comodamente come se fosse abituato alla presenza delle due ragazze e di quella casa.
Indossava un giubbino nero di pelle, e sotto si intravvedeva una maglietta bianca. Aveva capelli ricci e folti che gli coprivano la fronte, mentre i suoi occhi brillavano di un verde smeraldo, quasi fosforescente. Gli occhi di lui erano fissi su di me e non interrompevano il contatto.
Mi resi conto troppo tardi che ero rimasta imbambolata a fissarlo, perché mi rivolse un cenno di saluto con la mano.
Sorrisi timidamente, per poi salutarli tutti e tre. Nix mi guardava in modo strano, ma probabilmente dovevo farci l’abitudine.
Myrtle mi porse una fetta di pane tostata con sopra della marmellata che accettai di buon grado, ringraziandola. Sobbalzai quando mi voltai, trovando il ragazzo a pochi centimetri da me. La sua figura troneggiava su di me, i muscoli parevano scolpiti nel marmo. Per non parlare dei tatuaggi, che lo facevano somigliare a un capo di una gang di New York. Il ragazzo mi porse la mano, inclinando la testa di lato.
«Io sono Harry.» disse con tono quasi seducente, facendomi perdere qualche battito. Era bello da far paura. Mi schiarii la voce, stringendogli la mano libera e presentandomi. Poi mi ricordai della notte precedente e della comparsa di Nix in camera mia. Era entrata per darmi la buonanotte, e aveva salutato anche un certo Harry. Ora, a meno che questo tizio bello ma quasi inquietante non fosse nel mio armadio, le uniche cose viventi nella mia camera, eravamo io e Mickey.
A proposito di Mickey, non lo vedevo da un bel po’ di ore. Mi chiesi dove accidenti fosse.

Buonciao, ragassuole. E BUONA PASQUAAAA.
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto da fare con l'altra ff e ho una minilong alla quale sto lavorando frgthyju
MA, spero che questo capitolo (un po' di passaggio, un po' no, dipende dai punti di vista) sia di vostro gradimento.
Ed ecco che finalmente appare Harreh c': non lo trovate terribilmente tenero e da brrrrividi?
Bene, il prossimo sarà più uuuuuhuuu, mentre quello dopo sarà BOOOOM.
Quindi tenetevi pronte, insomma.
E non ho niente da aggiungere, voglio solo ringraziare le 53 persone che seguono la storia, siete tutti fighi.
Vi lascio con il link del trailer -----> 
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RUJWX1yvPOM
e con una gif di alexis, della madre di alexis (eleonora abbagnato fdghy), e di Harry >.>
   
 
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