Capitolo 3
Piton nuovamente marchiato
Il giorno dopo i ragazzi si erano dati appuntamento per le
nove del mattino giù al piano terra. Schiamazzando si erano avviati in
sala da pranzo, dove avevano consumato un’abbondante colazione
conversando civilmente con Piton e
Molti avrebbero voluto andare in spiaggia a prendere il sole
o a farsi un bagno, ma
Il pomeriggio non ci fu verso di farli restare dentro
“casa”, così venne organizzata un piccola gita turistica per
la città: i ragazzi per loro conto con Piton,
Il padre di Enrique fiutò una discreta minaccia al proprio portafoglio fin da subito, che vide realizzarsi non appena i pargoli si incollarono alla vetrina di una negozio di telefonia. Volle illudersi che i ragazzi si sarebbero limitati a guardare, ma sospirò sconfitto quando vide il figlio avvicinarsi a lui: ovviamente chiedeva soldi.
-Per fare cosa?- chiese sospettoso.
-Comprarmi un cellulare! Telefonino, hai presente?-
-Ah, sì, quegli aggeggi… e va bene, ma non far morire di invidia i tuoi amici, mi raccomando!- acconsentì passandogli alcune banconote babbane.
-Ora che ci penso… il mio si è rotto, avrei
bisogno di uno nuovo. Vi dispiace aspettarmi qui? Farò in un attimo.
–
Il negozio, per fortuna, era bello grande, così poterono entrare tutti quanti in un sol colpo. Il titolare già si sfregava la mani, soddisfatto.
Quando uscirono, erano l’immagine della
felicità: ognuno trafficava allegramente col proprio cellulare nuovo.
-Libretto di istruzioni!- gli suggerì Francesca, passandogli il fascicolo.
Poco dopo, Giada acquistò in un’edicola una
palla: il messaggio era eloquente, andare in spiaggia a giocare. A malincuore,
I ragazzi, eccitanti, schiamazzarono per un pezzo alla ricerca di un tratto di spiaggia libero dove stare larghi; quando lo trovarono, si misero a fare due palleggi a pallavolo dopo essersi liberati delle scarpe. I maschi erano esilaranti, perché colpivano la palla con tutte le parti del corpo tranne le mani; le femmine furono costrette ad ammettere che, nonostante tutto, se la cavassero.
Gli adulti stavano parlando dei fatti loro, così non si accorsero di un attimo in cui i ragazzi si erano riuniti in cerchio per preparare probabilmente uno scherzo; infatti, dopo non molto, Piton si ritrovò nel bel mezzo di una partita di calcio.
-Che devo fare?- aveva chiesto.
-Niente, correre dietro alla palla e cercare di mandarla in porta. –
Le porte erano delimitate dalla scarpe dei ragazzi; i portieri erano Ramona ed Enrique.
Al centro dell’ipotetico campo, Harry e Piton si stavano guardando in cagnesco, attendendo il via da Manuel. Quando il ragazzo fischiò, Harry sgusciò via col pallone, scartò Francesca e Manuel e segnò a Ramona.
-Allora, Potter, non sei bravo solo a Quidditch…-
-In difficoltà, Severus?-
Ben presto le ragazze si stancarono, visto che a loro la
palla veniva passata di rado, così
Durante il rientro, Harry prese da parte Piton per parlargli a quattr’occhi.
-Allora? Pensi che potremmo seppellire l’ascia di guerra?- gli chiese sfoggiando il più largo dei sorrisi.
-Sì, Potter, penso che potremmo. Mi toccherà abituarmi a te, visto che vai a moroso da una delle mie figlie…- Piton ghignò soddisfatto al rossore del ragazzo.
-Bene, allora… per favore, chiamami semplicemente Harry. Sarà più facile. –
-D’accordo, Harry. –
-Bene. Mi spieghi una cosa? Fa un caldo soffocante, come mai hai la camicia lunga?-
Piton si slacciò il polsino della camicia nera e iniziò ad arrotolarsi la manica sinistra; sul pallido avambraccio, sbiadito, c’era il Marchio Nero: un serpente che usciva dalla bocca di un teschio.
A Harry si rizzarono i capelli sulla nuca al solo vederlo, nonostante l’incubo fosse ormai finito.
-Ma… come mai…?-
-Sì, credevo anch’io che con la morte di Voldemort sarebbe scomparso… si vede che anche io non sono infallibile, nel fare previsioni. –
-E… non esiste un modo per farlo andare via?-
-Credi che, se fosse di mia conoscenza, non avrei già tentato? No, a quanto so, non c’è rimedio. –
Quella sera, mentre si concedeva una lunga doccia, Piton non staccò gli occhi un momento dal Marchio. Harry indisse una riunione straordinaria del C.A.P.R.I. con “motivazione di carità” ed espose il problema.
-Cioè, fammi capire… il grande Piton che non riesce a liberarsi di un tatuaggio?- chiese sbalordita Ramona.
-Macché tatuaggio! Quello è ben peggio, marchiato a fuoco sulla pelle e chissà cos’altro!- ribatté indignato Harry.
-Potremmo provare a farlo diventare trasparente…- propose Elisabetta, che aveva preso a cuore il problema.
-Oppure lo trasfiguriamo in qualcos’altro. – le fece eco Francesca.
-E se lo coprissimo con un tatuaggio vero?- Manuel parve avere un colpo di genio.
-Sai Manuel, questo sono sicuro che Severus non l’ ha provato. Proverò a proporglielo. –
-Ehi Harry, cos’è tutta questa confidenza con Piton?-
-Niente, abbiamo deciso di fare una tregua. -
*
-Buongiorno ragazzi. Vi scaldo i croissant?-
-Qualcosa di più semplice? Una merendina, sai, andiamo di fretta…-
La donna si accigliò –E dove avreste intenzione di andare di mattina?-
-Mettiamola così: ieri sera sono atterrati in giardino gli alieni che ci hanno chiesto di poter studiare Piton, così adesso noi lo rapiamo al posto loro e te lo riportiamo per… diciamo tra un paio d’ore… è convincente la scusa o ne devo inventare una migliore?-
-E chi vi ha detto che ho intenzione di farmi rapire?- si intromise l’uomo, fino ad allora rimasto in disparte.
-O vieni, o vieni. Solo, rendici più facile il compito di rapirti. –
-Perché non mi fido?-
-Perché non dovresti?-
Mezz’ora dopo, i ragazzi erano in marcia. Manuel ed Enrique spesso lanciavano oblique occhiate a Piton, spiandone ogni mossa, ogni gesto e ogni espressione; Harry e Ryan guidavano il gruppo.
A Piton parve di conoscere già la strada… in effetti, scorse dopo non molto il negozio assaltato il giorno prima, che però pareva non essere la meta, visto che i ragazzi si fermarono come paletti pochi metri prima. La vetrina che si fermarono a contemplare non aveva merce esposta, bensì aveva attaccato tramite una ventosa un cartello con scritto: Tatuaggi in bianco e nero, colorati, henne, treccine, piercing.
Harry entrò per primo, seguito da tutta la truppa.
-Salve. Il mio amico qui vorrebbe farsi un tatuaggio. – disse rivolto all’unica persona presente. Il tatuatore era un uomo alto e robusto, rapato, con un grosso piercing al sopracciglio sinistro e un tatuaggio colorato con motivo floreale a ricoprire l’intero braccio.
-Ehi, vacci piano Potter! Cos’è questa storia?- chiese Piton sulla difensiva.
-È il primo, vero? Non ha da preoccuparsi signore, oggigiorno non fa più così male farsi un tatuaggio. – lo rassicurò il tatuatore, massaggiandosi il braccio colorato. Piton parve comprendere cosa fosse un tatuaggio.
-Potrebbe fargli vedere qualche modello, così, per farsi un’idea…-
-Ma sicuro! Tenete, sfogliatelo con calma; potete sedervi laggiù. Quando avete deciso, fatemi un fischio. –
Ryan prese gli album dei modelli e guidò il gruppo a sedersi su alcuni pouf in fondo alla stanza. I ragazzi si disposero a cerchio attorno ad Harry e Piton.
-Allora, mi volete spiegare cos’è questa storia?- li aggredì il più anziano.
-Vorremmo aiutarti a far scomparire il Marchio Oscuro. – sentenziò Elisabetta.
Piton sbiancò in un sol colpo. –E voi… come fate a sapere?-
-Eh! È da un sacco di tempo che lo sappiamo!! Comunque, Harry ci ha detto che hai provato di tutto per farlo andare via, però saremmo pronti a sommettere una Dreher che non hai provato a coprirlo con un tatuaggio, vero?-
-Ma figurarsi se basterà quella diavoleria babbana! Ho provato i più potenti incantesimi…!-
-Scommessa?-
-Ci sto. –
I ragazzi chiesero a Piton di mostrare loro l’avambraccio, in modo da farsi un’idea della grandezza del Marchio, poi iniziarono a cercare nei tre album.
Sara propose un tribale nero della lunghezza dell’avambraccio, Enrique un calderone (-Che fantasia!- n.d. Piton), Giada un cuore trafitto da una spada e così via… a conti fatti però l’opzione più sensata fu quella di Harry: un tao nero e azzurro che, essendo rotondo, si prestava benissimo alla copertura del Marchio; anche il diretto interessato parve essere d’accordo.
-Abbiamo scelto!- esclamò Ryan.
-Molto bene… ah, un tao. Se ne fanno parecchi di quelli, bella scelta. Allora, dove lo facciamo?-
Piton indicò il proprio avambraccio.
-Perfetto. Mi segua, prego. – l’uomo condusse lo strano gruppo in una stanzetta adiacente all’ambiente principale nel quale dava sfogo alla propria arte; fece sedere Piton al centro della stanza e iniziò ad armeggiare con una strana macchina che ricordava vagamente una macchina da cucito.
-I colori nero e azzurro le vanno bene?- chiese.
-Sì. –
-Beh, allora dovrà tornare una seconda volta, faccio una seduta ogni colore…-
Piton guardò male i ragazzi che l’avevano convinto, i quali fecero spallucce.
Il tatuatore scoprì l’avambraccio di Piton e si stupì nel vedere un altro tatuaggio.
-Intende coprire questo?-
-Sì, non voleva rimuoverlo perché dicono che resti una cicatrice. – si intromise Ryan.
-Va bene, si può fare, i colori ci aiutano. – rispose avvicinando la macchinetta a Piton; quest’ultimo scoprì presto a cosa serviva quello strano aggeggio babbano: essa spingeva un sottile ago sotto la sua pelle, dove spruzzava una goccia di colore nero. Il punto era che…
-Ahia! Fa male!-
-Eh, eh, e che si aspettava? Pensi che gli indiani prima drogavano la persona, poi le incidevano la pelle con un coltello e infine soffiavano nella ferita del carbone per fare i tatuaggi!-
Dopo quella nota, Piton stette zitto meditando sulla macchina babbana.
Mezz’ora dopo avevano finito. Il tatuatore mise una benda sulla sua opera completa a metà e diede tutta una serie di raccomandazioni difficili da ricordare, poi congedò il gruppo.
-Allora? Non è poi così male avere un tatuaggio, no?-
-Solo io a farmi convincere! Però sembra aver coperto il Marchio… potrebbe funzionare. –
-Scommessa vinta!-
-Piano, ne riparliamo a opera completa. –
Cinque giorni dopo Piton tornò al negozio per farsi ultimare l’opera. Il tutto gli costò circa 200 euro, e meno male che pagò Enrique, altrimenti sarebbe andato in escandescenze!!
*
Qualche giorno dopo, mentre i ragazzi erano intenti a fare i primi compiti delle vacanze, la pace che regnava nella stanza venne interrotta dall’arrivo di un gufo mai visto prima. Il suo biglietto da visita fu uno spettacolare schianto attaccato al vetro di una delle tante finestre, così che Sara, impietosita, andò ad aprirgliela, visto che proprio da quella voleva entrare. L’animaletto marroncino si lasciò trasportare fin dentro la stanza senza obiettare, poi zampettò e si rimise in piedi sulla mano di Sara, poi volò sulla spalla di Harry. Evidentemente, il messaggio che trasportava era indirizzato a lui.
Il ragazzo slegò il messaggio dalla zampa del rapace, che tra l’altro gli sembrava familiare, e i suoi occhi si illuminarono di gioia:
Caro Harry,
ci eravamo lasciati che io ed Hermione eravamo pazzamente
innamorati, e adesso… CI VOGLIAMO SPOSARE!!! Si nota che sono contento?
No, eh? Tornando a noi, io e ‘mione ci terremmo veramente che tu venissi
al nostro matrimonio, perciò…
SEI INVITATO/A AL MATRIMONIO DI RONALD WEASLEY &
HERMIONE GRANGER IL 14 GIUGNO 2005. PRIMA DELLA CELEBRAZIONE, TI ASPETTIAMO
CALOROSAMENTE A CASA NOSTRA A HOGSMEADE (NON PREOCCUPARTI, LE FRECCE TI
GIUDERANNO!).
Compare, se vuoi porta qualche amico/A (hai capito cosa
intendo, vero?). Qui allegata troverai una Passaporta, non ti preoccupare per
il ritorno, ci penseremo poi.
Se manchi, giuro che ti spedirò il più
grosso dei malefici (che conosce Hermione…).
Allora ti aspettiamo il
Baci,
Ron & ‘mione
-Ron, Hermione? Amici di scuola?- chiese Elisabetta, sbirciando il foglio.
-Eh già. Bei tempi quelli della scuola, non fosse stato per un certo professore di Pozioni…-
-Allora, quando partiamo?-
-Eh? Partiamo? Noi? Noi chi?-
-Tu e “qualche amico”…-
-Amici? Dove, io non li vedo…- Harry fece finta di guardarsi intorno.
-Harry! Dai, non rompere, ci divertiremo un sacco! E poi te lo hanno detto loro di portare qualcuno, no?-
Tanto dissero e tanto fecero che riuscirono a convincere Harry. Ora, restavano otto paia di genitori da convincere…
A passo spedito i ragazzi scesero al pian terreno e
inseguirono Piton e
-Harry, spiega e convinci!-
-Va bene. Niente, Ron ed Hermione si sposano e mi hanno invitato dicendo di portare qualche amico. I miei conoscenti qui intorno vorrebbero venire con me…-
-Come? Weasley e
-Severus!!-
-Va bene, va bene… Allora, quando e dove il lieto evento?-
-A Hogsmeade il 14 di questo mese. Se per voi va bene…-
Piton e
-A patto che tutti gli altri genitori siano d’accordo! Se anche uno solo non è d’accordo la gita salta, intesi?-
-Perfetto grazie mille adesso andiamo a scrivere ciao. – i ragazzi si dileguarono su per le scale. Enrique persuase i propri genitori senza troppa fatica, e perciò Manuel era quasi matematico che venisse. Sara, Ramona, Giada, Emma e Ryan scrissero righe su righe di scuse, preghiere, suppliche che affidarono ai rispettivi gufi. Manuel se la prese molto più comoda, scrisse quella sera e soltanto due righe.
Quella notte nessuno chiuse occhio; i ragazzi si coricarono molto tardi e lasciarono le finestre spalancate in camera, tanto che dovettero ricorrere a più coperte. La prima risposta via gufo fu quella per Giada, verso la mezza, e fu affermativa. Eccitate, Sara e Giada corsero a svegliare i compagni e ad annunciare loro la lieta notizia; Elisabetta e Francesca entrarono di soppiatto nella camera dei “genitori” e urlarono a squarciagola: -I genitori di Giada hanno detto che è okay!! Evviva!!-
Dopo quaranta minuti giunse anche il via libera dei genitori di Sara, e la scena si ripeté identica.
La terza volta, verso le due di notte, Piton decise di averne abbastanza e spedì fuori dalla camera le figlie adottiva a suon di maledizioni (con la bacchetta…).
Alle quattro arrivarono simultaneamente le risposte dei genitori di Emma e Ramona, entrambe positive. I ragazzi, tutti i ragazzi, si introdussero nella camera delle maledizioni in punta di piedi, nascosero la bacchetta di Piton e lo svegliarono, un po’ più dolcemente, per comunicargli gli ultimi risvolti della vicenda. Quella volta ricevettero maledizioni verbali, senza bacchetta.
Riuscirono tutti a farsi ben due ore di sonno, e infine alle sei giunsero le risposte per Manuel e Ryan.
-Sì! E vai, Londra aspettaci!-
-Sì, sempre che Piton non ci disintegri al risveglio… meglio che gli portiamo la colazione a letto, hai visto mai che lo addolcisca!-
L’idea di Ryan parve più che sensata, quasi doverosa a farsi, perciò i ragazzi si misero di buona lena e prepararono una colazione coi fiocchi: caffè, camomilla, latte, biscotti, zucchero, marmellata e brioche e uova col bacon.
Si servirono di due vassoi per portare il tutto fino alla camera in questione; lasciarono la colazione fumante sui comodini, alzarono di poco le tapparelle e si dileguarono.
Infastidita dallo spiraglio di luce,
-Severus…- sussurrò. Piton ebbe una reazione fuori dal comune: balzò e afferrò il collo dell’importunatrice.
-Severus, lasciami! Soffoco…-
-Vittoria! Oh, perdonami… ero convinto che si trattasse di quegli scocciatori… ti prego, scusami!-
-Non ti preoccupare, sono ancora viva. Camomilla?-
-Sì, grazie. Ne ho proprio bisogno…-
Alle dieci i piccioncini si decisero a scendere. I ragazzi stavano facendo una partita a carte, e per poco non si strozzarono dalle risate: il loro insegnante di Pozioni aveva certe occhiaie viola che ricordavano vagamente le borse della spesa…
-E chi devo ringraziare?- borbottò lui.
-Allora, ultime notizie: alle sei sono arrivate le risposte dei genitori di Manuel e Ryan, ed erano affermative. Possiamo andare, sono tutti d’accordo…-
-Fuori i documenti. –
Harry passò a Piton le varie pergamene, il quale le passò ai raggi X fino ad essere soddisfatto.
-Per questa volta la spuntate… certo che avete una indiscutibile dose di fondoschiena…-
-Serve anche quello nella vita!!-
Il gruppo svelto salì le scale con meta le proprie camere. Si aprì una vera battaglia all’ultimo sangue: fare i bauli. Manuel ed Enrique misero i vestiti già indossati in fondo ai propri bauli senza piegarli, ma Ryan li costrinse a forza a piegarli e riporli ordinatamente. Sara, Ramona e Giada organizzarono una sfida a canestro cercando di centrare i bauli coi propri averi. Elisabetta e Francesca svuotarono gli armadi e i cassetti, maledicendosi per aver tirato fuori tante cianfrusaglie.
Harry, che intanto era uscito per una passeggiata, tornando si trovò davanti uno spettacolo incomprensibile.
-Ehm… ragazzi? Raga, perché avete fatto i bauli?-
-Mah… se si sporca un vestito? Ce lo dobbiamo cambiare, e poi dobbiamo fare tutte le prove… un matrimonio è una cosa importante!-
-Sì, e se casca il mondo?-
-Abbiamo tutta la nostra roba lì dentro, così non si sparpaglia!-
-Vai a fare il tuo, piuttosto!-
Troppo stanco per ribattere, Harry fece quanto gli era stato ordinato e si infilò a letto. Fu disturbato per un’altra mezz’ora circa dai preparativi dei ragazzi, ma alla fine, alle undici, riuscì ad addormentarsi. Il giorno dopo sarebbe stato stressante, perciò ciascuno badò bene ad addormentarsi il prima possibile.