Non fosse stato per i pollici di Marika che battevano velocemente sulla tastiera del Blackberry e per gli occhi arrossati che di tanto in tanto sbattevano le veloci palpebre, si sarebbe detto che tutta la casa era immobile. Ma lei era affetta da un morbo molto comune tra quelli della sua età: la Facebookmania. Naturale.
Ma lei era un caso a parte. La notte dormiva sì e no cinque ore. Si svegliava sempre in perenne ritardo, ma non abbastanza da non riuscire a fare una colazione a base di latte, biscotti e aggiornamenti della Home Page. Quindi si avviava a scuola, dove non aveva amici, ma ai genitori diceva di stare meglio col computer: ed era vero. Appena tornata a casa, faceva i compiti più in fretta possibile, e subito si gettava a capofitto nel suo mondo virtuale, dove i suoi amici superavano il migliaio e tutto sembrava attirarla. Quella sera stava infatti controllando le Notizie, quando uno scricchiolio dal piano di sotto la fece voltare di scatto. Subito si tirò su e cominciò a frugare nei cassetti, in cerca della torcia elettrica. Accesa quest’ultima, lo scricchiolio si fece risentire. Era come se la casa si lamentasse. D'altra parte, viveva in una magione di campagna ristrutturata pochi anni prima: non vedeva il motivo per cui non dovesse farli, quei rumori. Ma c'era qualcosa di strano. Le case non camminano, bisbigliano o salgono le scale con passo felpato. Così, impietrita dalla paura, trasalì quando il Blackberry emise un flebile trillo, segnale che qualcuno le aveva mandato un messaggio privato. Con mani tremanti, prese il cellulare e vide che il nome del mittente era ANONYMOUS. Un profilo falso, certo. E fu solo con un flebile "Oh..." che Marika lesse il messaggio:

SIAMO VENUTI A PRENDERTI.  PREPARATI A MORIRE.