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Autore: Una Certa Ragazza    02/04/2013    6 recensioni
Si possono fare tante cose, per noia: commettere errori trascurabili come tirare sassi dai cavalcavia, oppure iscriversi ad un corso di pilates, o ancora trovarsi un hobby che preferibilmente coinvolga un ambiente tranquillo in cui farsi nuovi amici.
Per noia, Rossana inizia una rivoluzione.
Proponendosi di diventare paladina degli umili e degli indifesi - ovvero, senza allargarsi troppo, di coloro che non hanno vestiti firmati e non sono proprio degli adoni - Rossana sfrutta un'arma che internet le ha gentilmente concesso: Spotted.
Nella rete, Rossana si entusiasma, si perde, si ingarbuglia. E rischia di non accorgersi che - forse - qualcuno la sta cercando nella vita reale...
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Ebbene sì, eccomi. Era già un po' di tempo che volevo pubblicare un romanzo su EFP, chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stato in questa sezione!
Sono convinta che un romanzo destinato alla carta sia diverso da un romanzo online, dunque ho deciso di scrivere una storia fatta appositamente per EFP. Questo significa che i capitoli sono un po' meno lunghi di quelli che scrivo di solito e che ad ogni capitolo inserirò note/spiegazioni per le scelte che ho fatto dal punto di vista dello stile, dei contenuti o dei personaggi. Cercherò di non annoiarvi oltre, limitandomi a dirvi che qualunque consiglio e critica è assolutamente ben accetto. Se volete insultarmi fatelo pure, se volete essere cattivi anche: in genere non mi ritiro sotto un fungo a piangere delle mie disgrazie, se c'è qualcosa che non va nel modo in cui si scrive, l'unica cosa da fare è ascoltare i consigli e rimboccarsi le maniche.

DUE PAROLE SU SPOTTED: Visto che Spotted è spesso al centro di questa vicenda mi sento in dovere di spiegare cosa sia a chi non lo sa (condizione più che legittima). Gli spotted sono pagine - molto spesso su Facebook - dove chiunque può postare le proprie dichiarazioni d'amore o gridare al mondo quanto si odia una persona. Tanto rimane tutto anonimo. Quello che si vuole scrivere viene mandato come messaggio privato al gestore della pagina, che provvede a pubblicarlo sulla bacheca a nome di Spotted. Dunque, a meno che uno non scriva il proprio nome in fondo al post, è impossibile rintracciare chi l'abbia mandato. E' un sistema molto popolare all'estero e di recente sta prendendo piede qui in Italia, specialmente tra gli universitari. Se volete chiedere spiegazioni più dettagliate al riguardo, chiedete pure! XD

Bene, ora vi lascio alla storia.



 

A tutti quelli che, almeno una volta nella vita,

hanno pensato a quanto sarebbe bello poter cambiare il mondo.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

Una nausea sottile

 

"Ora me ne accorgo, mi ricordo meglio ciò che ho provato

l'altro giorno, quando tenevo in mano quel ciottolo.

Era una specie di nausea dolciastra. Com'era spiacevole!

E proveniva dal ciottolo, ne son sicuro, passava dal ciottolo nelle mie mani.

Sì, proprio così, una specie di nausea nelle mie mani."

 

"La Nausea", Sartre

 

 

2 chilogrammi di pasta,

1 etto di prosciutto,

500 grammi di macinato,

1 vasetto di sugo,

e...

10 pacchi di pop-corn.

 

Rossana alzò gli occhi al cielo, benchè nessuno stesse assistendo alla sua esasperazione.

Dieci pacchi di pop-corn? Forse era l'ora di parlare ad Emma del suo rapporto con la realtà e con i cibi spazzatura.

Mise via la lista della spesa con tutta calma, piegando gli angoli in modo che combaciassero, poi tornò al suo libro, cercando di non pensare al fatto che la voce del professore la stava lentamente , ma inesorabilmente, uccidendo.

Sarebbe stato interessante scoprire quanto ci metteva un essere umano a tirare le cuoia se esposto a tale tortura per un tempo sufficiente.

Non che sociologia non le piacesse, per carità. Era solo che non riusciva a concentrarsi su niente; era un periodo in cui andava per questo verso.

A riprova di questo fatto, dopo un paio di minuti si rese conto di aver riletto la stessa riga del suo saggio per cinque o sei volte, senza riuscire a collegare il suo significato a niente che non fosse il vuoto assoluto.

Chiuse le pagine con un sospiro frustrato e appoggiò la testa contro il banco dietro di lei.

La facoltà di Scienze Politiche non era un posto allegro, ma non era neppure del tutto triste.

Si trovava in un palazzone da boom economico, che poteva essere stato costruito negli anni settanta, e secondo Rossana contava, tra le fila dei suoi studenti, una serie di sfaticati senza precedenti.

A sentire Emma, che faceva Giurisprudenza, i nullafacenti erano ovunque, come pure quelli che si impegnavano, e parte di Rossana conveniva che aveva ragione.

Tuttavia, il suo giudizio era in quel momento inasprito dagli insopportabili cazzari della fila dietro che continuavano imperterriti a farsi gli affari loro, e lo stavano facendo a voce alta.

Rossana chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Non aveva infinite compagnie di amici e non ne cercava di più di quelle che già aveva, ma non era neppure il caso di saltare al collo dei cretini dietro di lei e farsi dei nemici.

Del resto nemmeno lei stava seguendo. Solo che non stava urlando come una scimmia.

Lanciò uno sguardo nostalgico a "Sociologia relazionale. Come cambiare la società." Quel libro le stava piacendo davvero, ma non c'era niente da fare, quel giorno era così: non riusciva a decidersi se i suoi pensieri fossero troppo veloci perché lei li potesse afferrare, o se invece fossero talmente lenti da non essere neppure percepibili.

Il problema era che le succedeva sempre più spesso.

Stiracchiandosi un po' – non ne poteva più di star seduta su quella sedia – Rossana si dedicò all'ultimo di una serie di passatempi che lei stessa giudicava poco costruttivi e che si erano succeduti nel corso degli anni.

Il passatempo in questione era leggere i post di Spotted, dal primo all'ultimo, servendosi del suo cellulare provvisto di internet e touch screen.

Non c'era niente di particolarmente eccitante, secondo Rossana, nel leggere i proclami d'amore, odio e quant'altro dedicati a persone che per la maggior parte non conosceva e scritti da gente che voleva rimanere anonima.

Anzi, dopo un po' che leggeva sentiva che una nausea sottile si impadroniva di lei, e chissà se era dovuta alla banalità di quello che leggeva o al fatto che fissare troppo a lungo uno schermo cinque pollici nuoce alla salute...

Anche dal punto di vista mentale, stare su spotted le faceva quasi male; era un po' come ammettere a sè stessa che non aveva niente di meglio da fare.

In effetti, se ci pensava, le sembrava che tutte le lievi, persistenti manie tipiche delle persone nascessero in realtà dalla noia. Pareva una spiegazione accettabile per la tricotillomania, la dipendenza da sigarette, la tendenza a mangiarsi le unghie e il rifiuto di calpestare le linee di congiunzione delle piastrelle.

Rossana ne aveva tre su quattro.

In sintesi, come spesso accade quando si ha la possibilità di farsi gli affari degli altri – e di farlo tramite un aggeggio elettronico – Rossana non riusciva a smettere di leggere Spotted. O meglio, smettere di leggere Spotted avrebbe costituito un dispendio di energie mentali che in quel momento Rossana non era incline a sprecare.

Dopo una manciata di minuti Rossana sollevò il viso dal cellulare e cercò con gli occhi i suoi amici, molte, troppe file più avanti.

Ancora una volta lei era arrivata in anticipo e loro in ritardo, il che in facoltà significava, paradossalmente, che lei si era conquistata il diritto di sedere in fondo e loro si dovevano accontentare della prima fila.

"La prossima volta mi faccio furba." pensò Rossana.

Il suo sguardo pensoso si fermò sulla testa bruna di Andrea. Stava attraversando un periodaccio, il ragazzo: faticava a star dietro agli esami, il che secondo Rossana era praticamente impossibile, ma forse questo era dovuto al fatto che sua mamma era scappata di casa con un ingeniere trentenne, qualche mese prima. O al fatto che Andrea non si stesse integrando particolarmente bene nella nuova città, per dirne una.

Andrea era il suo unico compagno di corso che Rossana conoscesse dai tempi del liceo, e lo riteneva un suo caro amico. Tuttavia, anche se Rossana si trovava perfettamente a suo agio nell'avere a che fare con persone che non conosceva – altrimenti non avrebbe fatto Scienze Politiche – aveva delle difficoltà a rapportarsi proprio con i problemi di chi le era più vicino.

Fatto sta che non sapeva da che parte cominciare per alleviare la depressione di Andrea.

Scrollò le spalle, cercando di scacciare la vaga ansia che sentiva: non aveva senso preoccuparsi per cose che al momento non era in grado di risolvere, la cosa migliore che poteva fare era chiedere consiglio a zia Olivia, che faceva la psicologa. Sarebbe stata senza dubbio la scelta migliore.

All'improvviso, quasi di scatto, si alzò per andare in bagno. Non sapeva se aveva deciso di uscire e si era alzata, o se si era alzata e poi aveva deciso di uscire, ma in fondo non aveva importanza.

 

Arrivata al lavello, Rossana ficcò la faccia sotto l'acqua e poi si guardò nello specchio sbreccato.

Secca, vestiti larghi, una fiammata tinta di capelli rosso tiziano in testa, labbra sottili, mento a punta e occhi nocciola. Questa era Rossana, più o meno.

Ah, poi c'era l'onnipresente fascia per capelli, che possedeva in vari colori e che la faceva sembrare uscita da un concerto di musica etnico-alternativa, cosa neppure del tutto falsa.

Era carina, e non mentiva a sè stessa dicendosi di non esserlo.

Si asciugò alla bell'e meglio con della carta asciugamani che sembrava progettata appositamente per non assorbire acqua e per qualche momento rimase così, a fissarsi.

La porta si spalancò con il botto tipico di quando stanno entrando almeno due persone che nel frattempo stanno anche chiaccherando o ridendo. Facendo casino, insomma.

Erano due ragazze, e Rossana riconobbe la più alta delle due come una delle più attive urlatrici della fila dietro. A modesta opinione di Rossana, gridava "sono una troia" da ogni centimetro di pelle scoperta, che era parecchia.

«Hai visto come ti guardava quello della seconda fila? Si è voltato verso di te per tutta l'ora.» le stava dicendo l'amica, leggermente meno slanciata e provvista di borsetta.

«Ma chi, quello con gli occhi da pesce?» disse l'altra, avvicinandosi così tanto allo specchio che quasi lo toccava con il naso e ravviandosi i capelli mossi.

«Exactly, mia cara.» mentre parlava e si metteva il mascara, la ragazza con la borsa mandò una specie di sorriso in direzione di Rossana, come a riconoscimento della sua presenza. Per il resto le due la ignorarono completamente.

«Ma è il peggio roito della facoltà!» fece la passeggiatrice in erba, con una risata alta e quasi scandalizzata.

«Concordo. Andrea, mi pare che si chiami...» lo sguardo di Rossana saettò verso di loro, ma le due ragazze si stavano già avviando verso l'uscita.

«Senti, andiamo fuori? Voglio una sigaretta.»

«Ma sì. Tanto non ne posso più...»

Rossana rimase sola al centro del bagno, a fissare lo specchio senza cercare la propria immagine.

Si accorse di aver stretto un po' i pugni solo quando le unghie premute contro la carne iniziarono a darle fastidio.

Ah, ecco. Allora le cose stavano così. Si disse che non avrebbe dovuto sentirsi così male, così nauseata, come se non avesse saputo già da prima con cosa aveva a che fare.

Un mondo dove chi era più solo, o più brutto, o più timido veniva emarginato e costretto a non sentirsi mai veramente parte di niente. Ed era quasi ridicolo pensarlo, perchè sembrava una di quelle idiozie, una di quelle distinzioni sociali da telefilm americano, eppure era così: la vita era un clichè, il mondo non era che uno stereotipo di sé stesso, ed era pieno di persone pronte ad agire in coro, perché era comodo.

Non c'era una rendenzione finale, non c'era nessuna giustizia divina; c'erano soltanto persone che rovinavano la vita ad altre persone, senza neppure accorgersene, per il semplice motivo che era in loro potere farlo.

Era vero, Andrea non era bello. Rossana non era sufficientemente ipocrita e buonista per dire il contrario, ma quelle due lo conoscevano? Sapevano del modo splendido in cui suonava il violino, sapevano della sua risata o del suo modo di inclinare la testa per dire che non era convinto? Sapevano del bene che voleva al fratello?

No, loro non sapevano niente di tutto questo, e nonostante ciò, nonostante a loro non cambiasse niente trattarlo male o trattarlo bene, parlarne male o non parlarne affatto, continuavano. Continuavano, come chissà quanta altra gente nei confronti di altra gente, a rendere la vita di Andrea un posto in cui lui non si sentiva mai a casa.

La cosa peggiore era quell'impotenza che sentiva, perché il mondo non sarebbe cambiato ad un suo comando, il solo pensare di convincere sette miliardi di persone a comportarsi in maniera diversa generava in lei una massiccia dose di frustrazione. Era semplicemente impossibile. Lo era anche limitandosi al suo corso di studi, o alla sua città.

I suoi occhi, alla fine, cercarono i suoi occhi nello specchio, e per la prima volta da tanto, tanto tempo, dopo un inverno che sembrava durato mille anni, nella mente di Rossana tutto si sistemò in modo da formare un pensiero unico e pieno. Era bello e lucido come una spada, e ancora non era del tutto esplorato, non ancora completamente definito.

Fece il tragitto dal bagno all'aula come se fosse in uno stato di ipnosi. Non c'era un'utilità nel pavimento o nei muri o nelle porte, l'unica cosa che Rossana vedeva era l'Idea, che si stagliava dritta e precisa nella sua mente, nera su sfondo bianco.

Si sedette al suo posto e tirò fuori il piccolo computer portatile che aveva nella tracolla, accendendolo. Mentre aspettava che il sistema operativo si avviasse, fece scivolare lo sguardo su "Sociologia relazionale. Come cambiare la società.", poi gettò un'occhiata agli occupanti della fila dietro, poi i suoi occhi si spostarono sul capo chino di Andrea, in lontananza.

Si collegò alla rete wireless, entrò sulla pagina di Spotted.

E cominciò a scrivere.




 





NOTE di FINE CAPITOLO: Ecco qui. Spero di non aver scritto troppo male, perchè la stesura è stata veloce e un po' anarchica. Spero anche di aver fatto emergere almeno un po' il carattere di Rossana. Volevo precisare che il racconto è in terza persona abbastanza stretta: questo significa che tutto è visto dal punto di vista di Rossana, di cui non necessariamente condivido le idee e le opinioni. Ve lo dico perché nessuno si stupisca di certe cose che succederanno più avanti, e per chiarire che lo sguardo che getta sulla realtà non è il mio.
Non so quando aggiorneò, anche se spero di farlo in tempi brevi. Alla prossima, mi auguro! :)
   
 
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