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Autore: TooSixy    04/04/2013    4 recensioni
Nonostante Las Noches sia a tutti gli effetti una città di morti, l'esistenza di una Fracciòn non è mai tranquilla o pacifica. Ma nemmeno per sbaglio.
Basti pensare alle incombenze di tutti i giorni: spiriti minori da cacciare, Shinigami da trucidare, Espada testardi e capricciosi a cui badare… insomma, bisogna essere un po' un incrocio tra un gladiatore e un baby-sitter. E malgrado tutto, diciamocelo, si ha pure la reputazione di essere "creature inferiori", poco più che docili schiavetti al servizio dei propri Espada.
Quando però una misteriosa entità compare a Las Noches, pronta a tracciare la sua scia di sangue perfino tra i pezzi grossi, sarà proprio una Fracciòn a rimboccarsi le maniche per fermarla. Armata della sua determinazione, di un dono tanto prezioso quanto molesto e di una Zanpakuto che si fa beatamente i fatti suoi, Rayen si prepara a combattere per la sua vita e per tutto ciò che le è caro.
E chissà, forse potrebbe scoprire di essere coinvolta in un gioco molto più grande e pericoloso di quello che immagina.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Nuovo personaggio, Shūhei Hisagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XV. Another life, another story
Sunset


Karakura, Giappone. 25 aprile 1948
 
I primi, timidi raggi del sole fanno capolino dietro l’orizzonte, tingendo il cielo di un morbido azzurro pastello. Da qualche tempo a questa parte, a Raiha le aurore sembrano più belle del solito... forse perché non preannunciano più lunghe ore di paura e silenzio, ma semplicemente una nuova giornata di sole.


La guerra è finita. Il Giappone ha perso, ma i contadini di Karakura hanno comunque accolto la notizia con calde preghiere di ringraziamento e piccole offerte agli dèi. Nel villaggio c'è un'atmosfera diversa, un nuovo senso di leggerezza che aleggia nell'aria come una delicata fragranza. Nessuno teme più di vedere i propri cari ingoiati dai campi di battaglia, e persino la fame e la miseria adesso non sono che sbiaditi ricordi, persino tra i ceti più umili.

Raiha s'infila una veste pulita e si tira su il cappuccio, come d'abitudine, naturalmente assicurandosi che nemmeno una ciocca ramata faccia capolino sotto il tessuto grezzo. Negli ultimi tempi, la gente la tratta con meno astio del solito - anzi, qualcuno ha persino iniziato a rivolgersi a lei con una sorta di cauta cortesia - ma lei non si sente ancora abbastanza sicura di sé per andarsene in giro a testa scoperta come fa Ryuuji. Un po’ si vergogna di questa sua debolezza, però non può farci niente, è più forte di lei.
Quando esce di casa, per un attimo i teneri barlumi dell'alba la abbagliano. La ragazza si scherma il viso con una mano e si guarda intorno, in cerca del fratello. Lo individua quasi subito: è nell'orto, immerso fino a metà polpaccio tra le esili spighe di riso, e sta parlando animatamente con qualcuno che le dà le spalle. Raiha si sporge quel tanto che basta per riconoscere le fluenti chiome nere di Inoue Asami, la loro amica d'infanzia, splendida nel fiore dei suoi diciotto anni.

Raiha trattiene un sorriso e sgattaiola via senza farsi notare. Da quando si sono calmate le acque, non c'è stato più verso di tener separati i due piccioncini. Asami ha sempre avuto un debole per Ryuuji, e da qualche mese a questa parte anche il semplice affetto fraterno del ragazzo sembra essere diventato qualcosa di più. Adesso è difficile non notare le occhiate intense che si lanciano, o la nota di tenerezza nelle loro voci quando chiacchierano, o il modo in cui si stringono fugacemente le mani quando pensano che nessuno li stia guardando. Un paio di volte sono perfino spariti per ore intere, solo gli dèi sanno dove, ed entrambe le volte Ryuuji è tornato a casa con il volto in fiamme, gli abiti spiegazzati e dei fili tra i capelli.

Piccola correzione: oltre agli dèi, probabilmente anche il granaio dei Murasaki ne sa qualcosa.

Raiha è sinceramente contenta per loro. La diverte il pensiero che quella ragazza dai modi gentili e dallo sguardo caloroso sia riuscita a far breccia tanto facilmente nel cuore severo di suo fratello. Tutto sommato, si direbbe che la ruota della fortuna stia finalmente cominciando a girare a loro favore: l'orto è in lenta ripresa, gli abitanti del villaggio sono più cordiali e Ryuuji s'è legato a una ragazza amabile. L'unica ombra che offusca il buonumore di Raiha è il ricordo di una certa notte di tre anni prima.

Ogni volta che ci pensa, la giovane si porta inconsciamente una mano alla gola, dove - accuratamente nascosta alla vista, almeno quanto i capelli - una sottile cicatrice rossastra continua a bruciare contro la sua pelle chiara. Anche se la parte più lucida di lei cerca di negare, di convincersi che è stato tutto un sogno, nessuna logica, per quanto ferrea, può dare una spiegazione razionale a quella strana ferita... la quale, oltretutto, non sembra affatto intenzionata a rimarginarsi: malgrado il tempo trascorso e i piccoli rimedi naturali che Raiha ha tentato di applicarvi, quella linea scura è ancora lì, come un monito silenzioso. Come a volerle impedire di dimenticare.

Raiha non capisce. È sicura di essere stata a un soffio dalla morte, le basta chiudere gli occhi per rievocare il dolore incandescente intorno al collo e il fiato pestilenziale della bestia contro il suo viso. Tuttavia, quei ricordi che dovrebbero terrorizzarla in realtà non fanno che instillare in lei un malsano senso di eccitazione. Ha l'impressione di essere stata per un attimo vicinissima a un tesoro segreto, a una porta socchiusa verso un nuovo mondo di cui lei però ha potuto vedere solo un minuscolo scorcio. Non passa giorno senza che si chieda cosa fosse davvero quel mostro, o come fosse arrivato a Karakura, e soprattutto chi fosse e che ruolo avesse il giovane che le ha salvato la vita... Hisagi Shuhei, un nome dal sapore antico. Piuttosto stonato, su un volto che non sembra avere visto più di una ventina di inverni.


L'immaginazione vivida della ragazza si diletta a dipingere mille identità, mille varianti, mille storie incentrate su di lui. Magari è lo spettro di un tenace guerriero, ricondotto sulla terra dalla sua sfrenata sete di vendetta, come i protagonisti delle antiche opere di teatro Noh. O forse è l'anima errante di uno dei numerosi samurai che persero la vita nella battaglia di Shiroyama, l'ultimo piedistallo della ribellione di Satsuma. Quello scontro era uno dei pezzi forti del padre di Raiha: Kurosaki Kazuki aveva il dono di una voce ricca e profonda e un incondizionato amore per la Storia. Raiha potrebbe enumerare cento e più serate passate ad ascoltarlo in religioso silenzio, quasi ipnotizzata, mentre le parole scelte e vibranti di suo padre la trasportavano via, tra il clangore delle lame che cozzavano e le urla di guerra degli eroi pronti al sacrificio, dritti nel cuore selvaggio della battaglia.

Raiha scuote la testa, scostandosi da quei ricordi agrodolci, e a passo svelto si dirige verso la casupola di Yamane-san, l'anziano sarto del villaggio di cui è diventata assistente. Sa di non essere fisicamente forte come Ryuuji, né ha le conoscenze botaniche ed erboristiche di Asami, quindi ha messo al servizio della loro piccola comunità le sue doti di tessitrice, uno dei pochi talenti di cui si sente davvero fiera. Preferisce di gran lungo cucire abiti piuttosto che paracaduti, anche se al fianco di uno sarto scontroso e irascibile come Yamane.

« Finalmente ti sei degnata di farti vedere, eh » borbotta lui non appena la giovane giunge alla sua casa. « Spicciati, ragazza, oggi abbiamo molto lavoro da fare. E ricordati che devi ancora finire di rappezzare i pantaloni di Sugimoto-san. »

« Sì, Yamane-san » dice docilmente Raiha. Senza un'altra parola, va a sedersi accanto al fedele telaio takedai di Yamane. È più che disposta a sopportare i mugugnii di quel vecchio brontolone, se questo significa avere qualche yen in più nelle tasche. Le sue mani si posano sul telaio e cominciano a danzare.
 
*

Karakura, Giappone. 29 aprile 1949

È notte.
 

Raiha si rigira nel suo giaciglio, senza riuscire a prendere sonno. Un'inquietudine senza nome le serpeggia sotto la pelle, un cattivo presentimento che non sa identificare, ma che risuona nella sua testa come l'eco di un sussurro velenoso. La ragazza si agita, sbuffa, si rivolta. All'ennesimo movimento si ritrova distesa supina, con le coperte aggrovigliate intorno alle gambe. I suoi occhi cadono su un esile raggio di luna, delicato come il filo di una ragnatela, che filtra dalla finestrella, disegnando una dolce ombra argentea sulla parete di legno scuro. Sarebbe un'immagine molto poetica, se non fosse per il velo di sudore freddo che le aleggia sulla fronte. Intorno a lei il silenzio è totale, cristallino.  

Ryuuji non c'è. Per qualche giorno resterà insieme ad Asami, in teoria per aiutarla a preparare un decotto di erbe particolarmente complesso, in pratica per passare più tempo da solo con lei. A Raiha la cosa non dà fastidio - non è certo una bambina da accudire e tenere d'occhio ogni istante - tuttavia in quel momento vorrebbe tanto accanto a sé qualcuno, un qualunque volto amico che la rassicuri, che non la faccia sentire così sola e vulnerabile.

L'inquietudine diventa sempre più forte, di minuto in minuto, fino a diventare un pulsante malessere che le risale piano lungo l'addome.
 Di colpo, Raiha si rende conto che quello che avverte non è un semplice presentimento, bensì la chiara, agghiacciante consapevolezza di qualcosa che si muove nelle vicinanze, dardeggiando tra le ombre come un serpente. È una fonte di energia, simile a quella emessa dai fantasmi, ma più intensa... più rabbiosa.

Col cuore in gola, Raiha si libera del tutto delle coperte e fa per strisciare verso la finestra. Prima che possa fare un solo passo, però, una seconda presenza - molto più debole della prima - le pizzica gli angoli della mente, e un attimo dopo Inoue-san compare davanti a lei.


« Inoue-san... » balbetta ansiosamente la ragazza.

« Cosa ci fai ancora sveglia, Kurosaki-chan? Fila subito a letto. Domani Yamane-san avrà bisogno di un'assistente sveglia ed energica, non di un sacco di stracci con gli occhi gonfi di sonno! »

Il tono di Inoue-san è gioviale come al solito, ma a giudicare dal modo in cui il fantasma si guarda nervosamente attorno nemmeno lui pare del tutto a suo agio.


« Inoue-san, c'è qualcuno... »

Proprio in quel momento qualcosa di nero attraversa il pallido riflesso della luna. Raiha si sente gelare il sangue nelle vene e per un momento resta immobilizzata, con il fiato sospeso; torna a respirare normalmente solo quando si rende conto che la terrificante minaccia non è altro che una farfalla. Un animale molto bello, oltretutto, scuro e lucente come un ritaglio di seta, ben diverso dalle solite falene color polvere.

Ehi, aspetta un attimo… cosa ci fa una farfalla qui, in piena notte?

Raiha si sfrega gli occhi con una mano, sconcertata, e in quella frazione di secondo la farfalla svanisce: al suo posto è apparsa una figura alta e vestita di nero, che torreggia minacciosa sopra di lei. Raiha fa un balzo indietro e apre la bocca per urlare, ma una mano cala sulle sue labbra e strozza il grido sul nascere.
 

« Zitta » dice piano una voce nel buio.

Quell'unica parola è una rivelazione. Raiha se la ricorda bene, quella voce, anche se l'ha sentita solo in un'altra occasione. Mille emozioni le affluiscono al viso insieme al sangue.


« Hiahifan? » mugola sotto il suo palmo.

Il nuovo arrivato la lascia andare e lei si volta a fissarlo, incredula. La sua memoria riporta a galla vecchi frammenti di immagini distorte: un bambino scheletrico rannicchiato nelle tenebre, un tentacolo bianchiccio che le serra la gola, la sagoma grottesca e deforme di un mostro... e un giovane dai capelli scuri e vestito di nero, con una guancia deturpata da una lunga cicatrice.

Lo stesso giovane che ora si trova davanti a lei.


« Hisagi-san… » ripete, meravigliata.

Lui la guarda in faccia per la prima volta. « Aspetta... Tu sei quella ragazzina di tre anni fa, vero? »

Il cuore di Raiha ha un tuffo. Se lo ricorda!, pensa scioccamente, mentre un inconsueto calore le invade la faccia. Poi un altro pensiero la colpisce.
 

« C'è un altro di quei mostri nelle vicinanze? » chiede allarmata.

Hisagi fa segno di diniego, apparentemente un po' infastidito. « A Karakura per il momento non c'è più nemmeno un Hollow. Ce ne siamo occupati personalmente io e un mio collega. »


« In che senso, “tu e un tuo collega”? » interviene bruscamente Inoue-san. « Cosa significa tutto questo? Chi è questo giovanotto, Kurosaki-chan? »  

A dire la verità, se lo sta chiedendo anche lei. A parte il suo nome, non sa praticamente nulla di lui. Tanti, troppi interrogativi le premono sulla lingua, ma prima che possa darvi voce, Hisagi la mette a tacere con una semplice frase.


« Io sono uno Shinigami, un dio della morte. »

Nella casupola s’abbatte il silenzio.


 « Tu sei cosa? » Raiha è stupita. « Ma gli Shinigami non esistono… cioè, sono solo leggende, no? »

« Ti sembrava una leggenda la creatura che per poco non ti ha ucciso? » replica Hisagi. « Se era reale quella, perché non dovrebbero esserlo gli Shinigami? »


« Fermi tutti, che cos'hai detto? » Inoue-san sposta lo sguardo dall’uno all’altra. La luce di benevolenza dei suoi occhi grigi di colpo cede il posto a un'ira a stento trattenuta. « Cos’è che per poco non ha ucciso Kurosaki-chan? Perché non mi hai raccontato nulla, ragazza? Ditemi chi è quel figlio di un cane e giuro che gli taglio le palle e gliele caccio giù per la gola! »

Raiha arrossisce. « Ci ha già pensato Hisagi-san… ha fatto fuori quella specie di bestia prima che potesse farmi davvero del male. Ma non capisco, cosa c’entra questo con gli Shinigami? »


« Non hai bisogno di sapere queste cose » ribatte Hisagi. « Adesso cortesemente fatti da parte, ho un lavoro da svolgere. »

« Non posso farmi da parte! » protesta Raiha, e subito dopo si morde l'interno della guancia, rendendosi conto di essere suonata petulante. « Voglio dire... ti ho aspettato fino ad ora, non puoi sparire di nuovo e far finta che non sia successo nulla. Non voglio continuare a raccontarmi che è stata tutta un'allucinazione quando non è vero. E se arrivasse un'altra creatura? Non sarei minimamente preparata neppure stavolta. Perché non puoi spiegarci cosa sta succedendo? »

« È per il vostro bene... »

« Almeno dicci cosa c'entrano gli Shinigami. » Raiha si sforza di sgranare al massimo le iridi, secondo l'infallibile tecnica degli occhioni persuasori di Asami. « Solo due parole, Hisagi-san. Per capire. »

Hisagi sembra titubante. Raiha infonde nello sguardo tutta la convinzione che riesce a richiamare, rimpiangendo di non essere ammaliante come Asami. Chissà perché, quando lo fa l'amica, gli effetti sono parecchio più immediati.

Ma alla fine Hisagi cede.

« Il compito principale di noi Shinigami è eliminare creature come quella che ti ha attaccato, che noi chiamiamo Hollow » spiega con una punta di esasperazione. « Quando uno Shinigami uccide un Hollow, l'anima di quest'ultimo viene purificata e può raggiungere in pace la Soul Society, ovvero quello che voi umani potreste definire il paradiso. Però io adesso non sono qui per un Hollow… sono qui per un Plus. »

« Per un che? »

« Un’anima rimasta incatenata in questo mondo, ma già pronta per la Soul Society. » Hisagi sguaina la spada e si volta senza fretta verso Inoue-san.

Il fantasma se possibile diventa ancora più pallido, tuttavia la sua voce resta ferma e mordace. « Che intenzioni hai, dio della morte? Pensi forse di spaventarmi con quella sottospecie di coltello da cucina? »


« Non voglio spaventare nessuno, solo proteggere la tua anima. »

Con la stessa innaturale velocità con cui è balzato contro l'Hollow, Hisagi saetta verso il vecchio e gli sfiora la fronte con l'elsa della spada: tra le sopracciglia trasparenti di Inoue-san appare un sinuoso ideogramma argenteo.

« Voi Plus siete in pericolo. Fino a quando resterete legati al mondo terreno, gli Hollow vi daranno la caccia per sempre. »

« Ma cosa... » Il volto di Inoue-san, dapprima confuso, viene illuminato da un vago sorriso. Il suo sguardo si fa vitreo, distante, lo sguardo di chi ha appena avuto una visione straordinaria. 

« Vai » lo incita Hisagi. « La Soul Society ti aspetta. »

« Sì… » risponde distrattamente il vecchio. Per un attimo la sua trasparenza s'accende di riflessi brillanti, poi il fantasma si dissolve poco a poco, come un ricciolo di fumo disperso dal vento.

Raiha avverte l'aura di Inoue-san scivolare via dalla sua mente. E sente freddo. Inoue-san se n'è andato. Quella
 nuova, dolorosa verità la colpisce come uno schiaffo: colui che per anni è stato la sua guida e il suo sostegno se n'è andato, stavolta per sempre.  

« Inoue-san… » Non si accorge di aver pronunciato il suo nome ad alta voce fino a quando Hisagi non abbassa lo sguardo su di lei. Di colpo, Raiha si rende conto di essere da sola con un uomo e di non avere addosso altro che la logora camicia da notte; imbarazzata, s'affretta ad avvolgersi nella coperta. « Cosa gli hai fatto? »


« L'ho inviato alla Soul Society, insieme alle altre anime purificate. » Hisagi mette via la spada. « Starà bene, fidati. La maggior parte degli spiriti si trova meglio lassù che nel mondo umano. »

« Ma perché? Lui qui stava benissimo! »

Hisagi le lancia un'occhiata tagliente. « Io non credo. Era un pericolo mortale, per se stesso e per la sua famiglia. Karakura al momento è sicura, è vero, ma prima o poi gli Hollow torneranno, ed è possibile che qualcuno di loro riesca a superare le nostre difese. In tal caso, un'anima Plus come lui li attirerebbe come il sangue attira gli squali. »  La osserva da capo a piedi. « Non che tu faccia un granché per non attirarli. La tua reiatsu è come un faro nel buio, potrei percepirla a dieci miglia di distanza. »

Raiha ormai è spaesata. Troppe informazioni in un colpo solo. « Cos'è la reiatsu? » 

« La tua energia spirituale. È piuttosto forte, per appartenere a una semplice umana. Dovrai imparare a sopprimerla, o se non altro a schermarla: se non ci fossimo stati io e Uragiri a fare piazza pulita, probabilmente saresti stata attaccata almeno un'altra dozzina di volte. »

« Non ti seguo » replica lei con un filo di voce. « Stai dicendo che dentro di me c'è una sorta di energia che attira i mostri? » Sta cominciando davvero a realizzare che Inoue-san non tornerà più per sussurrarle parole di conforto al momento del bisogno. Ora le restano solo Ryuuji e Asami, e non li esporrà mai, mai e poi mai al minimo rischio. Dev'essere forte, se non per se stessa, almeno per loro. « Hisagi-san, insegnami » sbotta di punto in bianco. « Non so come funzionino queste cose spirituali, ma tu sai come si fa a schermare la reiatsu, no? Per favore, aiutami a farlo. »

Hisagi resta in silenzio.

« Per favore? » ripete Raiha in tono più dolce.

Lui si stringe nelle spalle. « Beh, la Soul Society non vede di buon occhio i contatti con gli umani, ma penso che mi perdoneranno un piccolo strappo alla regola. In fondo, il nostro obiettivo primario è quello di proteggere le vostre anime. Non che ci sia nulla da temere, fino a quando ci saranno degli Shinigami in circolazione… prendila solo come una misura precauzionale. »

Raiha annuisce. Se la situazione le sembra pazzesca, non fa nulla per mostrarlo. « Quando cominciamo? »

« Adesso. »

« Adesso adesso? »

« Sì, in questo preciso istante. »

« Ma... »

« Niente "ma". Posso insegnarti, se lo desideri così tanto, però non ho tempo da perdere. »

Da quel momento e per le due ore successive, Raiha resta inginocchiata a terra, con gli occhi chiusi e i pugni stretti, contratta nel tentativo di individuare la propria reiatsu. Accanto a lei, Hisagi apre bocca solo per bisbigliare un consiglio o qualche sporadico commento. Sembra vagamente seccato, ma non si tira indietro.

« Devi focalizzarti di più » dice più volte. « Concentrati solo su te stessa ed escludi tutto il resto. Senti la tua anima, ascoltala. »

Raiha ci prova, ci prova sul serio, ma più cerca di ascoltarsi e più le sembra di essere vuota. Un paio di volte intravede un brevissimo sfarfallio di energia, ma è poco più di una scintilla, troppo leggera e troppo rapida perché lei possa afferrarla. Alla fine riapre gli occhi con un sospiro. Benché non si sia mossa, ha la fronte imperlata di sudore e i muscoli delle gambe tutti indolenziti.

« Come prima volta può bastare » conclude Hisagi.

Raiha fa una smorfia. « Non è stata un granché, vero? »

« Non m’aspettavo dei risultati immediati. In fondo, è la prima volta che provi a maneggiare la reiatsu. »

« Possiamo riprovare domani? »

Hisagi sembra rifletterci su per qualche istante. « Sì, rivediamoci domani notte. Trova una scusa per restare da sola e nel frattempo cerca di esercitarti il più possibile. »
 
*
Karakura, Giappone. 30 aprile 1949    

Per tutta la giornata successiva, Raiha è indaffaratissima: mette in ordine la casa, aiuta Ryuuji a raccogliere e stipare il riso, finisce di confezionare una veste ordinata a Yamane-san. La sera, lei e suo fratello vengono invitati a cena da Asami: la fanciulla s’è offerta di cucinare la sua celebre zuppa di miso e, tra una cucchiaiata e l’altra, Raiha viene a sapere i nuovi pettegolezzi che circolano nel villaggio.

Come sempre, Asami è aggiornatissima su ogni tipo di argomento, dalle semplici chiacchiere dei contadini alle ultime novità della politica: ci tiene subito a informare gli amici che la figlia del taverniere è incinta del suo quarto figlio, che una delegazione americana è stata inviata per un controllo nel vicino villaggio di Saka e soprattutto che – a detta di uno dei suoi commercianti di fiducia – un influente membro del partito di Seiyukai, Ashida Hitoshi, è salito alla carica di Primo Ministro del Giappone.

Ryuuji ascolta con attenzione, chiedendo di tanto in tanto un chiarimento, senza staccare mai gli occhi di Asami. Raiha invece la sta a sentire solo distrattamente, e quando interpellata risponde a monosillabi. Con la mente è già proiettata a quella notte, e a Hisagi.

« Tutto a posto, Raiha-chan? Sembri un po’ assente, stasera… » I grandi occhi grigio chiaro di Asami si puntano su di lei, pieni di una sorta di materna preoccupazione. « Ti senti bene, cara? »

Raiha compone al volo un sorriso un po’ tirato. « Oh, sì, non preoccuparti! Ho solo un po’ di mal di testa, credo che andrò a letto presto. »

« Come desideri. » Asami si rilassa. « Vuoi che ti prepari una tisana? »

« Non penso che servirà, ma grazie del pensiero. »

Pochi minuti dopo, abbozzando la scusa del mal di testa, Raiha si alza e torna a casa. Le due abitazioni sono praticamente affiancate, divise solo da un basso muretto – sul quale s’inerpica un coraggioso ciliegio – e dal piccolo orto di Ryuuji. Mentre supera il muretto, la ragazza non può fare a meno di ripensare al falso bambino dalla pelle cinerea che l’aveva tratta in trappola. E al modo in cui Hisagi è comparso dal nulla per salvarla.

Hisagi Shuhei. Ha pensato a quel nome troppo spesso, nelle ultime ore. Se proprio deve essere sincera con se stessa, la ragazza deve ammettere di sentirsi in qualche modo attratta da quel giovane taciturno dall’aria seria. Forse è per l’alone di mistero che lo circonda. O forse perché è l'unica persona in grado di placare la sua bruciante curiosità.  
È una pazzia, si dice, esitando sulla soglia di casa. È uno sconosciuto, e per di più un uomo. Una ragazza a modo non dovrebbe mai restare da sola con lui. È sbagliato…
Ma se avesse voluto farle del male, gliene avrebbe già fatto. E se quello che ha detto è vero, se Raiha non impara a controllare quella maledetta reiatsu si trasformerà in una calamita vivente per Hollow. Il che implicherebbe altri rischi per Ryuuji e Asami.

Con un sospiro, apre la porta ed entra.

Nel buio della stanza, cerca a tentoni l’acciarino e avanza verso la stufa per ravvivarla. Le fiamme non hanno ancora fatto in tempo a brillare che una silenziosa presenza s’insinua alle sue spalle. Raiha ormai ha imparato a riconoscerla, e stavolta non prova più né ansia né inquietudine. Anzi, quasi la fa sorridere il pensiero di quanto si sia spaventata la notte prima.

« È questa la reiatsu, Hisagi-san? » chiede, senza voltarsi.

« Sì » risponde la voce calma dello Shinigami. « La percezione della reiatsu è un dono raro, tra gli umani. Per adesso la tua è ancora abbastanza grezza, ma ti permette già di capire se si sta avvicinando uno spirito, benevolo o malevolo che sia... Questo a meno che lui ovviamente non tenga la reiatsu azzerata. » All’improvviso, la presenza – la reiatsu di Hisagi – sparisce, e per un attimo Raiha pensa che se ne sia andato.

Si volta, e per poco non va a sbattergli contro. È così vicino che se fossero alti uguali i loro nasi si sfiorerebbero. Lei s'affretta a indietreggiare.

« Capisci cosa intendo? » sorride Hisagi, visibile agli occhi del corpo ma non a quelli della mente.

« Credo di sì… ma se gli Hollow percepiscono la reiatsu e tu sei una specie di cacciatore di Hollow, non ti sarebbe più conveniente tenerla sempre azzerata quando ti muovi? »

« Di solito lo faccio » replica lui, alzando di nuovo il suo schermo di energia psichica. « Ma finché in circolazione ci sono certi umani con una reiatsu che brilla come un faro, preferisco restare all’erta e prepararmi a ogni evenienza. Se non ci sono altre domande, vogliamo cominciare? »

Per la seconda volta, Raiha si siede e si concentra.

I minuti scorrono, rotolando oziosamente gli uni sugli altri, mentre lei cerca di ascoltare se stessa, come le suggerisce Hisagi. L’aura dello Shinigami è come un fuoco vivido e luminoso ai margini della sua mente, ma captare la propria le risulta molto più difficile. Una gocciolina di sudore le solca la tempia. La ragazza affonda le unghie nella carne e si impegna ancora di più, forzando poco a poco la sua coscienza ad aprirsi. È una vera e propria battaglia interiore, lunga e faticosa.

Trascorre così quasi un'ora e mezzo, e Raiha è quasi sul punto di arrendersi, quando qualcosa si smuove nella sua mente e di colpo la sente. La sua reiatsu!

« L’hai trovata » dice Hisagi. Non è una domanda, ma lei si lascia comunque sfuggire un « Sì! » emozionato.

Senza aprire gli occhi, Raiha cerca di focalizzarsi sulla nuova fonte di energia. Rispetto alla prepotente reiatsu di Hisagi, questa è molto più piccola e palpita debolmente, come la fiammella di una candela. La sua mente s'avvolge intorno ad essa, e lo fa con la massima cautela: per avvertirla ha bisogno di ogni stilla di concentrazione che riesce a evocare. Dopo alcuni minuti, quando si sente un po' più sicura, Raiha allenta la presa mentale e si permette di osservarla con più attenzione.

Per quanto sottile ed eterea, la reiatsu pervade ogni centimetro della sua pelle, s'intreccia a ogni fibra del suo essere. Ha persino un colore, un azzurro vitale e profondo come il cielo estivo. E profuma: una fragranza lieve e fresca che le ricorda i fiori di peonia.

Raiha cerca di trattenere quel contatto più a lungo che può, ma alla fine la stanchezza prende il sopravvento e la ragazza è costretta a lasciarlo andare. Il sentore della sua reiatsu si dissolve quasi subito... al contrario dell'energia emanata da Hisagi, che continua a pulsare forte e nitida.

« La tua reiatsu è verde » commenta stancamente Raiha.

Hisagi annuisce. « Ti sorprende? »

« A dire il vero, no. »

Raiha abbassa le palpebre e sorride. Il verde è un colore vivace e rassicurante, che sa di primavera, ma è anche il colore del nucleo più profondo e impenetrabile delle foreste, il cuore segreto in cui solo le ombre e gli animali selvaggi osano avventurarsi.

Una tonalità pacata e al tempo stesso misteriosa.

In un certo senso, si confà perfettamente a Hisagi.
 
*

Karakura, Giappone. Autunno 1949

I giorni scivolano l’uno dopo l’altro, fondendosi gradualmente in mesi e poi in stagioni. Col passare del tempo, il traballante rapporto tra Kurosaki Raiha e Hisagi Shuhei – nato per caso e quasi per costrizione – si rafforza fino a diventare un'insolita amicizia. Quando non è in servizio per conto della Soul Society, è facile trovare il giovane Shinigami in giro per Karakura. Anche se Raiha ormai ha imparato a controllare piuttosto bene la sua reiatsu, Shuhei non perde occasione per passare a trovarla.

I due hanno preso l’abitudine di incontrarsi al crepuscolo, quando il cielo inizia a tingersi di viola e di nero e i contadini di Karakura cominciano a ritirarsi nelle proprie case. Il loro posto preferito è il muretto che separa l’abitazione dei Kurosaki da quella degli Inoue. Là, sotto i rami del vecchio ciliegio, l'umana e lo Shinigami si scambiano storie, consigli e a volte persino confidenze.

Shuhei trova rilassanti – incredibilmente rilassanti, in effetti – quei brevi intermezzi tra una missione e l’altra. Da quando gli è stata affidata la sorveglianza della zona, non s’è mai allontanato molto da Karakura o dai villaggi limitrofi: è il suo primo incarico nel mondo umano e intende portarlo a termine in modo impeccabile. Per questo non si tira mai indietro davanti ai suoi compiti, siano questi lunghi, monotoni giri di pattuglia tra i villaggi o frenetiche cacce all'Hollow. La catena della responsabilità gli grava sulle spalle e tintinna a ogni passo. Eccetto che in quei momenti.

Per quanto Shuhei ami la solitudine, deve dire che la compagnia della piccola umana non gli dispiace affatto. Il che è abbastanza sorprendente, considerando che la prima volta che l'ha vista - e per molte volte successive - l'ha inquadrata come niente più che un fastidio, un peso di cui sbarazzarsi il prima possibile. Adesso, deve ammettere che poche cose gli trasmettono lo stesso senso di serenità dello stare insieme a Raiha, guardare i suoi occhi sgranati e perennemente pieni di un candido interesse. La sua anima curiosa e innocente gli ricorda che il mondo non è fatto solo di obblighi, brutture e demoni da fare a pezzi: lui, proprio come gli altri Shinigami, si batte perché persone come lei possano vivere in pace, al sicuro dalle brame degli Hollow.

Dal canto suo, Raiha è profondamente affascinata da Shuhei. Passa intere ore ad ascoltare i suoi racconti: racconti densi di emozioni, avventure e pericoli soprannaturali, esperienze che lui ha vissuto in prima persona ma che sembrano sgorgare direttamente dal cuore delle leggende, come quelle che suo padre le narrava da bambina. Gli spiriti e i demoni dipinti dalle parole del giovane rivivono davanti a lei, nella sua mente, e dopo il suo primo e unico incontro con l’Hollow burattinaio, nessuno di loro le sembra poi così assurdo o irreale.

La ragazza muore dalla voglia di scoprire di più sulla Soul Society, su quel mondo che le sembra così lontano e diverso e che invece a quanto pare è strettamente collegato al proprio, ma Shuhei non scende mai nei dettagli e raramente parla dei suoi colleghi o dei suoi superiori, se non per accenni. Probabilmente perché gli è proibito parlarne, o così ipotizza Raiha.

C’è però un nome che Shuhei menziona molto spesso, e quel nome è Tousen Kaname. Ogni volta che lo pronuncia, il viso dello Shinigami s’illumina di una sincera ammirazione. Anche se lui non lo ha mai detto direttamente, Raiha ha dedotto che la Soul Society è composta da delle specie di divisioni militari, e questo Tousen dev'essere il Capitano della divisione di Shuhei.

« È un uomo straordinario, Raiha-san, straordinario » le dice una volta in tono accalorato. « È partito da zero, ma in pochissimo tempo s’è costruito una carriera sfolgorante. Pensa che è passato da quinto seggio a Capitano nel giro di un solo anno! E oltre ad essere intelligente e carismatico è anche uno dei combattenti più formidabili che abbia mai visto, e dico sul serio, in tutta la Soul Society non ci sono molti avversari alla sua altezza. E tutto questo nonostante sia cieco! »

L’entusiasmo e il rispetto che venano la sua voce impressionano Raiha. Lei non ha mai venerato nessuno, né ha mai perseguito chissà quali grandi ideali. La cosa più vicina a un eroe che riesce a concepire è Ryuuji, ma l’affetto, la stima e la profonda comprensione che la legano a suo fratello sono ben diversi dalla cieca devozione di Shuhei. Raiha trova quasi buffo che una persona seria e composta come lui possa idoleggiare qualcuno in quel modo.

A ben pensarci, Shuhei e Ryuuji un po’ s’assomigliano. Entrambi sono calmi e affidabili e hanno un forte senso di responsabilità.

Ryuuji, però, è molto più cinico e chiuso in se stesso. Considera le persone esterne nello stesso modo in cui una volpe considera i cani, ossia innanzitutto come potenziali nemici, e non si porrebbe alcuno scrupolo a calpestarle pur di proteggere chi ama. Raiha comprende perfettamente la sua durezza di carattere: per anni è stato detestato e temuto per i motivi più sciocchi, e la rabbia, il dolore e l'umiliazione non hanno mai abbandonato del tutto il suo cuore.


Shuhei invece è… Shuhei. A volte un po’ insicuro, a volte un po’ arrogante, ma essenzialmente altruista. È colui che senza conoscerla le ha salvato la vita, che senza aspettarsi nulla in cambio ha sacrificato tempo e fatica per insegnarle a controllare la reiatsu. È colui che ha consacrato la sua intera esistenza a proteggere le anime di perfetti sconosciuti.

E Raiha piano piano realizza che è proprio questo aspetto a toccarla più di qualunque altro.

 
*
 
Karakura, Giappone. 14 dicembre 1949

« Perché porti il cappuccio? »

La domanda di Shuhei giunge così, di punto in bianco. Ma nella voce dello Shinigami non c’è alcuna nota di scherno, solo una sincera curiosità.

« Capisco indossarlo una volta ogni tanto, ma tu ce l'hai sempre. Sembra quasi che tu voglia nasconderti. »

I due sono nel “loro” posto, come sempre; lei è seduta a terra, lui appollaiato sopra il muretto. Sopra di loro, le fronde del ciliegio sospirano sommessamente, accarezzate da un vento gentile. Una pallida falce di luna fa capolino dietro i rami scheletrici.

Raiha rimane in silenzio per un po’, giocherellando nervosamente con i lacci del cappuccio, senza sapere bene come rispondere.

« Non voglio che la gente veda i miei capelli » confessa. « Il loro colore è strano, è diverso dagli altri. A Karakura dicono che è così perché io e mio fratello siamo maledetti dagli spiriti volpe. »

« In che senso, maledetti? » Shuhei aggrotta la fronte. « Stai scherzando, spero. Pensieri del genere non dovrebbero più nemmeno esistere da almeno quattro o cinque secoli. »

« Lo credo anch’io, ma lo vai a spiegare tu al resto del villaggio? »

Shuhei sbuffa e si lascia scivolare giù dal muretto, dirigendosi verso di lei. Per tutta risposta, Raiha lo fissa e serra d’impulso le dita sull’orlo del cappuccio.

« Guarda che non mordo » dice lui con una punta d’impazienza. « Potresti toglierti quel dannato cappuccio? »

Raiha non muove un muscolo.

« Avanti, ormai mi conosci. Ti sembro forse uno di quei fanatici superstiziosi che sparge incenso a destra e manca sciorinando idiozie? E poi li ho già visti i tuoi capelli, ti ricordi? Dai, togliti il cappuccio. »

A gesti lenti e insicuri, la ragazza scioglie i lacci e getta indietro le pieghe di tessuto, rivelando i cortissimi capelli bronzei. Per un attimo, si sente in imbarazzo, quasi come se fosse nuda. Poi qualcosa le sfiora gentilmente la testa: la mano di Shuhei.

« Visto che non era nulla di tragico? » la stuzzica lui. « Comunque, si può sapere perché ti vergogni tanto dei tuoi capelli? Sono bellissimi. »

« Dici? » chiede fiaccamente Raiha.

La mano di Shuhei scivola sulla sua nuca e si ferma lì, proprio sopra il collo. « Non ho mai visto un colore più carico e splendente di questo. Potresti lasciarli crescere un po’, sono sicuro che diventerebbero magnifici. »

Un calore non del tutto spiacevole infiamma il viso della ragazza. « Grazie. »

Tutto sommato, pensa accarezzandosi le punte dei capelli martoriate, forse ne è valsa la pena di ricevere anni di occhiatacce e derisioni, se in cambio ha potuto avere quell’unico complimento.  
 
*  
 
Karakura, Giappone. 2 Marzo 1950

Il disastro colpisce Karakura sul finire dell'inverno.

Il cielo è scuro, carico di nuvole rigonfie e rimbombante dell’eco selvaggia dei tuoni. Gocce di pioggia fitte e taglienti come schegge di vetro fendono l’aria umida. I contadini si chiudono in casa, in trepidante attesa che il maltempo passi, ma quello si protrae giorno dopo giorno.

E alla fine raggiunge l’apice.

Una sera, il fiume Onikawa – generalmente poco più che un mite nastro d’argento – rompe gli argini con inaudita violenza, riversandosi fuori in un turbinio di acque melmose e schiumanti, e colpisce prepotentemente il lato occidentale di Karakura.

Si scatena il panico.

Gelide e spietate, le acque scure travolgono tutto ciò che incontrano sul loro cammino, uomini e bestie, straziando i campi e investendo le casupole come se fossero fatte di cartapesta. Una bassa ondata arriva a sferzare casa Inoue, rodendo pericolosamente il muretto tra questa e l'abitazione dei Kurosaki.

« Muoviti, Raiha, troviamo Asami e andiamocene! » urla Ryuuji, cercando di farsi sentire al di sopra del fragore dei tuoni e della pioggia.

Raiha gli afferra una mano. « Dov’è Asami? » grida di rimando.

« Là in fondo! »

Un lampo illumina il cielo e Raiha la vede nitidamente: la ragazza sta arrancando nel fango, verso di loro, i lineamenti armoniosi sconvolti dall’angoscia.

« State bene? » urla.

« Sì, ma non lo staremo ancora a lungo se non ci togliamo di torno! » ribadisce Ryuuji. « Andiamo verso le montagne, forza! »

Asami sbarra gli occhi, ma si costringe ad annuire. I primi rialzi delle montagne sono a tre miglia da lì: un viaggio che sembra impossibile, sotto gli scrosci di pioggia e con il fiume che sale sempre più in fretta. Tuttavia, sembra essere l’unica possibilità.

Qua e là, i tre ragazzi intravedono altra gente che corre e grida, chi gemendo una perdita e chi affaccendandosi per salvare il salvabile. In molti, come loro, puntano a est, verso le montagne; ma qualcuno resta fermo dov’è, sotto shock, a fissare imbambolato la crescente furia del fiume.

« Cosa stai facendo? » sbotta Ryuuji, afferrando uno di loro per le spalle e scrollandolo vigorosamente. « Se ci tieni alla pelle, vattene! Via! »

L’altro batte stupidamente le palpebre e si gira a guardarlo stralunato. Raiha sussulta: è Yamane, il vecchio sarto presso cui lavorava.

« La mia sartoria… » geme l’uomo.

« Lasciate perdere la sartoria e salvatevi, Yamane-san! » replica Asami.

Lei, Ryuuji e Raiha continuano a correre, impacciati dal terreno fangoso e dagli abiti ormai intrisi d’acqua. Anche la vista diventa sempre più difficoltosa, poiché sta calando la notte e le tenebre cominciano ad addensarsi. Un ciottolo nascosto nella fanghiglia per poco non fa inciampare Ryuuji, ma la sorella è pronta a sorreggerlo per un gomito. Nel buio, i felini occhi verdi s’incrociano brevemente con quelli nocciola in un muto ringraziamento.

Il fiume alle loro spalle continua a crescere rapidamente.

Raiha comincia a sentire i polmoni in fiamme e i muscoli delle gambe sempre più indolenziti, però sopra ogni cosa regna il terrore: un terrore cieco e dominante che invade la sua mente e le sue membra, esortandola a correre, a correre, a correre, persino ad annullarsi nell’oscurità se necessario, ma senza rallentare il passo.

Confusamente, ode un grido alle sue spalle e si volta.

Asami è caduta e lotta disperatamente per rialzarsi, ma il fango l’ha già fatta sprofondare fino al ginocchio e ora la sta trattenendo come un’infida macchia di sabbie mobili. E il nero boato del fiume sta diventando più forte.

« Asami! »

Ryuuji e Raiha tornano subito indietro e afferrano la fanciulla per le braccia, cercando di tirarla fuori dal pantano, ma la stanchezza appesantisce loro le membra e per quanto si sforzino non riescono a liberarla. Sulle guance di Asami, le lacrime iniziano a mescolarsi alla pioggia.

« Riproviamo! » grida disperatamente Raiha. « Tutti insieme! »

Ryuuji annuisce e stringe i denti, convertendo ogni fibra del suo essere in nuova energia per salvare Asami. Per un attimo, il fango sembra cedere… ma poi le forze gli vengono meno, e così alle due ragazze. Ryuuji e Raiha s'accasciano nella melma.

« Lasciatemi… » comincia Asami, ma Ryuuji la precede.

« Non ci provare! » ringhia, e nella sua voce la rabbia è seconda solo alla disperazione. « Non provare a rifilarci la solita cazzata del “lasciatemi stare, pensate a voi stessi”! Io non ti lascio qui! »

« Devi farlo, invece… »

Asami s’interrompe di nuovo, stavolta con un piccolo gemito di sorpresa, mentre due braccia muscolose le cingono la vita da dietro e la sollevano, strappandola senza apparente difficoltà alla presa del fango. Ryuuji e Raiha fissano a bocca aperta il suo inaspettato salvatore. È un giovane, vestito con gli abiti umili e dimessi di un contadino, ma che sembra irradiare un’aura diversa… un'aura quasi di potere.

Un'aura verde.

L'anima di Raiha fa una capriola, sorpresa e sollevata. Riconoscerebbe ovunque quella zazzera corvina e quegli occhi nerissimi. È Shuhei… ma perché abbia i panni di un contadino e perché Ryuuji e Asami riescano a vederlo, resta un mistero.

« Muovetevi! » comanda lo Shinigami senza tanti complimenti.

Ryuuji gli lancia un’occhiata indecifrabile, ma senza perdere altro tempo si carica sulle spalle un’esausta Asami – che protesta debolmente, lamentandosi che così lo rallenterà e basta – e riprende la corsa. Raiha li segue a ruota, Shuhei l’affianca. La comparsa di quest’ultimo rinnova la speranza e la determinazione dei tre ragazzi. 

E finalmente, dopo quella che sembra un’eternità, il terreno sotto i loro piedi comincia ad inclinarsi verso l’alto. Raiha alza gli occhi. Al di là del velo della pioggia, si possono indovinare i profili massicci e taglienti delle montagne.

« Coraggio, ci siamo quasi! » li sprona Ryuuji.

Una breve arrampicata è sufficiente per raggiungere una grotta, aperta come una piccola ferita nel fianco roccioso della montagna. Stanchi, tremanti e inzuppati – ma sani e salvi – i ragazzi si trascinano all’interno e si lasciano scivolare sul terreno asciutto. Per alcuni istanti, l’unico suono percepibile è il loro respiro ansante. Ryuuji passa un braccio intorno alle spalle di Asami e la stringe contro di sé con fare protettivo, cercando di scaldarla con il suo stesso corpo. Al suo fianco, Raiha cerca senza troppo successo di calmarsi, ma il fiato le esce veloce e irregolare e il cuore sembra lì lì per schizzarle via dal petto. Quando si gira verso l’imboccatura da cui sono entrati, vede la sagoma di Shuhei stagliata contro il cielo cupo.

« Qui dovreste essere al sicuro, almeno per un po’ » commenta lui con voce bassa e tranquilla.

« Sì » conferma Ryuuji, nel tono più dignitoso che riesce a tirare fuori nonostante il fiatone. « Ascolta, ti siamo immensamente grati per averci aiutati, ma si può sapere chi sei? Sono certo di non averti mai visto a Karakura. »

« Sono un pescatore di Saka. » Saka è un villaggio costiero a circa cinque miglia da Karakura. « Mi sono recato a Kyoto per vendere la mia merce, ma sulla via del ritorno sono stato sorpreso dal maltempo e mentre cercavo riparo mi sono accidentalmente imbattuto in voi. »

La naturalezza con cui lo dice è disarmante.

Raiha accenna a un lieve sorriso. « Che possiamo dire? Grazie, nostro misterioso salvatore. »

Anche se non può vederlo, il suo tono le dice che Shuhei sta sorridendo a sua volta. « Di nulla. »
 
*
 
Quando la tempesta si placa, di Karakura non è rimasto un granché. Solo un misero pugno di abitazioni è rimasto in piedi e i campi sono completamente distrutti. Alcuni contadini riuniscono il poco che hanno potuto salvare e si trasferiscono altrove; ma la maggioranza, tra cui Ryuuji, Raiha e Asami, decidono di restare e di provare a ricostruire il villaggio.

È un’opera lenta e faticosa, che richiede la pazienza e la collaborazione di tutti. Dapprincipio, più di un contadino pare recalcitrante ad accettare l'assistenza dei kitsunetsuki, ma la loro diffidenza comincia a sciogliersi quando si ritrovano a dover sgobbare per tenere il passo con Ryuuji, dietro al cui fisico esile si celano una forza insospettabile e una gran voglia di fare.

L'erboristeria Inoue e la sartoria di Yamane sono state spazzate via dal fiume, quindi Asami e Raiha s'adoperano a piene mani per tessere e intrecciare reti da pesca e da uccellagione, talmente leggere e resistenti da attirare l'attenzione persino dei villaggi vicini. 

Come in precedenza, Shuhei torna spesso da Raiha, sia in forma di Shinigami, sia nei panni di umile pescatore. Il loro posto non esiste più - del muretto rimangono solo pochi mattoni e il vecchio ciliegio è stato sradicato dal fiume - ma adesso i contadini sono talmente impegnati che se anche vedessero una ragazza parlare da sola probabilmente non ci farebbero più caso. Con l'aiuto di Shuhei, di Asami e di alcuni volenterosi abitanti di Karakura, i due Kurosaki innalzano una seconda casa, più piccola e semplice della precedente, ma essenzialmente abitabile. E per ora non desiderano nulla di più.

Dopo essersi brevemente consultato con Raiha, Ryuuji invita Asami a vivere con loro. La fanciulla, cresciuta secondo il severo regime tradizionalista di Inoue-san, dapprima oppone resistenza, reputando indecente il fatto di convivere apertamente con un uomo che non è né suo consanguineo né suo legittimo sposo, ma ben presto cede. Il numero di casupole è ancora limitato e, usanze o non usanze, i contadini devono arrangiarsi come possono.

Raiha è però convinta che, dietro il suo pudore, la fanciulla raramente sia mai stata così contenta.
 
*
 
Karakura, Giappone. 10 maggio 1950

Raiha non è sicura dell’esatto momento in cui s’accorge che ciò che nutre per Shuhei va al di là del semplice affetto. Probabilmente accade quando, quasi per un mese di fila, lui non si presenta al loro solito punto d’incontro. La ragazza, fresca di sedici anni, comincia a preoccuparsi sul serio. Poi, finalmente, Shuhei ritorna: ma con il corpo martoriato di cicatrici e un braccio appeso al collo.

Shuhei...! Non appena percepisce la sua reiatsu, Raiha lascia perdere il suo lavoro di cucito e accorre da lui. Ansia e sollievo riverberano insieme dietro le sue iridi sbarrate. « Shuhei-san, cos’è successo? »

« Solo una missione un po’ più complicata del previsto » replica lui con una scrollata di spalle, per poi abbozzare un sorriso. « Che ti prende, t’illudevi forse di esserti sbarazzata di me? »

Raiha prende in seria considerazione l’idea di dargli uno schiaffo, ma alla fine la felicità prende il sopravvento e si limita ad abbracciarlo, seppur con estrema delicatezza, stando bene attenta a non urtare le bende. Shuhei ricambia goffamente con il braccio libero. Al semplice contatto, il macigno che le ha compresso il cuore fino a quel momento si scioglie come ghiaccio sotto il sole.

« Oserei dire che mi sei mancato » dice la ragazza in tono scherzoso, prima di fare un passo indietro e staccarsi da lui, stavolta fissandolo con aria seria. « Sai che ora mi dovrai raccontare tutto per filo e per segno, vero Shinigami? E che non pretenderò altro che la verità nuda e cruda? »

« Ero pronto all’evenienza. » Shuhei la guarda con più attenzione, e il suo sorriso s'allarga. « Alla fine ti ho convinto a toglierti quello stupido cappuccio, eh? »

I capelli di Raiha, ormai lunghi fin quasi alle spalle, catturano la luce del sole ogni volta che lei muove la testa. La ragazza ride.  « Avanti, parla! »

Mentre Shuhei si prepara a farle il resoconto dell’ultima missione, lei scopre, per la prima volta da quando l'ha incontrato, di non riuscire a concentrarsi su quello che dice. Nella sua testa echeggia un unico, terribile punto interrogativo: cosa diavolo avrebbe fatto, se Shuhei non fosse tornato indietro? Se fosse stato richiamato nella Soul Society a vita, o peggio ancora, se fosse morto?

Perché, per quanto detesti pensarci, è una possibilità più che concreta. Shuhei è prima di tutto un guerriero e rischia la vita pressoché ogni giorno. Il problema è che ormai non è più solo un estraneo che ha casualmente incrociato sulla sua stessa strada; è diventato un alleato e un amico, forse perfino qualcosa di più, e Raiha ha la sensazione che strappare Shuhei da lei sarebbe come strapparle direttamente il cuore. In qualche modo, ha messo radici in lei. 

In segreto, sotto la facciata imperturbabile di sempre, anche Shuhei è abbastanza scosso. Nonostante Raiha l’abbia solo abbracciato – abbracciato! Un normalissimo abbraccio, dannazione! – all’improvviso gli sembra che qualcosa sia cambiato. Nel brevissimo istante in cui lei ha premuto le sue forme contro di lui, Shuhei ha avuto l’assurdo impulso di stringerla a sé, con forza, con disperazione, tanto da farle male, e se si è contenuto è stato solo grazie al braccio fasciato. Confusamente, all'improvviso s’è reso conto che Raiha non è più la bambina spaventata di quattro anni prima, ma una giovane donna… e anche piuttosto attraente.

Shuhei s’impone di darsi una calmata e di non fare idiozie. In fondo, la Soul Society è piena di belle Shinigami. Basti pensare alla quieta eleganza del Capitano Unohana, o alla perfezione plastica di Kurotsuchi Nemu, per non parlare poi delle curve mozzafiato di Rangiku-san...

Eppure, con Raiha sta bene. Si sente a suo agio. Certo, è infinitamente più fragile di una Shinigami, ma dietro la sua apparente delicatezza c’è una vena combattiva che gli piace. Forse un giorno anche lei entrerà a far parte della Soul Society… Con la reiatsu che si ritrova, sarebbe una splendida dea della morte.

Forse. Un giorno. Ma è proprio questo il punto, e lo sa. Adesso non è né il tempo né il luogo.

Se lo ripete, come un mantra.

Né il tempo, né il luogo.

Né il tempo, né il luogo.

Né il tempo...

... e Shuhei decide di mandarli al diavolo tutti e due, sia il tempo che il luogo.
 
*

Karakura, Giappone. 27 maggio 1950

« Riprova, adesso… »

Dopo tutti quei mesi di esercizio, sembra una sciocchezza: in un batter d’occhio, Raiha abbassa il livello della propria reiatsu fino a portarla quasi a zero. Shuhei finge di battere le mani. 

« Il tuo controllo è decisamente migliorato. Onestamente, non pensavo che un’umana potesse arrivare a padroneggiare la propria reiatsu in questo modo. »

« Beh, l’umana in questione ha avuto un buon maestro » replica lei con un sorriso.

Sono nella nuova casupola, rischiarata dal tenue chiarore del sole. Ryuuji e Asami hanno approfittato del bel tempo per recarsi a Kyoto, come moltissimi altri mercanti, nella speranza di vendere un po' di ortaggi e di decotti, e per un paio di giorni non saranno di ritorno. Raiha ha preso la palla al balzo per continuare a fare pratica nell'uso della reiatsu, dato che la minaccia degli Hollow è tutt'altro che scemata. Il che le fa venire in mente...  

« Tornerai presto alla Soul Society? » chiede con apparente noncuranza.

« Tra qualche anno, credo. O forse tra dieci, o venti. » Shuhei sorride senza umorismo. « Dipende in larga misura da quello che decidono il mio Capitano e il resto delle alte sfere. Anche se qualche volta mi hanno proposto come seggio della Nona Compagnia, al momento sono solo un soldato semplice. »

Tra sé e sé, Raiha spera che lo rimanga ancora per un po'... diciamo anche mezzo secolo.

« Perché vuoi saperlo? » ritorce lui.

« Oh... » Il sangue le affluisce in viso. « Semplice curiosità. »

« Sicura? »

« Sicurissima. »

Shuhei l'abbraccia da dietro. Il suo respiro caldo le arroventa l'orecchio e la guancia. È piacevolmente sorpreso nel constatare che Raiha, anziché ritrarsi, avvampa e rabbrividisce in modo quasi impercettibile. Un effetto interessante.

Col cuore che batte all'impazzata, Raiha si volta e, sollevandosi in punta di piedi, posa un piccolo, cauto bacio sulle labbra di Shuhei. Nella sua mente s’affastellano subito mille preoccupazioni – prima tra tutti la paura che lui resti indifferente, o peggio ancora la respinga – e resta stupita quando per tutta risposta Shuhei le passa un braccio dietro la schiena e la serra contro di sé, impedendole di indietreggiare. Quel bacio innocente si trasforma in un bacio intenso e affamato.

Shuhei la solleva di peso e Raiha gli allaccia le braccia intorno al collo, lasciandosi docilmente condurre sopra il suo giaciglio. Mentre lui inizia ad accarezzarla, gli occhi neri interrogano per un attimo quelli nocciola, e dopo una breve esitazione Raiha annuisce. Il rossore sulle sue guance s'intensifica quando lui le sfila la veste, ma lei semplicemente abbassa le palpebre, abbandonandosi del tutto al tocco gentile di Shuhei.



*************
Sixy: OMMIODDIO HO AGGIORNATO!!! o.O
*Raiha, Ryuuji e l'infinità di personaggi che affollano il mio piccolo mondo mentale fanno la ola*
Sixy: incredibile, sono quasi commossa. Che dire, questo capitolo come direbbero i nostri amici inglesi è stato un vero e proprio pain in the ass, uno perché non trovavo l'ispirazione, due perché dovevo districarmi tra esami, lezioni e impegni vari, tre perché è stato sinceramente lungo e impegnativo da scrivere, considerata la vistosa mancanza di sangue, violenza e smembramenti. Scusate il come sempre mostruoso ritardo. *inchino* Per la cronaca, casomai non si fosse capito, Shuhei nella grotta e a volte in seguito indossa un Gigai, motivo per cui è visibile a chiunque. 
Finale brusco? Forse. Ma non m'è parso sbagliato, considerando che Rai-chan è un'adolescente in crisi ormonale - e anche Shuhei, più o meno... in un flashback si vede che cento anni prima è un bambino (pucciosissimo, tra l'altro!) quindi tirando per le somme ho dedotto che una decina d'anni dopo (intorno al 1920 nel mondo reale, più o meno?) sia entrato in Accademia e che qualche anno più tardi sia stato nominato Shinigami a pieno titolo.
Spero che abbiate gradito il capitolo, pulzelli e pulzelle. Per quanto riguarda ambientazioni, abitudini, oggetti ecc. presenti nel periodo, ho cercato di documentarmi meglio che ho potuto, ma se ci fossero delle imprecisioni vi prego di perdonarle ^^
xoxo
Sixy


P.S.
Oh, e mi dicono dalla regia che alcuni pezzi della mia fiction sono stati plagiati, in modo nemmeno troppo velato. Ma, citando _ayachan_, si dice il peccato ma non il peccatore, e sono sinceramente contenta che a qualcuno la storia sia piaciuta tanto da volerne replicare delle parti a modo suo ^^
  
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