All these lines across my face
Tell you the story of who I am
So many stories of where I’ve
been
And how I got to where I am
But these stories don’t mean
anything
When you’ve got no one to tell
them to1
1.
Even angels have their wicked schemes
and
you take death to new extremes.
But
you'll always be my hero
even
though you lost your mind.2
“Ha
cercato di ucciderti” la voce di Gale
risuona troppo forte nelle mie orecchie, nel mio cervello, ancora e
ancora “Due
volte”.
Chiudo
la porta dello stanzino delle scorte,
sperando in qualche modo di arginare i suoi rimproveri e la sua
preoccupazione.
Ma è tutto inutile: continuano a perseguitarmi, mentre mi
accoccolo contro la
parete spoglia e respiro forte, cercando di riprendere il controllo.
Avrei
voluto trovare qualcosa da ribattere,
avrei voluto trovare le parole giuste per farlo tacere una volta per
tutte. Ma
quello che fa veramente male è sapere che, in fondo, non
c’è nulla da
ribattere, perché Gale ha ragione.
L’
hanno riportato indietro, l’hanno rapito dalle
grinfie di Capitol City, lo hanno fatto per me, dopo aver commesso il
grave
errore di non salvarlo dall’arena al mio posto: se volevano
il simbolo di una
rivoluzione, un sollevatore di popoli, avrebbero dovuto scegliere lui
fin
dall’inizio, lui e la sua capacità di smuovere i
cuori con le sole parole. Ma
forse sarebbe stato troppo pericoloso per Coin.
Serro
i pugni per la rabbia, così forte che le
unghie lasciano marchi scarlatti sulla mia pelle: forse per il
distretto 13 e i
capi della rivoluzione non è poi un gran male che Peeta sia
tornato così
cambiato da Capitol City. Del ragazzo del pane, così gentile
e buono verso
chiunque, resta soltanto un involucro, gli occhi azzurri ora freddi e
un
sorriso sardonico. Una macchina programmata per uccidere. Me.
Ogni
volta che lo guardo non posso fare a meno
di pensare a quella notte sul tetto, agli albori dei miei primi Hunger
Games.
“Non
so bene come
dirlo. Solo non voglio... perdere me stesso. Ha un senso? Non voglio
che mi
cambino, là dentro. Che mi trasformino in una specie di
mostro che non sono.”
Ricordo
che quella notte non ero riuscita a
capire, mi ero chiesta come avrebbe potuto perdere se stesso. Adesso so
che il
suo peggiore incubo è diventato realtà.
Lo
hanno cambiato e hanno trasformato il suo
amore per me, quell’illusione che potesse esserci del buono
anche in Katniss
Everdeen, in odio e
paura.
I
medici hanno detto che potrebbe non esserci
alcuna possibilità di portarlo indietro, almeno non del
tutto. Ma non sono
sicura che ci stiano nemmeno veramente provando. Ci sono stati dei
progressi,
certamente, ma non molti nei miei riguardi.
Io
continuo a crederci: dentro di me sento che
il ragazzo del pane è ancora lì, da qualche parte.
Stamattina
l’ho visto di nuovo: ci stavamo
allenando, in preparazione all’ultimo attacco alla capitale,
e stavo correndo
con il mio arco, cercando di colpire più bersagli mobili
possibili, quando in
preda alla stanchezza sono inciampata in un uno degli ostacoli
sparpagliati per
la pista.
Prima
ancora che chiunque altro potesse
soccorrermi, prima ancora di trovare la forza per rialzarmi, prima
ancora che
le guardie che non lo abbandonano mai potessero fermarlo, Peeta era
già a
terra, accanto a me.
Non
ci eravamo mai toccati, dal nostro primo
incontro dopo il suo ritorno, quando aveva tentato di strangolarmi. I
nostri
incontri da allora sono sempre stati sorvegliati e si sono evoluti da
terribili
insulti, invettive e minacce ad insulti velati da meschine battute o
indifferenza, che in qualche modo riescono a trafiggermi ancora
più a fondo. Ma
da allora non ci siamo nemmeno più sfiorati per sbaglio.
Ho
sentito il sangue ribollirmi nelle vene,
quando le sue braccia forti mi hanno sollevato senza sforzo e mi hanno
sostenuto mentre riprendevo l’equilibrio. Le guance in
fiamme, ho alzato il
capo per guardarlo negli occhi ed è allora che
l’ho visto: il mio Peeta, il
ragazzo che aveva promesso a se stesso di mantenermi in vita a
qualunque costo,
convinto che così tante persone avessero bisogno di me e che
la sua vita non
avrebbe più avuto alcun senso dopo la mia morte.
Lo
stupore sul mio viso si specchiava sui suoi
tratti, quando mi aveva domandato se stessi bene. L’ho
ringraziato appena, non
sicura della mia voce, continuando a fissarlo.
Ed
è allora che, senza preavviso, Peeta ha
cercato di piantarmi una delle mie frecce nel cuore. Ed io
l’ho perso di nuovo.
Forse
Gale ha ragione: dovrei smettere di
tentare, lasciar perdere per sempre prima che uno dei due possa farsi
del male
sul serio. Forse, se sparissi dalla sua vita, Peeta potrebbe
riprendersi,
tornare ad un’esistenza quasi normale.
Ma
non posso: non so se il mio sia soltanto
egoismo, ma una parte di me è convinta che sia giusto
rispettare il suo più
grande desiderio.
Capitol
City l’ha cambiato, si è perduto ed io
lo aiuterò a ritrovare se stesso, a ritrovare quel ragazzo
che mi ha donato il
suo cuore e la cui vita è ormai legata alla mia.
**
“Perché
lo stai facendo, Katniss? E’ tutto
inutile”.
Le
sue parole fanno scattare un campanello
nella mia testa, mi riportano nell’arena, davanti ad un Peeta
ferito e
febbricitante. Ricordo i baci, così finti, per le
telecamere. Il mio stomaco si
stringe un po’ di più, mentre mi rendo conto che
adesso, proprio adesso, darei
di tutto per poter poggiare le mie labbra sulle sue. Per fargli
ricordare
quello che provava in quel momento, per me stessa. Ma scaccio
immediatamente
anche la sola ipotesi dalla mia testa.
“E’
inutile” ripete Peeta “Finirò solo per
farti del male”. Tiene gli occhi bassi, sulla cena che non ha
quasi toccato.
Ma
non l’ha ancora fatto. E’ passato quasi un
mese dall’ultima volta che la mia vita è stata
effettivamente messa a rischio.
E più di due settimane da quando ha soltanto tentato di
farmi del male.
In
tutto questo tempo io ho continuato a fare
quello che mi riesce meglio in assoluto: disobbedire agli ordini. Mi
era stato
chiesto di stare il più possibile lontano da Peeta, ed io ho
cercato ogni
occasione per stargli vicino, per ricordargli che per lui ci
sarò sempre:
proteggerci e salvarci a vicenda, è questo quello che
facciamo.
Alcuni
giorni sono stati difficili,
tremendamente difficili, non pensavo che le parole, le sue parole,
potessero ferirmi
così tanto. Ma ho continuato a perseverare, testarda,
confidando in qualcosa
che per molto tempo avevo dimenticato perfino che esistesse: la
speranza.
La
speranza mi ha permesso di aggrapparmi ai
piccoli miglioramenti quotidiani e a superare le crisi altrettanto
frequenti. I
ricordi stanno tornando, piano piano, ma sono spesso confusi ed
è difficile per
Peeta riconoscere la realtà dalla finzione.
“Prima
devi riuscire a prendermi” lo prendo in
giro, addentando un panino.
Lui
non sorride della mia battuta, continua a
fissarmi con quel misto di serietà, preoccupazione e
dispiacere.
Ingoio
molto lentamente, abbassando lo sguardo,
e prendo un respiro profondo.
Mi
azzardo a sfiorare la sua mano con la punta
delle dita, un tocco lieve e quasi invisibile, che però lo
fa irrigidire.
Tuttavia, non allontana il braccio, ma continua a fissare il suo
sguardo
incerto su di me.
“Perché
mi fido di te” sussurro appena “perché
voglio riportarti indietro.”
Per
quelli che mi sembrano secoli restiamo in
silenzio, mi sembra quasi che anche il mio stesso respiro faccia troppo
rumore
e così trattengo il fiato. Le sue labbra si schiudono quasi
impercettibilmente,
sembra voglia dire qualcosa ma forse non riesce a trovare le parole.
Faccio
un salto sulla sedia, strappata al mio
mondo di speranze e illusioni, quando Peeta si alza di scatto in piedi,
lanciando il vassoio con la sua minestra contro la parete. Pezzi di
vetro e
ceramica volano per la stanza.
“Non
dovresti” mi urla in faccia “Non dovresti
fidarti di me. Non dovresti continuare ad illudere. Il ragazzo che ti
amava non
esiste più”.
Si
avvicina a grandi falcate alla porta.
“E
poi perché ti interessa così tanto? Tu non
mi hai mai amato a tua volta” si ferma un attimo sulla
soglia, prima di
chiedere con voce strozzata “Real or not real?”.
Non
riesco a trovare le parole per rispondere e
lui se ne va, sbattendo la porta alle sue spalle. Solo allora mi
accorgo del
frammento di vetro che si è conficcato nel mio polso, che
ora sanguina
copiosamente.
**
Non
mi stupisco di trovare Gale seduto su uno
dei lettini, quando mi dirigo in infermeria per disinfettare la ferita.
Solo da
poco sono riuscita a convincere Coin e gli altri capi di poter restare
da sola
con Peeta senza correre rischi, ma, sebbene le sue guardie siano state
finalmente allontanate, i nostri incontri sono sempre sorvegliati per
evitare
l’irrimediabile. E a buon giudizio, sembrano ricordarmi gli
occhi di Gale nel
momento in cui entro nella stanza.
Dopo
aver congedato una delle solerti
infermiere, si offre di pulire e fasciarmi la ferita.
Accetto
di malavoglia, convinta che presto
arriverà una delle sue solite ramanzine e al momento non so
se il mio animo,
molto più sanguinante del mio polso, potrebbe resistere. Ma
Gale rimane in
silenzio per tutto il tempo, come se sapesse, senza nemmeno una parola,
che non
è il momento.
Osservo
le sue mani e la sua espressione
concentrata e un moto di immensa gratitudine mi pervade, mentre mi
ricordo
perché lui sia il mio migliore amico e la persona che mi
conosce e riesce a
capirmi meglio di tutte.
Per
questo non dovrebbe sorprendermi quando
inizia a leggermi dentro, come se fossi un libro aperto davanti ai suoi
occhi.
“Non
ti arrenderai mai, non è vero?” ha il
suono di una domanda, ma Gale non sta cercando veramente una risposta.
Scuote
la testa, con un sospiro: “L’avrei dovuto capire
molto tempo fa, ma la speranza
e la tua confusione mi hanno accecato”.
Accarezza
piano il dorso della mia mano, le sue
labbra piegate in un raro sorriso che non riesce però a
raggiungere i suoi
occhi.
“Dal
momento in cui ci siamo incontrati in quel
bosco, anni fa, abbiamo iniziato ad appartenerci in un modo a cui
nemmeno il
legame di sangue potrebbe dare un significato, so che riesci a sentirlo
anche
tu”.
Annuisco
brevemente, sentendomi sempre più una
Avox.
“Mi
ero ormai convinto che le nostre vite
fossero destinate anche a concludersi insieme, come amanti, almeno fino
a
quanto non sei finita in quell’arena e qualcuno ha deciso che
fossi destinata
ad un altro. Mi sono ripetuto che quei baci fossero solo una finzione e
la tua
voce che lo confermava non faceva che alimentare il fuoco della mia
speranza. E
le tue labbra, le tue labbra sulle mie non potevano fare a meno
incendiare
quelle braci”.
Non
riesco più nemmeno a guardarlo in faccia:
vorrei scappare, ma la mia mano è ancora tra le sue.
“Ma
ora mi rendo conto che è stata soltanto
un’illusione. Perché tu non mi ami e mai potrai
amarmi come io amo te. Senza
accorgetene hai dato il cuore ad un altro e, sebbene tu lo voglia
nascondere
perfino a te stessa, lo sai anche tu”.
La
verità di quelle parole distrugge anche le
mie ultime difese: Gale ha ragione, ho cercato di nascondere la testa
sotto la
sabbia, di non abbandonarmi a quel sentimento che avrebbe finito
soltanto con
il consumarmi e rendermi più debole. Ma la paura di aver
perso Peeta per sempre
non mi ha permesso di continuare quella farsa ancora più a
lungo, almeno agli
occhi della persona che mi conosce meglio al mondo.
E
la paura di perdere anche Gale mi ha
mantenuto in questo limbo per mesi, ma il suo sguardo disperato e
disilluso mi
ricorda che è il momento di lasciare andare, per non farlo
soffrire ancora di
più.
Così,
quando dalla sua bocca esce quella stessa
domanda a cui non sono riuscita a trovare un risposta neanche
un’ora prima,
questa volta la mia voce risuona nel silenzio.
“Real or not real?”
“Real”.
Non
posso trattenerlo ancora al mio fianco,
impedirgli di vivere la sua vita per un’illusione. Su
un’altra cosa ha ragione:
noi ci apparteniamo e in qualche modo resterà per sempre
nella mia vita.
Gale
lascia andare la mia mano e mi dà un
leggero bacio sulla fronte.
“Tornerà
da te”.
**
Quella
notte mi permetto di piangere silenziose
lacrime. Per Gale. Per me. Per la mia stupidità.
Stringo
la perla che Peeta mi ha regalato
nell’arena. Adesso mi sento così fragile. Cosa mi
serve ammettere di essere
innamorata di qualcuno che non potrà più amarmi?
Che continuerà a vedermi
soltanto per quello che sono.
Violent.
Distrustful.
Manipulative. Deadly.
1=
‘The story’, Brandi Carlile
2
= ‘Love the way you lie’, Rihanna solo
Era
da un po’ che non mi dedicavo ad una
fanfiction, soprattutto una fanfiction su un libro, ma ho sentito
l’esigenza di
dare sfogo alla mia piccola ossessione per questi libri (la mia
speranza è di
estinguerla, ma non sono proprio sicura che riuscirò nel mio
intento…).
Ad
ogni modo, per quanto in fin dei conti abbia
realizzato di aver apprezzato la conclusione della trilogia e il modo
in cui
sono stati sviluppati i personaggi, ho voluto dare un po’
più spazio a Katniss
e ai suoi sentimenti (per questo temo finirà per essere un
po’ OOC…).
Grazie
per aver letto questo primo capitolo J
Franci