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Autore: Evenstar75    08/04/2013    8 recensioni
Trovata la Cura per il vampirismo, Bonnie ha evocato un incantesimo che lascia libera scelta: vivere una vita mortale oppure trascorrere un'eternità da vampiro o da ibrido.
Damon è scomparso da anni e nessuno ha più sue notizie.
Elena ha scelto Stefan e insieme vivono felicemente da umani al pensionato di Zach.
In casa Salvatore è nata una bambina dai meravigliosi occhi azzurri, a cui è stato dato il nome di Demetra.
Sedici anni dopo, Damon è tornato per lei.
'I know the risk but I have to know her'.
Intanto Rebekah Mikaelson trama vendetta contro i suoi nemici di sempre per uno sgarbo che le ha portato via il 'lieto fine'.
Una nuova maledizione incombe sulla ignara e spensierata 'next generation' di Mystic Falls.
I nostri eroi dovranno fare un salto nel passato per salvare il futuro dei loro figli e, per riuscirci, dovranno collaborare e riaprire molte ferite e questioni irrisolte.
Le avventure di Matilde 'Matt' Lockwood, Sheila Bennet, Nick Mikaelson e Demi Salvatore... in capitoli ispirati ad un'ipotetica serie tv :D
Saranno molto gradite le recensioni :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Il cielo opaco del crepuscolo si era quasi completamente oscurato quando i passi di tre vampiri, leggeri e felpati, risuonarono delicatamente giù dalle scale del pensionato dei Salvatore, all’unisono, come non succedeva ormai da sedici lunghissimi anni, fino a toccare il pavimento dell’ampio salotto. Il divano dai gonfi cuscini color rubino, le lampade scure e basse poste sui mobiletti intarsiati di legno pregiato, i tappeti dai ricchi contorni dorati, le tende spesse dagli ampi drappeggi, le spade smussate incrociate ed appese alla parete laterale destra… tutto era quasi esattamente come Damon l’aveva lasciato. C’era solo qualche foto personale in più, appicciata al muro, al posto di quegli orribili quadri antiquati che Zach aveva acquistato a poco prezzo dal mercatino dell’usato e che Stefan si era sempre ostinato a tenere lì come cimeli di famiglia: una foto di Stefan ed Elena che si scambiavano un bacio in veranda, con il tramonto che si stagliava, radioso, alle loro spalle; una in cui Elena esibiva un sorriso imbarazzato ed un enorme pancione sotto una vestaglia cremisi tempestata di ricami floreali che, a giudicare dalle faccette compiaciute immortalate lì accanto, Bonnie e Caroline dovevano averle regalato durante la gravidanza; un viso di bambina, dai folti capelli neri e dallo sguardo impertinente, che ammiccava davanti all’obiettivo e mostrava, in un sorriso, il primo dentino da latte, sospesa tra le braccia di Jeremy, dell’unico zio che la piccola Demi avesse mai conosciuto davvero. 
- Mi dispiace di aver infranto i vostri programmi per la serata.- commentò Damon, facendo spallucce nella penombra del salotto, distogliendo con finta noncuranza lo sguardo dai ricordi di una vita in cornice che era trascorsa tanto serenamente senza di lui. -… è stato per una buonissima causa.- 

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- Non cominciare, Damon.- lo avvertì Elena, trattenendo il desiderio dall’alzare gli occhi al cielo davanti a quella battuta ironica, in un tono perentorio ma abbastanza basso da permettere a Stefan di fingere di non aver sentito. Lui, dal canto suo, era impegnato a inviare messaggi di allerta al resto del gruppo e, guardandolo all’opera, sua moglie si strinse con molta energia il vecchio diario al petto. Era riuscita a strapparlo dalle mani di Damon appena in tempo e adesso non l’avrebbe lasciato andare per nulla al mondo prima dell’arrivo dei ‘soccorsi’.
- Bonnie arriverà tra poco… fortunatamente era per strada assieme a Jeremy, quindi verranno qui entrambi.- annunciò Stefan, con un’ultima occhiata allo schermo luminoso del proprio cellulare. Sembrava teso e scosso ma allo stesso tempo deciso a comportarsi bene, come sempre… almeno fino a quando fosse stato possibile. La sua gola era ancora scoperta dai bottoni che Elena aveva liberato voluttuosamente qualche minuto prima in camera da letto e la sua camicia era un po’ stropicciata, così come erano scarmigliati i suoi bei capelli castani. Damon, al contrario, aveva un’aria sfacciatamente tranquilla ed ordinata, padrona di sé. Era così maldettamente splendido e a proprio agio da inebriare ed accecare chiunque lo guardasse. Indossare quella maschera impenetrabile era sempre stato un trucchetto infallibile per nascondere le proprie reali emozioni ma Elena non riusciva a farsi ingannare dalle apparenze. – e anche Caroline è d’accordo… Tyler ci raggiungerà non appena possibile.- la Gilbert sospirò di sollievo a quella notizia e sorrise con gratitudine a Stefan, cercando di ignorare quel senso di inquietudine che, dalle dita che stringevano il diario, si diffondeva rapidamente in tutto il suo corpo fremente. Damon fece una smorfia e, voltando loro le spalle, si avviò con naturalezza al proprio piccolo tavolo dei drink che, lucido e immobile accanto alla poltrona più comoda di tutte, era rimasto intonso negli anni.
- Devo essermi perso qualcosa…- disse il vampiro, aprendo un piccolo cassetto in basso al tavolino e tirando fuori una bottiglia di Burbon, invecchiata ma ancora mai aperta. Qualcosa sobbalzò nello sterno di Elena e il suo cuore palpitò contro la gabbia toracica, urtando quasi la copertina del libricino che aveva tra le mani, quando il viso di Damon si distese in un breve sorriso. -… quando, esattamente, abbiamo deciso di convocare qui mezza Mystic Falls? Non mi entusiasma affatto l’idea di una bella rimpatriata.- tirò gentilmente fuori tre bicchieri di cristallo ma, dallo sguardo fermo e controllato che suo marito rivolse al fratello maggiore, Elena capì che Damon sarebbe stato l’unico a bere. 
- Sono i nostri amici.- gli fece notare Stefan con una strana voce atona, aguzzando le orecchie per udire in anticipo, eventualmente, un motore d’automobile avvicinarsi verso il pensionato. – qualunque cosa tu abbia scoperto riguardo a Demi è anche affar loro e dei loro figli… ed è necessario restare uniti il più possibile per affrontare questa situazione. Sei stato tu a dire che avresti avuto bisogno di Bonnie per un aiuto… o sbaglio?-
- Vada per la streghetta Bennet…- ghignò Damon, con gli occhi azzurri socchiusi e beffardi, sorseggiando il suo adorato superalcolico. -… ma la Barbie proprio non la reggo.- 


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**

- Potresti almeno tentare di dargli una possibilità, non morde e non ha mica la rabbia!- si stava sgolando Matt Lockwood, la quale aveva appena smesso di masticare nervosamente l’ultima caramella dell’intero pacco multicolore ed ora si ritrovava ad affrontare, coraggiosamente, l’ira prevedibile e gistificata di Sheila Bennet. La differenza d’altezza tra le due era prodigiosa, considerando che Sheila era davvero una spilungona, ma Mattie non aveva intenzione di lasciarsi intimidire dalle circostanze o dal tono duro della ragazza mora e riccioluta di fronte a sé. –… forse può darci qualche spiegazione… magari può aiutare perfino te! Non ti piacerebbe capire qualcosa in più riguardo a quelle strane sensazioni… alle tue visioni? Pensaci, Sheila, potrebbe essere la nostra grande occasione e tu vuoi sprecarla così!- ascoltando queste ultime veementi frasi, le guance scure di Sheila si tinsero improvvisamente di rosso ma la sua inflessibilità non vacillò d’un millimetro. 
- Non ho intenzione di raccontare i miei presentimenti a quel tipo né di trascorrere quella che sarebbe dovuta essere una bella e ‘normale’ serata tra amiche con lui intorno… sarà per un’altra volta, credo.- tagliò corto di rimando, guardando storto da Nick, che adesso stava in un angolo con l’aria tesa e un po’ imbarazzata, alla sua amica bionda, colpevole di alto tradimento: come le era saltato in mente di invitare un Lupo Mannaro, per di più famigerato nipote di Rebekah Mikaelson, in quella casa, con loro, dopo tutto quello che era accaduto? - per me la conversazione finisce qui. Demi? Forza, ce ne andiamo.- la Bennet, sporgendo fieramente la mascella in ultimo un gesto d’indignazione, fece per allontanarsi dal tavolo della cucina di casa Lockwood per catapultarsi in salotto ma qualcosa la trattenne bruscamente dal piantare in asso gli altri ragazzi presenti.
- Io non mi muovo da qui.- disse Demi, con tono fermo ed un’espressione risoluta e ardente stampata sul volto. Senza rifletterci troppo su, guidata da un istinto che sapeva essere nel giusto, fece scrivolare la propria mano bianca verso quella di Nick, afferrandola con delicatezza e decisione. Il giovane fu colto da un lieve sussulto di sorpresa quando, toccando la pelle della Salvatore, notò quanto fosse tiepida, morbida e piena di inaspettata fiducia la sua stretta. Matt, guardandoli, rimase a bocca aperta per un istante ma si riprese subito, trattenendo un fischio d’ammirazione per quella mossa così geniale. Sheila, dal canto suo, ammutolì e strabuzzò i grandi occhi scuri. – Continuare a bisticciare e a dubitare gli uni degli altri è la cosa più stupida che possiamo fare, davvero. Ero convinta, proprio come te, che fosse una follia fidarci di Nick e credere alle vecchie leggende della città che ci andava disperatamente propinando… qual è stato il sensazionale risultato della mia ostinata condotta? Mio padre ha scambiato il mio sangue per una ricca colazione al Lago e, come se non bastasse, ho evocato una specie di barriera di fumo e nebbia per difendermi, neanche fossi una macchina a vapore!- la sua voce ironica ed amara tremò appena ma nulla riuscì a fermare il flusso impetuoso delle sue parole. – Siamo finiti in questo circolo sovrannaturale tutti insieme e, forse, ci toccherà collaborare per venirne fuori senza conseguenze. Io non ho intenzione di tirarmi indietro… e scommetto neanche tu.- la Bennet la fissò intensamente, trattenendo il fiato a causa dell’impatto di quelle frasi e, aggrottando le sopracciglia, espirò profondamente. Due contro una era davvero troppo: era il guaio di essere sempre state un trio inseparabile… la minoranza, semplicemente, non poteva continuare ad opporsi quando le cose andavano a finire in questo modo. Il suo sguardo confuso sfiorò il viso roseo e ansioso di Mattie, che si torceva le mani in grembo in attesa del verdetto, alle dita assurdamente intrecciate di Demi e Nick, agli occhi neri e impenetrabili di quest’ultimo, accesi d’attesa e d’una strana malcelata euforia. 
- D’accordo, starò a sentire ciò che hai da dire.- biascicò infine, rivolgendosi direttamente a Mikaelson, scuotendo appena la testa e facendo ondeggiare i propri disordinato boccoli scuri. -… ma ti avverto… ci vorrà un po’ perché io possa fidarmi di te e non è detto che lo farò.- lui le rivolse un’occhiata seria e piacevolmente sorpresa, irradiandola subito dopo con un sorriso che sembrò illuminare l’intera stanza.
- Correrò questo rischio.- replicò, con la voce vellutata e accattivante che riusciva sempre ad imbambolare gli ignari ascoltatori. Demi e Matt si scambiarono un breve sguardo complice e la Salvatore, sfiorando con maggiore forza le dita di Nick intrecciate alle sue, gli diede un leggero strattone, spingendolo a fronteggiare Sheila e acchiappando al volo anche la mano fine e affusolata che la furba Bennet stava per ficcarsi in tasca. 
- Voglio che suggelliate questa tregua con un gesto significativo.- disse, con una sfumatura divertita negli occhi di quell’azzurro tanto puro e penetrante, senza ammettere repliche. – Stringetevi la mano, avanti.- quando Nick si avvicinò alla ragazza con aria contrita e leggermente riluttante, lei, che evidentemente moriva dalla voglia di stritolargli le dita per vendicarsi della propria sconfitta, sbarrò gli occhioni castani e strinse le labbra in un’espressione turbata.
- Cosa c’è?- chiese piano Matt, improvvisamente preoccupata, battendo le palpebre per essere sicura di ciò che stava accadendo e cercando di individuare il responsabile di una simile reazione da parte della Bennet.
- Niente.- sussurrò lei, circospetta, come rapita. All’anulare destro di Nick Mikaelson c’era lo stesso anello dalla grossa ed ipnotica pietra rosso sangue che Demi aveva notato quel giorno in Biblioteca. Sul gioiello era inciso qualcosa di molto simile ad uno stemma di famiglia, accompagnato da una frase scritta con caratteri svolazzanti e antichi: ‘A & F, Nick’

***

Bonnie sorrise per la prima volta dopo giorni interi quando Jeremy Gilbert chiuse gentilmente lo sportello anteriore della propria auto e si recò alla guida, sistemandosi poi sul comodo sedile proprio accanto a lei, ma la smorfia non riuscì a raggiungere i suoi occhi inquieti. Il suo volto contrito rimase solo una pallida imitazione della serenità e la sua mente non smise di essere affollata da oscuri presagi per la serata. L’interno della macchina aveva un delizioso profumo di pulito e, notando come il fratello di Elena avesse applicato un ciuffo di verbena proprio accanto allo squadrato specchio retrovisore interno, giusto per sicurezza, la Bennet fu colpita dalla sua premura e maturità, distraendosi così dai propri mesti pensieri. Di certo Jeremy non era più il ragazzino sprovveduto e introverso con cui era cresciuta a Mystic Falls… era un uomo prudente, adesso, abituato a cavarsela da solo... proprio come lei dopo l’abbandono di Jamie.
- Non dovevi disturbarti.- esordì, allacciandosi goffamente la cintura di sicurezza e guardandolo con un misto di ammirazione e gratitudine. – Sheila ha preso la mia auto ma sarei potuta andare da Elena a piedi…- 
- Mi fa piacere andarci insieme.- ammise Jeremy, girando con noncuranza le chiavi e mettendo in moto. La via più rapida per raggiungere il pensionato dei Salvatore era tortuosa e stretta ma fortunatamente sempre deserta, quindi l’avrebbero percorsa con una discreta tranquillità e sarebbero arrivati giusto in tempo all’appuntamento. -… sarei venuto comunque a trovarti, oggi, se avessi saputo che Demi non era in casa… e, per inciso, sono davvero felice che si sia trasferita da te per un po’. Almeno sarà al sicuro fino a quando tutta questa faccenda non sarà finita.- Bonnie gli lanciò un’occhiata intenerita: la voce di Jeremy era piuttosto calma ma le sue dita erano strette al volante con una tale forza da fargli sbiancare le nocche. 
Lui aveva appreso quasi subito dell’incidente avvenuto a causa di Stefan al Lago e si era immediatamente preoccupato per la sua unica nipote: l’aveva consolata a lungo quando si era rinchiusa in camera senza voler dare ascolto ai propri genitori e alle loro inutili e tardive spiegazioni, aveva giocato un ruolo fondamentale nel convincerla ad abbandonare la propria abitazione, recandosi temporaneamente come ospite da Sheila, ed era sempre andato a farle visita a casa Bennet, portandole conforto e anche un po’ di quel genuino affetto familiare che, sotto le ostinate apparenze, sapeva mancarle molto.
- Vuoi davvero bene a Demetra, non è così?- chiese Bonnie, con voce delicata e con lo sguardo lontano, ben oltre il parabrezza. Riusciva a percepire il suono ovattato delle gomme sull’asfalto nero come l’inchiostro, il respiro lieve di Jeremy al suo fianco e perfino le carezze che gli alberi posti ai margini del tragitto si scambiavano nel vento. Era come incantata dalla strada che si snodava lentamente davanti a loro e dal buio ancora acerbo della notte incombente e, per una volta, riuscì a rilassarsi sul posto. 
- Certo.- rispose lui, mentre le sue labbra rosate si aprivano in un sorriso ampio e spontaneo. – devo praticamente a lei la vita di mia sorella. Ricordi quando scoprì di aspettare un bambino? Elena era irriconoscibile… un fiore appassito nel pieno della primavera, uno spettro senza consistenza. Poi è arrivata Demi.- le molle vecchie del suo sedile cigolarono appena quando si mosse, sporgendo leggermente la testa per avvistare casa Salvatore nell’oscurità, senza smettere di esibire un’espressione serena e affabile. - L’ho vista nascere e l’ho tenuta tra le braccia quando non era ancora nemmeno capace di parlare. Mi ricordo, però, quando disse la sua prima parola… eravamo in cucina e Stefan era inginocchiato ai piedi del tavolo per essere all’altezza del faccino di Demi, che era invece spaparanzata sul seggiolone. Elena stava preparando da mangiare canticchiando una vecchia canzone ed io e mio cognato, tutti sporchi di pappa ma concentrati, cercavamo di addestrare la piccola ad articolare meglio i suoni per avere qualche risultato comprensibile al posto dei suoi versetti impazienti. Eravamo sul punto di arrenderci quando lei, con gli occhioni più intelligenti che io abbia mai visto ben spalancati sul mondo, diventò rossa come un pomodoro e strillò: ‘Daaaaaa… Daaa… Dad!’ Papà. E’ stato grandioso, non la smettevamo più di festeggiarla ed eravamo così emozionati da dimenticare perfino il pentolone della cena sui fornelli.- sia Jeremy che Bonnie scoppiarono a ridere e l’automobile entrò nel cortile del pensionato senza un suono e accostò in un angolino, poco distante dall’ammaccato motorino che Demetra aveva sempre usato per girovagare nella città nelle belle giornate come quella.

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Jeremy riprese fiato e continuò, con la bocca ancora curvata all’insù: - sai, è buffo… ma è come Demi se fosse un po’ figlia mia… anche se, ovviamente, io sono solo lo zio.- sentì le proprie parole allegre risuonare stranamente nell’abitacolo, come se fossero state pronunciate da un estraneo, e fece una pausa, e si voltò lentamente a guardare Bonnie. Lei, sollevando la testa a sua volta e mandando via con un gesto la frangia di capelli neri sulla propria fronte corrugata, mostrò di nuovo quell’aria grave dipinta sul bel viso olivastro. 
- Andiamo, coraggio.- sospirò tristemente, mentre le sue sopracciglia si aggrottavano appena. Jeremy annuì, con un respiro tremulo, poi slacciò la cintura di sicurezza e scese silenziosamente dall’auto. L’aria fresca del cortile accarezzò placidamente la loro pelle tesa mentre camminavano fianco a fianco verso la meta e le prime stelle palpitarono nel cielo ormai tenebroso, vegliando sulla riunione imminente e sul destino di molte vite sospese e pulsanti, come loro, nell’oscurità.

*** 

- Sul serio?- chiese quasi istericamente Caroline, entrando in tutta fretta dal portone principale e rischiando di inciampare a causa dei propri modesti tacchi impigliati nel vaporoso tappeto all’ingresso. La sua bocca ritoccata da una leggera dose di rossetto color ciliegia si spalancò quando riuscì ad individuare, seduta comodamente sul divano di Casa Salvatore, una figura sinuosa e ancora impegnata a sorseggiare beffardamente il proprio drink dorato. -… che ci fa lui qui?- 
Damon Salvatore, in carne, ossa, bei vestiti ed eleganza impeccabile, alzò lo sguardo al cielo e sbuffò sonoramente alla sua vista, con un’espressione per nulla entusiasta ma quasi rassegnato scolpita sulla faccia.
- Salve, Blondie.– borbottò sarcasticamente, indirizzandole un sorriso abbagliante quanto canzonatore. Elena trattenne una risata davanti a quella prevedibile scena e si affrettò a fingere di sprimacciare un cuscino scarlatto per evitare di far notare anche agli altri quell’inopportuno eccesso d’ilarità. Damon, fino a quel momento, si era comportato davvero bene con gli ospiti: aveva offerto un po’ di Bourbon a Jeremy, indirizzando un amaro ma sincero brindisi ad Alaric Saltzman; aveva fatto il baciamano a Bonnie e si era educatamente complimentato con lei per la notevole e progressiva somiglianza con Grams Bennet che gli anni le avevano conferito; aveva evitato di essere impertinente con Stefan e aveva sfiorato la padrona di Casa Salvatore solo con delle lunghe ed intense occhiate. Ma adesso... – simpatica come sempre, vedo. E’ bello anche per me rivederti, comunque, grazie.- e ammiccò, vuotando in un ultimo sorso il proprio calice e posandolo delicatamente sul tintinnante tavolino davanti a sé. Caroline fece per ribattere ma poi si limitò a borbottare qualcosa tra i denti scintillanti, allibita. Passò in rassegna tutti i presenti, scrutandoli interrogativa con un misto di curiosità e preoccupazione, fino a quando qualcuno non interruppe quell’ostinato silenzio. 
- Siediti, siediti.- la incoraggiò Stefan, gentilmente, indicando una poltrona, dall’altra parte della stanza rispetto al fratello. Caroline obbedì, chiudendosi dignitosamente la porta alle spalle, ed una folata di vento gonfiò la leggera camicia turchese che lei indossava e che si intonava perfettamente col colore dei suoi occhi chiari ancora sgranati. - dunque… direi che siamo al completo. So che Tyler è ancora impegnato ma abbiamo delle questioni urgenti da affrontare… spero che non ti dispiaccia cominciare senza di lui, Care.- lei acconsentì con energia e Bonnie inspirò profondamente, come se stesse trattenendo tutta l’aria possibile nei propri polmoni prima di un rischioso tuffo nell’oceano in tempesta. Erano pronti. Stefan tacque per un lungo istante, rivolgendo uno sguardo penetrante a Damon, il quale percepì senza alcuna difficoltà, nel fondo dei suoi occhi verdi e limpidi, la latente presenza di molte domande inespresse, di infiniti dubbi irrisolti. 
Il modo in cui Stefan lo stava fissando aveva un sapore inaspettato e severo, diverso da quello ostile che si sarebbe aspettato o da quello sollevato che avrebbe sperato. Era come se, dietro il folto delle sue ciglia, suo fratello minore nascondesse un silenzioso timore di lui mescolato ad un’indicibile ed inaccettabile desiderio di riabbracciarlo. Seguendo il profilo dei suo zigomi, del naso delicato fino alle labbra pronte a pronunciare una solenne richiesta di informazioni, Damon ricordò come alcuni di quei dettagli somatici si fossero modellati perfettamente nel grazioso viso di Demi, rendendola ancora più bella di Elena, per quanto fosse possibile. Quel pensiero gli trafisse lo stomaco per un momento ma non gli impedì di ascoltare ciò che Stefan stava chiedendo, dando voce ai pensieri dell’intero gruppo circostante: 
- Perché sei tornato?- Damon drizzò la testa e si appoggiò meglio allo schienale del divano, apparentemente per nulla scalfito da quella domanda.

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I suoi occhi di quel blu brillante, quasi involontariamente, saettarono dalle parti di Elena, cogliendone l’espressione ansiosa e trepidante. Lei non tentò di evitarli e, anzi, li osservò attentamente, sentendo uno strano tepore, lieve come quello del sole mattutino, lambirle le guance ed il suono del mare sciabordarle nelle orecchie. Un angolo delle labbra di Damon si sollevò, in una smorfia consapevole, ripensando alla prima e così diversa domanda che lei gli aveva posto nel cimitero, subito dopo aver sciolto il loro muto e irrefrenabile abbraccio: Perché te ne sei andato? Quello era un segreto che non aveva potuto svelarle… per fortuna, stavolta, la richiesta di Stefan era decisamente più semplice da affrontare. 
- Forse sentivo la vostra mancanza.- ironizzò Damon, senza perdere l’occasione di punzecchiarli un po’. Gli sguardi di tutti erano posati su di lui ed erano densi di buffa attesa, sospetto, un pizzico di riprovazione, maldestro affetto, sollievo e diffidenza. - maaaaa a quanto pare i miei nobili sentimenti non sono ricambiati. Certe cose non cambiano mai, da queste parti.- i tratti di Elena ebbero un fremito nell’udire quelle frasi. Nel buio color cioccolata delle sue iridi docili e crepitanti c’era qualcosa di diverso, adesso, una scintilla simile alla colpa, allo smarrimento e alla bramosia. - voi siete nei guai e io corro a salvarvi... siete così stupiti che il mondo sia tornato a girare sul proprio asse?- continuò lui, scrollando le spalle con noncuranza. L’odore della pelle nera del suo giubbotto era inebriante e Bonnie sorrise nervosamente, scuotendo piano la testa.

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- Avanti, Damon.- disse, quasi sillabando le parole. - sei sparito per sedici anni… come hai fatto a sapere che c’erano dei problemi a Mystic Falls?- il tenue accenno di rimprovero nella sua voce lo colpì inaspettatamente come una vampata di calore. Bonnie non era mai stata brava a nascondere le proprie emozioni e, anche se non l’aveva mai detto ad alta voce, il maggiore dei fratelli Salvatore aveva sempre apprezzato questa sua qualità. Lo biasimava per essere partito senza mai più farsi vedere per le strade della città oppure per essere lì, in quel momento drammatico, con quel ghigno falsamente beato stampato sul viso? Damon non riusciva proprio a capirlo e non voleva neppure saperlo, terrorizzato com’era dall’una o dall’altra eventualità.
- Le voci corrono.- replicò, con un piccolo broncio divertito che gli increspava il labbro inferiore ed il mento fiero. Stefan lo squadrò con attenzione, poi chiuse gli occhi, come addolorato. Era incredibile quanto quelle repentine e sfolgoranti espressioni ‘alla Damon’ gli ricordassero qualcuno che non era lì in quel momento… a causa sua. - Ho viaggiato molto, in questi anni… la vita, anzi, la non-vita fuori dai confini di questa miserevole città può essere straordinariamente intrigante. Ho frequentato davvero poco gli ambienti isolati… la confusione delle città moderne è elettrizzante, dico sul serio. Feste, occasioni, luci, abiti, lusso, Potere…- Elena rabbrividì nel sentire quell’accurata ed entusiasta descrizione. Stefan, accanto a lei, allungò un braccio attorno alle sue spalle e lei sussultò nel sentire le sue dita tiepide sfiorarla in un abbraccio istintivo, protettivo. Qualcosa le ammontò dentro ma si morse la lingua per non commentare. -… solo qualche volta ho ceduto al desiderio di solitudine… e le foreste sono un luogo ideale per la meditazione. Specie quando sei uno splendido corvo e gli animali ti rispettano e ti temono molto più degli esseri umani, senza mai piantare grane.- Caroline lo guardò scettica e lui le rivolse un cenno annoiato, ignorandola poi categoricamente. – fatto sta che ho incrociato per sbaglio tre Lupi Mannari. Erano loschi, luridi e parecchio incazzati, non so se riesco a rendere l’idea. Avevano la chiara ed ineluttabile intenzione di precipitarsi in spedizione punitiva qui da voi e quindi li ho seguiti… dannata curiosità, è sempre stata un’irresistibile seccatura. Volete sapere i loro patetici nomi? Hugo, Scott e Todd… uno di loro si appoggiava pesantemente ad un bastone, zoppicando. Parlavano (in realtà sputacchiavano qua e là, ma questi sono solo dettagli!) di una sedicenne mezza doppelganger con un cognome piuttosto familiare… chi indovina, eh? Salvatore.- Elena sentì uno strano formicolìo invaderle la pelle, dilagando fino a diventare pungente, e vide anche i muscoli di Stefan contrarsi bruscamente davanti a simili rivelazioni. Abbassò lo sguardo incerto sul proprio anello nuziale, che brillava, dorato, riflettendo la luce della lampada poco lontana, e, improvvisamente, inspiegabilmente, le venne voglia di urlare.
I licantropi che Damon aveva udito discutere erano gli stessi che, quella notte in Biblioteca, avevano aggredito Demi nel tentativo folle e crudele di toglierle la vita. 
- E poi…?- lo spronò a continuare Jeremy, serio e a disagio, con le gote pallide come l’alabastro. Damon lanciò ai coniugi Salvatore uno sguardo indecifrabile. Sembrava che stesse rivivendo esattamente le sensazioni del momento appena narrato, quando aveva, cioè, scoperto dell’esistenza di una nuova consanguinea, di una fusione perfetta, agognata e per lui irraggiungibile, tra la stirpe Petrova e quella dei Salvatore. 
Dolore, sorpresa, rifiuto, desiderio, rabbia, affetto, gelosia, soddisfazione, bisogno, incredulità. 
Elena non l’aveva mai visto così vulnerabile e le si strinse il cuore quando lui faticò a riprendere il proprio tono spavaldo di sempre, distendendo la bocca fino a creare uno dei suoi migliori sorrisi maliziosi, frementi, ingannatori. 
- Ho capito che doveva trattarsi di una vostra pargoletta e così… eccomi qui. Ahhh...- sospirò, sardonico. -... quando si dice 'la famiglia'!- 


  
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