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Autore: CowgirlSara    09/04/2013    6 recensioni
Perché quando porti il nome di una ninfa greca che non è mai tornata dall’Ade, pensi che tutti gli eroi si volteranno troppo presto, lasciandoti nel grigio di un’esistenza qualunque. Ma a volte gli eroi somigliano a quel pazzoide sociopatico del tuo boss. O si nascondono dietro ad un paio di gentili e fermi occhi blu che hanno attraversato il tempo senza smettere di combattere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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InaH - 4
Bene, le vicende di questa bislacca coppia vanno avanti, spero che continuino ad appassionare la maggior parte dei lettori.

La canzone che introduce il capitolo è “Happy now” dei Bon Jovi. Mi sembrava adattissima, niente lucro.

Buona lettura!
Sara

Capitolo 4

Can I be happy now
Can I break free somehow
I just wanna live again
Love again
Take my pride up off of the ground
I’m ready to pick a fight
Crawl out of the dark to shine a light
I ain’t throwing stones, got sins of my own
Ain't everybody just trying to find their way home

Steve uscì dalla sua camera col sorriso sulle labbra.
La routine della sua convivenza con Dixi non era cambiata molto da quando stavano insieme, se così si poteva dire. Sì, capitava spesso che dormissero insieme, nel più completo rispetto reciproco, o che uscissero di casa mano nella mano e, magari, che passassero la serata sul divano a baciarsi ignorando il film in onda. La maggior parte delle loro serate, però, passava sempre nel vecchio modo: con Dixi che gli spiegava qualcosa su telefoni e computer e lui che ascoltava rapito, tenendola sulle ginocchia, posto usurpato alla povera Zephyr, che si vendicava dormendo di notte sopra la testa di Steve a mò di cappello di pelo.
Il capitano ridacchiò a quel pensiero, mentre passava davanti alla camera della sua coinquilina. Quando sentì la musica, però, si fermò ad ascoltare. Dixi stava canticchiando sulle note provenienti dallo stereo. Steve si affacciò nella stanza, pensando di vederla rifare il letto o sistemare la biancheria, invece la stanza era apparentemente vuota.
L’uomo stava per andarsene, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Davanti alla porta del bagno c’era un grande specchio, di quelli orientabili, con la cornice di legno, sembrava anche abbastanza antico, forse era un ricordo di famiglia. Lo specchio era posizionato in modo da riflettere la porta socchiusa del bagno e la figura di Dixi che si spogliava per fare la doccia.
Steve sapeva che era maleducato e anche abbastanza riprovevole farlo, ma non riuscì a non guardare. Lui, che arrossiva se una delle ballerine che l’accompagnavano sul palco si slacciava il costume di scena davanti ai suoi occhi.
Dixi si sfilò la maglietta. Sotto portava un reggiseno fucsia e un paio di mutandine bianche. Il suo corpo era più armonioso di quanto si poteva pensare vedendola con le sue magliette troppo larghe. Era bella, con la pelle bianchissima ed i capelli appuntati a caso sulla nuca. Cantava piano, con aria innocente e inconsapevole. Steve si sentiva un verme, ma gli era impossibile togliersi da lì.
La ragazza si tolse il reggiseno e, prima di buttarlo a terra, fece una specie di balletto sulle note della canzone, che provocò una dolorosa contrazione al basso ventre del capitano. Il suo seno era piccolo, candido e sodo, doveva essere così delizioso al tatto…
Va bene, Steve… gli disse la voce della sua coscienza. È la tua ragazza, è normale che la desideri, tu sei in colpevole continenza da troppo tempo e lei, lei te lo ha detto apertamente che è disponibile, dietro quanti paraventi morali ti vuoi ancora nascondere, ragazzo mio?
Perché la voce della sua coscienza somigliava in modo preoccupante a quella di Tony Stark?
Oh, Dio, no… esalò mentalmente Steve, quando la ragazza si sfilò le mutandine. Basta così! si ordinò quindi, prima di fare un vigoroso dietrofront e allontanarsi velocemente dalla camera.

Steve se ne andò in cucina, intenzionato a preparare la colazione. Era ancora accaldato, le mani gli tremavano un po’ e c’era qualcuno nei suoi pantaloni che non si decideva a mettersi a posto.
Cominciò ad apparecchiare sul bancone, cercando di distrarsi, per quanto era possibile. A quel punto, il sesso diventava un argomento che avrebbero dovuto affrontare.
Distratto dai suoi pensieri, mentre posava un piatto sul piano, urtò il portatile di Dixi, come sempre abbandonato da quelle parti. Lo schermo s’illuminò, ma lui non ci fece molto caso, almeno finché, passandoci davanti per la seconda volta, non si accorse di un’intestazione e di una foto.
Abbandonò tutto quello che stava facendo ed ogni stupido pensiero che aveva in testa, si sedette davanti all’apparecchio, scorrendo le pagine come gli aveva insegnato Dixi, mentre la sua espressione si faceva via via più torva e seria, durante la lettura. Strinse talmente forte le dita intorno ad una tazza, che la sbriciolò.

Quando Dixi arrivò in cucina tamponandosi i capelli, lo trovò appoggiato con i fianchi al bancone della cucina, le braccia e le gambe incrociate ed uno sguardo serio da far paura.
“Che succede?” Gli domandò lei con un gran sorriso, sperando di stemperare l’umore di Steve.
“Dovresti dirmelo tu.” Replicò lui glaciale, poi allungò una mano e girò platealmente il lap top, mostrandole lo schermo con quello che aveva scoperto.
“Oh…” Riuscì solamente a dire lei.
“Tu, hai fatto delle ricerche su Peggy?” Le chiese cupo Steve.
“Sì, l’ho fatto, ma…” Tentò Dixi, facendo per avvicinarsi, ma lui alzò le mani e si spostò, mettendo tra loro due la consistenza del mobile.
“Non m’interessa perché lo hai fatto!” Sbottò l’uomo. “Tu sei andata a scavare nel mio passato senza permesso, in qualcosa che mi sta a cuore, e per farlo sei entrata illegalmente nel database del Pentagono, Euridice!”
“Steve…” La ragazza allungò una mano verso di lui, ma il capitano si voltò dall’altra parte.
“Dimmi…” Riprese, trattenendo a stento la rabbia. “…quanti protocolli di sicurezza hai dovuto violare, per soddisfare la tua curiosità?”
“Non l’ho fatto per curiosità!” Si difese lei. “Volevo solo sapere, capire… Pensavo che, prima o poi, avresti dovuto affrontare questa cosa e…”
“No.” La bloccò lui, posando una mano sul piano di marmo, gli occhi bassi, poi scosse il capo. “Quella era la mia vita, le persone che ho amato e tu… tu non c’entri niente.”
“Steve!” Provò ancora Dixi, disperata, mentre lui lasciava la cucina. “Dove vai?” Gli domandò seguendolo. Lo vide prendere la giacca e aprire la porta di casa.
“A prendere una boccata d’aria.” Dichiarò lui, prima andarsene senza degnarla di uno sguardo.
La ragazza scivolò lungo il muro che aveva a fianco e scoppiò in un pianto dirotto.

“Signorina Potts.” Chiamò Tony entrando in ufficio.
“Signor Stark?” Fece lei di rimando, alzando gli occhi dalle cartelline che aveva in mano.
“Ti sei assicurata che il Capitano Rogers abbia ricevuto il suo invito alla festa?” Le chiese l’uomo.
“Ha mandato una e-mail in cui confermava la sua presenza e quella di Dixi.” Rispose la donna, finendo di sistemare il lavoro sulla scrivania.
“Oh, santo cielo!” Esclamò Tony, infilando uno sguardo commosso degno di un candidato all’Oscar. “Sa usare la posta elettronica, sono così fiero di lui! Mi viene da mettere la mano sul cuore e cantare l’inno!”
Pepper scosse il capo levando gli occhi al cielo. Stava ancora cercando di capire cosa provasse davvero Tony per Steve. Adorava prenderlo in giro, ma lei non dubitava che volesse anche aiutarlo seriamente. Perché se Capitan America era sempre stato uno dei motivi di lontananza tra Tony e suo padre, Steve Rogers era una persona vera, leale e coraggiosa, che lui, in fondo in fondo, ammirava.
“Sai, non credo che Dixi abbia un vestito da sera adatto alla festa di sabato.” Affermò la donna, poco dopo, tornando a girarsi verso Tony.
“Beh? Portala a fare shopping.” Suggerì lui. “Le farà bene uscire con una donna di classe come te.”
“Eh…” Fece Pepper assorta. “…spero davvero che tra loro le cose vadano bene.”
“Perché non dovrebbero?” Ribatté stupito l’uomo.
“Hanno un background così diverso.” Sostenne la donna.
“Anche io e te e, beh, eccoci qua!” Dichiarò Stark allargando le mani.
“È solo che mi dispiacerebbe se soffrissero.” Affermò Pepper. “Sono due personcine così adorabili.”
“Non temere, mia cara.” La rassicurò allora lui, stringendola per le spalle. “Sono sotto l’ala protettrice di un meraviglioso, illuminato, mecenate dell’amore.”
“Uno a caso, eh…” Commentò Pepper.
“Il migliore!” Asserì convinto Tony.

Pepper riuscì a convincere Dixi ad andare a far compere insieme, ma quel pomeriggio di shopping fu meno spensierato di quello che la donna avrebbe immaginato.
Dixi era di pessimo umore, malinconica e poco collaborativa; non aveva mai parlato di Steve e sorrideva appena alle battute dell’amica.
Ora erano davanti ad un enorme specchio in una delle boutique più prestigiose della città e la ragazza indossava un magnifico abito rosso monospalla che le stava d’incanto, però la sua espressione era mesta, quasi triste.
“Cosa succede, Dixi?” Le domandò dolcemente Pepper, decidendosi finalmente ad infrangere la riservatezza della sua accompagnatrice.
Dixi si guardò riflessa nello specchio e storse la bocca. “Non credo che un vestito rosso e qualche stellina…” Disse poi, toccando la piccola cascata di stelle luccicanti che collegava la spallina allo scollo drappeggiato. “…possa servire a qualcosa.”
“Che cosa è successo?” La domanda di Pepper era più preoccupata, ora.
Dixi chinò il capo, tormentando la gonna rossa che le scivolava sinuosa fino ai piedi.
“Io e Steve abbiamo litigato.” Confessò seria. “Per… per colpa mia… Verrà alla festa solo perché si sente in obbligo verso Tony, ma se fosse per me, penso preferirebbe andarsene in Canada.”
“Oh, non dire così, Dixi…” Fece comprensiva l’altra, posandole una mano sulla spalla.
“No, ha ragione.” Replicò lei. “L’ho profondamente deluso e non credo che mi perdonerà mai…”
“Non potrà essere così terribile, c’è sempre un modo di rimediare.” Le disse Pepper con aria saggia; se c’era una che sapeva che si può rimediare anche a situazioni impossibili era lei.
“Andiamo!” Sbottò Dixi. “Stiamo parlando di Capitan America! Il suo secondo nome potrebbe essere: inflessibile!”
“Ascoltami, Dixi.” Le ordinò l’amica, prendendole le mani e facendola girare verso di se. “Ho anche io a che fare con un uomo un tantino… difficile.” Le disse poi, con tono paziente. “Steve è intelligente e sensibile, sono certa che se gli chiederai scusa con sincerità, saprà perdonarti.”
“Non vuole neanche ascoltarmi, Pepper!” Esclamò disperata la ragazza.
“Forse deve un po’ sbollire.” Suggerì ottimista la Potts. “È un maschio, sai, dovrà starsene a fare l’orso muto per un po’, rimuginando e sfogandosi riempiendo di cazzotti un saccone…”
“Spero sia solo per quello…” Commentò lugubre la ragazza.
“Magari la festa sarà una buona scusa per poterci parlare.” Ipotizzò Pepper. “E quando ti vedrà con questo vestito, rimarrà così colpito che ti perdonerà all’istante!”
“Non sono tanto convinta…”
“Al limite, potrai farlo ingelosire un po’.” Fece Pepper, dandole una spintarella. “Ci saranno un sacco di bei ragazzi.” Aggiunse con un occhiolino.

La sera della festa alla Stark Tower infine arrivò. Steve e Dixi ci andarono insieme, ma non si poteva dire che fossero esattamente in coppia. Non c’erano gesti galanti o mani congiunte, lui neanche la guardava. E non aveva detto niente del vestito, anche se vedeva solo la gonna sgargiante spuntare dal soprabito bianco.
Il capitano aveva indossato lo smoking. Ed erano quelle cose che una ragazza sogna per tutta la vita: un uomo così – con quegli occhi e quelle mani e quelle spalle – dentro un vestito così. A Dixi, però, non restava che ammirare quanto bene la giacca gli scendesse su quell’opera d’arte che era il suo fondoschiena e sospirare.
La ragazza si sfilò il soprabito, davanti al guardaroba, poi si voltò e, casualmente, si accorse dello sguardo di Steve che la osservava. O meglio, guardava il vestito, i drappeggi, le stelle. Lui, poi, alzò gli occhi e incrociò i suoi. Non disse niente e si voltò subito.
Lei sbuffò delusa e consegnò il trench alla guardarobiera. Quando tornò a girarsi verso l’entrata del salone, l’uomo biondo che vide non era lo stesso di prima.
A parte che era perfino più alto di Steve, con due spalle spaventose nella loro imponenza, accentuata da un mantello porpora accuratamente drappeggiato sopra. Indossava un improponibile completo in scaglie d’argento, ma aveva due bellissimi occhi blu ed un sorriso gentile.
“Buonasera, fanciulla.” La saluto, con un modo un po’ antiquato. “Il mio nome è Thor, principe di Asgard.” Si presentò quindi.
“Oh!” Fece lei stupita, non se lo immaginava per niente così; lo aveva sempre associato alle vecchie immagini sui dischi di lirica della nonna, con tizi panciuti dalle parrucche rossicce e dagli elmi cornuti. Ma questo splendido vichingo non aveva niente a che fare con grassi tenori che cantavano Wagner. Era molto, ma molto meglio.
“Posso conoscere il vostro nome?” Domandò lui, vedendola muta.
“Ah, sì!” Fece lei riscuotendosi. “Mi chiamo Dixi.”
“Dixi?” Pronunciò lui interrogativo. “Un nome alquanto bizzarro anche per il popolo di Midgard.”
“Beh, in realtà è… Euridice.” Confessò timidamente lei.
“Codesto sì che è un bel nome, Madama Euridice, e vi dona anche.” Asserì lui. “Volevo complimentarvi con voi per la scelta di questo gioiello.” Le disse poi, prima di allungare una grande mano e toccare, con inaspettata delicatezza, uno degli orecchini di Dixi. “L’albero della vita, Yggdrasill.” Disse infine.
“Sì, è proprio quello.” Confermò la ragazza, sfiorando a sua volta uno degli orecchini d’argento. Thor sorrise radioso, eclissando anche le luci della festa.
“Posso avere l’onore di accompagnarvi all’interno della sala, Madama Euridice?” Le chiese quindi, indicando con un gesto ampio l’entrata.
“Volentieri.” Rispose prontamente lei.
Thor allora le porse il braccio che lei afferrò. Aveva dei bicipiti grandi come tutta la sua testa e lei si ritrovò praticamente appesa come una scimmietta.
Ripensò alle parole di Pepper, forse era anche giusto aspettare i tempi di Steve e non sentirsi in colpa a volersi godere la festa. Si sentì egoista ma, in fondo, lui l’aveva mollata al guardaroba.

Il salone della festa era grandioso, ma non ci si sarebbe potuti aspettare di meno da Tony Stark. L’evento si svolgeva su due livelli semicircolari; sopra, una grande terrazza si affacciava sulla sala sottostante, al centro un imponente lampadario di cristallo il quale, da solo, probabilmente valeva milioni di dollari. L’orchestra suonava armoniosa sulla sinistra, il bar era sulla destra ed il buffet davanti alle grandi vetrate affacciate sulle luci dell’Hudson.
Dixi spaziò velocemente tra le persone presenti, ma era pieno di uomini in smoking e non riuscì a riconoscere Steve tra di loro. Si disse che non doveva esserci, perché lo avrebbe notato di sicuro.
Thor, con un sorriso, la condusse all’interno, sotto lo sguardo incuriosito delle persone presenti. Beh, presentarsi al braccio di uno così, rendeva piuttosto appariscenti.
Arrivati nei pressi del bar, si videro venire incontro un sorridente Stark, che però si fece più serio ed interrogativo, man mano che si avvicinava a loro.
“Aspettate un attimo.” Li bloccò con la mano alzata, prima di studiarli concentrato. “Qualcosa non torna… Ragazza giusta, ma… Vendicatore sbagliato!” Affermò quindi.
Dixi e Thor lo fissarono perplessi, poi lei sbuffò e abbassò gli occhi, mentre Tony incrociava le braccia.
“Lui dov’è?” Chiese il miliardario alla ragazza.
“Ehm… non lo so…” Rispose imbarazzata lei, tormentandosi il braccialetto.
“Ma è venuto, vero?” Insisté Tony.
“Sì… però… mi ha lasciata al guardaroba…” Spiegò Dixi.
“Io non ci sto capendo niente.” Intervenne confuso Thor.
“Oh, tranquillo, Thor!” Gli disse Stark con una pacca sul braccio. “Ci siamo abituati.” Poi tornò a guardare Dixi con sguardo severo. “Che cosa hai combinato? Perché non esiste che Steve Rogers sia sgarbato con una donna, tanto da lasciarla in balia del primo aitante dio norreno che passa.”
“Magari ne passassero di più!” Commentò la ragazza, con un’occhiata ai muscoli di Thor.
“Lo dici perché non hai conosciuto suo fratello: emaciato, occhi da pazzo, insana propensione alla defenestrazione, nahhh…” Fece Tony. “Dicevamo di Steve, però.” Riprese implacabile.
“Abbiamo avuto un problemino e…” Mormorò lei ad occhi bassi, guardando in giro.
“Ahhh!” Fu il solo consapevole commento di Tony, poi si rivolse all’asgardiano. “Thor, vai a prenderti un drink, fatti fare un bel… Dixispitz, ha l’ombrellino rosa.”
La ragazza fissò il miliardario con tanto d’occhi. “Hai fatto fare un cocktail col mio nome?!”
“Sei tu, che ti chiami come un cocktail!” Ribatté immediato lui. “Thor, per favore…”
“Ho capito!” Fece il biondo eroe alzando le mani. “Mi allontano solo perché ho compreso che tu, Uomo di metallo, e Madama Euridice dovete intraprendere un discorso privato, ma puoi star certo che se riterrò tu la stia importunando, interverrò immantinente.”
“Sì, ne sono certo.” Annuì Tony. “Bravo ragazzone.” Aggiunse, spingendolo verso il bar.
Quando l’asgardiano si fu allontanato, Stark condusse Dixi un po’ in disparte, pronto ad un interrogatorio degno del Kgb.
“Allora, che cosa è successo?” Domandò con occhi affilati.
“Pepper non te l’ha detto?” Replicò timorosa lei.
“Ha detto che avete discusso, non avevo idea che fosse così grave!” Sbottò Tony. “Capitan Galantuomo che ti molla in anticamera, devi avergli spezzato il cuore!”
“Oddio, sì!” Esclamò disperata la ragazza. “È tutta colpa mia!”
Tony la prese per le spalle. “Calma e ragioniamo! Cerchiamo di essere razionali!”
Dixi assunse un’espressione sospettosa. “Non ti starai appassionando un po’ troppo ai cazzi nostri, Signor Stark?” Chiese a fronte aggrottata.
“Scherzi?! Siete la mia soap opera preferita! Capitan Incasinato e la Reginetta della Rete!” Rispose lui ad occhi spalancati. Dixi fece una smorfia. “Parla!” La incitò lui.
“Io…” Dixi era esitante, non sapeva se era giusto parlarne proprio con lui, ma poi alzò gli occhi in quelli di Tony e li trovò sinceramente preoccupati. “Ho fatto un casino.” Esordì infine. “Ho fatto delle indagini su Peggy Carter, lui l’ha scoperto e… s’è incazzato.”
Stark esalò un lungo respiro. “Hai violato qualche file riservato?” Le chiese partecipe.
Il viso della ragazza si contrasse in una smorfia colpevole. “Riservati no… Classificati, sì…”(1)
“Ohh, classificati!” Esclamò Tony, improvvisamente gioioso. “Avrai infranto innumerevoli firewall governativi, penetrando nei più reconditi database del… Pentagono!” Fece, orgoglioso.
“Sì, esattamente…” Soffiò lei. “E magari anche del Ministero della Difesa e dello SHIELD…”
“E lui lo sa.” Dixi annuì. “E non ti ha buttata fuori di casa? Hm, tiene a te più di quanto credessi…”
“Non sei divertente Tony…”
“Non devo ricordarti tutti i capi d’accusa che avevi sei anni fa, vero?”
“No, li ricordo uno ad uno…”
“Sai che, con questa cosa, potresti finire dritta in un carcere federale?” Dixi rantolò. “Hai violato i termini della libertà condizionata, è un bel casino.”
“Non infierire, ti prego.” Lo supplicò, coprendosi il viso con una mano. “Se Steve sospettasse anche questo, credo che mi bandirebbe a vita, forse con un provvedimento restrittivo…”
“Ma perché lo hai fatto?” Chiese arreso il milionario.
“Non lo so!” Squittì Dixi.
“Non piagnucolare! Odio i piagnucolii, mi fanno arricciare le dita dei piedi!” Le disse lui. “Vabbene, adesso vado a stanarlo e ci parlo io.”
“No, per l’amor del cielo!” Lo bloccò lei.
“Perché?” Fece lui, con l’espressione più ingenua del mondo. “Ti garantisco che sarò diplomatico, potrebbero eleggermi segretario dell’ONU.”
“E il giorno dopo l’ONU non ci sarebbe più…” Commentò lugubre Dixi.
“Ti fidi così poco?” S’informò meravigliato Tony. Lei storse la bocca.
“Signor Stark.” Li interruppe una suadente voce femminile.
Si voltarono e videro una bellissima donna dai capelli rossi, inguainata in un sensuale abito nero, al braccio di un uomo in smoking che ricordava l’affascinante rocciosità del James Bond di Daniel Craig. Lei li guardava con espressione da gatta maliziosa.
“Agente Romanoff, Agente Barton.” Salutò distrattamente Tony.
“Non ci presenta la sua amica, Signor Stark?” Suggerì la donna, indicando Dixi con gli occhi; lei sorrise timidamente.
“Natasha Romanoff, Clint Barton, questa è Dixi Spitz.” Fece sbrigativo il padrone di casa. “Ora se volete scu…”
“Un nuovo acquisto dello SHIELD?” Domandò Clint con un sorriso.
“Oh, no!” Rispose subito Dixi. “Mi piacerebbe molto essere una ninja girl che lancia stelle esplosive, o una super agente segreta che nasconde fucili a canne mozze in microscopiche mutande, ma no… sono solo un’analista informatica.” Spiegò con un sorriso innocente.
Nel gruppetto, però, era calato un silenzio glaciale, i due uomini stavano guardando Natasha, trattenendosi palesemente dallo scoppiare a ridere. La faccia della spia dai capelli rossi era ancora agghiacciata dalla descrizione appena ricevuta, che per altro le calzava a pennello.
“E poi, mi domando perché adoro questa ragazza.” Dichiarò entusiasta Tony, prendendo una perplessa Dixi per le spalle.
Clint non si trattenne più e scoppiò a ridere. Natasha gli diede un pestone con i suoi acuminati tacchi.

Era stato un attimo, perdere di vista Stark. Quando era arrivata Pepper, Clint e Natasha stavano battibeccando per via della risata di lui, poi li aveva raggiunti Thor con in mano un grosso ananas decorato da una vera e propria mini pagoda di ombrellini rosa ed il discorso si era spostato sul cocktail nominato Dixispitz. Qualche battuta e risata e Tony era sparito.
Adesso sarebbe andato a parlare con Steve – sempre che lui fosse ancora alla festa – e Dixi ci avrebbe rimesso anche quella poca dignità che le era rimasta…

Non fu difficile per Tony scovare Steve. Era al bar del piano superiore, dove c’era meno gente. Appollaiato su uno sgabello, i gomiti sul bancone, gli occhi a fissare il vuoto e un bicchiere mezzo pieno davanti. L’uomo fece un cenno al barista, che gli preparò subito da bere.
In silenzio, Stark si avvicinò e prese posto sullo sgabello vuoto accanto al suo, scrutò il bel profilo del capitano, finché lui non socchiuse le palpebre dalle lunghe ciglia e deviò lo sguardo.
“Vorresti che ti facesse effetto, eh?” Soggiunse il milionario, indicando il bicchiere di liquore davanti all’amico. Frattanto anche lui veniva servito.
“Sì.” Annuì Steve.
“Ho parlato con Dixi.” Rivelò l’altro. Lui fece una smorfia.
“Scommetto che le sue giustificazioni ti sono sembrate logiche e razionali.” Commentò Steve, prima di prendere un altro sorso.
“No, decisamente no, anche perché non gliele ho chieste.” Replicò Tony, lui lo guardò stranito. “Ad ogni modo, è una donna innamorata, non potrebbe in alcuno modo essere logica e razionale.”
“Hmpf…” Soffiò Steve e svuotò il bicchiere.
“Ascolta, non voglio darti consigli, perché sai benissimo che sono la persona meno indicata per farlo.” Affermò Stark.
“Indubbiamente.” Confermò Rogers annuendo.
“Voglio solo dirti questo…” Continuò Tony, ignorando il suo commento. “… la vita mi ha dato praticamente tutto, ma c’è una sola cosa per cui ringrazio.” Steve lo guardò serio, attento. “Si chiama Virginia Potts.” Il capitano abbassò gli occhi, colpito. “Perciò, se tieni davvero a quella deliziosa ragazza là sotto, cerca di capire il perché delle sue azioni e poi perdonala.” L’altro rialzò il viso, aveva gli occhi lucidi. “Credimi, non siamo abbastanza forti per affrontare tutto questo da soli, io ci ho provato, fa schifo.”
Una volta concluso il discorso, Tony buttò giù il suo liquore in un sorso, poi diede una pacca sulla spalla di Steve e si allontanò senza aggiungere altro.
Il capitano lo seguì con lo sguardo, poi tornò a girarsi verso il bancone e si passò una mano sulla bocca. Quel cattivo sapore non lo sopportava più.

Il tintinnio delle chiavi all’interno della ciotola di vetro le diede fastidio alle orecchie. Sbuffò, mentre toglieva il soprabito e lo appendeva nell’armadio a muro dell’ingresso.
Entrò in soggiorno e alzò gli occhi. Davanti ad una delle finestre, illuminate dall’esterno, si stagliava la figura solida e rassicurante di Steve. Impossibile confondere il disegno perfetto delle spalle, della vita stretta, del collo elegante, dei capelli corti. Il suo bellissimo capitano.
Volle salutarlo proprio così. “Capitano.” Mormorò timidamente.
Steve si girò. Era in maniche di camicia, le mani in tasca. I suoi occhi, anche al buio, erano troppo chiari e troppo sinceri. Sinceramente feriti. Le fece male il cuore ed abbassò i suoi.
“Sei tornata da sola?” S’informò allora il capitano.
“No.” Rispose Dixi, rialzando il capo. “Mi hanno accompagnata Barton e Natasha.”
“Ti sei divertita?” Chiese ancora, con un’amarezza troppo palese nella voce.
“Come pensi che avrei potuto divertirmi, tu non mi parli da tre giorni, Steve.” Rispose mesta lei.
Lui si voltò di nuovo verso la finestra. “Ti ho vista ridere, con Thor, Pepper e gli altri.”
“Se ho sorriso è solo per non mancare di rispetto ai tuoi amici e a chi ci ospitava.” Affermò la ragazza, avvicinandosi a lui, al centro del salotto. “Ma ti garantisco che non mi sono divertita per niente.” Aggiunse seria.
L’uomo continuava ostinatamente a darle le spalle, così Dixi gli andò accanto e gli prese un avambraccio. Steve spostò lo sguardo su di lei, serio, la mascella contratta.
“Steve, dobbiamo parlarne.” Gli disse la ragazza.
“Non voglio parlarne.” Replicò lui.
“Ma non capisci che è proprio questo il motivo che mi ha spinto a cercare?” Ribatté lei. “Ti sei tenuto tutto dentro, tutto quello che hai perso… è un lutto enorme e non l’hai affrontato.”
“Non puoi sapere se l’ho fatto o no.” Sostenne Steve.
“No, non posso, perché tu non ne parli!” Gli rimproverò Dixi, aggrappata al suo braccio.
Steve abbassò gli occhi sulle sue mani magre che stringevano convulsamente la stoffa della sua camicia bianca. Dixi, quando se ne accorse, lo lasciò di scatto, facendo un passo indietro. Da quella maggiore distanza, si guardarono negli occhi, per la prima volta davvero da tre giorni a quella parte.
“Quando mi sono svegliato…” Esordì infine Steve. “…e ho capito che era passato tutto quel tempo, che nessuna delle persone che avevo conosciuto e amato c’era più, il primo sentimento che ho provato è stato sbigottimento, era assurdo, impossibile, eppure vero.” Dixi lo fissava attenta, tormentandosi le mani. “Poi è sopraggiunta la rabbia, perché io ero sopravvissuto e loro no e mi sentivo inutile come un vecchio macinino: il mondo era cambiato, la guerra era cambiata ed un soldato d’altri tempi non serviva a nulla.”
“Non puoi averlo pensato davvero, Steve, tu sei… unico.”
Lui sorrise con una smorfia amara. “In quella fase della mia vita mi sentivo così.” Spiegò quindi. “Poi c’è stata la battaglia contro i Chitauri e mi sono sentito di nuovo parte di qualcosa, utile a qualcuno.” Aggiunse. “Da quel momento ho capito che non potevo continuare a pensare ad un passato che non esisteva più, desideravo essere finalmente felice, volevo vivere di nuovo, amare di nuovo ed è stato a quel punto che ho incontrato te, Dix.”
Lei lo fissava con espressione affranta, le tremava il mento e sapeva di stare per mettersi a piangere come la ragazzina scema che non era mai stata.
“Mi dispiace.” Esalò disperata. “Ti ho deluso così tanto…”
“Sì, mi hai ferito e deluso, ma la cosa peggiore è che non riesco a capire perché.” Le disse lui.
Dixi abbassò gli occhi e strinse la stoffa del vestito. “Ero… ero gelosa.” Confessò infine.
Steve spalancò gli occhi incredulo. “E di che cosa? Di qualcosa che non ha nemmeno avuto il tempo di diventare amore? Di una donna che probabilmente adesso è morta?” Le chiese confuso.
“Io… è che io…” Balbettò imbarazzata Dixi. “Io mi sento sempre così inadeguata, non all’altezza…” Ammise dolorosamente. “Perché, parliamoci chiaro, come è potuto succedere che uno come te, sia capitato a una come me?”
Steve le dedico una lunga occhiata. Gli stava davanti, in piedi sul tappeto del salotto, con quel suo stupendo vestito, i capelli ancora acconciati, il capo chino e il viso bagnato di lacrime.
“Perché? Cosa avresti che non va?” Le chiese infine.
Lei sollevò di colpo gli occhi, sorpresa e incredula. Soprattutto perché la voce di Steve si era fatta improvvisamente più dolce. Lui la guardava con un sorriso triste.
“Non devi sentirti inferiore a nessuno, Dix, eri così bella stasera, che ho pensato Thor ti avrebbe portata ad Asgard con se.” Affermò mesto il capitano; lei era sempre più stupita.
“È innamorato di una tizia del Nuovo Messico…” Commentò a sproposito.
“Non gli avrei comunque permesso di portati via da me.” Soggiunse Steve, avvicinandosi.
Quando le fu ad un passo – ed il cuore di Dixi sul punto di esplodere – alzò una mano e sfiorò con la punta delle dita le piccole stelle sullo scollo del vestito di lei.
“Lo hai preso per me, questo vestito?” Le domandò dolcemente, sempre con gli occhi e le dita sulle stelline di Swarovski.
“Beh, sì.” Confessò lei, ancora sull’orlo del collasso. “È abbastanza patriottico?” Le rispose solo un sorriso assorto di Steve, mentre continuava a guardarla.
“Ti sta benissimo.” Le disse quindi. “Vuoi ballare con me?” Chiese quindi, sconvolgendola del tutto. “Vuoi insegnarmi come si fa?”
Dixi spalancò gli occhi, sbalordita. “Io… Oddio, certo che voglio!” Rispose poi commossa.
“Ti avverto che sono completamente impedito.” Asserì il capitano.
Dixi lo abbracciò con forza. “Non ci credo!” Proclamò poi, prima di affondare il viso nel suo petto. “Mi perdoni, Steve?” Implorò allora.
Lui le accarezzò i capelli. “Solo se mi prometti che non farai mai più una cosa sciocca come dubitare di me e di quanto tu sia importante.”
“Te lo giuro.” Gli promise. “Te lo giuro!”
Gli passò le braccia intorno al collo, Steve la sollevò da terra e volteggiarono tra il tavolino ed il divano. Non era un ballo, non erano nemmeno passi. Erano loro che giravano nel silenzio. Con la donna giusta, non c’era bisogno nemmeno della musica.

CONTINUA




NOTE:
(1)    – I file classificati hanno un livello di sicurezza molto alto e quindi richiedono un’abilità    
            maggiore da parte
dell’hacker che li viola.
   
 
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