Immobilità
del cuore
“Scrivi
di noi!”
Il biglietto allegato alla macchina per scrivere che Sam aveva regalato
a
Charlie.
[Dal film: Noi Siamo Infinito]
Lo
sportello della macchina, bloccato, non si apriva. Con enorme sforzo
tirai la
maniglia per farlo aprire. Dopo alcuni tentativi e piegamenti del
bacino
alquanto imbarazzanti, lo sportello si aprì e presi lo zaino
dall’interno della
macchina. Con aria circospetta, lo zaino sulle spalle, ispezionai i
dintorni…
tutto taceva, d’altr’onde alle 8.10 di mattina non
poteva essere diversamente.
Mi voltai, ti
vidi camminare su quel lungo marciapiede, distanti, come sempre
del resto, pensai: “Dannazione, solamente lui mi mancava
stamattina!”
Il fighetto
della scuola, l’amico degli “esageratamente
esaltati” della mia
classe… due mondi opposti i nostri, o meglio, tuo il mondo
da cui sono scappata
e nel quale non avevo nessuna intenzione di rientrare.
Un mondo
tossico, fatto di “sesso, droga e rock
‘n’ troll”.
Conosco bene
quel mondo, conosco bene le CONSEGUENZE di tutto ciò, le ho
provate sulla mia pelle, ma ormai a chi importa, mi trovo
dall’altra parte,
dalla parte degli “sfigati”, quelli che tengono
alla propria vita e cercano
sempre di fare la cosa giusta, senza nuocere a nessuno.
Chi avrebbe
detto che quel giorno sarebbe stato l’inizio di
tutto… se solo
l’avessi saputo, giuro, tornerei indietro e farei qualche
sciocchezza, tornerei
indietro e cambierei l’idea che avevi/hai di me.
Scesi dalla
macchina, 8.10, sempre la stessa ora, l’ora in cui gli alunni
nelle
classi fanno baldoria in attesa dell’insegnante,
l’ora in cui il silenzio delle
strade vuote preme nelle nostre orecchie, l’ora in cui
nessuno ci fissa dal
basso verso l’alto credendosi chissà chi.
Mi
sorridesti… mi guardai intorno, incredula, non vidi
nessun’altro.
Sull’asfalto solo tu ed io, due sguardi incrociati, il tuo
sorriso, il mio
scetticismo.
Così,
per molte mattine, fin quando un giorno il tuo sorriso fu
così potente da
cambiare il mio umore.
Usciti dalle
nostre rispettive scuole le nostre strade si incrociavano, venivi
a prendere la tua amica d’infanzia dalla mia scuola, la tua
amica di sempre, ti
avvolgeva in un abbraccio, che io notai, dal quale, non appena i nostri
occhi si
incrociarono, cercasti di scioglierti, senza successo… lei
non sapeva.
Ed io stessa
facevo molta fatica a capire.
Mi chiedevo
come fosse possibile che uno dei “fighetti” della
scuola, uno dei
“fighetti” della nostra cittadina, assai rinomato,
potesse innamorarsi di me.
I tuoi
sorrisi, i tuoi sguardi intensi, i tuoi gesti, non lasciavano dubbi, ma
io, dall’anima diffidente, continuavo a chiedermi
“perché me?”, cosa avessi
notato di tanto speciale da innamorarti proprio di me. E, in qualche
modo, ogni
volta che ti guardavo, ti chiedevo di dirmelo, di farmelo capire,
perché in me
non trovavo niente di speciale.
Un difficile
momento vivevo in quel periodo, tutto intorno a me si sgretolava,
ogni certezza persa, l’oscurità
dell’oblio sempre più densa, nessuno notava
cosa mi accadeva, nessuno notava la mia vitalità spegnersi
sempre più… tu la
mia unica speranza di rinascita, qualcosa su cui aggrapparmi,
così certo e così
incerto, la tua presenza fallace.
Così
diversi, eppure, dalla sorprendente comprensione.
Il tuo mondo,
non estraneo a me, non ti apparteneva, ti ritrovavi lì in
balia
degli eventi e non sapevi come uscirne, probabilmente io la tua
speranza,
presenza fallace tanto quanto te.
Sono passati
tre anni, cambiate molte cose… noi, il mondo che ci
circonda, la
gente intorno a noi…
Sono passati
tre anni, ma la nostra strana intesa non sembra svanita…
Sono passati
tre anni, e il tuo sguardo riesce ancora a togliermi il respiro.
Molte le
esperienze fatte, con persone diverse, in momenti diversi, con
intensità
diverse.
Ti ho pensato
in ogni singolo momento… ogni nuova esperienza la tua
presenza,
irreale e illusoria, non mi abbandonava mai.
Le nostre
parole, brevi, forzate, sussurrate, mai dimenticate… non le
dimenticherò mai, sono e saranno dentro me per sempre,
esattamente come te.
Molto, troppo
il male fatto l’uno all’altra e viceversa. Troppe
le vendette da
attuare. Minima la forza per poter andare avanti, per poterti fare del
male,
come destinati a scivolare, in un vuoto che fa male.
Vivi ancora
nel tuo mondo, vivi ancora in balia degli eventi, ma che importa,
la vita va vissuta una volta e come si deve.
Il tempo
scorre e insieme esplodiamo ancora come due bombe atomiche, le nostre
essenze, ogni singolo giorno, ci ricordano che saremo nostri per
sempre, anche
se vien meno il coraggio di dircelo.
Sei lontano,
con lei… mi chiedo in continuazione cosa tu stia facendo,
quanto
sei vicino a lei, se hai davvero provato mai qualcosa per lei o era
solo la
prima persona disposta a porsi tra me e te, la persona di cui, in un
momento di
lucidità, ti sei servito per dimenticarmi, senza successo.
Noi…
due droghe, diversa natura, stessa potenza.
Luce dei
nostri occhi, fuoco dei nostri lombi, nostro peccato, nostra anima.
Sdraiata sul
letto fisso il vuoto, accanto a me foto di noi.
Cerco di
ricostruire dettagliatamente ogni nostro momento vissuto in questi tre
anni… le parole; i sussurri; gli sguardi; i sorrisi; i
viaggi; il cinema; il
vai e vieni da un luogo ove eri tu; le incomprensioni; la tua storia
con lei;
il momento in cui l’ho scoperto; la mia storia con lui, solo
apparentemente
felice; i momenti di rabbia; gli sguardi glaciali che riuscivamo a
rivolgerci
in alcuni momenti, gli stessi momenti in cui la parte perfida di me
avrebbe
voluto sorriderti, senza successo; ogni tuo “mi
dispiace” silenzioso, mentre
stringevi la sua mano, ma ti voltavi a guardare me… bruciano
nelle mie vene
come fuoco ardente.
Cerco di
mettere ordine, pezzi di una vita che non si possono riappiccicare,
per dare un significato a tutto ciò, ma la mia mente va in
tilt, sopraffatta
dal ricordo di noi.
Momenti di
esasperazione, quei momenti in cui vorrei tornare indietro e
cancellarti, perché io e te siamo la cosa più
bella che mi sia capitata, ma
anche la cosa più dolorosa.
Un paradiso
infernale il nostro, dal quale vorrei uscire con tutte le mie forze,
e ci stavo riuscendo e mi sentivo felice, felice davvero, ma un tuo
sguardo,
QUEL tuo sguardo, ha fatto crollare tutto nuovamente, distruggendo le
barriere
di felicità che si innalzavano attorno a me.
Vi siete
lasciati dopo pochi mesi, ma siete ancora troppo amici, provo una
gelosia minima, rassegnata dalla grandezza e dalla distanza del nostro
rapporto.
Permetti a me
di gustare il sapore della felicità, in quanto stanca dei
racconti sulla sua bontà. Forse io stessa non mi concedo
questa possibilità,
ancora della mia vita. Per quanto la droga possa far male, per quanto
ne
possieda la consapevolezza, forse rimango restia ad abbandonarla
completamente,
fin quando non avrò dato un senso a noi.
E provo un
dolore potente, viscerale. La mia mente, così piena di te,
vorrebbe
servirsi della bocca per liberarsi. Quella bocca troppo chiusa, da non
riuscire
ad emettere un suono, vorrebbe urlare il tuo nome al mondo intero, ma
non si
può, non si possono infrangere le barriere del nostro
silenzio…
Il nostro
silenzio, i nostri sguardi che parlano più di mille parole
urlate al
vento, nell’entusiasmo del momento, ma che al vento non
resistono, volano,
mentre su fogli bianchi restano, vivono.
Tu la mia
terraferma, anche se potrebbe sembrare il contrario,
immobilità del
mio cuore.
Negrita – Destinati a perdersi
Max Pezzali – Terraferma
Depeche Mode – Enjoy the silence
Jimmy Eat World – Pain
Jimmy Eat World – Work
Sting – Shape of my heart
Lenny Kravitz – Stillness of heart