Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: FairyCleo    14/04/2013    9 recensioni
Dal capitolo 1:"Erano trascorse tre settimane dall' ultima volta in cui aveva trascorso una giornata con la propria famiglia al completo. Erano trascorse tre settimane da quando aveva litigato per l' ennesima volta con Chichi.
Erano trascorse tre settimane da quando lei aveva preparato i bagagli, lasciando lui e Gohan soli in quella piccola, silenziosissima casa in cui non sarebbero mai più risuonati i passi leggeri della donna che Goku aveva sposato".
Dal capitolo 3: "Io non so se sei venuto a conoscenza degli avvenimenti che hanno segnato la mia famiglia nelle ultime settimane..."[...]"Vegeta, mio papà non ha preso bene la cosa... è stanco, spento, immotivato.[...]"So che il tuo più grande desiderio è quello di battere mio padre, è per questo che ti chiedo di aiutarlo. Allenati con lui Vegeta. Diventa il suo nuovo stimolo. E sono certo che diventerai anche tu un super sayan. Il super sayan più forte della storia".
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il primo incontro

 
Erano partiti. Erano veramente partiti.
Per la seconda volta nella sua giovane vita, Gohan aveva intrapreso un viaggio nello spazio. Per la seconda volta nella vita aveva visto la Terra, la sua amata Terra, così come appariva da lontano, ma proprio perché si trattava della seconda volta, o forse, proprio perché sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta, non aveva potuto guardarla a cuor leggero, non aveva potuto guardarla con lo stesso entusiasmo della volta precedente.
 
Il pianeta azzurro, il pianeta su cui era nato e su cui aveva vissuto fino ad allora, il suo pianeta, era bellissimo visto dallo spazio. Non era così grande come si poteva pensare camminandoci sopra, eppure era ugualmente maestoso nonostante le esigue dimensioni. Completamente ricoperto dall’acqua, protetto da una coperta di bianche nuvole, appariva tranquillo e silenzioso, il posto ideale dove poter vivere un’esistenza quieta e rispettosa. Solo chi vi aveva vissuto poteva sapere che la realtà era ben diversa, che la gente affollava strade, piazze, mari e cieli in una frenetica corsa verso non sapeva neanche lei cosa, e che erano davvero pochi i luoghi non contaminati, i luoghi abitati solo da animali e da piante, i luoghi abitati da chi non avrebbe arrecato danno alcuno a quel pianeta così amorevole con le proprie creature.
Ma nonostante questa calma apparente, la Terra rimaneva per il piccolo Gohan il pianeta più bello del mondo, il pianeta su cui avrebbe voluto crescere, studiare, aveva dei bambini, il pianeta su cui avrebbe voluto vivere sino all’ultimo dei suoi giorni.
Eppure, niente di tutto ciò sarebbe accaduto, non in un futuro prossimo, almeno. La Terra sarebbe presto stata invasa da mostri invincibili e senza cuore. La Terra sarebbe stata messa a ferro e a fuoco dal nemico, e lui non avrebbe fatto niente per difenderla. Non l’avrebbe fatto perché se n’era andato. Non l’avrebbe fatto perché era fuggito come un codardo.
Proprio per questo, Gohan aveva guardato il suo pianeta natale con la morte nel cuore, vedendolo divenire sempre più piccolo, vedendolo divenire sempre più lontano, sempre più un ricordo e non una realtà.
 
Bulma non si era alzata neppure per un attimo dal posto di comando, proprio per evitare di guardarsi indietro e fare la manovra inversa.
Era sempre stata una ragazza altruista, a volte spavalda, ma timorosa di fronte alla prospettiva di poter morire nel fiore degli anni. Era una di quelle ragazze che aveva sempre aspettato l’arrivo di un principe su di un cavallo bianco, un principe che un giorno l’avrebbe presa e portata nel suo castello per amarla tutta la vita. Non era una persona che aveva mai contemplato la morte come un qualcosa di precoce, nonostante la possibilità che ciò potesse avvenire. L’aveva sempre rifiutata, rifuggita. Eppure, mai come allora avrebbe voluto tornare indietro e affrontarla a viso aperto, sfidandola con la sua spavalderia, con la sua intelligenza, con la forza immensa che sapeva di avere dentro di sé. Ma non poteva farlo. Non poteva farlo perché non erano quelli i patti. Non poteva farlo perché aveva promesso ben altro ai suoi amici, aveva promesso di stare lontana, di salvare la persone che aveva a bordo, di condurle al sicuro e di custodire le loro vite ancora più delle sfere. E lei non era una traditrice. Era una vanitosa, era una persona che si lamentava in continuazione, era una spendacciona, ma non era una traditrice.
Nonostante non riuscisse ad accettare che la vita l’avesse posta davanti a quella crudeltà, lei non sarebbe tornata indietro. Nonostante avesse la morte nel cuore, lei non sarebbe tornata indietro.
 
“Credi che ci vorrà molto tempo per raggiungere Neo-Namecc?” – le aveva chiesto con voce timidissima Marion, avvicinandosi a lei con grande cautela.
 
La domanda della ragazza aveva catturato l’attenzione di tutti gli esuli, che ora attendevano con ansia una risposta da parte della giovane.
 
“Senza imprevisti e mantenendo la velocità costante, credo che ci vorranno più o meno tre giorni”.
“Tre giorni?” – aveva chiesto la ragazza, evidentemente sorpresa dalla brevità del viaggio.
“Sì… Neo-Namecc non è molto distante dalla Terra, per fortuna, e grazie alle modifiche apportate a questa navicella da me e papà, faremo davvero presto. Sorpresa?”.
 
Il tono ironico e freddo di Bulma avrebbe irritato la ragazza in un’altra circostanza, ma non in quella. Anche se Marion aveva ancora le lacrime agli occhi, non aveva reagito. Perché, anche se si trattava di un dolore espresso in maniera diversa, si trattava del suo stesso, identico dolore. Lei, alla fine dei conti, all’infuori di Crilin non aveva nessuno, mentre Bulma non aveva solo perso il suo migliore amico, ma aveva dovuto lasciare il ragazzo di cui era stata innamorata e che forse amava ancora, e aveva dovuto lasciare anche il ragazzo di cui era segretamente innamorata, nonostante si sforzasse di mostrare il contrario. Bulma teneva a Vegeta molto più di quanto volesse dare a vedere, ma solo agli occhi di un’altra donna questo poteva essere palese.
Marion non poteva fare altro che ammirarla e starle accanto, sperando di trarre da lei gli insegnamenti necessari per poter crescere e diventare una donna con la d maiuscola. Era arrivato il momento di non avere più paura. Era arrivato il momento di darsi da fare. Le era stata data l’opportunità di vivere e di essere libera, anche se da fuggiasca, cosa che alle altre ragazze, alle altre bambine, alle altre mamme e nonne non sarebbe stata concessa, e lei avrebbe vissuto. Avrebbe vissuto per quelle donne e per il suo Crilin, che coraggiosamente era rimasto sulla Terra per provare a difenderla. Il coraggio non le sarebbe mancato, ed era certa che presto avrebbe avuto modo di dimostrarlo a se stessa e agli altri.
 
“Non dovete preoccuparvi” – era intervenuto Dende – “Arriveremo presto, e anche se lo faremo senza alcun preavviso, i miei fratelli non si tireranno indietro. Siamo un popolo che non dimentica il bene ricevuto, e posso garantirvi che ricambieranno con affetto ed entusiasmo l’aiuto che ci avete dato quando ne abbiamo avuto bisogno”.
 
Genio aveva messo una mano scarna sulla spalla di quello che era stato, anche se per poco tempo, il loro giovane Supremo, ringraziandolo con un sorriso sincero. Inutile prendersi in giro: se non fosse stato per Dende, sarebbero stati dei fuggiaschi in una terra straniera, soli, spaesati e spaventati. Grazie a lui e ai suoi fratelli, sarebbero stati sì dei fuggiaschi, ma dei fuggiaschi che per un periodo medio lungo sarebbero stati in un posto che forse avrebbero potuto chiamare casa.
 
“Ti saremo grati in eterno per quello che stai facendo. In eterno”.
 
A quelle parole, il piccolo Dende non aveva potuto non arrossire, sentendosi fin troppo lusingato. Non meritava un trattamento del genere. Stava facendo il minimo per i suoi amici. Era lui grato di avere accanto a sé persone così speciali che fino all’ultimo si erano preoccupate per lui, uno straniero venuto da lontano.
 
“Chi vuole una tazza di cioccolata calda?” – aveva improvvisamente esclamato Chichi, sbucando dal cucinino in compagnia della signora Brief. Entrambe sorreggevano dei vassoi carichi di tazze fumanti.
Fortunatamente, aveva trovato la forza di andare avanti in quell’amore di bambino cresciuto troppo in fretta che la chiamava mamma, e solo lui le aveva dato lo sprono per non mollare. Non poteva farlo, e non l’avrebbe fatto. E se una cioccolata calda poteva aiutare il suo bambino, ne avrebbe preparate a dozzine, finché la scorta di cioccolato che avevano portato con loro non sarebbe finita.
 
I presenti avevano sorriso, accettando di buon grado quel dolce pensiero, compreso il piccolo Gohan, che si era accoccolato in un angolino fissando distrattamente il muro. La sua mamma gli stava sorridendo con troppo affetto per respingerla. Avrebbe fatto uno sforzo, sfoderando un timido sorriso, un sorriso da rivolgere a lei e a tutte le persone lì presenti, a tutte le persone che lo amavano e che amava a sua volta.
 
“Grazie, mamma” – aveva detto, prendendo la tazza, e assaporando una lunga sorsata di cioccolata calda.
“Grazie, mamma” – gli aveva fatto eco Bulma, facendo lo stesso, identico gesto del figlio del suo migliore amico, rivolgendolo però alla sua, di madre.
 
Ma quel momento di apparente tranquillità era durato ben poco. Quel momento di tranquillità era crollato nell’attimo in cui Bulma aveva visto quel puntino sul monitor, sollevando poi lo sguardo verso la finestra sull’universo che aveva davanti a sé.
 
Sconvolta, la giovane dai capelli turchesi aveva lasciato che la tazza le scivolasse dalle mani, infrangendosi subito dopo sul freddo pavimento della navicella.
 
“Tesoro… tesoro… che succede?” – aveva chiesto sua madre, incapace di comprendere quella reazione così bizzarra – “Stai male?”.
 
Ma le era bastato fare lo stesso identico gesto della figlia per poter capire: il cielo, lo sconfinato cielo costellato da meteore e pianeti, aveva rivelato l’esistenza di qualcosa di diverso. Qualcosa che non era il frutto della volontà divina, ma il risultato del lavoro di centinaia di tecnici, ingegneri e operai altamente specializzati riunitisi insieme per produrre qualcosa di mostruoso.
Riunitisi insieme per costruire la più grande navicella che i loro occhi mortali avessero mai avuto l’opportunità di vedere.
 

*

 
“Oh mio Dio… Oh mio… mio Dio!”.
 
Era stata quella la reazione che aveva avuto la madre di Bulma dopo aver visto l’enorme navicella, ed era quella la reazione che avevano avuto anche gli altri, sconvolti almeno quanto lei dalla mole e dall’aspetto minaccioso che le era evidentemente stato dato di proposito.
 
Era di una bizzarra forma triangolare, di colore grigio scuro, ed era sormontata da un’enorme cupola di vetro oscurato. Dotata di otto potentissimi motori, aveva in dotazione numerose micidiali armi messe in bella vista in più punti, evidentemente per mettere in guardia un’eventuale malintenzionato.
E quest’ultima cosa sarebbe stata anche divertente se non si fosse trattato di un nemico potentissimo. Un nemico potentissimo e senza scrupoli.
 
Marion si era portata le mani alla bocca, cercando di non scoppiare il lacrime. Avevano preventivato l’eventualità di poter incrociare la navicella nemica e che non sarebbe stato facile sfuggirle, ma dall’immaginarla al trovarsela davanti c’era un divario troppo, troppo grande.
Era spaventosa. Era realmente spaventosa.
 
“Che cosa… cosa facciamo??” – aveva chiesto Puar, in preda al panico.
“Mantenete la calma!” – aveva ordinato Bulma, perentoria – “Non siamo noi il suo nemico. Lui non ci farà niente”.
“Come puoi esserne così sicura?? Come??” – Oscar era sull’orlo di una crisi isterica.
 
Non lo sapeva. Non lo poteva sapere. Ma doveva far credere a tutti gli altri di esserlo. Era l’unica in grado di poterlo fare, nonostante fosse la prima ad essere sull’orlo di una crisi.
 
“ORA BASTA!” – aveva urlato, furente – “Dobbiamo mantenere la calma. Tutti. Non gli interessiamo. Se siamo fortunati ci lasceranno andare. Non hanno raggiunto la Terra per fermare noi, l’avete capito o no?? Non possono sapere che siamo amici di Vegeta, e non possono sapere che custodiamo le sfere del drago. Ora, per rispetto ai nostri amici che tra poco si troveranno faccia a faccia con loro, chiudete il becco e cercate di mantenere la calma”.
 
Quella sfuriata era stata sufficiente a far tacere i presenti. Non a farli calmare, ovvio, ma non era quello il momento di mettersi a fare i puntigliosi.
La tensione aleggiava nell’aria, era palpabile, quasi come se l’esiguo spazio in cui erano stipati fosse attraversato da centinaia di scariche elettriche.
La navicella nemica avanzava a velocità impressionante, e serviva una manovra da maestro per evitare una collisione per loro disastrosa. Il nemico poteva avere un mezzo di dimensioni mastodontiche, ma c’erano buone probabilità che loro fossero più veloci e, questo, unito alla bravura di Bulma nel pilotare qualunque mezzo di trasporto, avrebbe potuto salvare loro la vita. Oltre ad una buona dose di fortuna, sia ben chiaro.
 
Così, nel più totale silenzio, interrotto ad intervalli regolari dal suono del radar che indicava l’avvicinamento del nemico, i fuggiaschi stavano aspettando che il momento di minima vicinanza arrivasse, sperando di uscirne indenni.
E, fortunatamente, così era stato.
Non c’era stato bisogno di manovre assurde, pericolose e azzardate, no. Broli, Paragas e Freezer erano passati accanto a loro senza neanche degnarli della minima attenzione.
 
Bulma aveva chiuso gli occhi, appoggiandosi allo schienale del sedile e tirando un respiro di sollievo.
 
“C’è mancato poco… Fortunatamente, non valiamo neanche il tempo che serve ad annientarci”. *
 

*

 
La traversata era stata più breve del previsto. Crilin e Junior avevano raggiunto l’ospedale pieni di buone intenzioni, ma una volta arrivati, si erano resi conto immediatamente che Vegeta non si trovava più lì.
 
“Non riesco ad avvertire la sua aura” – aveva detto Crilin, rimasto fermo davanti alla vetrata dell’obitorio – “Non riesco ad avvertirla e non ho… non ho…”.
“Non ce l’ho nemmeno io” – aveva completato la frase Junior, riferendosi al fatto che non avessero il coraggio di oltrepassare quella soglia per osservare da vicino il corpo esanime del povero Goku.
 
Erano rimasti a lungo in silenzio, cercando di pensare a dove potesse trovarsi Vegeta, a quali potessero essere i suoi pensieri, le sue sensazione, a cosa avesse deciso di fare. Ma non era facile. Per quanto fossero certi che stesse soffrendo più di loro, non era semplice immedesimarsi nel principe dei saiyan. Non nel nuovo, almeno, non in quello forgiato dall’amore verso i propri cari. Immedesimarsi in un Vegeta cinico e spietato sarebbe stato molto meno complicato. Di certo, quel Vegeta avrebbe fatto di tutto per escogitare il modo più idoneo per tenere a bada il nemico il più a lungo possibile e cercare di sconfiggerlo. Non erano certi che quello nuovo avrebbe fatto lo stesso.
 
“Siete ancora qui?”.
 
Erano talmente assorti nei loro pensieri da non essersi accorti dell’arrivo di Yamcha, Tenshing e del piccolo Rif.
 
“Siete venuti alla fine” – aveva esclamato un Crilin che quasi non credeva ai suoi occhi. Era felice di vedere che i suoi amici avessero cambiato idea, decidendo di seguirli. Certo, era un po’ difficile che potessero averlo perdonato in così poco tempo, ma il fatto che fossero lì era già un grande passo.
 
Persino Junior era rimasto piacevolmente sorpreso dal constatare che alla fine sotto la scorza di guerrieri ci fossero degli uomini con una coscienza e un cuore.
 
“Noi ci siamo… Ma a quanto pare lui non è qui” – aveva allora detto Tenshing.
“Lui no… Ma c’è qualcun altro”.
 
Nello stesso istante, Yamcha, Tenshing e Rif si erano girati nel punto indicato da Crilin, scoprendo con orrore che sotto quel tetro lenzuolo grigio, si trovava il corpo del ragazzo che aveva salvato loro la vita innumerevoli volte.
 
“E’… è…” – Rif non aveva avuto il coraggio di portare a termine la farse. Troppo grande era la sua emozione.
“Sì, amico mio. E’ lui”.
 
Sotto quel lenzuolo, c’era il corpo di Goku.
 
“Non chiedetemi perché, ma ero certo che Vegeta avrebbe fatto qualche idiozia, portandolo chissà dove… E invece… Invece…”.
“Invece è ancora qui” – era stato Tenshing a concludere il breve discorso di Yamcha.
 
Eccolo lì, ancora una volta insieme, davanti al cadavere del loro amico, del loro salvatore, del loro eroe.
 
“Dovremmo entrare e dirgli addio” – era stato il commento di un Tenshing piuttosto dubbioso della sua stessa affermazione.
“Forse hai ragione!” – gli aveva dato corda Rif.
 
“Io credo che Goku non voglia questo”.
 
Era stato Crilin a smontare il loro entusiasmo. Il giovane guerriero aveva pronunciato quelle parole con estrema fermezza, con decisione, senza tuttavia staccare gli occhi da quel freddo tavolo asettico.
 
“Goku vuole che ci diamo da fare. Goku vuole che troviamo Vegeta che lo sproniamo a dare il meglio di sé. Questo è quello che vuole il nostro Goku. Lui non è il tipo da convenevoli, da smancerie, o l’avete già dimenticato? Per Goku, non c’è mai stato niente di più importante della Terra e dei propri cari. Gohan è al sicuro, e Vegeta… Vegeta è tutto ciò per cui ha vissuto nell’ultimo anno, Vegeta è stato l’unico capace di fargli tornare il sorriso dopo quel periodo così difficile. Non possiamo perdere tempo, anche se si tratta di dedicarlo alla memoria di una persona a cui teniamo. Onoriamo Goku sul campo di battaglia. Onoriamo Goku combattendo fino alla fine”.
 
E, nonostante l’iniziale sgomento, non avevano potuto non essere più d’accordo. Mai parole così vere erano state dette. Mai gesti così sentiti sarebbero stati fatti.
Così, dopo un comune cenno d’assenso, i cinque guerrieri avevano abbandonato l’obitorio con una promessa: dare fino all’ultimo tutto ciò che erano in grado di dare. E anche molto, molto di più.
 
Ma i guerrieri non avevano fatto in tempo a vedere quello che era accaduto qualche istante dopo, perché erano già andati via.
I guerrieri non avevano fatto in tempo a vedere che la sagoma sotto il lenzuolo era sparita.
I guerrieri non avevano fatto in tempo a vedere che il corpo di Goku non apparteneva più al loro mondo.
 
Continua…
_______________________________________________________________________________________________
 
Eccoci qui con quest’altro capitolo di passaggio, ma fondamentale, perché sono accadute due cose: la prima ci  ha fatto capire quanto vicini siano in realtà i nemici. Cielo, io avrei urlato come una matta nel sapere che un potenziale killer mi fosse passato accanto. Tanto di cappello a Bulma;
la seconda ci ha fatto capire che il corpo di Goku si è smaterializzato, e sono certa che non ci voglia un genio per capire dove sia al momento ;) .
Ancora una volta, niente Vegeta.
Lo so, sono la prima ad essere in crisi d’astinenza, ma è meglio tenerlo “buono” per un altro po’.
Sarà lui il protagonista indiscusso dei prossimi capitoli.
Cielo, mi viene da piangere al solo pensiero! ç.ç
 
Bimbi belli, io vi saluto, sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
A presto…
GRAZIE DI TUTTO.
Cleo
 
*Questa frase è tratta dal quarto film di Pirati dei Caribi, pronunciata dal mitico Barbossa! “Non valiamo nemmeno il tempo che serve ad affondarci” era la versione corretta. Io l’ho rivisitata! ;)
 
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: FairyCleo