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Autore: amanda91    14/04/2013    8 recensioni
Elena brama la vita, ma vive di menzogne. Damon è fuggito anni prima. Un incontro inatteso, destinato ad unirli. Due vite destinate ad incontrarsi, due anime destinate ad amarsi.
N.B= Tutti umani
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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POV DAMON


La grande tenuta del sindaco Lockwood quella notte era finemente ornata da eleganti nastri in tulle, tappeti rossi e oro e lunghe tavolate ricoperte in pizzo. Una cascata di luci si riversava  dal soffitto immergendo gli invitati in una rete stellata e in fondo alla maestosa sala spoglia di ogni arredo dove tutti avrebbero ballato si ergeva una scalinata in marmo dalla quale sarebbero scese una ad una le dame della serata nell’annuale concorso natalizio di Mistic Falls. Nessuna luce rischiarava la scala, se non quella tenue color rame del grosso albero di Natale al suo lato: un folto abete alto più di due metri, addobbato e circondato da un mantello a intermittenza che colorava i loro volti di un pallido oro, così come le pareti della stanza sulle quali proiettava insoliti giochi di luce.
Quella tradizione era da sempre dedicata al Natale e all’eleganza, e vedeva, ogni anno, le giovani donne del piccolo paesino danzare tutta la notte dell’antivigilia con un cavaliere scelto. Lo scopo era vincere il concorso ed essere eletta Miss per eleganza e bellezza, ma qualcuno diceva anche che le coppie che ballavano in quella notte sarebbero rimaste insieme per la vita. Non ci aveva mai creduto, ma sorrise al solo pensiero che Stefan non era lì, e lui si … nonostante non fosse il suo cavaliere.
“Senti Ric, chi è l’accompagnatore di Elena?” domandò sottovoce.
“Matt”
“Matt Donovan?”
Non riuscì a trattenere una smorfia schifata all’idea che quel biondo quoterberg pompato l’avrebbe accompagnata.
“Eh – l’uomo scrollò le spalle con sufficienza – a quanto pare tuo fratello le ha dato buca ma Jenna non vuole dirmi perché! Tu sai qualcosa?” si lamentò contrariato.
Un fiotto di saliva gli andò di traverso “Lascia stare. Prestami cento dollari”
“Che? Non se ne parla! Ho perso il conto dei dollari che mi devi! Non sono la tua banca personale”
“Dai Ric non fare il tirchio! – insistette – è per una giusta causa!”
“Ah ecco! Tu mi derubi e alla fine il tirchio sono io”
“Io non rubo, prendo in prestito”
Si trattenne dal ridere consapevole dell’assurdità delle sue parole. Assurdità confermata anche dall’occhiata torva che gli riservò l’amico.
“E’ l’ultima volta!” lo avvertì minaccioso sfilando il pezzo da cento dal portafogli. Lo sapeva! Ric era un fratello maggiore per lui, e per quanto si lamentasse non era mai stato capace di negargli nulla.
Afferrò al volo la banconota e si avviò spedito verso il gruppo di cavalieri in attesa. Eccolo lì, biondo e scialbo come lo ricordava, forse soltanto più muscoloso e pelato.
“Ehi Matt – attirò la sua attenzione con destrezza e faccia tosta sventolandogli la banconota sotto il naso – Ci tieni davvero  ad accompagnare Elena Gilbert?” lasciò sottintendere le sue intenzioni che il giovane afferrò al volo. Per fortuna era scaltro oltre che slavato.
“Beh … se insisti”
“Smamma”
“Ok”
Gli strappò fulmineo i soldi di mano e senza farselo ripetere due volte si allontanò a passo svelto.
Si posizionò soddisfatto al suo posto e d’un tratto il nodo della cravatta parve da allentare, la temperatura della sala salire di diversi gradi, e quell’attesa divenne estenuante. Era agitato. L’avrebbe stretta di nuovo, avrebbe trovato l’occasione per parlarle. Ma più di tutto si rese conto di essersi appena esposto come uno stupido rammollito. Era agitato perché per la prima volta volle credere davvero alle dicerie su quella notte.
 
POV ELENA


Quando arrivò il suo turno di scendere la lustra scalinata in penombra aveva i nervi a fior di pelle. Ok, era una stupida competizione provincialotta, nulla da temere, nulla di cui agitarsi, si ripeteva di continuo, ma il mantra sussurrato a cantilena non sortiva nessun effetto. Sua madre avrebbe pianto nel vederla scendere quelle scale, sarebbe stata orgogliosa di lei. Quel ballo era il sogno di Miranda, che proprio  in una di quelle serate aveva danzato con suo padre, e continuava a ripeterle quanto fosse magica quella notte. Credeva nelle fiabe sua mamma, ed era morta prima di vederle realizzate anche per lei.
Era tesa e tremante mentre si immergeva nell’oscurità della pista e i suoi occhi si abituavano alla fioca colorazione oro cominciando piano a distinguere i volti ai suoi piedi. Ric e Jenna, stretti e sorridenti, Jeremy al contrario, musone e sfiancato. Una folla intorno a loro di visi familiari o meno, e poi dinanzi a tutti, in fila, i cavalieri. A pochi passi, serio e perfettamente a suo agio … Damon. Sussultò sgranando gli occhi, in bilico tra lo stupore e la stizza. Che ne era di Matt? E quel’erano le intenzioni di quel pazzo? Di certo era splendido, incantevole nella luce calda che gli accarezzava il volto armonioso, risaltandogli le lastre ghiacciate degli occhi. Fasciato da uno splendido vestito nero in connubio con i capelli corvini e ribelli. Era bello, con l’espressione incantata e adorante, più ardente di quei bagliori.
Gli afferrò la mano con delicatezza sotto lo sguardo stupito degli altri partecipanti, degli ospiti, di Ric e di sua zia, facendosi guidare da lui al centro della sala, troppo stordita per prendere l’iniziativa da sé.
“Che ci fai tu qui?” sibilò tra i denti quando furono abbastanza lontani dagli altri e una musica dolcissima aveva preso a risuonare nell’aria invitandoli a posizionarsi.
“Cercavano un cavaliere”
“Non è vero, c’era Matt” obiettò nell’esatto istante in cui lui la strinse con possessione.
“Appunto: c’era. Non c’è più”
Optò per il silenzio mentre si lasciava finalmente andare a quella melodia, e dai suoi passi perfettamente coordinati e a tempo. Volteggiò con lui per la sala, intontita, quasi inconsapevole, plasmata dalla sua bravura, vezzeggiata dallo strusciare morbido dei lunghi vestiti sui pavimenti in marmo. Nel muoversi il chiarore delle illuminazioni ondeggiava a sprazzi sui loro volti immergendoli in un’atmosfera surreale, incantevole. E quello sguardo, incantato almeno quanto il suo, e dolcissimo, non perse i suoi occhi per un solo istante. Forse era quella notte ad essere magica davvero, ma lei vide l’amore. Glielo vide disegnato tra le pieghe del volto, nel suo modo di cingerle i fianchi con delicatezza, nelle dita leggere  che le carezzavano la schiena scoperta, coccolandola e cullandola. Lo vide nei loro movimenti lenti, in quel suo sorriso appena accennato che non lasciò per un solo istante. C’era amore nell’aria, tra di loro, in quel ballo, nelle dolci note che li accompagnarono, negli applausi che vi seguirono troppo presto, quando poi furono costretti a sciogliersi e separarsi, quando i loro occhi si seguirono minuziosi anche mentre si allontanavano.
 

Due ore più tardi il titolo di miss Mistic Falls fu dato, come previsto, a Care, e nonostante la delusione iniziale si rese subito conto di non averlo mai voluto davvero. Lo voleva per sua madre, per Jenna, ma mai un solo attimo lo aveva desiderato per sé. Quindi si congratulò con la vincitrice e si godette il resto della festa tra balli, chiacchiere di circostanza, sguardi fugaci a un Damon impegnato con innumerevoli volti spesso sconosciuti, pensieri inopportuni da sopire, troppe domande cui rispondere. La soluzione era presto diventata lasciare la pista e godersi lo spettacolo dalla sua angolazione preferita: il tavolo degli alcolici. Non che in realtà ne avesse voglia o bisogno, ma da lì osservare in disparte era più facile.
“Ragazzina cos’è quel muso lungo?”
Nonostante il nomignolo in varie occasioni usato come dispregiativo la dolcezza del timbro di voce e l’apprensione dimostrata nell’essere andato a cercarla le lasciarono una dolce sensazione.
“Dov’è Matt?”
“Si è venduto al miglior offerente. Cioè io”
“L’hai pagato per andarsene?!?” chiese allibita.
“Tecnicamente … si. “ si accompagnò ad un sorriso malandrino che gli donava maledettamente. Non seppe se riderne o esserne lusingata, se rimproverarlo o ringraziarlo per averle appena regalato la serata più bella della sua vita, mentre scuoteva la testa in segno di disapprovazione.
“Potevi semplicemente chiedere” puntualizzò.
“Pensavo ti accompagnasse Stefan!”
Si rese conto soltanto in quel momento, nell’ascoltare quella giustificazione, di quanto le cose fossero cambiate e di quanto Damon ne fosse all’oscuro. Una paura inedita per lei la pervase. Paura di lui, di quei sentimenti prorompenti e disarmanti che era sempre più difficile controllare.
“Noi … siamo in pausa – esitò – credo”
“Perché?”
Non risuonò come una domanda, quanto piuttosto come un’accusa. Spostando lo sguardo su di lui capì che già sapeva. Sapeva tutto.
“Stefan pensa che provi qualcosa per te” tremò nel dirlo, come se quell’ammissione le costasse fatica. Calò il silenzio tra loro, e lei trattenne il respiro sfiancata dai suoi occhi luminosi e indagatori.
“E’ così?” le chiese guardingo, chiuso in difensiva. Quel suo atteggiamento scettico non l’aiutava a prendere sicurezza. Inspirò profondamente, a disagio.
“Io non … non … non lo so” balbettò paonazza.
Damon annuì in silenzio, mentre per la prima volta spostava lo sguardo dal suo per perderlo in chissà quale riflessione. Non sentirlo più addosso le permise di riprendere a respirare, e di percepire di nuovo i rumori confusi e lontani della sala. Tutto discorreva regolare intorno a loro, tutto procedeva normalmente mentre lei faticava ad estrapolare un qualche discorso coerente dalla matassa di pensieri confusi.
“E come pensi di scoprirlo? Aspetti che sia io a sbagliare qualcosa come mio solito così da decidere al posto tuo?” domandò al termine di una lunga pausa, terribilmente calmo e di nuovo assorbito da lei.
“E’ quello che fai Damon – lo accusò tremante – tu  … – faticava a portare a galla paure inconfessabili – tu saboti le cose tu  … – ingoiò a vuoto,  infastidita dalla gola secca e dal corpetto improvvisamente troppo stretto – ogni volta che qualcosa non va come vorresti, ogni volta che c’è un imprevisto tu … dai di matto. Come l’altro giorno in azienda – gli ricordò  esitante – quando sei nervoso, o deluso, discuti con tuo padre, con Stefan, tu … mi tieni fuori. Ogni volta che ti arrabbi  … ti chiudi.  Io cerco di avvicinarmi a te, e tu mi allontani!”
“Io ti allontano perché ti amo!” le spiegò d’impeto, tutto d’un fiato congelando entrambi. La sala e il rumorio asfissiante scomparvero, sostituiti dal battito impazzito del suo cuore, dagli occhi sgranati e riflessi nel mare dei suoi, dal respiro corto, dall’emozione che le salì alle gote colorandole appena. Spense ogni pensiero coerente  e capacità di spiegarsi. Restò immobile, persa nell’enormità di quelle parole, nelle conseguenze di quel sentimento, per lei, per loro, per Stefan.
“E se non ci fossero più discussioni o imprevisti? – le domandò speranzoso, prima di rindossare la sfiducia e lo scetticismo di poco prima – E’ solo questo il problema? O c’è anche quello che provi per Stefan? Dovrai capirlo da solo Elena, non ti renderò le cose facili. Non sarò io a sabotarci”
Era rimasta di pietra, per tutto il tempo, dal momento in cui le aveva confessato il suo amore, era riuscita a malapena a respirare. Lasciò che le parlasse senza replicare, lasciò che la sorpassasse, che la inebriasse col suo odore nell’attimo in cui le toccò una spalla per allontanarsi, lasciò che andasse via senza una parola. Aveva già detto tutto, lui. Aveva già fatto tutto. Restò così, in un angolo, ancora per molto, forse troppo tempo, con gli occhi fissi nel nulla, un inconsapevole sorriso a darle luce al viso, rumorose sensazioni a sfiancarle l’anima e il cuore in tumulto nel petto.
  
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