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Autore: coffeeJee    16/04/2013    0 recensioni
Devo fare coming out con mia madre. E' una parola! Tutto sta nel trovare il momento più adatto, le parole più giuste... soprattutto, trovarne il coraggio.
Proviamo.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Comincerò a scrivere questa storia solo quando avrò un fondo di realtà su cui basarla. Basta con le mille fantasie su come, dove, quando e con quali parole dirlo. “Mamma io ti voglio bene, e sono gay”[1] sarebbe perfetto, ma ne andrebbe poi della mia originalità. Certo sarebbe d’impatto –se le cose poi andassero come nel film, ancora meglio.

“Mamma siediti”, le dico, “è importante.”. Cerco di ignorare il cuore che batte all’impazzata e ogni parte del cervello che suggerisce di darmela a gambe. “Vorrei fossi felice per me. Non è facile, per me; non vorrei aver paura di parlarti liberamente, eppure ne ho. Ho paura di essere giudicata, ma ancor di più ho paura che una cosa per me così normale possa in qualche modo ferirti. Ho paura di essere una delusione, per te. Dovresti andar fiera di me, fiera di avere una figlia che cammina a testa alta in un mondo dove odio e disprezzo sono all’ordine del giorno, fiera di avere una figlia pronta a difendersi mettendo davanti a sé il suo orgoglio e quello di migliaia di altre persone come lei. Diverse. Diverse. Mamma io sono la persona più normale di questo mondo –per quanto mi rattristi ammetterlo. Sono una giovane piena di sogni e speranze, di amore e odio verso lo studio, una neolaureata senza lavoro, una con la passione per la fotografia, una squattrinata, un’amante del sole e del mare e delle passeggiate in mezzo alla natura; sono una che sorride, piange, che va al supermercato a fare la spesa. Sono una persona dannatamente normale. Sono una che esce con gli amici, con la voglia di mangiare pizza e andare a ballare il sabato sera o di abbuffarsi di cioccolata se il morale è a terra. Vorrei un giorno un lavoro, una casa, una famiglia. Sono una capèra[2], una nevrotica, una sportiva, una pigrona. E come tutti quanti gli altri, come te, mi prendo delle cotte, mi innamoro, mi fidanzo. Esco, flirto, mi diverto, se capita ci faccio l’amore –questo, forse, era meglio se non te lo dicevo. A me piace come sono. Mamma, a me piacciono le ragazze.  …Mi dispiace solo di non avertelo detto prima.”


“Ti muovi a venir fuori da quell’armadio? I tuoi vestiti puliti sono qua!”.

Magari glielo dico domani.



[1] Saving face, 2005, Alice Wu.
 
[2] Capèra in dialetto napoletano vuol dire impicciona.
  
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