Raccolta di One Shoot/Drabble scritte a quattro mani da me e Antilla
Ti conosco. E so che hai otto diverse tipologie di sorriso.
Quello triste. Quello imbarazzato. Quello felice. Quello… beh, quello che chiamo il Blackbird-sorriso, quello di quando t’innamoravi di me dopo che io mi ero innamorato di te; quello intenerito, quello un po’ narcisista che mi fa impazzire, quello d’intesa. L’ottavo? L’ottavo lo conosco bene. È quello che riservi a me, solo a me, quando facciamo l’amore.
Strong weakness.
E tu credi che non l’abbia notato?
Il sorriso sul tuo volto era quello intenerito di chi non vorrebbe sorridere perché sta cercando di fare il duro.
≈
Andare al luna park senza te era stata una noia mortale; saperti poi a crogiolarti sul tuo letto con la testa affondata nel cuscino, sulle note dell’ennesima canzone strappalacrime, rendeva le cose persino peggiori.
Il tempo sembrava non passare mai e tutto quello che desideravo fare era venire da te, stringerti e dirti che per quanto tuo fratello fosse bello, talentuoso, affascinante e attraente, nessuno, e dico nessuno, sarebbe mai stato come te. Mai.
Ma non era questo il punto, non lo è stato nemmeno per un attimo. Tutto quello che volevi era convincermi – ma più di tutto convincerti – che di lui, quello famoso, quello che non ti aveva mai degnato di una parola, non ti importasse nulla, che non morissi dentro per ogni suo mancato sorriso, mancato commento, mancato complimento.
Non sapevo cosa significasse essere ignorati dal proprio fratello – Finn mi ha odiato e voluto bene, mai gli sono stato indifferente –, ma avevo una vaga idea di come ci si potesse sentire quando si urla e non si venga comunque ascoltati.
Riuscivo a vedere chiaramente un mini-te coi capelli già ingellati, i papillon minuscoli e le guanciotte arrossate, che cercava di arrivare a toccare note impossibili e a fare passi complicati solo per ricevere un unico commento che fosse diverso da “Sei solo un nano.”
Forse fu pensando a questa versione di te che decisi di rubare dalla borsa enorme e piene zeppa di Rachel uno dei tanti peluche vinti da Finn.
Tralasciando il fatto che somigliasse al cane di Margaret Tatcher, lo scelsi perché aveva gli occhi grandi come i tuoi e perché, conoscendoti, sapevo sarebbe riuscito a farti sorridere.
Te l’ho detto, non immaginavo come ci si sentisse a non avere un fratello che non dimostri il bene che prova, ma sapevo come ci si sentisse ad averlo e beh, volevo provassi anche tu lo stesso e volevo che qualcun altro, oltre me, ti facesse capire quanto diavolo sei speciale… il cagnolino è solo un’adorabile scusa.
Quando hai sorriso, dolce e istintivo, ho visto cadere giù il muro di finta durezza che avevi tirato su in quei giorni e ho visto gli occhi e la tenerezza di quel bambino che ancora cercava disperatamente un cenno d’approvazione. Non volevi ti fosse eretta una statua o che tuo fratello ti dicesse che fossi più bravo di lui, volevi solo che ti guardasse e sorridesse, che ti facesse sentire la sua presenza.
Hai abbassato il capo e l’hai scosso, tenendo le labbra ancora incurvate e distruggendo l’ultima barriera; mi hai lasciato entrare nel tuo passato e hai permesso ti aiutassi a metter su un po’ di futuro.
≈
E tu credi non l’abbia notato?
Io ancora lo ricordo.