Cap.
1
Quel
giorno in cui la mia autostima ebbe un duro colpo.
**
Tutti trovano una sola parola per descrivere se stessi; con un po' di difficoltà, magari, ma si trova. Ora, io vorrei dire che la mia parola descrittiva è 'stupenda' o 'solare' o 'intelligente' come fanno i comuni mortali. Peccato che io non sia una comune mortale.
Ok,
anche io sono una mortale destinata a morire, ma di comune non ho
neppure le mutande (vi sembra normale che vostro padre vi regali delle
mutande con il testo della sua canzone preferita?!). Ma,
sorpresa-sorpresona, la mia parola non è neppure 'strana'.
Ormai essere strani è una moda e io non lo sono di certo per
questo.
Frullato.
La mia parola è frullato.
Cos'è il frullato?
«I frullati sono una categoria di bevande ottenute frullando diversi alimenti».
Ecco,
io sono un miscuglio di caratteri, emozioni che si fanno vedere anche
nel mio aspetto fisico.
Sono Giorgia Helen Flox, una strega che ha passato più tempo
a rispondere alla domanda ''ma ti fai la tinta?'', che alla domanda
''come ti chiami?''.
Tutta colpa dei miei capelli rosso accesso, perennemente spettinati e sparati in aria. E quando dico rosso non intendo il solito rosso carota inglese, intendo il rosso del semaforo. Così sembra che io abbia del fuoco in testa, oppure che sia uno di quei bastoncini per la segnalazione se qualcuno si perde in montagna.
Ho
un sacco di lentiggini, sulle guance e sul naso, occhi cioccolata. Sono
bassetta (tutta colpa di mio padre!) e negli ultimi anni non sono stati
rilevati movimenti tettonici di grande rilievo nella zona petto.
In poche parole, ho già ricevuto tre proposte per entrare in
un circo. (sì, sto scherzando. Ne ho ricevuto solo una).
Mi piace la musica: sono ufficialmente sposata con il mio lettore mp3,
amo ascoltare le canzoni dei Paramore, sorseggiando un frullato per le
vie di Londra.
Londra,
sì. La mia città, la mia caotica
città, così viva e bella.
Ho un problema nel restare ferma e composta, sono sempre in movimento e
ciò manda in bestia la mia insegnante di teatro.
«Devi
congelarti nella scena, se ti muovi mandi tutto a monte»
Ma che ci posso fare? Non sono una persona calma, forse me ne sto troppo per i fatti miei, ma il fatto è che la maggior parte del tempo mi sento una bomba che rischia di esplodere. Papà riesce a capirlo perché ha il mio stesso carattere anche se dice che fisicamente sono uguale alla mamma; io non lo so, se è vero, perché non l'ho mai conosciuta e in casa non abbiamo nemmeno una sua fotografia.
Può sembrare strano (e lo è), ma nella mia vita ci sono parecchie cose strane.
Ad esempio papà dovrebbe avere tipo quarant'anni ma il suo aspetto è quello di un ventenne da quando sono nata e... ah! Cosa più importante, sono una strega.
**
Quella mattina stavo camminando nelle strade affollate di Londra cantando “Playing God”.
Una cosa che amo di Londra è che la gente non ti giudica. Potresti anche andare in giro vestita da sub e nessuno se ne accorgerebbe.
In ogni caso, era una comunissima
mattina di metà Luglio e come ogni mattina mi ero svegliata
alle 11:00 ed ero appena stata nella gelateria ''Oh, Bell'Italia'' per
fare colazione. Con un frullato, naturalmente. L'anziana signora che ci
lavorava ormai mi conosceva e mi trattava come una nonna premurosa che
si impegna a far ingrassare la propria nipotina.
Mi fermai davanti ad una vetrina sorseggiando il mio frullato alla
menta mentre aspettavo che il semaforo diventasse verde. Il telefono
squillò.
«Pronto?»
«Ciao, frullato a... che gusto oggi?»
riconobbi la voce. Mio padre, Federico Flox, l'eterno giovane, la
persona più importante della mia vita, mio fratello, il mio
migliore amico.
«Menta» risposi con un sorriso.
«Oh, io speravo in uno al caffè» disse
deluso «Comunque, puoi venire un attimo in
negozio?» mio padre lavorava in un negozio di scherzi, a un
isolato da cosa nostra.
Anche lui era un mago, ed era questo che
rendeva il suo negozio così entusiasmante. Erano scherzi sia
per babbani sia per magici e quindi attirava più clienti dei
normali negozi (magici o babbani, che fossero).
Il semaforo cambiò colore così mi affrettai a
raggiungere mio padre.
Quando arrivai il negozio era, come al
solito, pieno e ci misi un sacco di tempo a trovare mio padre. Era nel
reparto babbano e stava cercando di convincere una giovane ragazza a
comprare un profumo (magico, per la cronaca, con il
poter di far attirare i ragazzi). Rimasi un attimo in disparte, fino a
quando la ragazza convinta si allontanò con il profumo in
mano.
«Eccomi»
«Era ora! Senti, la tua insegnate di teatro ha detto che le
prove sono spostate tra una settimana. Quindi mi chiedevo se ti andava
di studiare un po' di magia insieme quando chiudo il negozio»
Annuii, felice.
A differenza di molti maghi e streghe, io non studiavo nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ma a casa con mio padre. Il motivo di questa scelta non lo sapevo, ma a me andava bene così: studiare con mio padre era molto divertente.
Federico aveva i capelli rossi, anche se non accesi come i miei e due occhi blu, limpidi come quelli dei bambini; sorrideva sempre, ma non un sorriso finto, il suo sorriso era reale.
Sì, se dovessi trovare una
parola con cui descrivere papà, quella parola sarebbe
proprio 'sorriso'. Metteva entusiasmo in tutto quello che faceva ed era
il papà migliore del mondo. E il più
bello, ci teneva sempre a specificarlo, con un sorriso
orgoglioso visto che la metà delle mie professoresse e delle
mamme dei miei compagni di classe era sempre gentile e premurosa verso
i suoi confronti.
Passai il resto della mattinata e del pomeriggio nel negozio.
Mi piaceva quel posto. Mi piaceva la
confusione, mi faceva sentire viva.
«Ehi!» persa nei miei pensieri ero sbattuta contro
un ragazzo con un ammasso di capelli neri e talmente spettinati da fare
concorrenza ai miei.
«Sì?» chiesi tirando fuori uno dei miei
migliori sorrisi da brava ragazza che lasciò il ragazzo di
fronte a me totalmente perplesso. Allargai ancor di più il
mio sorriso e lo osservai. Era alto (per modo di dire) come me e
dimostrava la mia età. I suoi occhi erano di un bel verde
intenso, come lo smeraldo. Più lo fissavo più
avevo come l'impressione di averlo visto in una fotografia.
Ci stavamo ancora fissando quando arrivò mio padre.
«Ehi, tutto apposto?»
Il ragazzo di fronte a me sbiancò improvvisamente aprendo la
bocca. Mio padre lo fissò stranito prima di spalancare gli
occhi.
Allo stesso tempo si avvicinò un altro ragazzo con i capelli
più rossi dei miei – fu un duro colpo per la mi
autostima.
«Al, tutto bene?» vedendo che non rispondeva
seguì il suo sguardo e quando vide me e mio padre disse
confuso:
«Che hai fatto al viso?» mentre cercavo di capire
cose stesse succedendo Federico arretrò di un passo
boccheggiando.
«Fred, Al! Muovetevi dobbiamo andare a casa» e a
completare il quadretto arrivò un altro signore con i
capelli carota.
Questa volta, fui io a spalancare la
bocca. Il tizio che si avvicinava era la copia di papà
invecchiata. I due ragazzi si girarono di colpo e mio padre ne
approfittò per battere in ritirata trascinandomi dietro un
mucchio di cappelli magici.
«Papà..» cominciai
«perché quell'omino è...è
uguale a te?» balbettai fissandolo. Il signore in
questione stava guardando i due ragazzi con aria interrogativa. La
stessa espressione che usava mio padre quando tentavo di spiegargli
matematica.
I suoi occhi azzurri (come quelli di
papà!) saettarono verso la nostra direzione senza vederci e
passò una mano nei capelli rossi (come i miei e quelli di
papà!) prima di girarsi.
«Hai sentito come ha chiamato il ragazzo con i capelli
rossi?» sussurrò mio padre.
«Eh?» risposi troppo impegnata a
guardare il trio andarsene.
«Fred» si rispose. Mi girai a guardarlo. Stava
sorridendo, ma una lacrima gli scendeva dagli occhi «Lo ha
chiamato Fred.»
In quel momento capii che mio padre era completamente matto e che non
ero l'unica ragazza ad avere i capelli più rossi del mondo.
Fu un durissimo colpo per la mi autostima.