CHAPTER 2
Aprii gli occhi lentamente al
suono della sveglia e mi rigirai nel letto per qualche secondo, terribilmente
contrariata. Spensi la sveglia, sbadigliai, e mi rimisi a dormire.
«Elenoire alza le
chiappe dal letto che è tardi!» la voce di mia
madre mi rimbombò nella scatola cranica, aumentando ancora di più il mal di
testa che già minacciava di volermi uccidere lentamente e dolorosamente.
Infilai la faccia nel cuscino, soffocando un gemito di dolore e strizzai
gli occhi. «Oggi entro un‘ora dopo..» mugugnai, estremamente contraria all’idea di
dovermi alzare e vestire.
«Ma che ora dopo e
ora dopo! -esclamò mia madre, con tono seccato.- Oggi devi partire per la gita,
l‘hai dimenticato?»
Spalancai gli occhi di scatto. Diamine, si che l’avevo dimenticato.
Scesi dal letto alla velocità della luce e, inciampando ripetute volte in tutto
ciò che incontrai sul mio cammino, mi diressi in bagno per lavarmi. Il fatto
che io fossi finalmente riuscita a svegliarmi per davvero e che mi fossi
perfino lavata e vestita, però, non impedì a quel dannato mal di testa di
continuare ad assillarmi. Mi chiesi distrattamente per quale ragione il pullman
dovesse partire da scuola alle 7:00 del mattino, mentre con una mano mi
massaggiavo le tempie e con l’altra chiamavo l’ascensore. Davvero, perché
questi orari folli? Tanto la giornata l’avremmo persa comunque, perciò cosa
cambiava un’ora più o una meno? Mia madre, con lungimiranza, mi fece il favore
di rivolgermi la parola solo lo stretto necessario, ben conscia della mia attitudine
all’isteria, quando non riuscivo a dormire a sufficienza. Se poi si teneva
conto che per me “a sufficienza” equivaleva ad almeno 9 ore di sonno
ininterrotto, allora si potevano capire molte cose della mia vita. Ci trovammo
nel cortile di casa con Niall, che al contrario di me appariva sveglio e
pimpante come al solito. Dal momento che abitava appena due piani sotto il mio,
ci eravamo offerte di dargli un passaggio a scuola, in modo che i suoi genitori
potessero dormire. Mi salutò con un veloce bacio sulla guancia, attento a non
essere troppo espansivo, essendo anche lui a conoscenza dell’avversione nei
confronti del mondo che al momento mi contraddistingueva, poi salì in macchina,
prendendo a chiacchierare amabilmente con mia madre. Io mi limitai a starmene
nel mio cantuccio per tutto il tragitto, con lo sguardo spento proiettato fuori
dal finestrino ad osservare le fredde e grigie vie di Londra che si
susseguivano ininterrottamente.
Arrivati a scuola ero riuscita un po’ a riprendermi, almeno quanto bastava
per concedere un sorriso ed un bacio sulla guancia a mia madre, nel salutarla.
Mi trascinai a fatica verso il pullman, trolley alla mano e Niall sorridente
appresso. La nostra professoressa di Progettazione Grafica ci raggiunse subito,
iniziando a blaterare cose che non ascoltai minimamente. Carissima donna. Era
veramente una delle prof più carine che avessi mai avuto, con tutto quel suo
essere evanescente e rintronata a livelli epici ed avere quell’inguaribile aria
da mamma dolce. Ciò nondimeno, non mi interessava una mazza di quello che stava
dicendo. E se fossero state cose importanti me le avrebbe poi ripetute Niall
una volta sul pullman. Fumai una sigaretta, mi passai una mano tra i capelli,
rendendomi improvvisamente conto di non averli neanche pettinati e
maledicendomi per questo, ed entrai all’interno del veicolo, incurante del
fatto che tre quarti della gente ancora non fosse neanche arrivata. I posti a
sedere erano tutti vuoti, fatta eccezione per uno di quelli davanti, occupato
da un ragazzino dell’altra classe dai capelli rossi che se ne stava accoccolato
contro il finestrino con la bocca imbronciata in una smorfia infantile. Lo
superai ed andai verso i posti in fondo. Appena mi sedetti, chiusi gli occhi,
cercando di calmare almeno un po’ quella moltitudine di seghe elettriche che
sembrava aver preso gusto a dilaniarmi il cervello nel modo più doloroso
immaginabile. Era come se fossi in post sbronza. Una allegra comunione di mal
di testa da primato, nausea e stanchezza fisica. L’unica soluzione sembrava
rimanere il più possibile ferma, al silenzio, facendo finta di essere ancora a
casa, nel letto. Ma, ovviamente, sul pullman di una scuola il silenzio non può
mai essere completo, né durare più di tanto, quindi dopo appena qualche minuto
fu interrotto dal vociare di ragazzi eccitati che prendevano posto intorno a
me. Sbuffai seccata, riaprendo gli occhi e notando che Niall si era seduto al
mio fianco. Non me ne ero neanche accorta.
«Ehi, non ti avevo
sentito..»
Lui sorrise e scrollò le spalle. «Ho
cercato di fare il più piano possibile per non svegliarti.»
Annuii. Quel ragazzo era davvero adorabile. Solo una persona con un
carattere come il suo, poteva sopportarmi per undici lunghi anni, senza avere
la tentazione di soffocarmi nel sonno neanche una volta.
«Scusa, lo so che
ogni tanto sono insopportabile..» dissi, senza avere
una vera ragione per farlo.
Lui inarcò le sopracciglia. «Ogni
tanto? Oh, no, solo la mattina. Tipo, tutte le mattine. Ma il resto della
giornata sei un perfetto esempio di trascinante simpatia.» mi prese in giro, con un sorriso ironico in
viso.
«Antipatico..» borbottai, ben conscia che non pensasse realmente
quelle cose.
Rimanemmo in silenzio qualche minuto, ed io stavo per riaddormentarmi,
quando lui parlò nuovamente.
«Ele, ho bisogno di
un consiglio.. -mi riscossi leggermente, voltandomi a guardarlo con espressione
ridicolmente addormentata.- Credo.. Credo di avere qualche problema con Chloe.»
Rimasi ad osservarlo, in attesa che continuasse, cercando apparire meno
rincoglionita e più attenta a ciò che doveva dirmi. Chloe era la sua ragazza.
Ne aveva avute parecchie, nella vita, ma lei era la più importante, quella di
cui si era innamorato, e con cui viveva un idillio amoroso da ormai due
anni. O almeno, io credevo vivessero un idillio amoroso, ma, a giudicare dalla
sua espressione, mi sbagliavo.
«Dunque? Che è
successo?» lo incitai, notando che non
riprendeva a parlare.
Lui prese a fissarsi le mani, mentre con le dita tirava ed arrotolava su
sé stesso il bordo della maglietta. «Credo..
Credo che mi tradisca. O che mi voglia lasciare.»
Spalancai gli occhi. Oh cazzo, questo non me lo aspettavo. E di sicuro,
alla stregua di una doccia fredda, era riuscito a svegliarmi del tutto. «Come.. Cosa?? -esclamai.- Perché pensi
questo?»
Lui si voltò finalmente a guardarmi, ed i suoi occhi lasciavano
trasparire solo tristezza. Tanta, tanta tristezza. Eppure le sue labbra
sorridevano mestamente. «Non ne sono sicuro, è
solo che.. Sai, non la capisco più come un tempo. È cambiata, e non riesco a
capire cosa le sia successo. -le sue mani ripresero a tirare distrattamente la
maglietta.- Ultimamente non parliamo quasi più e la nostra relazione si limita
quasi unicamente al.. Al sesso.»
Lo guardai sorpresa, allargando leggermente gli occhi. Ecco, quella era
una delle cose di cui non parlavamo mai.
Il sesso.
Il sesso che faceva lui con Chloe, o qualsiasi altra ragazza. Non ne
avevamo mai parlato, se non qualche accenno, e lui lo chiamava sempre “fare
l’amore”. Avevo sempre pensato che gli desse fastidio usare termini più
volgari, ma adesso avevo la sensazione che semplicemente lui distinguesse bene
le due cose: se c’era l’amore -o qualcosa di simile ad esso- era “fare
l’amore”, se non c’era, era “fare sesso”.
Ovviamente parlo solo del sesso che faceva lui perché io da qual punto
di vista stavo ancora a zero. Del tipo: ciao, sono Elenoire McCallough, ho 18
anni e sono ancora vergine. E smettetela con quelle facce scettiche, è la
verità.
«Anche in quei
momenti.. -mi riscossi, quando riprese a parlare.- è come se.. Fosse
arrabbiata. Come se lo facesse con odio, come se in realtà volesse solo farmi
male.»
Sgranai gli occhi. Non ero un’esperta di sentimenti, né men che meno di
sessualità, solo… non riuscivo a capire come si potessero provare simili
sentimenti. Come si potesse arrivare ad odiare qualcuno che si era amato. O
forse, più semplicemente, come si potesse odiare Niall.
«Mi.. Mi dispiace,
forse è solo un periodo..» risposi, sebbene
queste parole suonassero stupide anche a me.
Non sapevo cosa dirgli. Non ero assolutamente capace di dare consigli.
Niall lo sapeva, e probabilmente era questo il motivo per cui non me ne aveva
parlato fino a quel momento.
Lui scrollò le spalle, come se non avesse importanza, e sorrise. «Si, forse hai ragione.. -disse, riprendendo
il suo solito tono dolce e allegro.- Saranno solo paranoie mie, scusa se ti ho
rotto le palle.»
Sorrisi, per poi prendere ad atteggiarmi, stemperando la tensione che
quel discorso aveva portato. «Beh, in effetti devo
dire che sei un vero scocciatore.. Perché non cambi posto, eh?»
Lui mi guardò fintamente indignato, portandosi una mano alla bocca. «Ah! È così che la mettiamo?? Ed io.. Ed io
che pensavo mi amassi!»
Scoppiai a ridere. Avrei volentieri continuato il teatrino, ma era
troppo ridicolo, per riuscire a rimanere seri. Con quell’aria da figo e i
capelli biondi scompigliati in classico stile sono-appena-sceso-dal-letto, che
faceva l’amante delusa e tradita. Semplicemente buffo. E adorabile.
«Ehi McCallough!»
Alzai lo sguardo, sentendomi chiamare, ed incontrai quello di Zayn, che
si sporgeva verso di me dal sedile davanti. Accidenti. Tutto quel testosterone
sin di prima mattina poteva farmi seriamente male alla salute.
«Che vuoi Malik?» chiesi, cercando di sembrare distaccata e disinteressata,
ma risultando solo acida.
Lui sorrise divertito, mostrando una fila di denti perfettamente
bianchi. «Niente, volevo solo salutare la mia coppietta
preferita..» rispose, passando lo sguardo da me a Niall
con espressione esageratamente innocente.
Io alzai gli occhi al cielo. «Zayn,
quante volte te lo devo dire, piccolino? Se un maschietto e una femminuccia si
parlano, non significa necessariamente che vadano a letto insieme..» dissi, parlandogli come ad un bambino di tre
anni.
Un ghigno inquietante si dipinse sul suo viso perfetto. «Non nel mio mondo, bella..» e con questa perla di saggezza si voltò,
tornando a sedersi normalmente.
Mi voltai a guardare Niall. «È
un deficiente.»
Lui sorrise. «È solo geloso perché
non ha amici, poverino.» rispose, con aria di
compatimento.
«Guardate che sono
ancora qui davanti, vi sento.» ci giunse la voce
di Zayn dal sedile anteriore.
Scoppiammo a ridere simultaneamente, poi lasciammo perdere il discorso e
ci mettemmo a chiacchierare pacificamente.
Naturalmente, essendo il pullman occupato da una cinquantina di
diciottenni esagitati, di cui tre quarti fumavano, la prima sosta avvenne dopo
appena un paio d’ore, in Svizzera. Appena fui all’aria aperta una folata di
vento gelido mi investì, facendomi rabbrividire e stringere nella felpa. Come
diavolo era possibile che facesse così freddo ad Aprile? C’era pure il sole..
«OTARIA!» sentii urlare alla mia destra, mentre cercavo di
accendermi una sigaretta, lottando come sempre con il vento.
Mi voltai, e la mia visuale fu riempita da una Claire saltellante ed
euforica che mi correva incontro con tutta l’aria di volermi saltare in
braccio.
«Non ci provare
neanche, razza di dugongo che non sei altro.» la ammonii,
fulminandola con un’occhiataccia.
Lei scoppiò a ridere, ma ebbe la decenza di fermarsi prima di
travolgermi con il suo dolce peso. “Otaria” e “dugongo” erano i soprannomi che
ci eravamo date, in omaggio alla ciccia che rendeva i nostri giovani corpi
tanto floridi e simili a vasellame antico. Come probabilmente si è già capito,
non eravamo esattamente due principessine educate ed eleganti. Anzi, come modo
di esprimerci ricordavamo più due muratori bergamaschi. Riuscii finalmente ad
accendere la tanto agognata sigaretta e ne aspirai il fumo denso e graffiante
con un sorriso soddisfatto.
«Quando sei
arrivata? -chiesi, dopo qualche secondo.- Non ti ho neanche vista salire sul
pullman..»
Lei scrollò le spalle. «Sono arrivata un po‘
in ritardo e.. sai, eri troppo occupata a chiacchierare con Niall..» mi rispose, con tono leggermente acido.
In realtà sapevo che stava scherzando, non era certo gelosa di me, men
che meno per quanto riguardava Niall, che era il mio migliore amico dall’alba
dei tempi. Rimanemmo lì a chiacchierare ancora qualche minuto, comprammo un po’
di cibo-spazzatura all’autogrill, una bottiglia di vino -che provvedemmo a
nascondere subito nella mia borsa-, poi tornammo sul pullman.
Il resto del viaggio lo passai per metà a mangiare un po’ delle
schifezze assurdamente buone che avevamo comprato, per metà a dormire
accoccolata contro il finestrino. Fui svegliata da Niall che ormai eravamo
arrivati a destinazione.
Mi stiracchiai, mi stropicciai gli occhi e sbadigliai.
«Buongiorno, eh..» mi salutò il mio migliore amico, osservandomi
divertito.
«Ciao… siamo arrivati?» risposi, guardandomi intorno perplessa.
Il pullman era fermo su quella che sembrava una strada di montagna
perfettamente in mezzo al nulla. Non potevamo essere arrivati. Dov’erano tutte
le case ecologiche, i pannelli solari e l’energia pulita?
«Mi aspettavo
qualcosa di un po‘ più civilizzato. E tecnologico.» bofonchiai, continuando a squadrare il paesaggio che
mi circondava.
Beh, senza dubbio le mucche che pascolavano alla mia destra potevano
essere considerate un ecologico mezzo per falciare il prato. E i cavalli un
ecologicissimo mezzo di trasporto. Per non parlare poi dell’orto.. Forse però
non potevo dire lo stesso del trattore che scorgevo un po’ più avanti, che
probabilmente consumava parecchio.
Mi voltai nuovamente verso Niall. «Questa
sarebbe la “famosa“ Friburgo? Una cascina e tre case in mezzo al nulla?»
Lui scosse la testa, alzando gli occhi al cielo. «Ma
tu non l‘hai letto il programma della gita?»
mi chiese, e, ovviamente, era una domanda retorica, ma negai lo stesso,
scuotendo la testa. Sospirò. «Quella cascina
è il nostro Hotel, che si trova a circa una mozz‘ora di strada da Friburgo.» mi spiegò, indicando l’edificio in legno in
tipico stile montanaro.
Storsi il naso in una smorfia infastidita. «Ah,
che rottura..» commentai, rendendomi conto che avremmo
dovuto passare tutta la sera in quel posto tra le mucche e i cavalli, senza
poter fare niente.
Scendemmo dal pullman, recuperammo le nostre valigie e, nel momento
stesso in cui misi piede nell’ingresso dell’Hotel, dissi mentalmente addio alla
vita mondana. Del tipo: “ciao feste, discoteche, locali alla moda, ci rivediamo
tra tre giorni.. Mi mancherete. Con affetto, sempre vostra, Ele.”
L’interno dell’Hotel non era male. Certo, niente di pretenzioso, né di particolarmente
moderno, però era tutto avvolto da un’atmosfera intima, quasi affettuosa.
Ipotizzai che si trattasse di un Hotel a gestione familiare.
Ci divisero in camere, ed io, ovviamente, scelsi come compagna Claire.
Niall era in stanza con Matthew Carr, un ragazzo simpatico, molto tranquillo,
ed Andrea con i soliti due idioti -Matthews e Coyle.
Eravamo tutti felici ed allegri, completamente pervasi da quella
sensazione che solo la gita di classe dell’ultimo anno di liceo può darti. Come
se stesse per accadere qualcosa di speciale. Inconsciamente, tutti quanti
sapevamo che tre giorni in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini sarebbero
bastati a cambiare -non si sa se in meglio o in peggio- i legami che avevamo
creato tra di noi negli ultimi 5 anni.
***Autrice***
E finalmente sono riuscita a
postare il secondo capitolo!
E anche in questo non succede
un cazzo!
Perdonatemi, lo so che è
noiosa la faccenda, ma dal prossimo capitolo dovrebbero iniziare a smuoversi le
cose… anche perché Ele c’ha un po’ l’ormone impazzito, quindi è inutile cercare
di tenerla calma e buona.. u.ù
Quiiiindi, niente, qui
finalmente i fanciulli partono per il viaggio, sono tutti felici, Niall è preso
male perché la sua tipa non gli fa le coccole ma lo stupra ogni volta che lo
vede (???) e la protagonista… dorme, sostanzialmente. E mangia. Credo che
questa cosa sia un po’ autobiografica.
Comunque, ringrazio chi ha
recensito questa storia, chi la messa tra le seguite/preferite/ricordate, chi
lo farà e anche chi semplicemente la leggerà.
Fatemi sapere che ne pensate,
per favore, è importante per me. :)
Un bacio
Ale
p.s. per chi
volesse aggiungermi su twitter https://twitter.com/AleVenge