Incompatibile
“Ogni
creatura sulla Terra è sola quando muore”[1]
Siamo
tutti soli, in
fondo…
***
Mirai
cammina per le strade del centro, il passo lento, invisibile, come
lei.
È una domenica, ma le vie sono quasi deserte: colpa della
pioggia. Gocce
sottili cadono a rigarle il viso, fini, ma pungenti come aghi; eppure
lei non
pare accorgersene. Forse i vestiti la riparano più di quanto
sembri, forse vi è
talmente abituata che ormai non ci fa più caso.
Però le piace la pioggia; cancella tutto: i dubbi, le
illusioni, le ferite.
È debole, è forte, è incompatibile,
come lei.
I pochi passanti che ci sono la guardano sottecchi, la scrutano, la
decifrano,
ma cosa possono saperne loro? “Una ragazza sotto la
pioggia”, la frase è bella,
quasi poetica, ma nella realtà viene considerata una pazzia:
una ragazza sotto
la pioggia, una ragazza incosciente, problematica, stupida.
Nei libri ne parlano tanto di principesse che danzano sotto i temporali
e
nessuno le ha mai criticate, ma vedere una ragazza con una felpa
addosso ferma
sotto la pioggia non è una favola e non può
essere accettato.
Mirai
non ci pensa e continua a camminare; fa freddo. Gli alberi hanno
perso le foglie e il vento sussurra gelido, c’è
tristezza nell’aria, ma non
importa: è il ciclo della vita, non si può
interrompere. Quindi continua a
camminare, immersa nei suoi pensieri, vagando per quei luoghi
immutabili,
grigi, cercando uno spiraglio d’aria in quella
città soffocata dai suoi stessi respiri.
È
incompatibile e lo sa.
L’ha
provato sulla sua pelle, dove ora ci sono le cicatrici di dolori
troppo grandi per essere condivisi, problemi che le parole non possono
risolvere, segni inconfondibili del male che l’affligge.
E non ci sono cure. C’è solo la solitudine: tutti
vogliono aiutare, ma nessuno
ci prova davvero.
Autolesionismo lo chiamano. È una droga, ma è
l’unica cosa che riesca a darle
un po’ di sollievo, l’unica pace che è
riuscita a trovare.
Il calore del sangue sulla pelle,
Il rosso che rapisce lo sguardo,
Il cuore che batte più forte,
L’adrenalina in corpo.
È una dipendenza troppo forte perché possa essere
fermata.
E quei tagli sulle braccia, sulle gambe, sono la prova che tu sia
ancora vivo,
che non ti stia facendo sottomettere: sei un combattente nel tuo mondo,
un
lottatore, forse anche un eroe, ma agli occhi degli altri non sei che
un malato
mentale: non ti accettano. Come non comprendono la libertà
di camminare sotto
la pioggia. È una società contorta la nostra.
E ancora caldo, rosso, adrenalina.
E quel dolore, così tagliente da sfiorarle il cuore,
così leggero da volerne
sempre di più. L’arma del delitto e allo stesso tempo l’antidoto
alla sua malattia, bianco e
nero: grigio.
Il
mondo attorno a lei sembra un videogioco: è circondata da
robot già
programmati per vivere la loro storia, è semplice restare
tra le righe, non ci
sono problemi se sei nella norma. Un mondo di falliti il nostro, un
mondo
falso.
Ma lei non vuole essere come loro.
Vuole vivere; disprezzata, odiata, esiliata, ma vuole vivere secondo i
suoi desideri.
Non ha paura di essere sola.
Siamo tutti soli, in fondo.
Anche
Dio è solo.
Anche Dio è incompatibile.
Mirai
raggiunge il parco e si siede su una panchina. Non ci sono bambini,
il parco è vuoto, come lo era la sua stanza da bambina, vuota. Le pareti bianche, incontaminate;
non ci sono quadri, non ci
sono foto, non c’è nessun segno che quella sia la
sua stanza.
Ci sono solo i fantasmi.
Spettri che la rincorrono, ancora. La deridono, come tutti, ma fanno
più male,
perché loro sanno tutto
di lei.
La assillano di notte: voci roche, profonde, celate dietro quelli che
apparentemente vengono chiamati sogni.
E la riportano a quei momenti della sua tragica infanzia, richiamano
quelle
sensazioni che, invece, avrebbe voluto scacciare per sempre.
Rannicchiata ai piedi del letto, le urla dei genitori nelle orecchie:
vasi
rotti, bicchieri in frantumi e ancora, porte che sbattono, lacrime
amare e la
paura che la prendeva mentre si nascondeva tra le coperte, fingendo di
dormire.
Ma non ne parlava, era troppo irreale per sembrare vero: solo alle
stelle, a
volte, svelava qualcosa. Ma loro non rispondevano.
Fu allora che si rese conto di essere incompatibile: quando nemmeno la
natura
reagiva ai suoi stimoli; fu allora che si rese conto di essere sola.
L’amore
risolve tutto; anche questo lo dicono spesso.
Lei non amava e non si sentiva amata, come poteva crederci?
Era sicura, ormai, che le belle frasi che ci sentiamo ripetere in
continuazione, non avessero alcun senso: fantasie, solo questo.
Perché lei aveva sofferto e stava soffrendo.
Perché lei non veniva capita.
Perché lei era incompatibile.
Come poteva sperare di “vivere per sempre felice e
contenta”?
Il
ticchettio incessante della pioggia la richiama dai suoi pensieri;
dà
un ultimo sguardo al parco, poi si allontana, le mani che affondano
nella
felpa, la testa che inizia a pesare.
La notte ha rapito la città.
Si chiede perché sia così, se lo chiede spesso.
Dove la trova la forza reagire,
il coraggio di essere diversa e di
non conformarsi alla massa.
Si domanda cosa c’entri lei in quest’era, dominata
da pregiudizi e popolata da
persone tutte uguali, condizionate in ogni cosa. Giunge alla solita
conclusione:
è incompatibile, lei.
E
allora l’ultima cosa in cui spera è di rinascere.
Desidera appassire, per poi risorgere e provare a capire meglio il
mondo che
forse lei ha conosciuto solo nel periodo sbagliato, in
un’epoca che non le apparteneva.
È proprio quando la sua mente è in bilico tra la
vita e la morte che, invece,
si rende conto che deve restare, ancora per un po’. Che forse
è proprio per questo
che l’hanno lasciata in un’era completamente
opposta a lei: perché possa trasmetterle
quello che altrimenti verrà conosciuto in tempi fin troppo
lontani.
Lo
dice anche il suo nome: futuro.
Futuro nel passato, ecco cos’è.
Decide di non morire.
Decide di restare sé stessa, incompatibile con la
normalità.
Ma
della sua intelligenza nessuno aveva compreso niente.
L’avevano
isolata, senza nemmeno provare a conoscerla davvero. I suoi ideali, le
sue
certezze, le sue convinzioni erano state coperte dalla paura del
diverso.
Nonostante i suoi sforzi, il mondo non era ancora pronto ad accettarla.
E
della ragazza che sussurrava alle stelle non rimase niente,
incompatibile anche con la storia.
[1]
Ogni
creatura sulla Terra è sola quando muore: Donnie Darko