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Autore: Glinda    24/04/2013    2 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.), tranne Rebecca “Becca” Temple, Henry Boeshane e Harlan Andrews. Loro sì che li rivendico! Di Lauren Boeshane, invece, rivendico solo nome e cognome.

 

 

Capitolo 23: Lui, lei, l’altro

 

Per circa due settimane, l’Agenzia Temporale dovette fare a meno di due fra i suoi migliori elementi.

 

Subito dopo l’inizio della nostra relazione, Becca e io reclamammo infatti una parte delle ferie arretrate a noi dovute. In realtà, i giorni totali ammontavano a ben oltre quattordici, ma per questioni logistiche non avremmo potuto passarli tutti insieme, e così ostentammo buon viso a cattivo gioco. Come meta per il nostro breve periodo di congedo avevo optato per la Terra; forte era in me la curiosità di esplorarla, e inoltre non volevo farmi sfuggire l’opportunità di andare a trovare il professor Andrews nella sua nuova dimora, come a lui promesso solo poche ore prima. Ciononostante, Becca non si rivelò del mio stesso avviso.

 

“La data, giugno 3006, mi va benissimo, ma che ne dici di recarci da qualche altra parte, e di rimandare l’improvvisata ad Andrews? Immagino che si voglia riposare un po’ prima di ritrovarsi due suoi ex allievi fra i piedi,” mi propose.

 

“Hai in mente qualche altra destinazione terrestre, allora? Magari un luogo di villeggiatura?” chiesi.

 

“No, no,” rispose lei. “C’è un altro posto che mi piacerebbe tanto visitare, Jax.”

 

Mi comunicò la sua scelta, e il mio stupore fu grande. “Boeshane? Perché proprio laggiù?”

 

“Semplice,” replicò Becca. “Voglio vedere il tuo pianeta d’origine, le spiagge su cui sei nato e cresciuto. Ti sembra tanto strano?”

 

“No, ma…”

 

“E poi, da quel che mi hai riferito, su Boeshane in estate avete un clima meraviglioso, e ho proprio voglia di passare qualche giorno di relax in riva al mare, al caldo, sotto un vero sole, non quello artificiale che si sono inventati qui su Sagittarius A*.”

 

“Nel 3006 Boeshane non è stato ancora colonizzato, Becca.”

 

“Persino meglio! Saremo completamente soli, io e te. La vacanza perfetta.”

 

Poiché Becca mi vedeva ancora riluttante, si avvicinò a me e mi adagiò una mano sul petto, all’altezza del cuore. L’altra me la passò dietro la testa, e con quella prese a strofinarmi piano la nuca. “Non mi sembri convinto, Jax. Esiste un motivo, magari personale, per cui non vuoi che io venga con te sul tuo mondo?”

 

“Effettivamente sì,” sospirai. La cinsi a me, e posai la fronte sulla sua. “Però sono ragioni che appartengono ormai al passato, e che forse dovrei lasciarmi alle spalle.”

 

“Jax, non voglio certo costringerti…” iniziò Becca, dubbiosa.

 

“Nessuna costrizione, cara,” la rassicurai. “Anzi, credo proprio che sia giunta l’ora che io torni alle radici del mio problema, e potrò farlo solo su Boeshane. Hai ragione tu: sarà davvero una vacanza memorabile.”

 

***

 

HIC 273-b, galassia di Isop, giugno 3006 (anni terrestri)

 

Come avevo spiegato a Becca, in teoria il mio pianeta sarebbe stato colonizzato parecchi secoli dopo, ma una volta che io e la mia compagna posammo piede sulle bianche dune della Penisola, ci rendemmo conto di quanto fosse paradossale la circostanza. Sì, perché a conti fatti avevamo appena modificato la Storia, quella con la s maiuscola, e nonostante ciò, nessuno oltre a noi l’avrebbe mai saputo. Con buona pace del povero, ignaro comandante Henry Boeshane e del resto della sua spedizione terrestre, che sarebbe giunta fin qui solo milleseicento anni più tardi.

 

Ridacchiando divertiti, ci mettemmo alla ricerca di un ramo secco adatto allo scopo e, una volta trovato quello giusto, iscrivemmo sulla sabbia l’eccezionalità della nostra scoperta:

 

A coloro che verranno dopo di noi su questi lidi:

Benvenuti nel Tempio di Boeshane!

(Credevate di essere voi i primi?!)

 

Trascorso tale momento di ilarità, dedicammo tutto il resto delle ferie alla scoperta l’uno dell’altra. Non esclusivamente sul piano fisico, anche se ovviamente ne costituì una parte abbastanza cospicua. Comunque, ci scambiammo vicendevolmente parecchie storie appartenenti alle nostre vite personali, e ci confrontammo su diversi punti di vista, su ciò che ci piaceva, su ciò che ci disgustava, su ciò che ci commuoveva. Argomenti talvolta importanti, talvolta trascurabili, ma mai banali.

 

***

 

Il quattordicesimo giorno su Boeshane, l’ultimo della nostra vacanza, lo passammo quasi per intero in riva al mare, a sonnecchiare su una coperta distesa sulla sabbia. Si avvicinava l’ora del crepuscolo, e il sole morente, col suo colore così particolare, gettava lunghe ombre dietro i nostri corpi abbracciati. All’improvviso, presa da chissà quale ispirazione, Becca prese la parola, e mi confidò il suo sogno segreto di bambina, cioè quello di diventare bibliotecaria. Le più disparate circostanze l’avevano poi spinta a entrare come cadetto nell’Accademia Temporale, ma la smodata passione per i libri non si era mai sopita. Sopra ogni altra cosa, Becca amava leggere i diari e le autobiografie. Le chiesi come mai, una volta cresciuta, avesse deciso di non perseguire la sua carriera lavorativa ideale. Non si era trattato di un’aspirazione irragionevole, dopotutto.

 

Alla mia domanda, Becca scrollò le spalle. “Ero solamente una ragazzina, Jax, con la solita miriade di desideri tipici di quell’età che mi frullavano nel cervello. Troppo piccola per avere un’esistenza indipendente da quella dei miei genitori, per quanto intensamente lo desiderassi già, e allora mi rifugiavo nella lettura delle vite altrui.”

 

Un discorso tirò l’altro e, proprio come mi ero prefissato prima della partenza per Boeshane, mi ritrovai a narrarle buona parte degli eventi più bui della mia giovinezza sul pianeta, compreso il rapimento di mio fratello e la conseguente uccisione di mio padre. In seguito a essi, non ero più stato lo stesso; mi incolpavo della tragedia e speravo che, col mio arruolamento nell’Accademia, avrei potuto rimediare a ciò che era successo.

 

“Fammi capire,” mi interruppe Becca. “Quindi contavi, grazie alla tecnologia dell’Agenzia, di viaggiare indietro nel tempo e modificare il tuo passato?”

 

Annuii, e prevenni subito quello che sapevo sarebbe stato il suo successivo commento. “Al contrario di te, che eri piena di sogni poi svaniti, la mia mente era pervasa dagli incubi, incubi che non accennavano ad abbandonarmi. Un continuo tormento, sia di giorno sia di notte. Mi domandavo, disperato, se non esistesse per caso un modo per mettere le cose a posto. O piuttosto, per far sì che quel che mi era accaduto venisse cancellato per sempre.”

 

“Oh, Jax…” Becca poggiò la testa sulla mia spalla.

 

Sospirai. “Lo so, lo so. Quarto Assioma, giusto? Ma, proprio come te, ero giovane, ingenuo, e in un certo qual senso anche arrogante. Non preoccuparti, mi sono ben presto accorto che ciò che desideravo era impossibile da realizzare.”

 

“Avresti creato un paradosso irrisolvibile,” commentò Becca.

 

“Infatti. Alla fine me ne sono dovuto fare una ragione,” mormorai.

 

C’era poco da aggiungere. Restammo così, a stringerci reciprocamente, finché non mi decisi a rompere di nuovo il silenzio.

 

“Senti…” esordii.

 

“Dimmi,” rispose lei.

 

“Stavo pensando… Fra qualche mese il mio periodo di tirocinio insieme a te terminerà, e mi assegneranno a qualcun altro.”

 

“È già passato quasi un anno? Pensa a quanto tempo abbiamo sprecato fra bisticci e malintesi, Jax!”

 

“Vero,” concessi. Mi issai un poco, puntellai un gomito sulla coperta e appoggiai il mento sulla mano. “Troppo. E proprio per questo motivo, volevo chiederti se… se acconsentiresti a sottoscrivere uno status di Coppia insieme a me.”

 

“Cosa?!” Becca sgranò gli occhi, esterrefatta, e si tirò su, imitando così la mia posa.

 

“Sì, insomma… Se noi due formassimo una Coppia, non verremmo separati arbitrariamente. La trovo una soluzione ideale.”

 

“Un attimo. Ti rendi conto che in pratica mi stai chiedendo di sposarti?”

 

“Certo,” risposi.

 

“Ma tu odi i legami stabiliti, Jax, e ogni tipo di etichetta possibile e immaginabile. Mi cogli davvero di sorpresa,” esclamò lei.

 

“Non sono contro il matrimonio a priori, Becca.” Sorrisi tristemente. “Lascia che ti racconti una cosa. Prima che succedesse ciò di cui ti ho parlato prima, la mia era una famiglia felice. Franklin e Lauren, i miei genitori, si amavano molto, e avevano deciso di sposarsi… Una scelta insolita, considerato il nostro secolo di appartenenza, devo ammetterlo, ma se quello che provo per te è simile anche solo in minima parte a ciò che sentivano loro, beh, credo che ne valga la pena. Che ne pensi, quindi? Sei pronta a correre il rischio?”

 

Becca rimase lì a squadrarmi, ammutolita.

 

“Ti prego, di’ qualcosa, qualunque cosa,” la pregai.

 

La mia compagna si rizzò a sedere, e incrociò le braccia. “Oh, non saprei davvero. Il mio uomo mi porta sul suo pianeta natale, e trascorriamo insieme una delle vacanze più belle che io ricordi. Visto che c’è, di fronte all’oceano, nell’ora del tramonto, con l’aria pervasa di una romantica sfumatura rosata, tutto d’un tratto mi chiede di sposarlo. Proprio non riesco a capire perché dovrei rispondergli di sì.”

 

“Significa che…?” proruppi speranzoso.

 

“Scemotto, ovvio che accetto!” Becca d’improvviso mi sorrise raggiante, e si sdraiò di nuovo accanto me. Sorrisi anch’io, colmo di felicità. Preso dall’euforia, iniziai a ridere, e Becca si unì alla mia gioia. Spendemmo un paio di minuti a rotolarci allegramente sulla coperta, invertendo di volta in volta le nostre posizioni. Stavamo giustappunto baciandoci con una certa intensità (Becca si trovava ora sotto di me), quando la sentii irrigidirsi, per poi separare le labbra dalle mie.

 

“Jax… Non mi avevi detto che Boeshane è deserto?”

 

“Certo.”

 

“E che verrà colonizzato solo nel quarantasettesimo secolo?”

 

“Sicuro.”

 

“E allora spiegami chi diavolo è quel tizio laggiù!” fece Becca, e puntò il dito indice al di sopra della mia spalla.

 

“Cosa?! Non è possibile!” Girai di scatto la testa, e mi accorsi che Becca aveva ragione; a un centinaio di metri da noi, un uomo camminava nella nostra direzione. Non riuscivo a riconoscerne le fattezze a causa della distanza, ma a questo stava rimediando lo sconosciuto, visto il passo rapido col quale ci stava raggiungendo.

 

Allarmato, mi staccai delicatamente dalla mia neo-fidanzata, e misi mano al Manipolatore del Vortice. Iniziai a regolarne i comandi, ed effettuai una veloce scansione del nuovo venuto. Con la coda dell’occhio, notai che Becca stava facendo altrettanto col suo apparecchio.

 

“Niente di niente,” dissi infine, gettando lo sguardo sui risultati dell’analisi. “Ero convinto che si trattasse di un viaggiatore temporale come noi, ma non vedo nessuna anomalia, nessun paradosso, nessuna distorsione del continuum.”

 

“Ed è umano al cento per cento,” aggiunse Becca.

 

“Ma com’è possibile?” ripetei, affranto.

 

Becca scosse il capo, ad indicare la sua totale incomprensione. “Lo scopriremo presto, visto che è praticamente arrivato.”

 

Era vero; l’uomo si era fermato a una decina di metri da noi, e ci fissava senza proferire parola. Ora ero in grado di studiarlo con attenzione. Pareva piuttosto giovane, e aveva i capelli castani, più scuri e più corti dei miei. Il colore degli occhi, tuttavia, non riuscii a distinguerlo. Era vestito con abiti chiari, adatti al clima estivo di Boeshane: un paio di pantaloni corti, nelle cui tasche teneva sprofondate le mani, e una camicia leggera. Di sandali neanche l’ombra.

 

“Sarà pericoloso?” mi sussurrò Becca all’orecchio.

 

“Chi lo sa? In ogni caso, dobbiamo assolutamente scoprire la sua identità,” risposi, e mi alzai in piedi.

 

“Non fare sciocchezze, Jax.”

 

“Tranquilla, voglio solamente rivolgergli qualche domanda,” le mormorai, strizzandole l’occhio. Poi, a voce più alta, mi orientai verso lo sconosciuto. “Chi sei? Come hai fatto a giungere fin qui?”

 

L’altro non rispose verbalmente. Scosse invece la testa, e si posò un dito sulle labbra.

 

“Adesso non vorrai darmi a bere che sei muto,” commentai sardonico.

 

Di nuovo lo stesso cenno col capo. Mi stava prendendo per i fondelli? Se quello era il caso, aveva trovato pane per i suoi denti! Misi un piede di fronte all’altro e feci per avvicinarmi, ma l’uomo alzò una mano. Sembrava che volesse avvertirmi di qualcosa. Ma che cosa?

 

Il tizio indietreggiò e si allontanò da noi, senza però voltarsi. Continuava a fissarci intensamente, e dopo circa trenta metri compiuti in questo modo bizzarro, lo vidi chinarsi e raccogliere un esile bastone, e con esso iniziare a tracciare dei segni sulla spiaggia.

 

Becca si portò al mio fianco, e mi prese la mano nella sua. “Magari è davvero incapace di parlare, Jax.”

 

“Ne dubito,” borbottai.

 

Ci vollero diversi minuti, durante i quali l’uomo effettuò delle pause, come se non fosse affatto sicuro di cosa scrivere. Quando ebbe terminato, gettò via il bastone, e risollevò il capo verso di noi. Sorrise, alzò il braccio e agitò la mano, salutandoci con vivacità. Dopodiché, girò sui tacchi e se ne andò definitivamente, stavolta con molta meno fretta di quanto non avesse fatto al proprio arrivo.

 

Becca e io restammo come paralizzati a guardarlo, finché lo sconosciuto non sparì dietro una collinetta sabbiosa. Dopo alcuni secondi udimmo un rombo sordo, e dalla stessa direzione si levò in volo una navicella, che sfrecciò veloce verso il cielo ormai violaceo. La notte era vicina, e già nel firmamento si scorgevano le prime stelle.

 

“Visto?” disse Becca. “Era un semplice viaggiatore spaziale, non temporale, Jax.”

 

“Semplice viaggiatore, un accidente! Te l’ho detto, la mera presenza di quel tipo è impossibile. Nessuna cronaca narra di esseri umani sbarcati qui prima del quarantasettesimo secolo!”

 

“Sarà… Intanto vediamo il frutto del suo lavoro.”

 

Così dicendo, Becca si diresse verso il luogo in questione, e mi affrettai a raggiungerla. Ciò che scorsi, tuttavia, non fece altro che intensificare i miei dubbi sul misterioso uomo che ci aveva appena lasciati. Spalancai gli occhi, incredulo, e mi girai a fissare Becca, come per chiederle un’opinione al riguardo, ma a giudicare dall’espressione con cui mi fissò di rimando, non era da lei che avrei ricavato una risposta.

 

Né tantomeno l’avrei avuta dall’inquietante frase incisa sulla mutevole sabbia ai nostri piedi.

 

A coloro che si sono scambiati una promessa su questi lidi:

Seguite sempre i vostri sogni.

 

***

 

Note esplicative al testo:

- La prima scritta tracciata sulla sabbia ovviamente me la figuro in inglese, così che il segmento Tempio di Boeshane sarebbe in realtà Boeshane Temple, una fusione dei cognomi di Jax e Becca. Il battesimo non ufficiale del pianeta, insomma XD

- Così recita l’Assioma n°4: In nessuna circostanza, per nessun motivo, e senza alcuna eccezione, è permesso agli Agenti o ai Cadetti modificare né il TLS, né il TLO per fini puramente personali. In caso di contravvenzione a questa norma, gli Agenti o i Cadetti responsabili verranno giudicati in base alla gravità e/o all’entità della modifica apportata.

- Nel telefilm non viene mai rivelato il nome della madre di Jack, così ho deciso di affibbiarle quello dell’attrice che la interpreta, Lauren Ward.

- Come forse si è capito, ho deciso di cambiare il titolo a questo capitolo; ciononostante, I mulini degli dei sarà comunque usato per il prossimo. A presto! ^^

  
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