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Autore: Alkimia    25/04/2013    6 recensioni
[CONCLUSA]
«Stanotte ho sacrificato la verità e la mia anima per il tuo futuro, Loki. E ti giuro che farò tutto quanto è in mio potere perché questo futuro sia il più radioso che un individuo possa ottenere».
Il bambino fece uno sbadiglio e chiuse più volte gli occhi, come se volesse dormire. Lei gli posò un bacio sulla fronte liscia e pallida poi se ne andò.

Ogni storia ha un “prima”. Prima del male, prima della caduta, prima della sconfitta c'erano i due figli di Odino e la loro precettrice.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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4° Episodio

''Quanti cavalli hai tu seduto alla porta,
tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto,
la notte non ha bisogno,
la notte fa benissimo a meno del tuo concerto.
Ti offenderesti
se qualcuno ti chiamasse un tentativo?''

Asgard era un'esplosione di luce, un fuoco alimentato dal sole. Uno spettacolo bello da far male, come una pianta velenosa.
Snotra strizzò gli occhi, le lacrime avevano reso le ciglia cispose, appiccicaticce, dovette strofinarle con la punta delle dita per schiarirsi la vista.
La luce sembrava qualcosa di enorme, di solido, che la teneva inchiodata.
Se avesse potuto parlare con Thor, lo avrebbe implorato di scatenare una tempesta, di spegnere quell'enorme bagliore con il grigio acciaio delle nuvole.
Chiuse gli occhi e si accorse di non avere altre lacrime da piangere.
Una folata di vento portò l'odore lontano del mare e un vago sentore di metallo. E sembrò parlare con la voce di Loki: tu sapevi. Un'affermazione che aveva il tono impietoso dell'accusa, che di colpo l'aveva spogliata di ogni riflesso positivo, che l'aveva resa uguale agli altri agli occhi del... prigioniero.
Lei sapeva. Lei aveva mentito, come tutti.
Era una consapevolezza che ribaltava la prospettiva in modo vertiginoso, creava un senso di vuoto sotto i suoi piedi e ora Snotra si chiedeva con quale coraggio Asgard potesse additare Loki come ''il traditore''. Le sue colpe erano riflesse nelle loro, in un contorto gioco di specchi, un labirintico sentiero fatto di ombre e peccati, di omissioni e di perdoni mai concessi.
La loro colpa non era sapere, era non aver fatto nulla mentre la mente di Loki si andava sgretolando sotto il peso di una diversità percepita ma mai compresa del tutto, fino alla rivelazione di Odino. E in quei giorni Snotra non era lì a palazzo, non aveva potuto vedere quello che stava accadendo, né fare nulla.
La donna cercò di ricomporsi. Non c'era altro da fare al momento se non attendere l'evolversi dei fatti, ma le erano bastate poche occhiate a Loki in quella cella per capire che era giunto oltre un punto di non ritorno, compromesso per sempre. E lei neppure sapeva cosa era accaduto davvero al dio degli inganni dopo la sua caduta dal Bifrost, né aveva avuto modo di domandarlo.
A lui non lo avrebbe potuto chiedere di certo, non poteva fidarsi della risposta. E poi...
Codarda!
E poi aveva idea che fosse qualcosa di terribile e non voleva ascoltare.
Forse Thor e Odino conoscevano la risposta, una risposta comunque parziale, imprecisa, ma era sempre meglio di niente; e loro sarebbero stati cauti e gentili nel raccontare.
Codarda!
Snotra cercò di scacciare quella voce dalla sua testa, cercò di zittire l'eco del vento che le ripeteva le parole di Loki. Prese un lungo respiro nel tentativo di calmarsi e tornò dentro, il volto impassibile in un'espressione neutra e indecifrabile.
Il palazzo aveva cominciato a popolarsi. La corte degli Æsir riempiva i corridoi e le gallerie; in molti si erano riversati sulle terrazze per godere di quel sole straordinario. Nessuno si voltò verso di lei, mentre Snotra tornava verso le proprie stanze, eppure la dea della saggezza riuscì comunque a percepire stralci di conversazione. Il nome di Loki rimbalzava di bocca in bocca, come una maledizione; persino nella sala del banchetto, attorno alla tavola imbandita, le risate erano meno squillanti.
La strada che mancava per raggiungere le sue stanze le sembrò infinita. Snotra mise un piede avanti all'altro, in quell'atmosfera stranamente glaciale che contrastava in maniera quasi dolorosa con il sole e il caldo dei riflessi sulle superfici dorate.
Quando finalmente imboccò il corridoio dove affacciavano i suoi alloggi, le sembrò di essersi lasciata alle spalle il rumore del chiacchiericcio della corte e avvertì persino una lieve frescura in mezzo all'ombra silenziosa e confortante del corridoio.
«Lady Snotra!». Non lo aveva visto subito; Thor spuntò dietro a un angolo, aveva ancora indosso il mantello, il morbido tessuto color porpora ondeggiava nella scia dei suoi passi. Il Mjolnir era ancora stretto nel suo pugno, così saldamente che le nocche della mano erano sbiancate nella furia della presa.
La donna lo guardò avvicinarsi. Avrebbe voluto dirgli che era tutto finito, che poteva posare le armi, smettere i panni del guerriero, che adesso era a casa, erano tutti a casa.
Il dio del tuono le prese le mani nelle sue e Snotra non capì se voleva offrirle sostegno o chiedergliene un po'. Il volto del principe era sempre stato un libro aperto ai suoi occhi, ma ora l'emozione che gli aleggiava nello sguardo le sembrava indecifrabile.
Rabbia? Pena?
Stanchezza, quella di sicuro. Anche lui doveva aver trascorso la notte insonne.
«Dunque, vuoi raccontarmi cosa è accaduto su Midgard?» gli chiese Snotra, in tono gentile.
Thor annuì, stranamente assorto. Offrì il braccio alla donna e insieme si diressero verso uno dei salotti lasciati vuoti dalla corte che ora occupava il pianterreno.
Braci consumate si stavano spegnendo dove prima c'era un grande fuoco, forse rimasto acceso durante la notte. Snotra guardò la loro luce fioca pulsare di un bagliore rosso e pensò al sangue, quasi ne sentì l'odore, salato e ferruginoso.
Scacciò dalla sua mente l'immagine delle chiazze scarlatte tra le piume bianche della colomba, era un orrore che apparteneva al passato, e si voltò verso Thor.
«Racconta» chiese. E non voleva sapere solo di Loki, e il principe non parlò solo del mostro ma anche degli eroi, di soldati leggendari e uomini di metallo e di uomini dal cuore grande da poter contenere una rabbia immensa, e di sicari con il coraggio di riscattare la propria coscienza. Parlò di un foro enorme in mezzo al cielo, un foro che bruciava della furia della guerra e della follia, del male che viene da lontano.
Thor allentò la presa delle dita; il Mjolnir cadde sul pavimento con un sordo tonfo metallico che aprì la strada a un silenzio denso come il buio.  
«Ho parlato con lui» disse Snotra, quando l'assenza di rumore si fece troppo pesante e troppo pregna di pensieri.
Thor si voltò lentamente, nascondendo lo sguardo.
Lo stai odiando e te ne vergogni? Si chiese la donna.
«Dobbiamo... arrenderci?». Una domanda scomoda, quella del dio del tuono, una domanda vigliacca. Snotra pensò che fosse quasi sleale mettere lei in condizioni di trovare una risposta e probabilmente confermare una verità già piuttosto evidente.
«Attenderemo il giudizio di Padre Tutto» si limitò a rispondere. No, non sarebbero state le sue parole a condannare Loki: lei aveva promesso, tanti anni prima, a cospetto delle ombre e dello sguardo innocente di un bambino in fasce.
Le braci al centro della stanza erano ancora mezze accese, sembravano ancora sangue che pulsava via da un cuore.
«Quando è accaduto, Snotra?» chiese Thor, chinando il capo afflitto. «Ci hai visti crescere, lo saprai, saprai quando è cominciata. Io ero troppo preso dalla mia boria giovanile, ma tu...».
Snotra scosse il capo. Thor era troppo preso dalla sua boria giovanile per accorgersi che l'animo di Loki stava diventando guasto, e lei? Era semplicemente accecata dall'amore e dalla speranza? Lei forse aveva sempre saputo, aveva sempre sentito che Loki era in bilico, e piuttosto che tendergli una mano per trascinarlo via dal bordo del precipizio, aveva cercato di fargli credere che non esisteva alcun baratro. Anche se in quel momento, nei suoi ricordi, si fece strada un'immagine precisa, un fatto lontano a cui nessuno aveva dato troppo peso.
Aveva a che fare con una notte stellata e una festa da ballo, come una favola scritta nel modo sbagliato.

***

L'aria aveva un piacevole odore di erba appena tagliata.
Snotra osservò distrattamente il crocchio di ancelle ridere a voce fin troppo alta e scambiarsi sguardi da congiura.
Il giardino era in fiore e lei si era sistemata all'ombra di un albero a leggere un libro.
Pensò che quelle giovani dovessero annoiarsi davvero molto, altrimenti non c'era spiegazione per la rete di pettegolezzi che erano riuscite a mettere in piedi sulle storie che riguardavano la scelte delle varie dame di corte per il ballo.
Perché doveva esserci un ballo quella sera, ed era previsto che le donne del palazzo sfoggiassero tutta la loro divina e opulenta bellezza.
Questa faccenda degli abiti da festa era diventata una vera e propria disputa, combattuta silenziosamente nel chiuso delle stanze.
Se si annoiavano le ancelle, tanto da farne un argomento di conversazione, Snotra non poteva immaginare quanto dovessero annoiarsi le donne per aver deciso di farsi la guerra a suon di metrature di tessuti pregiati, pizzi e gioielli.
Girava persino voce che alcuni grandi lord della Patria Eterna volessero cogliere l'occasione per presentare a corte le loro figlie in età da marito. Lei sapeva che era ben più di una voce.
Snotra sorrise al pensiero: questo voleva dire che i due eredi di Odino, i suoi due allievi scapestrati, erano davvero diventati adulti?   
Sì, lo erano diventati e da tempo, solo che lei preferiva non pensarci.
Thor e Loki erano due magnifici giovani uomini, ognuno a suo modo, come lei aveva sempre sospettato sarebbero stati.
Anche se con il passare del tempo era accaduto ciò che lei temeva maggiormente: le luci attorno al figlio di Odino si erano fatte più brillanti e le ombre attorno a Loki erano divenute più fitte.
Il più giovane dei suoi principi aveva fatto le sue scelte, aveva cominciato a percorrere la sua strada e Snotra non poteva fare niente per intervenire, non sarebbe stato giusto; lei era solo la sua maestra, poteva dargli indicazioni e consigli ma non era suo compito mettergli il guinzaglio.
Il bivio aveva cominciato ad aprirsi davanti a Loki quella notte di tanto tempo prima... la donna ricordava l'episodio con la chiarezza con cui si ricorda un incubo che ha turbato il sonno, come qualcosa che resta in qualche modo inafferrabile eppure presente, concreto.
Loki, la fiamma che diventa una colomba, la colomba col il petto squarciato e le ali candide chiazzate di sangue.
Snotra non aveva potuto tacere sull'episodio, aveva informato il re e lui aveva deciso di non negare a suo figlio quel diletto, se lo riteneva opportuno, perché per quanto invisa a molti, la magia era comunque una pratica che sarebbe tornata utile prima o poi, la stessa Asgard affondava le sue radici in qualcosa di più grande e più mistico di semplici pilastri di metallo e cielo tra i rami di Yggdrasil.
Certo, lei lo sapeva, e di certo non poteva permettersi di confutare una decisione presa dal Padre degli dei, tuttavia era convinta che il punto della questione non fosse la legittimità delle arti magiche, quanto i motivi che avevano spinto Loki a interessarsene, a studiare da solo, lavorando sodo nell'ombra, in segreto.
Loki era in cerca di una scappatoia, Snotra non sapeva bene per quale ragione, ma sapeva che era sbagliato e che questo avrebbe finito solo per renderlo inviso agli occhi degli altri che già difficilmente avevano la pazienza di guardare oltre il muro di introversia che circondava il più giovane dei due eredi al trono.
Asgard non sapeva attendere, non aveva la solerzia di dissipare le ombre, preferiva le luci. E Loki non apparteneva ad Asgard, per questo lui e il mondo che lo aveva sempre circondato restavano sempre distanti, inconciliabili; si tenevano sospesi sul filo del rasoio che quasi c'era da temere che un solo passo falso si sarebbe rivelato letale.
Snotra chiuse il libro con un gesto repentino. Le spesse pagine di pergamena produssero un tonfo che zittì di colpo il chiacchiericcio querulo delle ancelle.
«Perdonate, lady Snotra, non volevamo disturbarvi» disse una di loro, mortificata – o almeno, fingendo di esserlo.
La donna sbatté le palpebre quando il sole che filtrava attraverso la tettoia di edera e fiori le ferì la vista.
«Non importa» sospirò.
Si alzò, sistemandosi il libro sotto al braccio e raggiunse il palazzo.
Sorpassò tre dame di corte che la salutarono con un sorriso formale e realizzò di non aver ancora pensato al suo vestito per il ballo. A dirla tutta, non aveva neppure davvero pensato di andarci né era stata invitata ufficialmente: ricopriva una carica importante alla corte di Odino e poteva godere della stima dei sovrani e dell'affetto dei principi, ma non apparteneva alla nobiltà più blasonata.
In verità, neppure le importava del ballo, quasi avrebbe preferito non ricevere alcun invito formale così da poter avere una scusa pronta nel caso, all'indomani dell'evento, qualcuno avesse fatto notare la sua assenza.
Si chiese se le era mai importato davvero di cose del genere, se nel suo cuore non fosse rimasta una pallida luce della ragazza che, dietro al suo amore per la conoscenza, aveva nutrito come ogni fanciulla sogni romantici e speranze radiose, scintillii troppo fiochi perché l'ombra di altre scelte e di altre passioni potesse lasciarli brillare troppo a lungo.
Aveva forse dei rimpianti? No, non era ancora così vecchia per il rimpianto. Certamente un giorno lo sarebbe stata, sarebbe venuto il tempo di interrogarsi a proposito delle sue scelte, di chiedersi come sarebbe stata la sua esistenza se avesse intrapreso una strada diversa, ma non ancora.
Era ancora felice di essere ciò che era, nonostante tutto.
Entrò nella biblioteca. Il silenzio polveroso di quel luogo le era ancora troppo caro per dar voce a qualsiasi rimpianto.
«Tu da dove vieni?» domandò guardando il dorso del libro che aveva con sé. «Oh, giusto, terzo scaffale a sinistra...».
Canticchiò tra sé e sé un motivetto da ballo e cercò la collocazione esatta del volume. Quando voltò l'angolo dello scaffale vide una figura in movimento e sobbalzò per la sorpresa, con un singulto spaventato.
«Oh, lady Snotra, vi prego, perdonatemi!» squittì l'intrusa con voce sottile.
La donna la guardò: giovane minuta, capelli biondi raccolti in una treccia, un bel viso delicato. Sigyn, figlia di una famiglia di origine antichissima; lei e i suoi genitori erano giunti a corte il giorno prima e, come altri nobili, erano stati invitati a restare a palazzo fino al ballo.
Snotra aveva sentito che il lord suo padre era tra quelli che avevano condotto la figlia a palazzo perché venisse presa in considerazione come futura moglie di uno dei figli di Odino. Uno qualsiasi, non era importante quale dei due, l'ambizione del vecchio lord non lasciava posto ad alcun tipo di reticenza.
Snotra guardò la fanciulla. Di norma non le piaceva che qualcuno si intrufolasse nella biblioteca mentre lei non c'era, ma Sigyn aveva un'aria così mortificata che la donna non ebbe cuore di rimproverarla.
«Cercavate qualcosa in particolare, lady Sigyn? Posso aiutarvi?».
La ragazza sembrò stupita dal fatto che lei rammentasse il suo nome e Snotra trattenne a stento un sorrisetto compiaciuto.
Lo studio allena la memoria, mia giovane ospite.
«Avevo sentito parlare della biblioteca del palazzo, ero curiosa. La porta era aperta e pensavo voi foste dentro»
«Vi interessano i libri?».
Sigyn corrugò la fronte e assunse un'aria pensierosa, come se stesse cercando di scegliere accuratamente le parole giuste.
«Sono un'interessante distrazione. La vita al palazzo di mio padre è piuttosto... tranquilla» concluse.
Oh, allora la noia non era un problema che affliggeva solo le donne della capitale.
Snotra fece un vago cenno affermativo e stava per invitare la giovane a trattenersi lì tutto il tempo che desiderava quando un rumore concitato di passi ruppe il silenzio della biblioteca.
Attese qualche istante ascoltando solo lo scalpiccio di piedi che correvano sul pavimento lucido. Il ritmo di quella corsa non era affatto cambiato nel corso degli anni.
«Thor!» esclamò in tono irritato, ancora prima che il principe comparisse.
«Snotra! Come facevi a sapere che ero io? Oh, non importa...». Il figlio di Odino giunse trafelato da dietro a uno scaffale. Aveva gli occhi che gli brillavano di gioia e orgoglio.
Era sempre stato alto per la sua età, anche da bambino, ma adesso sembrava davvero un gigante. Un gigante con il viso da ragazzo e gli occhi buoni.
«Thor, non farmi vergognare di essere stata la tua maestra, ti prego, comportati a dovere» borbottò Snotra.
Il principe non sembrò afferrare e la donna gli indicò la ragazza alle sue spalle con un'occhiata severa. Thor nemmeno si era accorto che c'era qualcun altro nella biblioteca: doveva essere davvero emozionato per qualche ragione, quando qualcosa lo colpiva a tal punto perdeva totalmente la capacità di concentrarsi sulle cose più evidenti. Come tutti i guerrieri nati per essere tali, aveva la fermezza del soldato che sferra il colpo contro il nemico che ha davanti, un nemico alla volta, un colpo alla volta, incurante dell'intera battaglia attorno a sé.
Thor si inclinò di lato per guardare la ragazza quasi nascosta dietro la sua maestra. Le buone maniere gli imposero di dedicarle l'attenzione necessaria a salutarla formalmente e a sorriderle in modo cordiale per quanto sbrigativo.
Sigyn ricambiò con uguale cortesia ma, fissandola di sottecchi, Snotra si accorse che la fanciulla non sembrava affatto impressionata dal figlio di Odino e questa era di certo una novità. Per qualche ragione Sigyn non doveva trovare Thor abbastanza attraente – nonostante fosse straordinariamente bello – né abbastanza interessante – nonostante fosse il figlio primogenito del re – e questo fece provare a Snotra una simpatia immediata per lei, la rendeva meno scontata ai suoi occhi di tutte le altre ragazze che aveva visto in giro.
«Snotra!». Thor si era già dimenticato della loro graziosa ospite; si gettò sulla donna, stringendola in un abbraccio da fermarle il cuore.
«A cosa è... dovuto tanto entusiasmo?» chiese lei, ansimando nella presa troppo stretta delle braccia del principe.
«Thor, per le Norne, lasciala respirare».
Snotra intravide il volto di Loki spuntare oltre la fila di scaffali. I suoi passi non facevano rumore.
Thor la sciolse dall'abbraccio e lei si sentì come se fosse risalita a galla dopo un tuffo che l'aveva spinta troppo in profondità.
La donna vide Loki sorridere, ma non stava sorridendo a lei quanto alla fanciulla alle sue spalle, spettatrice casuale di rocambolesche dimostrazioni d'affetto e entusiasmo. Ed era il sorriso che Snotra conosceva, un'increspatura perfetta sul tessuto di una maschera senza volto, un sorriso tanto bello quanto costruito.
«Lady Sigyn» disse Loki con squisita cortesia, accennando un lieve inchino. «Penserete di essere in un circo, ormai...».
Ah, questo è interessante. Pensò Snotra con una punta di divertimento. Un leggero rossore era salito a coprire le guance della ragazza. E quando era accaduto che Loki aveva imparato il suo nome? Beh, non aveva importanza, la lusinga celata in quel saluto era piuttosto evidente, ma era sincera? Questo era notevolmente più importante.
«No, affatto, è bello scoprire che i principi di Asgard sono tutt'altro che formalità e bei vestiti».
Formalità e bei vestiti? Snotra avrebbe voluto ridere. Lanciò a Loki uno sguardo interrogativo, ma lui rispose con un'occhiata del tutto calma e neutrale.
Dopo la notte della fiamma tramutatasi in colomba, per qualche attimo Snotra aveva pensato di aver perso Loki, di aver smarrito il suo affetto, ma così non era stato. O almeno, questo era quello che dicevano le apparenze.
Il giorno dopo c'era stato qualche momento di imbarazzo in cui, tra loro due, le parole avevano faticato a prendere forma. Poi, semplicemente, Loki le aveva detto che non era importante quello che era accaduto, che non poteva certamente aspettarsi che le persone che gli volevano bene – oh, quindi sai, lo sai che ti voglio bene! - accettassero sempre e comunque le sue scelte, che andava bene così, che non c'era motivo di perpetuare ostilità o silenzi imbarazzati solo perché lei non approvava la sua decisione.
Quel discorso era stata una freccia avvelenata scoccata con micidiale precisione contro il suo petto. Era lei che gli aveva insegnato ad usare le parole, era lei che gli aveva suggerito le astuzie della retorica e quindi poteva vedere cosa si celava dietro il tono neutrale e studiato con cui Loki aveva fatto quel piccolo discorso.
Ti sei messa contro di me, mi hai deluso. Era questo che voleva dirle in realtà. E se io non posso avere il tuo appoggio incondizionato, tu non puoi avere tutto lo spazio che c'è nel mio cuore.  
Snotra era consapevole dell'iniquità di quel ricatto, dell'insensatezza delle accuse di Loki, ma allo stesso tempo sapeva di non avere scelta se non accettare il nuovo stato delle cose, poiché l'altra opzione era perderlo del tutto, era mettersi davvero contro di lui e la sola idea le sembrava folle. Era lui che pareva sempre intenzionato a vivere tutto come se fosse una disputa, ma questo atteggiamento non le apparteneva e di certo sarebbe stato inadatto alla dea della saggezza.
Dall'esterno nulla sembrava cambiato tra loro due, ma Snotra sapeva cosa c'era dietro la superficie dei sorrisi che Loki le rivolgeva, delle lunghe ore che ancora trascorrevano a parlare di libri e materie di studio. Una volta lei gli camminava accanto su una strada polverosa e difficile, ma retta; adesso i loro passi si muovevano scivolosi sulla crosta di ghiaccio di un lago gelato che da un momento all'altro avrebbe potuto cedere.
Era una precarietà che faceva male, che quasi la spaventava, ma Snotra si aspettava che, diventando adulto, Loki avrebbe compreso e che le cose sarebbero cambiate.
Lui era già un uomo ormai e nessun cambiamento era davvero avvenuto, ma Snotra non aveva ancora perso la speranza. Lei lo conosceva, lo aveva cresciuto, poteva ancora portare un po' di luce per aiutarlo a dissipare le ombre, se solo lui glielo avesse concesso. Lei aveva fatto una promessa, ed era più che decisa a mantenerla: Loki poteva mettere tra loro tutta la fredda distanza che desiderava, ma niente l'avrebbe mai davvero allontanata dall'adempiere a quel giuramento.
«Ho una notizia!». L'esclamazione entusiasta di Thor si intromise bruscamente in quel flusso di pensieri dolorosi e non bastò ad addolcirli.
«Oh, certo, stavamo parlando di te» disse Snotra con un mezzo sorriso.
«Come al solito» intervenne Loki, sarcastico.
Thor era impaziente, sembrava che la notizia dovesse essere una sorpresa ma non vedeva l'ora di rivelarla.
«Ho detto a mio padre che non avremmo cominciato senza di te» disse. «Cioè, tu devi esserci, sei la mia maestra preferita»
«Forse perché sono l'unica che ti abbia sopportato...».
Thor non ascoltò quella battuta, si era già voltato per dirigersi verso l'uscita della biblioteca. Sembrava davvero emanare luce, come se la sua gioia si fosse intrecciata al tessuto del suo abito.
Snotra si accostò a Loki e lui la prese sottobraccio. «Si sposa?» gli domandò perplessa, con un filo di voce. A giudicare dalla marea di giovani donne riversatesi a palazzo in quei giorni, non era un'ipotesi tanto improbabile.
«Hai per caso sentito i pianti straziati di tutte le fanciulle di Asgard?» rispose lui, scuotendo la testa.
«E allora, cosa?»
«Nostro padre gli ha fatto un regalo»
«Ah. E cosa gli avrà regalato?»
«Oh, vedrai...».
In quel momento Snotra si voltò, ricordandosi di Sigyn. La giovane si era allontanata di qualche passo, con cauta discrezione, e si era messa a sfogliare dei libri fingendo di non esistere.
La donna scambiò uno sguardo con Loki.
«Lady Sigyn, dovete perdonarci» disse lui con misurata umiltà. «Mio fratello tende ad essere sempre un po' prevaricatore e io non posso fare a meno di dargli corda, specie quando è così felice. Non era nostra intenzione essere scortesi».
La fanciulla spalancò gli occhi,
«Non dovete scusarvi, principe. Io sono solo un'ospite».
Snotra si chiese di nuovo come e quando Loki avesse imparato il nome di quella ragazza. Lui aveva certo un ottima memoria, una mente allenata alla conoscenza, come la sua, ma fin da quando la corte si era riempita di ospiti giunti da ogni dove per il ballo, non era sembrato particolarmente interessato alle frotte di giovani donne messe in mostra dalle loro famiglie. Se rammentava proprio quella fanciulla in particolare tra tutte le altre, allora doveva esserci un motivo.
«Possiamo andare?!». La voce di Thor arrivò come un tuono dall'uscio della grande porta. Quel povero ragazzo ormai doveva essere ustionato dall'impazienza, tanto stava friggendo.
«Lady Sigyn, unitevi a noi, immagino sarete curiosa quanto lo sono io» propose Snotra con un sorriso.
«Oh, voi siete molto gentile signora, ma io... non sono affari miei, davvero»
«Non c'è bisogno di fare tutte queste cerimonie. Sono sicura che anche ai nostri due amabili principi farà piacere, dico bene, Loki?».
Snotra rivolse al ragazzo un sorriso complice, ma quando incontrò il suo sguardo lo vide raggelarsi, quasi poté vedere un'ombra di irritazione, forse persino di rabbia, rimescolare l'azzurro glaciale dei suoi occhi.
Cosa diamine stava accadendo? Pensava che a Loki piacesse la fanciulla, pensava di fargli piacere invitandola! Da quando era diventata così poco abile a capire le situazioni, a capire lui?  
L'espressione cupa di Loki mutò presto in un sorriso amichevole rivolto a lady Sigyn. Per occhi non avvezzi a conoscere quel volto sarebbe stato quasi impossibile notare la rabbia frustrata dell'attimo prima. Ma Snotra l'aveva notata e ne era rimasta ferita: sapeva che le cose tra lei e il giovane principe erano cambiate, da tanto tempo, ma in quel momento lui gli parve un muro cosparso di rostri e schegge di vetro, impenetrabile e impossibile da scalare, che poteva ferire chiunque si azzardasse anche solo a sfiorarlo.
Loki offrì il braccio a lady Sigyn con impeccabile cavalleria, Snotra li seguì in silenzio e insieme si accodarono a Thor che sembrava fare una gran fatica a mantenere un'andatura normale, senza mettersi a correre verso la loro destinazione – qualsiasi essa fosse.
«I sotterranei?» chiese Snotra dopo qualche minuto, riconoscendo la scala di pietra spoglia che conduceva alla cripta del palazzo di Odino.
L'ingresso a quella particolare area sotterranea era solitamente vietato se non ai membri della famiglia reale e a poche guardie scelte appositamente per sorvegliare il tesoro del re: reliquie e oggetti preziosi rinvenuti durante le tante guerre che Asgard aveva combattuto per assicurare giustizia e sicurezza in ogni angolo dei Nove Regni.
La porta della cripta del tesoro aveva due battenti dorati, coperti di rune e arabeschi. Erano molti i segreti che circondavano quel luogo, probabilmente c'erano antichi incantesimi di difesa incisi tra quelle decorazioni.
Fuori dalla porta, nelle tenue luce di pochi bracieri accesi, c'erano i compagni di Thor.
A palazzo avevano cominciato a chiamarli ''Lady Sif e i tre guerrieri'' e a Snotra sembrava che quella denominazione fosse una sorta di sciocco sberleffo ai danni della giovane asgardiana, come a voler ribadire che lei, in quanto donna, non poteva essere una guerriera, che sarebbe sempre stata diversa dai guerrieri veri e propri.
I compagni di Thor salutarono Snotra e lady Sigyn, poi le porte si aprirono verso l'interno e tutti insieme scesero i gradini della ripida scalinata che conduceva a un corridoio di colonne avvolto in una luce plumbea.
La poca illuminazione proveniva da un alone bianco e lattiginoso dietro ad una grata sul fondo della cripta. Snotra sapeva cosa c'era lì dietro, glielo aveva detto lord Alcuin molto tempo prima: il Distruttore, il micidiale colosso di metallo e fuoco che obbediva alla voce del re.
La donna sentì lady Sigyn trasalire accanto a lei e vide le dita sottili della fanciulla stringersi attorno al braccio di Loki.
I loro passi producevano un'eco attutita. Quel posto avrebbe dovuto parlare di gloria, ma era silenzioso perché c'è molta meno gloria di quanto si pensi nei trofei di guerra, il sangue non fa alcun rumore quando scorre. Quel silenzio sembrava quasi un monito e, nel suo cuore, Snotra sperò che chiunque posasse lo sguardo su quel corridoio fosse in grado di ascoltarlo.
La pietra sembrava emanare un freddo innaturale e l'aria della cripta era umida e pesante. In parte ciò era dovuto al buio perenne in cui quel luogo era sprofondato, per ragioni di sicurezza, in parte alla presenza di una delle reliquie posta su una colonna proprio davanti alla grata che celava il Distruttore.
Lo scrigno degli Antichi Inverni, gioiello della corona di Jotunheim, brillava di una pallida luce azzurra, fredda come il riflesso del ghiaccio sotto la luna.
Forse gli altri astanti non avvertivano la stessa sensazione perché non avevano alcun ricordo legato a quell'oggetto, ma Snotra sentiva artigli gelidi spandersi da quella luminescenza bluastra, dita fatte di freddo e di ricordi e pensieri taglienti come il vento della piana di Jotunheim che si allungavano verso di lei come per ghermirla, come per gettarle nel cuore un vecchio terrore che lei credeva sopito.
Lo sguardo della donna si posò su Loki che non sembrava aver minimamente notato l'influenza dell'oggetto. Era stato molte volte in quella cripta ad ascoltare i racconti di suo padre e nulla era mai accaduto; anzi, in quel particolare momento sembrava persino annoiato e, all'occhio attento di Snotra, ancora irritato. Era perché lo imbarazzava che lei capisse il suo interesse per Sigyn?
Loki aveva davvero interesse per quella fanciulla? Certo, perché non avrebbe dovuto, era graziosa e le era sembrata una ragazza intelligente.
Snotra guardò i due giovani principi. Si chiese se avessero già conosciuto l'amore di una donna. Forse, forse sì... ai suoi occhi era impossibile non amarli.
Il Padre degli dei, affiancato da due guardie, era in piedi accanto a una bassa colonna coperta da una stola di raso. Guardò Thor con sommo affetto, con una fierezza che gli illuminava il viso anche in quella fitta penombra che sapeva di gelo e di antico.
Quello avrebbe dovuto essere un momento privato, tra padre e figlio, ma il giovane principe non aveva resistito alla tentazione di invitare i suoi amici più cari ad assistere a quel trionfo personale – perché era certo di questo che si trattava.
Snotra sorrise di tenerezza. Thor era forte e buono, ma la saggezza e l'arguzia ancora non gli appartenevano. Ciò che gli apparteneva invece era la smania della battaglia e lei sapeva che presto il figlio di Odino avrebbe assaggiato anche lui il furore della guerra. E Loki lo avrebbe seguito e lei avrebbe atteso il loro ritorno assieme alla regina, sulla terrazza più alta del palazzo, aspettando di veder comparire il lampo opalescente del Bifrost che annunciava il ritorno a casa dei due principi e dei loro valorosi amici. Sarebbero stati giorni densi come piombo fuso, lenti e soffocanti, ma loro avrebbero fatto ritorno, fianco a fianco, per portare altra gloria alla corona di Asgard e un nuovo orgoglio nel petto della regina.
Sì, quel momento sarebbe giunto presto, le parole di Odino non fecero che confermarlo.
«Ti avevo promesso un dono, Thor, per quando saresti stato pronto per la battaglia» disse il re, solenne anche con la voce velata d'affetto.
Gli sguardi dei presenti erano tutti calamitati dal drappo e dal misterioso dono che celava. Tutti, tranne quello di Loki: lui guardava Thor, come se cercasse sul suo viso la prova di qualcosa che Snotra non sapeva definire, come se si aspettasse che da un momento all'altro lui inciampasse nei suoi stessi piedi.
Una delle due guardie sollevò il drappo. L'aria sembrò fermarsi per un istante e diventare stupore.
«Il Martello Mjolnir» dichiarò Odino. «Forgiato dal cuore di una stella morente dalla maestria dei nani fabbri di Svartalfheim. Se riuscirai a sollevarlo, sarà tuo».
«Un dono assai saggio». Snotra sentì la voce di Loki bassa al suo orecchio. Quando gli era arrivato alle spalle?
Si voltò verso di lui e annuì. Sì, era un dono saggio e pregno di significato, un significato che Loki non aveva fatto alcuna fatica a comprendere: un martello può distruggere, ma serve anche per edificare. La lotta a volte si rivela necessaria, ma non deve mai ridursi a mera violenza o dimostrazione di forza, deve piuttosto servire a scopi più alti e non deve mai essere perpetuata per fini egoistici.
Snotra si promise che ne avrebbe parlato con Thor alla prima occasione. Era davvero importante che lui comprendesse e che non deludesse suo padre, e lei era pur sempre la sua maestra.
Thor avanzò verso la colonna e strinse una mano attorno all'impugnatura del martello. La testa era un enorme blocco di un materiale che sembrava a metà tra una pietra e un metallo raro, opaco e compatto. Il manico era avvolto in un nastro di cuoio invecchiato e sembrava morbido al tatto, come per facilitarne l'impugnatura. Dall'estremità del manico pendeva una fibbia e Snotra ricordò il potere enorme di quell'oggetto, la facoltà di richiamare a sé la potenza del fulmine e del tuono, la capacità di essere maneggiato solo da colui che è designato come suo possessore.
Thor sembrava nervoso. Il solo pensiero che non riuscisse a sollevare il Mjolnir riempiva di pena il cuore della sua maestra e Snotra strinse i pugni così forte da conficcarsi le unghie nei palmi.
Avvertì una mano serrarsi nervosamente attorno alla sua: Sif. Se non fosse stata del tutto presa dall'agitazione del momento, avrebbe avuto anche tempo di stupirsi di quel gesto.
Aveva trascorso del tempo assieme ai nuovi amici di Thor quando giunsero a palazzo dal campo di addestramento dell'Accademia militare, aveva fatto da maestra anche a loro e tentato di infilare in quelle teste boriose nozioni utili che non avessero a che fare con armi o regole efficaci per gli scontri corpo a corpo. Forse qualche cosa l'avevano imparata davvero...
Aveva passato del tempo con quei ragazzi, aiutando a medicarli quando si facevano male durante l'addestramento o facendo il tifo per loro durante gare e tornei, e anche se non li aveva visti crescere come invece era stato per Thor e Loki, si era molto legata a quei quattro giovani.
E la sua era stata la mano che Sif aveva cercato, in quell'impeto di agitazione. No, forse non c'era nulla di cui stupirsi.
Il cuore di Sif apparteneva a Thor, questo lo sapevano tutti tranne il diretto interessato.
La donna si chiese se la bella guerriera avrebbe partecipato al ballo. Avrebbe davvero dovuto andarci!
Snotra ricambiò la stretta della ragazza e intrecciò le dita alle sue. La mano di Thor si chiuse attorno all'impugnatura del Mjolnir.
Nel silenzio e nella penombra, si sentì nettamente un sottile stridore elettrico; contorte linee di luce percorsero la superficie del martello. Thor tirò il braccio verso di sé, il Mjolnir si lasciò sollevare senza alcuna reticenza, come se fosse fatto di pezza.
Un fulmine, uno squarcio di luce bianchissima e incandescente, si sollevò dall'arma volando fino al soffitto, colpendolo in uno sbuffo di scintille e fumo, lasciando un alone di bruciato sulla pietra.
Tutti guardarono la scena ammirati. Lady Sigyn aveva lasciato il braccio di Loki e si era portata le mani alla bocca, celando una smorfia di stupore e apprezzamento.
Il Mjolnir, l'arma leggendaria forgiata dai nani e rimasta dormiente per secoli, ora aveva trovato un proprietario, il solo con il diritto e il potere di impugnarla.

Il tramonto era uno squarcio violetto nel cielo, lì dove Asgard precipitava nel mare e le grandi lune cominciavano già a specchiarsi tra le acque lucide.
Loki accarezzava distrattamente le foglie vellutate di una pianta ornamentale cresciuta in una fioriera della balconata. Sotto di lui la città cominciava ad accendere i fuochi per prepararsi al calare del buio.
Snotra restò a guardarlo per qualche secondo, osservando silenziosa la sua figura slanciata contro il cielo che si andava scurendo. Non era tanto più basso di Thor, ma non gli assomigliava, in niente, come se neppure fossero cresciuti sotto lo stesso tetto, e questo aveva poco a che fare con le loro diverse discendenze.
Il giovane inclinò leggermente la testa, per farle sapere che aveva notato la sua presenza.
«Pensavo di riuscire a prenderti alle spalle» scherzò lei.
«Nessuno può prendermi alle spalle». La risposta suonò seriosa, fin troppo, ma quando Loki si voltò a guardare la sua maestra aveva un accenno di sorriso sul volto.
E a lei parve così bello, quella goccia di splendore che continuava a scorrere sulla sua strada. Se solo avesse avuto la pazienza di dirigersi verso il fiume, invece di puntare sempre al cielo!
Snotra gli si avvicinò e lo abbracciò con fare materno, appoggiandogli la guancia sulla spalla.
«Sono stata sciocca, oggi» ammise con un sospiro.
Sentì la risata come un leggero sussulto nel petto di Loki.
«Asgard sprofonderà in mare il giorno in cui tu farai qualcosa di sciocco» le rispose.
«Non avrei dovuto invitare lady Sigyn a venire con noi, ma non sapevo con esattezza a cosa avremmo assistito»
«Credo che lo spettacolo le sia piaciuto».
Snotra si sciolse dall'abbraccio per poter guardare meglio in viso il suo interlocutore. Gli lanciò un'occhiata bonaria di rimprovero.
«Non fare il soldatino algido con me...» borbottò. «Sei interessato a quella ragazza ed è stato sciocco da parte mia portarla ad assistere a un momento di gloria che riguardava esclusivamente tuo fratello».
Loki inarcò un sopracciglio.
«Sono interessato a quella ragazza? Sul serio?» disse, enfatizzando il tono dubbioso.
«Sì che lo sei. Dimmi: di quante altre fanciulle ricordi il nome?»
«Non mi interessano le ragazze, ma sarebbe triste stroncare sul nascere qualsiasi speranza mia madre possa nutrire»
«Loki!»
«Cosa c'è? È la verità».
Sì, avrebbe potuto essere vero. Ma avrebbe anche potuto essere un modo come un altro per evitare di addentrarsi in un discorso che non desiderava affrontare con lei.
«Beh, se vuoi che tua madre non disperi, ad ogni modo, devi invitare lady Sigyn a ballare questa sera» concluse la donna, facendogli una smorfia.
Loki scrollò le spalle. «Potrebbe disperarsi lei, allora».
I due si guardarono in viso e risero. Per un attimo a Snotra sembrò di essere tornata indietro nel tempo, prima di quella maledetta colomba, a quando lei poteva leggere Loki come un libro aperto, a quando lui si confidava e aveva fiducia in lei.
«Sono contento per Thor, è rimasto molto soddisfatto. E anche mio padre» disse lui, dopo qualche istante di silenzio.
Thor... avrebbe davvero dovuto parlare con lui, quanto prima. Dopo il ballo magari.
«Il Mjolnir...» mormorò Loki lo sguardo gli si fece di colpo distante e freddo. «Non pensavo che Padre lo avrebbe fatto davvero. Non ora, almeno...».
«Di cosa stiamo parlando?» chiese Snotra, l'apprensione nella voce la faceva respirare in modo strano.
Loki si riscosse, il suo sguardo tornò presente e guardò la sua maestra con una punta di stupore e persino di commiserazione. Povera sciocca, sembravano dire i suoi occhi.
«Odino ha scelto il suo erede, quella di oggi era una prova, no? Se Thor è degno di sollevare il Mjolnir allora è senz'altro degno di portare la corona» concluse il principe, la voce priva di qualsiasi emozione, come se stesse facendo una semplice constatazione sul tempo.
Snotra poté quasi percepire il movimento della maschera che calava su quel bel viso nobile. E non era tanto l'idea della maschera a turbarla, quanto il fatto che non potesse in alcun modo comprendere ciò che Loki riusciva a celare al di sotto, non più.
«Io non credo... Thor di certo non è pronto e voi due siete entrambi troppo giovani» disse lei semplicemente.
«Sì, può darsi».
Le ombre erano calate su Asgard. Ombre dense cariche della frescura della sera, il cielo era una vastità trapuntata di stelle. Una notte perfetta per festeggiare.
«Dobbiamo andare a prepararci, immagino» disse Loki, appoggiando la mano sul braccio della donna e tirandole un leggero buffo, come per ridestarla.
«Dobbiamo? Quel ballo non è posto per me» replicò con un sorriso, tentando di dimenticare la maschera e le preoccupazioni e il freddo che aveva sentito aleggiare nella voce del principe.
«Non vorrai lasciarmi da solo tra le grinfie di padri ansiosi di farmi conoscere le loro figlie? Sarebbe imperdonabile».
Imperdonabile. Cos'altro è imperdonabile ai tuoi occhi, mio caro principe?
«Verrò. Più tardi. Ammesso che trovi un abito adatto» concluse Snotra. «Tu intanto, invita lady Sigyn a ballare!».  
Loki le rivolse uno dei suoi sorrisi taglienti e dolci allo stesso tempo. Lei sentì che la stava ancora guardando mentre si allontanava.
 
Snotra tornò nelle sue stanze. Davvero non aveva voglia di presenziare a quel ballo e davvero non aveva ricevuto alcun invito formale – evidentemente perché era scontato che lei ci fosse, e l'invito di Loki poteva comunque bastare – ma in qualche modo quella giornata le era parsa così densa e assurda che pensò che un'altra anomalia non avrebbe fatto alcuna differenza.
Si preparò al meglio, indossando i pochi gioielli che possedeva e chiedendo ad un'ancella di prepararle il suo abito migliore e acconciarle i capelli in modo decoroso.
Non le piacevano le acconciature elaborate, quel loro tirare sulla nuca e ai lati del capo le faceva venire mal di testa.
Quando fu pronta, attese comunque a lungo prima di raggiungere il salone dove era stata allestita la festa.
Rimase per molto tempo seduta su una sedia accanto allo scrittoio a pensare. Pensò a Thor e a Loki, a quello che lui le aveva detto sul terrazzo a proposito della scelta di Odino. Pensò fino a quando i pensieri non si dissolsero in una nebbia di stanchezza e le parve che tutto dentro la sua testa fosse diventato silenzioso.
Man mano che si avvicinava alla sala, sentiva la musica crescere e il chiacchiericcio farsi più fitto.
Nessuno fece caso a lei quando entrò da una delle porte laterali. Solo la regina Frigga, seduta su una poltrona e accerchiata da dame di corte le rivolse un sorriso caloroso e un cenno di saluto.
La luce era così accecante da far sembrare bianca ogni cosa. Nell'aria l'odore di incensi profumati si mischiava all'aroma del vino e all'odore di erba che il vento lasciava salire dal giardino del palazzo.
La sala era enorme, ma sembrava stringersi tante erano le persone che la occupavano.
«Lady Snotra, ballate?». La richiesta la colse di sorpresa. Fandral le aveva sbarrato la strada e ora la fissava tendendole la mano.
«Sei molto gentile a chiederlo, ma no, caro, grazie»
«Siete sicura?».
Snotra guardò la pista, dame e cavalieri lanciati in una danza armoniosa sotto la luce di una miriade di candele. Un gruppo di musici suonava un motivo allegro dall'alto di una balconata semicircolare.
«Mai stata più sicura in vita mia!» esclamò, sgranando gli occhi.
No, decisamente quel posto non faceva al caso suo.
«Sareste l'unica donna con la quale non ha ballato» intervenne Volstagg, dopo aver inghiottito un frutto – probabilmente con tutto il nocciolo. «Se non lo teniamo d'occhio avrà l'ardire di chiedere un ballo anche alla regina».
Snotra guardò i tre guerrieri ridacchiando.
«Dov'è Sif?» domandò poi, notando la sua assenza.
«Non è voluta venire» rispose Hogun con il suo cipiglio torvo.
«E perché mai? Sono uscita dal guscio persino io per questa follia del ballo!»
«Le sue parole sono state qualcosa di tipo: non mi mischierò a quel branco di oche solo per dar loro un'altra occasione di sbeffeggiarmi» spiegò Fandral mimando la voce dell'amica con un improbabile falsetto.
Snotra sospirò. «Andate a prenderla! Portatela qui, ditele che la voglio a questa festa prima di subito e che chiunque osi sbeffeggiarla oltre a essere oca è anche invidiosa».
I tre giovani guerrieri fissarono la donna con aria perplessa.
«Non lo sto chiedendo, lo sto ordinando». Non era propriamente nella posizione di dare ordini a quei ragazzi, ma non aveva importanza. Sif aveva lo stesso diritto di partecipare a quella festa di qualsiasi altra giovane asgardiana presente nella sala.
Fandral, Volstagg e Hogun si affrettarono a lasciare la festa per andare a prendere Sif e Snotra si guardò attorno, cercando con lo sguardo Thor e Loki, ma non li trovò in quella bolgia di volti ridenti, fino a quando non fu il figlio di Odino a trovare lei.
Thor le si affiancò e le concesse un galante baciamano.
«Sei straordinariamente bella stasera» le disse, sorridendo e porgendole un calice di vino. «Mi sorprende che nessuno ti abbia chiesto di ballare»
«Non devi adularmi, non hai più l'età perché io possa tormentarti con lo studio quindi non hai bisogno di rabbonirmi» scherzò lei.
«No, sul serio, dovresti farla più spesso questa cosa» insistette Thor, indicando con un vago gesticolare la sua acconciatura.
Snotra scosse il capo e ridacchiò. Sperò che Thor le chiedesse dov'erano i suoi compagni e se aveva visto Sif, ma il giovane principe sembrava più interessato alle occhiate maliarde delle fanciulle sparse per la sala.
La donna gli prese la mano e strinse con fermezza. «Thor...».
«Sì?».
Sii saggio, ti prego, fallo per il bene di tutti. Sii saggio stasera, sii saggio in futuro.
Aveva questa e molte altre cose da dirgli, ma quello non era il momento adatto. Si limitò a sorridergli.
«Nulla. Domani...»
«Domani cosa?»
«Domani spero che tu abbia un po' di tempo per parlare con la tua vecchia maestra... ma non voglio angustiarti ora, va' a divertirti»
«Sarebbe ignobile da parte mia non trovare tempo per la mia meravigliosa maestra!».
Snotra sorrise, intenerita. Si sollevò sulle punte per riuscire a raggiungere la guancia del principe e gli diede un bacio, poi lo spinse via verso il centro della sala.
Lui si voltò un attimo verso di lei prima di sparire tra la folla rumorosa.
«Oggi sono stato sgarbato» disse, alzando la voce per farsi sentire al di sopra del chiacchiericcio e della musica. «Forse è opportuno che mi faccia perdonare».
Snotra lo guardò, bevendo un altro sorso di vino da calice. Comprese in ritardo il senso di quelle parole e si augurò di aver capito male.
Dall'altro lato della sala, lady Sigyn, appena arrivata, stava per sparire in mezzo a un crocchio di ragazze.
No, Thor... non lo fare... non lei.
Strinse il calice tra le dita così forte che quasi credette di sentire lo stridore del vetro prima che andasse in frantumi. Sapeva che non c'era una vera e propria ragione per essere preoccupata all'idea che Thor danzasse con la fanciulla, eppure era certa che era meglio se non fosse accaduto, era meglio se...
Loki.
Loki arrivò qualche minuto dopo. Si mosse a ridosso del muro, quasi avesse timore di venire sfiorato dalla folla o di confondersi con essa. Congedò con rapidi gesti della mano i domestici che  gli si avvicinavano porgendo vassoi di cibo e coppe di vino.
Snotra lo vide fermasi accanto alla parete, nel cono d'ombra proiettato da una colonna. Lo vide incrociare le braccia sul petto con fare quasi indolente e passare la sala in rassegna con lo sguardo. E infine, vide i suoi occhi fissarsi in un punto, proprio lì, dove Thor e Sigyn stavano ballando assieme.
Snotra si fece largo a fatica tra la gente festante che parlottava e rideva, e camminava senza badare a dove mettesse i piedi.
«Loki...»
«Snotra, sei venuta dunque. I miei complimenti, sei splendida».
Parole pronunciate in tono del tutto neutrale, pronunciate da dietro quella sua dannata maschera di normalità e tranquilla cortesia. La donna agitò la mano come se volesse scacciare via quelle idiozie cerimoniose come si scaccia un insetto molesto.
«Loki»
«Cosa c'è?»
«Thor voleva scusarsi con lady Sigyn per stamattina».
Il giovane principe annuì distrattamente, come per una cosa di poco conto. «Mi sembra opportuno».
«Non... non farlo, ti prego. Ti prego» sospirò lei, le sembrò di star singhiozzando.
«Fare cosa?»
«Questo atteggiamento, questa freddezza nei confronti di ciò che ti accade attorno e questa maledettissima e insensata competizione con tuo fratello!». Snotra non riuscì a trattenersi dall'alzare la voce e dall'afferrare un lembo della casacca di seta verde che lui indossava. Avrebbe voluto strappare la stoffa di quell'abito per concedersi l'illusione di star strappando via quella sua orrenda maschera.
Ma Loki sorrise, di un sorriso glaciale e privo di allegria.
«Non sono in competizione con Thor» dichiarò. «Sarebbe sciocco, se fossimo in competizione lui avrebbe già vinto».
Con un gesto brusco, il principe si ritrasse dalla presa di Snotra e si allontanò. Lei non riuscì a fare altro se non fissarlo mentre spariva tra la folla, evitando i passanti e ignorando quei pochi che provavano a rivolgergli la parola.
Lo seguì con lo sguardo fino a quando non divenne una macchia indistinta in mezzo alla miriade di persone, un puntino di ombra in mezzo allo sfavillio di luce.
E lei si sentì prossima al pianto, sconfitta ancora una volta, come la notte della colomba, come forse era sempre stata: combatteva davvero una battaglia persa in partenza e non c'era niente che potesse fare per cambiare lo stato delle cose.
Si appoggiò con le spalle al muro; i pensieri che era riuscita a zittire meno di un'ora prima ora le si riversarono di nuovo nella testa, più dolorosi, più rumorosi, una cacofonia di ricordi, affanni, speranze disilluse che riusciva a sovrastare anche il frastuono del ballo, che rendeva le luci meno scintillanti ai suoi occhi. O forse era perché ora i suoi occhi erano piani di lacrime.
Le lacrime non traboccarono mai oltre le ciglia. Si asciugarono e le lasciarono lo sguardo velato e stanco.
«Lady Snotra...». Da quanto tempo era lì, all'ombra della colonna, come se si stesse nascondendo?
Si passò una mano sul viso e guardò Sigyn che si era fermata davanti a lei.
«Oh, lady Sigyn, perdonate... ero assorta» si affrettò a dire. Sentì una ciocca di capelli cominciare a cedere e tentare di liberarsi dalla presa dell'acconciatura.
«Scusate, ma stavo cercando Loki. L'ho visto arrivare, ma ero impegnata con il principe Thor» spiegò la ragazza, come se volesse giustificarsi. «È stato gentile da parte sua invitarmi a danzare, ma... io speravo... mi piacerebbe avere occasione di parlare con il principe Loki, sapete dov'è?».
Troppo tardi, dolce fanciulla.
«Loki non c'è» rispose semplicemente la donna.
Sigyn fece vagare lo sguardo verso un punto indistinto e arrossì.
«Domani immagino che mio padre vorrà lasciare il palazzo. Abbiamo approfittato fin troppo della generosa ospitalità di sua maestà» disse dopo qualche istante. «Mi piacerebbe poter parlare con Loki, prima di partire... sapete se arriverà?».
Snotra sorrise, era un sorriso triste e dolce, come la curva dello stelo di un fiore che sta per appassire.
«Loki è andato via».  
È. Andato. Via.






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Note:
Li faranno i balli di gala su Asgard? Non lo so, nella mia testa la corte di Odino è molto simile a una corte medioevale avvolta in carta stagnola dorata. (preso paura che mettessi Loki a ballare con qualcuno, eh? XD)
Nella graphic novel “Le fatiche di Loki” si parla della forgiatura del martello da parte dei nani fabbri di Svartalfheim, su commissione di Loki stesso. Nel film il martello è già nella cripta nel falshback di Thor e Loki bambini, ho voluto lasciare comunque il riferimento ai nani per il tocco “favolistico” che dà.
Sigyn si è letteralmente autoinvitata al ballo e nella storia, non era previsto che scrivessi di lei e Loki in questa raccolta, un po' perché questo episodio non lo avevo affatto immaginato così, un po' perché non mi sono mai fatta un'idea davvero mia del personaggio di Sigyn dato che il mio interesse per lei è nato con Hymeneal di Eleuthera, storia che rimane (assai meritatamente, secondo me) la più popolare del fandom.

Io voglio bene a Sif. Anche Snotra vuole bene a Sif. Non c'è un perché, è così e basta.

Nella storia che ho in mente devono succedere ancora un paio di cose e non so se staranno tutte in un solo capitolo o se dovrò dividere in due diversi episodi, quindi il prossimo potrebbe essere l'ultimo o il penultimo capitolo. Vi farò sapere.
Intanto, grazie a chiunque abbia letto, e soprattutto a chiunque non si sia lasciato scoraggiare dali aggiornamenti lentissimi.

La citazione iniziale è del brano Oceano.

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