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Autore: Misaki Kudo    25/04/2013    6 recensioni
« I trust you, Shinichi! »
Sono passati cinque anni, l'Organizzazione è stata appena sconfitta.
Shinichi è ancora intrappolato nel corpo di Conan, ormai undicenne, mentre l'antidoto per l'apotoxina non è ancora stato ultimato. Il giovane continua a vivere a casa di Ran, che non riesce più a sopportare la lontananza dell'"amico", rivedendolo negli stessi occhi di Conan.
Situazioni complicate continueranno a caratterizzare la vita del giovane Kudo, la speranza è l'ultima a morire si sa, ma l'antidoto preparato da Haibara riuscirà a sconfiggere l'APTX?
Shinichi riuscirà, finalmente, a confessarsi a Ran dopo cinque anni di bugie?
Riuscirà a dire le cose che non le ha mai detto?
•••
In una folla, in una città. Lei avrebbe sempre ricercato il suo modo di camminare, i suoi saluti sinceri, il suo sguardo che riusciva a spiazzarla. Quegli occhi di un blu così intenso da fare invidia al cielo. Quel senso di pace che solo lui riusciva a procurarle. Una strana sensazione che ultimamente, provava anche quando era con Conan. O semplicemente la provava da sempre, ma lo ignorava. Perché Conan e Shinichi non potevano essere la stessa persona, no?
[Long ShinRan♥ - Conclusa.]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'ShinRan♥: between friendship and love.//'
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;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

1.
Il ritorno di Shinichi(?)

Correva a perdifiato, senza sentire la stanchezza affaticargli i muscoli già doloranti. Lo scontro della sera prima si faceva sentire, evidenti erano i tagli e le bruciature che il ragazzino aveva sulle gambe. Ma in quel momento non poteva permettersi di rallentare, non poteva perdere altro tempo prezioso, sarebbe tornato alla sua vita. Voleva passare più tempo come Shinichi e dimenticare quello passato da Conan, doveva correre.
Passò diversi semafori rossi, non gli importava di niente e nessuno. La vita di Conan non era la sua, non l'aveva mai sentita sua. Era come se fosse intrappolato in un corpo che non voleva, che respingeva con tutto se stesso ma con cui doveva convivere. Alcuni ciuffi corvini ricadevano appiccicati sulla fronte sudata, altri si liberavano nel vento mentre cercava con tutta l'anima quel senso di libertà lontano.


«Ehi ma quello non è..sì! CONAN-KUN!»
La voce femminile risuonò forte e chiara, una ragazzina con i capelli corti fino alla spalla cominciò ad agitare forte il fragile braccio, accompagnata da altri due ragazzi che sembravano farle da guardie del corpo. Il primo era abbastanza mingherlino e pieno di lentiggini, aveva un'aria molto intelligente. L'altro al contrario era di grande stazza e con un faccione abbastanza buffo.
«Oh...ragazzi! Che ci fate qui?»
Non appena ebbe focalizzato i tre individui che lo bloccavano, pensò immediatamente che forse li avrebbe visti lì per l'ultima volta. Non sarebbe più tornato ad essere Conan, ne era certo. Gli sarebbero mancati un po' quei ragazzini scalmanati. Tra le poche cose, c'erano sicuramente loro. E i/le pranzi/cene di Ran, certo.
«Siamo stati dal Dottor Agasa! Haibara-san ci ha detto che ti stava aspettando per parlare di qualcosa...non ci ha voluto spiegare! Conan-kun, beh spero che tu non faccia niente di male ad Haibara-san, perché io ci resterei..insomma..molto male..». 
La voce di Mitsuhiko era anch'essa più adulta, ma il tono con cui parlava della piccola scienziata era sempre lo stesso. Provava quella sorta di affetto particolare nei suoi confronti, che col tempo cresceva e maturava sempre più.
 
«Ma cosa vai dicendo! Sciocchezze, devo solo parlare con il Professore..
..scusate ragazzi devo muovermi! Beh...è stato bello!
» Li salutò con la mano rivolgendo loro un sorriso accennato, quasi malinconico. Sapeva che lui li avrebbe certamente rivisti, ma sotto le spoglie di Shinichi Kudo, quel grande detective che con loro non aveva niente da condividere. 
«..Ehi Genta-kun..? Perché ci ha salutati come se fosse l'ultima volta?...»
La voce della piccola Ayumi non ricevette alcuna risposta, solo gli sguardi tristi di entrambi i suoi amici.

Continuava correre, nella mente un unico pensiero.
Immediatamente raggiunse il cancello di Villa Kudo, vi entrò fulmineo per poter riprendersi la sua identità, ma pensò che forse aveva bisogno di un cambio di vestiti da...ventenne.
Quella grande casa era sempre la stessa, la raggiungeva di tanto in tanto per raccogliere qualche informazione tra gli infiniti libri gialli di suo padre, o semplicemente quando era sopraffatto dalla nostalgia. Rivolse un ultimo sorriso da Conan ed uscì.
Non appena arrivato davanti il portone della casa del suo caro vicino, il Professor Agasa, inspirò profondamente come per incoraggiarsi ed entrò, più veloce della luce.

«Mmh, hai fatto presto.» Il sorriso sadico della scienziata accolse il giovane detective, anche lei era abbastanza cresciuta. Il suo sguardo freddo era molto più sfilato e il suo portamento ancora più femminile e riservato. Diciamo che non era poi tanto cambiata.

«Forza Haibara, non perdiamo altro tempo..devo andare da Ran e..», allungò il braccio verso di lei.
«Non così in fretta Kudo-kun, so che non vedi l'ora di precipitarti dalla tua bella ragazza dell'agenzia che sta lì da..quanto? Oh, più o meno cinque anni! Che testa dura!», continuava a sorridere sadica.
«Qui c'è l'antidoto, lascia che ti spieghi alcune cose», divenne improvvisamente seria, lo sguardo puntato su di lui, tra le mani una piccola capsula. Una meta di essa era rossa, l'altra metà era gialla. 
«Ho fatto diverse prove. Sono arrivata alla conclusione che tutto si basa su un particolare composto chimico, il suo nome è Cloruro di Sodio», il viso della ragazza cominciò a curvare un sorriso.
«Cosa..?! Cloruro di sod...cioè IL SALE DA CUCINA? Tu mi stai dicendo che siamo stati cinque anni per cercare un composto che aveva come base il sale da cucina?!», il tono del ragazzo si fece sempre più aggressivo. «Già, il cloruro di sodio è il sale dell'acido cloridrico, a temperatura ambiente si presenta come un solido cristallino incolore, il solito sapore aspro e pungente. I suoi cristalli però, hanno un reticolo cubico ai cui vertici si alternano ioni di sodio e di cloro. Questi ioni in soluzione acquosa oppure fuso, conducono l'energia elettrica. Questo principio combinato con molti altri composti scatena il restringimento dell'organismo. Più grande è l'ampiezza dell'onda elettrica, più alto sarà il rischio di restringersi. Fino a scomparire completamente, ovvio», il suo sangue freddo continuava a prevalere sempre su tutto.
«Okay, okay. Insomma in parole povere questo antidoto è definitivo, no?», la pazienza del detective ormai non c'era più. Voleva solo lasciare tutto alle spalle.
«Diciamo che dovrebbe essere, non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti, la formula chimica è stata contrastata con la giusta dose di cloruro di sodio unito all'azoto che avevamo scoperto in precedenza. Se questo antidoto non funziona è davvero finita, credi di farcela?», si voltò verso lui con tono di aperta sfida, come se lei fosse estranea dalla vicenda, come se non le interessasse nulla. 
«Devo farcela.» Quello sguardo determinato la piccola Haibara lo conosceva bene, lo guardò silenziosa per poi consegnarli tra le mani quella piccola e, apparentemente, insignificante capsula. Ma che in realtà al suo interno racchiudeva una vita, una vita di tristezze e perdite.
Shinichi, ancora nel corpo di Conan, la guardò inizialmente senza proferir parola, subito dopo senza indugiare ulteriormente la ingerì, mandandola giù con un unico sorso d'acqua. Gli affanni non si fecero aspettare, dopo appena dieci secondi cominciarono ad arrivare le prime fitte lancinanti.
Il dolore questa volta era diverso, era pari a diecimila, se non più, lame affilate. E lui di lame affilate ne aveva provate diverse, ma mai diecimila. Si accorse di non riuscire a sopportare più quel dolore e piano piano comincio a piegarsi sulle ginocchia, fino a rannicchiarsi a terra svenuto.
L'ultima cosa che vide fu lo sguardo di Haibara. Sembrava essere stranamente preoccupata, non era da lei.

Da quell'istante in poi il buio più assoluto. Si ritrovò all'interno di un enorme buco nero, il nulla si presentava sia alla sua destra che alla sua sinistra. Dopo un po' comincio a scorgere visi familiari. Dai Detective Boys al Dottor Agasa, poi ancora Heiji e Kazuha, sua madre e suo padre, Kogoro con Ran ed Eri. 
Poi ancora gli amici del FBI che l'avevano aiutato a sconfiggere i MIB poco tempo prima, quello scontro cominciò a prendere pian piano forma davanti ai suoi occhi blu. Si era ritrovato faccia a faccia con Gin, poco prima di avere il suo ultimo scontro con il loro capo. Lo sguardo gelido del suo 'assassino' lo osservava da una nuova prospettiva, quella della vittima. Esalava respiri affannosi, mentre contorcendosi si teneva il fianco ferito. Una mano insanguinata che sgorgava di sangue, un sangue che non meritava affatto di portare linfa vitale, quello di uno spietato omicida che non conosce il significato di vita, o semplicemente lo ignora.

«Tutta colpa di un moccioso...», lo sguardo gelido continuava a perforare l'anima del detective, anche essendo in fin di vita la sua tenacia continuava a resistere.
Lo trascinò verso l'auto per portarlo alla centrale, non avrebbe mai permesso che morisse.
«Provo ribrezzo ad essere salvato da un moccioso tanto presuntuoso, ribrezzo.» Gin non osava guardarlo, lo sguardo fisso sul pavimento torbido di sangue, aveva ancora la forza per controbattere.
«Non auguro la morte a nessuno, chiunque deve pagare i propri mali. Anche un lurido verme come te, deve passare il resto dei suoi giorni in cella, a piangere le sue stolte colpe. Non meriti di morire», l'aveva liquidato così, proseguendo il suo cammino che l'avrebbe portato verso l'ultima tappa.
Quell'ultima tappa che gli sembrava appannata, quasi offuscata. Non ricordava niente del suo ultimo scontro nè tanto meno chi fosse questo fantomatico capo dei MIB, era come se una parte della sua memoria fosse andata persa chissà dove, insieme alla sua esistenza forse, in quel nulla che lo circondava.
«KUDO-KUN! Svegliati!», la voce di Ai riportò il detective alla normalità.

Aprì pian piano gli occhi blu che sembravano voler restare socchiusi in eterno, lentamente si portò un braccio sul viso. Cominciò a focalizzare la sua mano, per poter constatare timoroso la sua grandezza. 
Balzò improvvisamente dal divano in direzione dello specchio, inciampando più volte. Troppa era la foga per prestare attenzione a tutto quello che gli stava davanti. Vide lo specchio appeso sul muro, proprio di fronte a lui e vi si specchiò. L'immagine che vide riflessa fu quella di un uomo, ormai più che ventenne. La barba leggera ornava la parte inferiore del mento, i lineamenti del viso più spigolosi e pronunciati, lo sguardo sottile e penetrante. Un'unica cosa sembrava essere la stessa, il colore di quei suoi occhi blu che non si erano spenti, sembravano essere anzi, più accesi di prima. Come se una nuova luce li avesse conquistati, illuminandoli di nuovo come non accadeva più da anni. Spostò lo sguardo verso le sue gambe, alte snelle e allenate. I muscoli erano sempre quelli del solito ragazzino, che passava i pomeriggi nel fango a giocare a calcio, quando tra un'indagine ed un'altra cercava un po' di sfogo personale, rincorrendo un pallone a perdifiato. 
Con l'altra mano, incredulo, si sfregò la faccia per poi emettere uno strano suono con un tono di voce adulta, tanto bassa quanto sensuale e profonda. Non poteva credere ai suoi occhi, sembrava essere un sogno.

«Bentornato, Kudo-kun...», disse la scienziata con uno sguardo che andava dal soddisfatto al malinconico.
Proprio così, Shinichi Kudo sembrava essere tornato.

Rimase ancora qualche minuto a fissare lo specchio, incredulo. Erano anni che non tornava nel suo vero corpo, aveva paura che le strane comparse e scomparse di Shinichi Kudo portassero problemi a chi gli stava intorno. Per questo motivo da più o meno cinque anni non prendeva più antidoti sperimentali. Da più o meno cinque anni non vedeva Shinichi, quello vero. Da più o meno cinque anni non vedeva Ran, davvero.

«RAN!», gli occhi gli si spalancarono improvvisamente, cominciò a correre, senza proferir parola verso la porta in direzione dell'agenzia investigativa Mouri.
Ai rimase immobile, lo sguardo impassibile ma velato da un senso di tristezza nostalgica, cercava di non trasmettere emozioni ma in quei momenti le risultava difficile farlo.

«Così finalmente potrai dirle tutto, potrai stare con lei...», era difficile, perfino per se stessa, capire il suo stato d'animo.

Continuava a correre a perdifiato, pensandoci non faceva altro da tutto il giorno. Questa volta però era tutto diverso, non solo il suo corpo era più agile e allenato ma anche il suo animo era rinvigorito.
Il suo unico pensiero fisso era Ran, l'avrebbe finalmente rivista davvero dopo tanto tempo, adesso non doveva più aver timore di rivelarle tutto, perché non sarebbe più andato via, non l'avrebbe lasciata sola incontro al suo destino. Giusto?
-Diciamo che dovrebbe essere definitivo ma non è ancora stato provato, dovremmo vedere i suoi effetti e registrare i tuoi cambiamenti, meglio non correre troppo Kudo-kun...-*
Si bloccò improvvisamente, quelle parole gli risuonarono forti e insistenti, quasi a volerlo frenare ancora una volta. Cosa era giusto fare? Aspettare ancora e continuare a mentire? Non aveva più alcun senso. L'Organizzazione era stata sconfitta, nessuno avrebbe più ostacolato la vita e la felicità di Ran.
La felicità di Ran.
Forse per quella non poteva ancora cantar vittoria. Haibara era stata abbastanza chiara e anche se non sembrava, lui aveva ascoltato ogni singola parola del suo discorso, compresa quella parte che parlava del non ritorno. Quello era l'ultimo antidoto, se fosse tornato ad essere Conan, lo sarebbe stato per sempre.
E Ran? Cosa poteva fare Ran? Lui la conosceva, forse troppo bene. Sapeva benissimo che sarebbe rimasta con lui anche in quelle condizioni, che si sarebbe privata della sua felicità per poter stare con qualcuno che non le avrebbe potuto dare niente, nessuna forma di affetto. Shinichi non poteva farlo, non sotto forma di Conan. Prese quindi un'altra decisione, forse la seconda più dura di tutta la sua vita.

Mentirle ancora, forse per un'ultima volta.

Si fece coraggio e bussò alla porta dell'agenzia, sentiva i passi chiari di Ran. Il suo passo lento si apprestava a raggiungerlo, non sapeva come l'avrebbe accolto. Conoscendola le possibilità erano due, poteva scoppiare a piangere a dirotto o semplicemente stenderlo con un colpo di karate. Non riusciva a decidere quale preferisse tra le due, erano le due cose che più odiava al mondo, difficile ammetterlo. Si sfregò i ciuffi corvini velocemente, un'ultima volta prima di abbassare lo sguardo per prendere coraggio.
La porta si aprì lentamente. 

«Ciao Ran, sono tornato...»
Gli occhi blu-indaco della ragazza si spalancarono, ogni forma di senso si spense, la voce flebile non trovava il coraggio di uscire e anche se in realtà avrebbe voluto gridare, quello che ne uscì fu un sussurro leggero.
«Shi....Shinichi.»


 
 



 
 

 

*Le parti in grassetto e corsivo insieme sono dei pensieri del protagonista rguardo flashback sui dialoghi vari. 
Il corsivo soltanto sottolinea le parole chiave e i pensieri.

 

____________________________


Salve a tuttiiiiiii! :D Sono da poco tornata dalla gita e come promesso ecco a voi il primo vero capitolo,
lo so che fin qui sembra tutto normale e che può risultare anche abbastanza noioso ma vi assicuro che ci saranno parecchi colpi di scena!
Mi diverto un sacco a creare queste situazioni impossibili, mi devo mantenere un tantino xD
Comuuuuuuuunque che ne pensate? Spero di aver caratterizzato tutto al meglio, so che sono parecchio Angst ma adoro questo genere u.u
Vi ringrazio tantissimo per aver recensito così numerosi e per aver inserito la storia nelle seguite/ricordate!
Grazie anche a chi legge soltanto! :D
Al prossimo aggiornamento :*

Misa
   
 
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