Capitolo XXIX
A Love Affair: First Part
Il viaggio, almeno secondo Aura, era
durato meno del solito; ora la dampyr si trovava assieme alla zia, che per un
motivo a lei ignoto era allegra, a casa di quest’ultima, come di consueto. Una
volta entrate, Angela non disse nulla e si diresse al secondo piano per lasciare
le valigie di Aura, mentre quest’ultima, d’abitudine, si recò in salotto, dove
trovò suo zio intento nel controllare la canna del fucile da caccia.
«È uno nuovo?» chiese Aura a Simon.
L’uomo interruppe quello che stava
facendo e si voltò verso di lei. «No, è sempre lo stesso, quello che uso sia
per la caccia normale che per quella…».
«Sì, sì, ho capito!» si affrettò a dire
Aura. Non voleva che suo zio iniziasse a parlare di quando abbatteva i
cinghiali, i piccioni o quelli che erano, tanto meno quando freddava i Level E.
Per non parlare di quando, di tanto in tanto, le mostrava lo “stanzino degli
orrori”, una piccola stanza dove teneva tutto il suo arsenale e tutti i suoi
trofei di caccia: teste impagliate di cinghiali e tavolette con le zanne dei
suddetti posizionate per rendere il tutto una qualche opera d’arte tribale.
«Ho sentito che tuo fratello è stato
condannato» iniziò Simon, cambiando del tutto il discorso. «e ho anche sentito
che hai un ragazzo…» concluse,
mettendo in risalto l’ultima parola.
Aura chiuse una mano a pugno. «Sì,
Zephyr è stato condannato e ha vinto trecento anni da passare con la famiglia
di Rossana. Ma l’ultima cosa che hai sentito è errata: l’uccellino che te l’ha
detto ha sbagliato, e nemmeno poco». “Zia
Angela non ha capito nulla”, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.
Simon sorrise e diede una rapida
occhiata al fucile, in una maniera che fece accapponare la pelle ad Aura, poi
disse: «Quel vampiro-vampire hunter che tua zia ha difeso l’ultima volta…».
«Kiryu Zero».
«Sì, esatto, proprio lui. Come sta?».
«Perché questa domanda?» chiese Aura
con un sopracciglio inarcato. «Ma, soprattutto, perché tutto questo interesse
nei suoi confronti?».
Simon fece per risponderle, ma fu
qualcun altro a farlo: «La risposta è semplice: perché la sua famiglia è
piuttosto importante e nota fra i vampire hunters, nonostante lui ora sia un
vampiro prossimo a divenire un Level E – se qualcosa non sarà fatto – e, forse,
l’ultimo della sua famiglia» disse Angela, appoggiata con la schiena allo
stipite della porta aperta.
Aura, col giramento di pianeti che
aveva, si voltò furiosa verso la zia, anche se sul viso aveva un’espressione
fredda, che aveva poco a che fare con la rabbia che aveva.
«Hai la stessa ghigna di tuo padre in
questo momento, lo sai?» esclamò Angela, canzonandola.
«Non m’interessa» replicò fredda lei.
«Spiegami cosa vuoi, zia. Ora».
Angela si staccò dalla porta e si
sedette sulla poltrona accanto a quella del marito, e le disse: «Non voglio
nulla, dico solo che Zero è un buon partito, oltre ad essere un bel ragazzo. Se
avessi una ventina d’anni in meno, mi occuperei io di lui…».
Aura si passò una mano sulla faccia per
quanto sentito e non replicò, dopodiché si recò in camera sua come un fulmine,
irritata dall’atteggiamento della zia: sapeva che era fatta così, ma a volte la
irritava, soprattutto quando esercitava pressione su di lei a quel modo.
Per cercare di calmarsi, si buttò sul
letto, levandosi le scarpe e distendendo le gambe e mettendo le mani dietro la
nuca. Una posizione non molto femminile, ma questo era un mero dettaglio.
Stette così per alcuni minuti con la fronte aggrottata, ma ben presto le venne
a noia e si mise su un lato, voltandosi verso la parete, iniziando a fissarla.
Il ticchettio dell’orologio, situato sul
comodino accanto al letto, era l’unica cosa che sentiva, ma, se si concentrava,
riusciva a ad udire anche dei mormorii sommessi, sicuramente i suoi zii che
parlavano fra di loro. Non afferrava quello che dicevano e nemmeno le
interessava, ma la curiosità c’era, così come la stanchezza per il viaggio,
anche se aveva dormito per tutto il tempo.
“Di
sicuro staranno parlando di me o Zero, o di entrambi. Oppure di qualche affare
come vampire hunters, oppure… No, non lo so. Mi arrendo” fu il suo pensiero finale. Dopodiché,
si voltò dall’altra parte e mise la testa sul cuscino, che aveva ignorato fino
a quel momento, e chiuse gli occhi. Qualche ora dopo, Angela provò a svegliarla
per la cena, ma non vi fu nulla da fare: una volta addormentata, niente e nessuno
avrebbe potuto svegliarla.
Il giorno dopo, col sole ormai sorto da
un pezzo, Aura si svegliò, accorgendosi solo in quel momento di esser crollata
con indosso gli abiti con cui era partita anziché il pigiama, e di aver saltato
la cena; a dimostrare tale fatto ci pensò il brontolio che venne emesso dal suo
povero stomaco vuoto.
«Forse» disse fra sé e sé «sarebbe il
caso di mangiare qualcosa».
Si alzò dal letto, s’infilò le scarpe e
si diresse al piano di sotto; passò davanti al salotto e la fame andò via
grazie al nodo che le era appena venuto allo stomaco.
«La dampyr dormigliona si è svegliata.
Era ora» disse un annoiato Alexander, seduto sul divano di fronte ad Angela,
che si trovava seduta su una delle due poltrone.
Aura lo guardò di traverso e poi guardò
la zia, che aveva lo sguardo fisso su un foglio che stava tenendo in mano.
«Cosa ci fa qui uno come te?» chiese ad
Alexander, con un tono che di gentile non aveva nulla.
Lui la guardò dall’alto in basso seccato,
prima di risponderle: «Ho solo consegnato alcune scartoffie a tua zia da parte
della Vampire Hunters Association, che richiedevano la sua attenzione. Roba che
non ti riguarda e che non ti deve interessare, in poche parole».
«Infatti non m’interessa» replicò lei infastidita.
«Quello che ti ho chiesto era cosa ci facessi tu qui. Sai, onestamente, trovarmi
una piaga in mezzo alle scatole di prima mattina non mi rende molto allegra».
«Ehi, voi due, se dovete pestarvi a
parole, andate a farlo in un’altra stanza. Ho da fare e non voglio essere disturbata,
chiaro?» disse loro Angela, fredda, sempre con gli occhi immersi nel foglio che
aveva tra le mani.
Sia Aura sia Alexander sbuffarono e si
allontanarono dal salotto, recandosi nel corridoio, dove – lo speravano –, non
avrebbero dato noia. E fu in quel momento che Alexander si ricordò di una
richiesta di Rossana. Da quando aveva portato il fratello della dampyr a casa,
tutto era cambiato e questo non lo rendeva molto contento.
«Ascolta, dampyr, Rossana aveva
intenzione di chiamarti – il motivo non lo so –, quindi, non appena tua zia
avrà finito con quelle carte, verrai con me e ti porterò da lei. Hai capito?»
disse Alexander alquanto irritato. Purtroppo sapeva che, anche se la dampyr non
l’avrebbe portata lui, sarebbe venuta lo stesso, quindi tanto valeva
sacrificarsi.
Aura annuì, in segno d’aver capito, ma
si permise di dirgli una cosa: «Dovresti, anzi devi smettere di chiamarmi
“dampyr”. Ho un nome e un cognome, per tua informazione, e sarebbe anche il
caso d’imparare ad usarli».
Aura fece per andarsene, ma Alexander
le bloccò il passaggio mettendo una mano sulla parete dietro di lei, accanto
alla sua testa.
«Modera i toni, sottospecie di vampiro.
Stai parlando con uno che potrebbe eliminarti seduta stante e senza scrupoli».
«Primo: non sono un vampiro; secondo:
modera tu i termini, umano gonfiato come un pallone; e terzo: riusciresti
davvero ad eliminarmi qui, ora?» ribatté seria Aura.
Alexander le afferrò la mandibola e la
strinse forte, costringendola ad aprire la bocca. «Vedi?» disse con un
sopracciglio inarcato. «Dici di non essere un succhiasangue, ma hai i loro
stessi denti». La liberò dalla sua presa
e tolse la mano dalla parete. «Non ti elimino qui solo per evitare problemi con
tua zia e mia sorella, che ti sta aspettando».
«Vigliacco…».
Un lampo d’ira passò negli occhi verdi
di Alexander, facendo venire la pelle d’oca ad Aura.
«Non tentarmi: il passo tra il prendere
la pistola e sparati è breve».
Alexander lasciò Aura lì dov’era, nel
corridoio e con le spalle incollate alla parete, e andò a vedere a che punto
fosse Angela con le carte che le aveva portato dalla Vampire Hunters
Association, trovandola intenta a scrivere su quella che sembrava un’agenda.
La donna, resasi conto della presenza
dell’hunter dai capelli rossi, smise di scrivere e sollevò lo sguardo e lo
puntò verso di lui. «Sì, ho finito con le carte» gli disse, battendolo sul
tempo. «Quindi puoi anche andare, e grazie per averle portate».
«Ho semplicemente portato a termine
quello che dovevo fare, tutto qui. Però, ora, se posso, vorrei rubarvi qualche
attimo».
«Dica».
«Rossana, mia sorella, vorrebbe che
vostra nipote venisse a casa nostra, anche se non so quale motivo vi sia dietro
questa richiesta» disse Alexander, sentendosi più leggero, come se gli avessero
appena tolto un peso dallo stomaco.
Angela lo squadrò, come se fosse alla
ricerca di qualcosa che facesse presagire un altro scopo dietro quella semplice
richiesta, ma alla fine acconsentì, a patto che Aura tornasse la sera stessa:
non si fidava a lasciarla dormire dai Crowe, soprattutto ora che erano in
tensione grazie alla presenza di Zephyr.
E fu così che Aura si ritrovò
schiaffata dentro la macchina di Alexander, con la cintura di sicurezza
talmente stretta da farle quasi mozzare il fiato: si vedeva che Alexander non si
sentiva tranquillo con lei accanto.
Per tutto il tragitto fu una battaglia
tra i polmoni, la cassa toracica e la cintura, senza dimenticare l’atmosfera
pesante che aleggiava all’interno della vettura; Aura non ebbe nemmeno la forza
per guardare fuori dal finestrino.
Una volta arrivata a destinazione, per
poco non rimase chiusa nella macchina, visto che Alexander era sceso senza
preoccuparsi minimamente di lei; ma non gli disse nulla al riguardo, dato che
non voleva rischiare di finire appiccicata al cofano della macchina con una
pistola puntata alla tempia. Ora come ora, sapeva che Alexander avrebbe potuto
fare una cosa del genere, data la situazione e il suo stato mentale.
Aura seguì Alexander lungo tutto il
viale di ghiaia e, con sua immensa sorpresa e gioia, fu Rossana ad aprire la
porta: Thomas era fuori per questioni da vampire hunter, mentre Zephyr era
intento a lucidare il pavimento del salone.
«Vedo che sei tutta intera, nana»
esclamò Rossana. «Pensavo che l’idiota» guardò rapidamente il fratello «ne
avesse approfittato per eliminarti o farti qualcosa».
Aura scosse la testa e sospirò. «Mi
dispiace per il tuo piacere sadico, ma sono illesa, anche se me la sono vista
brutta con la cintura di sicurezza della macchina».
«Con quei due airbag che ti ritrovi e
la tua bassezza, immagino quanto sia stata dura sopportare la cintura…» ghignò
Rossana.
Alexander sbuffò pesantemente, mentre
Aura insultava l’amica, e scostò le due, entrando dentro; le ragazze ignorarono
tale comportamento e fecero altrettanto, per poi recarsi nella camera di
Rossana.
«Non ho visto mio fratello… strano.
Pensavo che si sarebbe fatto vedere, conoscendolo» disse Aura, seduta su una
sedia che aveva avvicinato al letto, sul quale Rossana stava appollaiata.
«Zephyr starà ancora lucidando il pavimento
del salotto, a quest’ora… Non è molto piccola come stanza, sai. Ah, e
probabilmente Alexander lo starà tenendo d’occhio, conoscendolo. Non gli dà
tregua» rispose Rossana.
Aura portò una mano chiusa a pugno
sulla bocca e vi si poggiò contro, in quella che sembrava essere una posa
pensierosa; poi chiese: «Senti, qual è il motivo per cui volevi così ardentemente che venissi? So già a
prescindere che ha a che fare con mio fratello… Cos’ha fatto questa volta?».
«Ecco…» iniziò Rossana, dando il via ad
un racconto che fece assumere varie tonalità di colore ed espressioni facciali
ad Aura, la quale non ritenne la situazione poi così grave come la pensava
Rossana. «E questo è quanto» concluse Rossana, imbarazzata ma con una
sensazione di tranquillità. Il parlarne con qualcuno che l’avrebbe ascoltata e
che le avrebbe dato una possibile spiegazione le aveva fatto bene, alla fine.
«Io dico che mio fratello – per quanto
incredibile possa essere, dato che è un vampiro – ha una cotta per te» proferì
Aura.
Rossana trovò quest’affermazione
dell’amica alquanto divertente, e le rise in faccia. «Non “può essere”
impossibile: lo è! Per i vampiri, soprattutto per quelli con un carattere come
quello di Zephyr, gli esseri umani sono solo dei passatempi, dei giocattoli,
qualcosa che getteranno via non appena non la troveranno più interessante,
insomma».
«Mi sembra strano, molto. Non vedo il
perché avrebbe dovuto baciarti più di una volta per vendicarsi o giocare con
te. E, comunque, vorrei ricordati che, nonostante sia un vampiro, è uno molto
giovane, dato i suoi soli sedici anni. Tienilo a mente» ribatté Aura, che
continuava a rimanere della sua opinione: suo fratello Zephyr era decisamente
interessato all’amica.
«Giovane o no, continuo a vederla e
pensarla come ti ho appena detto» borbottò Rossana, con le braccia incrociate
sul petto.
Aura scosse la testa e scrollò le
spalle, conscia del fatto che Rossana per il momento sarebbe rimasta della sua
idea, e si diresse in cucina per andare a prendere un bicchiere d’acqua,
trovandovi, con sua sorpresa, proprio l’oggetto della discussione tra lei e
Rossana.
«Ehi, fratello idiota, si può sapere
cosa stai combinando a Sana?» esclamò, facendo sussultare Zephyr, che si voltò
verso di lei con un’espressione di sorpresa stampata in faccia, prontamente
sostituita da una affranta.
«Perché anche mia sorella mi tratta
peggio dei cani? Non mi bastavano quei due Crowe patiti della caccia al vampiro
a farmi soffrire abbastanza?».
«Guarda che te la sei cercata, da
quando hai voluto fare il furbo laggiù alla Cross Academy» ribatté Aura,
avvicinandosi a lui con le mani sui fianchi. Ora che gli era più vicina, si
rese conto che era diventato più alto di lei, anche se lo era già prima.
«Non è vero! Se solo voi non aveste
riacquisito la memoria, tutto sarebbe andato come avevo progettato!» rispose
Zephyr.
«E perché coinvolgere un innocente come
Zero, allora? So che il tuo obiettivo era solo ed unicamente Rossana, ma questo
non ti autorizzava a coinvolgere altri».
Zephyr volse lo sguardo di lato,
camuffando il suo stato d’imbarazzo. «Beh, ho coinvolto anche Kiryu perché…
perché…».
«Aspetta». Aura puntò un dito contro di
lui. «Non dirmi che in realtà ti piace Zero!» esclamò, facendo scattare il
fratello come una molla, che la guardò irritato.
«Idiota, non sono interessato a lui!
Almeno non per quanto riguarda quello che dici tu…».
Aura incrociò le braccia sul petto ed
iniziò a battere il pavimento con un piede, spazientita; suo fratello era
passato dal parlare di Rossana al parlare di Zero, due persone che non
sembravano essere minimamente collegati l’una all’altro, se escludeva l’essere
vampire hunters. «Senti, vedi di sputare fuori il rospo su entrambe le
questioni, così ci togliamo il pensiero».
Zephyr sospirò e si mise una mano fra i
capelli, scompigliandoli. «Ho coinvolto anche Kiryu perché mi dava fastidio l’interesse che provava nei tuoi
confronti; speravo che, se fosse stato condannato, sarebbe andato lontano dalla
mia sorellina».
«Guarda che sono io quella più grande,
vorrei ricordartelo» lo corresse Aura imbronciata.
«Invece, per quanto riguarda Rossana…
non lo so. Però, io…» inspirò, anche se non ne avesse bisogno. «Io la voglio. E
non voglio limitarmi al semplice morso, ma di più!» esclamò, rendendo ben
palese cosa desiderasse.
In quel momento, Aura capì che la
situazione andava ben oltre quello che immaginava. «Senti, Sana è una vampire
hunter, e tu sei un vampiro: siete nemici a prescindere, almeno agli occhi
degli estranei. E poi cosa intendi con “Io la voglio”? Lo sai che non starà mai
con te» disse, accorgendosi che il fratello adesso stava ghignando.
«Oh, sorella mia, sul fatto che lei non
starà mai con me, lasciami dire che ti sbagli di grosso: lei mi desidera.
Eccome se mi desidera. Dovevi sentire come le ribolliva il sangue nelle vene,
quando l’ho baciata».
Aura strinse gli occhi e scrutò con
attenzione il fratello, che la imitò per puro divertimento. Provò ad
immedesimarsi in lui e si rese conto che, forse, avrebbe fatto e reagito allo
stesso modo; inoltre, capì che Zephyr non le aveva mentito affatto, anche se
non poteva leggere nel pensiero né percepire emozioni come un vampiro vero e
proprio.
Se ne andò dalla cucina, lasciando il
fratello perplesso per il suo gesto, e tornò nella camera di Rossana, trovando
quest’ultima così come l’aveva lasciata, anche se alzò il suo sguardo verso di
lei quando la sentì entrare.
«Per metterci tutto questo tempo in
cucina, devo dedurre che tu ti sia bevuta una damigiana d’acqua, al posto di un
bicchiere…» disse Rossana ironica.
«Se avessi bevuto così tanto, pensi che
sarei venuta qui in camera tua, invece che andare dritta dritta in bagno?»
ribatté Aura, altrettanto ironica.
Un breve pausa di silenzio venne dopo
le loro battute amichevoli, rotta soltanto dallo scrocchiare del polso sinistro
di Aura, che aveva ceduto al bisogno di farlo roteare. Alla fine inspirò e
raccontò a Rossana quanto si erano detti lei e Zephyr, chiedendole infine
spiegazioni, qualche volta sapesse qualcosa in più. Quando vide Rossana
diventare di un rosso intenso, sentì una vena pulsarle sulla fronte, come se
stesse ballando, e a quel punto si mise a sperare che Zephyr si fosse inventato
tutto: rifiutava di vedere e credere alla verità, che oramai era di fronte a
lei in maniera più che evidente.
Un sospiro bello profondo di Rossana,
che racchiudeva molti significati, la fece preoccupare e mettere da parte,
almeno per il momento, la sua resistenza nei confronti della verità. Fece per
dire qualcosa, quando la porta della camera venne spalancata all’improvviso,
rivelando un Alexander ancor più irritato di prima, che disse: «Se avete finito
di blaterare sulle farfalle, i fiorellini, le bambole e quant’altro, allora
posso riportare la dampyr dalla zia, prima che telefoni per sapere se la nipote è ancora viva ed illesa».
Le due ragazze lo guardarono di sbieco,
facendolo pentire di aver aperto bocca, ma non si lasciò turbare e con
malagrazia afferrò Aura per un polso, trascinandola via dalla camera di Rossana
e in seguito dalla casa stessa, per arrivare infine alla sua macchina, dove la
dampyr dovette fare di nuovo i conti con la cintura di sicurezza.
Mentre guidava, Alexander ebbe
l’impressione che ci fosse qualcosa fuori posto, ma se ne rese conto solo una
volta che arrivò davanti alla casa di Angela: aveva toccato involontariamente
la dampyr.
Quattro giorni dopo la chiacchierata
tra Aura e Rossana, nel primo pomeriggio il telefono a casa di Angela e Simon
squillò. A rispondere ci pensò Angela, la quale, una volta messa la cornetta a
posto, aveva la bocca semi spalancata dalla sorpresa ed era impallidita.
Aura, che l’aveva sentita parlottare,
scese le scale del primo piano e si affacciò per vedere se sua zia non fosse
diventata matta all’improvviso; vedendola impalata davanti al telefono, credette
veramente che fosse impazzita, ma dovette ricredersi quando Angela si voltò
verso di lei.
«Vestiti, ché tra poco usciamo» le
disse, tesa come non mai.
«Perché? E dove andiamo, scusa?».
«Andiamo dai Crowe. Il motivo lo saprai
una volta che saremo da loro».
Aura guardò confusa la zia per un
attimo e tornò al piano di sopra, in camera sua, dove si tolse il pigiama e
indossò una maglietta nera a maniche lunghe, un paio di jeans blu scuro ed un
paio di scarpe da ginnastica bianche; poi scese di nuovo e si sedette sul
divano nel salotto, accanto alla zia.
«Non appena arriva Simon, partiamo
immediatamente» le comunicò Angela.
«Come mai tutta questa fretta ed ansia?
Sembra che la casa di Rossana sia in preda alle fiamme, a giudicare dal tuo
comportamento!» esclamò lei.
Angela sospirò e si mise una mano sulla
faccia, coprendo la parte destra. «Ti dico solo che si tratta di tuo fratello».
Zephyr.
Aura non riusciva a credere che il
fratello avesse potuto far qualcosa da mettere in allarme sua zia e da ricevere
una telefonata riguardo lui. Cos’aveva fatto questa volta? Per caso era
coinvolta anche Rossana o qualche altro membro della sua famiglia? E perché suo
zio ci stava mettendo un secolo ad arrivare?
Più agitata che mai, Aura si adagiò con
la schiena al tessuto morbido del divano, e si lasciò scappare un sospiro.
Chiuse gli occhi e li tenne così per qualche minuto, poi li riaprì e si piegò
in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia ed iniziando a muovere
nervosamente la gamba destra. L’attendere Simon la stava facendo agitare ed
innervosire ancora di più.
Quando sentì la porta d’ingresso
aprirsi, scattò in piedi come punta da uno spillo, esattamente come sua zia,
che andò in contro al marito e lo riprese per aver fatto tardi, obbligandolo a
lasciare il fucile e tutto quel che aveva con sé in corridoio e a salire in
macchina subito, senza dargli la possibilità di cambiarsi né di darsi una
rinfrescata.
Fu così che i tre salirono in macchina,
con uno scombussolato Simon alla guida, e si recarono a casa dei Crowe.
Appena arrivati, Angela si fiondò fuori
dal veicolo e con passo spedito andò all’ingresso dell’abitazione, suonando il
campanello e senza attendere l’arrivo di Aura e Simon, in particolar modo di
quest’ultimo. Quando tutti e tre furono davanti alla porta, la suddetta si
aprì, rivelando Thomas Crowe, che li condusse nel salotto, dove li fece
accomodare.
Mentre Angela e Thomas ebbero un breve
scambio di battute, Aura e Simon tacevano, limitandosi solo ad ascoltare quanto
veniva detto. Poco dopo Alexander si unì a loro, esattamente qualche istante
prima che Rossana e Zephyr entrassero in scena.
Aura, alla vista dei due mano nella
mano, rischiò di soffocarsi col tè che le era andato di traverso, e si riprese solo grazie al pronto ed
involontario intervento di Alexander, che le aveva dato qualche pacca sulla
schiena.
«Q-Quindi» riuscì a formulare Aura. «è
proprio vero?».
«Sì, Aura» le rispose Zephyr. «Adesso,
io e Rossana siamo uniti» strinse ancora di più la mano di Rossana.
Thomas guardò prima Aura e poi l’altro
e in seguito prese la parola, portando l’attenzione di tutti sulla questione
che gli premeva molto: «Angela, Simon, vi ho chiamati qui perché siete gli
unici che conosco per arrivare a Vincent
Thanatos».
«Perché volete incontrare mio cognato?»
chiese Angela sorpresa e preoccupata, sentite quelle parole.
«È semplice: perché vostro nipote e mia
figlia si sono legati l’uno all’altra. Tralasciando quanto di, diciamo, fisico
è accaduto, vostro nipote si è spinto oltre ed ha marchiato Rossana, segno che
la indica come sua compagna. Vorrei parlare di questo col padre del vampiro…
Sapete, vero, cosa succede quando un vampiro lascia l’umano che ha marchiato?».
Angela sospirò e si massaggiò le
tempie. «Sì, lo sappiamo» rispose. «L’umano marchiato morirebbe dal dolore» si
voltò verso Zephyr. «Perché l’hai fatto? Sei, anzi siete giovani! Tuo padre, prima di compiere tale gesto, ha
aspettato sette anni e la nascita di Aura!».
«Zia» disse serio Zephyr, guardando
negli occhi Angela. «Dovevo farlo. L’ho sentito dentro. Dopo quello che è
successo, non avrei permesso che Rossana si allontanasse da me. Lei è mia»
concluse stringendo di più a sé Rossana, che divenne dello stesso colore dei
suoi capelli.
«Angela» disse Rossana, ripreso il suo
colorito normale. «lo sapete quanto io e la mia famiglia odiamo i vampiri, ma
Aura e Zephyr mi hanno fatto cambiare idea. E non solo loro».
«Ma, scusami un attimo, quando hai
capito che ti piaceva mio fratello?» intervenne Aura.
Rossana guardò di lato, posando il suo
sguardo sulla porta, e disse: «A dire la verità, l’ho trovato figo fin dal
primo momento in cui l’ho visto uscire dalla bara».
Aura si passò una mano sulla faccia,
esasperata, e sospirò. «Adesso capisco il perché tu abbia proposto i trecento
anni di “servizio” in casa tua!».
Thomas si schiarì la gola ed attirò
l’attenzione di tutti su di sé, visto che la conversazione aveva preso una
piega leggermente diversa dall’originale. «Vorrei chiedervi» si rivolse ad
Angela e Simon, in particolar modo a quest’ultima. «se siete disposti a
contattare Vincent Thanatos».
I due chiamati in causa annuirono. Non
avevano poi molta altra scelta, alla fine. In quel momento, però, sia Aura che
Zephyr divennero ancora più pallidi di quanto fossero: la prima perché non
aveva mai conosciuto né visto di persona il padre; il secondo per il motivo
opposto.
Giunti ad un accordo, Angela e Simon
decisero che era il momento di tornare a casa, visto che dovevano chiamare
Vincent e mettersi d’accordo; e fu così che, dopo aver salutato Zephyr e gli
altri, si permisero di ringraziare, nonostante le proteste di Aura, Thomas ed
Alexander per il loro sforzo di lasciare in vita Zephyr. Dopodiché si misero in
macchina e tornarono a casa loro.
«Non mi sarei mai aspettata che Zephyr
potesse legarsi a Rossana e che lei accettasse, soprattutto dopo quello che le
aveva fatto» disse Angela sospirando, durante il tragitto.
«Sospettavo che quell’idiota di mio
fratello fosse attratto da lei. Si vedeva da come la guardava, sai?» disse
atona Aura.
«Davvero?» chiese Angela sorpresa.
«Sì. Se Rossana parlava per troppo
tempo con un ragazzo qualsiasi o con Zero quando si trattava di affari da
vampire hunters, la guardava male» rispose Aura, con lo sguardo fisso fuori dal
finestrino, come di sua abitudine.
«Beh, faceva così perché era geloso, e
probabilmente continuerà a farlo. Comunque, qualsiasi essere di sesso maschile
sarebbe geloso, se Zero fosse il suo rivale in amore. Dopotutto è proprio un
bel ragazzo, vero, Aura?» la stuzzicò la zia, sghignazzando.
«Zia, falla finita. Ho altro a cui
pensare, ora» replicò fredda Aura, ponendo fine al discorso, nell’esatto
momento in cui Simon stava parcheggiando l’auto nel garage. Aura doveva ancora
assimilare e digerire tutto quel che era successo durante la giornata, senza
dimenticare la frecciatina della zia riguardo Zero e il futuro incontro con suo
padre, anche se sapeva che, se sarebbe venuto, lo avrebbe fatto solo per Zephyr
e la sua compagna, non per lei.
Sì, sono in ritardo di ben due mesi, lo
so… Però, per compensare, questo capitolo è bello lungo! U.U Spero che non sia
risultato noioso, visto che non compare nessuno di VK a parte qualche nome…
Ah, già che ci sono, ne approfitto per
dirvi che il prossimo capitolo arriverà sicuramente verso la fine di Maggio-inizio
di Giugno, perché avrò molto da fare e, di conseguenza, non avrò tempo da
dedicare alla fic…
Bene, detto questo, vi saluto e ci si
rivede al prossimo capitolo!
Yuna.