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Autore: Dimeck    26/04/2013    1 recensioni
Alzheimer, una malattia che può far tornare molti ricordi, o meglio, li fa perdere, ma questi dove vanno a finire?
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una mattina come tante, anche se Jordan che di solito era molto preciso era un pochino in ritardo. Prese la caffettiera e cominciò a preparare il caffè. Mentre aspettava che finisse di bollire prese il giornale e lesse parte della prima pagina finchè sua madre non entrò in tempo per salvare il caffè e il suo adorato pavimento.-Jordan! Cosa diavolo ti è venuto in mente?- gli urlò sua madre in faccia.
Jordie sentì un forte fischio nelle orecchie poi si guardò intorno disorientato.
-Jordie, ti senti bene?- gli chiese sua madre con più calma.
-Si, sto bene.- le rispose Jordie, che si sentiva come se si fosse appena svegliato da un sogno molto vivido.
-Allora perché stavi preparando il caffè, leggendo il giornale e… ohmioddio, caricando la pipa di tuo nonno?-
Jordie abbassò lo sguardo e in effetti le prove del delitto erano nelle sue mani.
-Io… me l’ha chiesto il nonno.- si giustificò il ragazzo.
-Ma se non si è nemmeno alzato.- ribattè la madre.
Si sentirono passi pesanti provenire dalle scale e dopo qualche secondo e non poche animazioni, si vide spuntare la magra figura di Jordan Clark Senior che reclamava a gran voce la sua pipa.
-Te l’avevo detto mà,! Io scappo e vado a scuola.- Jordie prese al volo lo zaino e si allontanò in fretta e furia prima che qualcuno gli facesse altre domande.
La scuola non era molto distante e ci mise circa dieci minuti prima di arrivare al deprimente e pericolante edificio grigio.
Salì nella sua classe ancor più grigia e deprimente per assistere alla prima ora di lezione.
Nel bel mezzo della spiegazione di storia Jordie sentì di nuovo quello strano fischio nelle orecchie e si guardò intorno disorientato.
Non riconosceva quei visi che  ormai vedeva tutti i giorni da  5 o 6 anni.
E poi di cosa stava blaterando quel tipo pelato laggiù?
Qualcosa a proposito di un attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Ma erano nel 1938 e lui aveva 14 anni e doveva andare a prendere la posta. Si alzò rumorosamente dal banco ignorando i richiami del pelatone. Scese le scale, ora riconosceva la sua vecchia scuola, probabilmente aveva solo immaginato quella assurda lezione. Si sedette su un gradino guardando Simon correre verso di lui, eppure era convinto che Simon avesse i capelli neri, eppure questo ce li aveva biondi.
-Ehi Jordie Clark, che ci fai qui?- gli chiese Simon.
Jordie sent’ di nuovo quel fastidioso fischio nelle orecchi.
-Ehi Alex, come butta?- chiese al ragazzo biondo.
-Tutto bene Jordie, ma come mai sei qui nell’atrio?.-
-Io… io sono in ritardo!-
-Sì, in ritardo di 45 minuti, roba da niente giusto?- disse Alex – Per me dovresti seriamente prendere in considerazione l’ipotesi di un troll con la massa ferrata che ti picchia mentre dormi.-
-Per me sei tu che mi picchi mentro dormo!- Rise Jordie –Io corro in classe, prima che Johnson mi fucili.- Jordie salì di corsa il primo piano di scale e si infilò nel bagno ed entrò nella cabina water. Non riusciva a capire, era uscito quasi in orario, era arrivato in classe e poi si era ritrovato nell’trio con 45 minuti di ritardo. Per non parlare della pipa e della caffè quella mattina.
Si decise a tornare in classe, anche se sarebbe rimasto volentieri là dentro, dove il tempo sembrava immobile.
Per fortuna erano passati solo 10 minuti e Johnson era stato fermato prima che potesse chiamare la preside.
Jordie si giustificò dicendo che si era sentito male e il professore gli lasciò solo una nota sul diario.
Niente di che, era diventato piuttosto abile a falsificare le firme.
Finì la prima ora di lezione e poi finì anche la seconda e alla fine suonò anche l’ultima campanella e Jordie potè tornare a casa.
Le sue giornate erano sempre noiose e uguali. Scuola, casa, compiti, letto. Quei vuoti di memoria erano la cosa più eccitante accaduta nel giro di settimane.
Quando arrivò a casa non c’era ancora nessuno. O meglio, c’era solo suo nonno, ma lui non contava, perché se ne stava nella sua camera a dormire per la maggior parte del tempo.
Jordie prese i suoi libri e li mise sul tavolo della cucina e aspettò suo nonno, che regolare come un orologio, sarebbe venuto a salutarlo di lì a momenti.
I passi pesanti e le regolari animazioni annunciarono la sua presenza.
-Come va ragazzo?.- gli chiese.
-Bene- rispose Jordie.
-Cosa studi?-
-Storia-
-C’è qualche problema Jordie?-
-Parlami di Simon.-
-Simon chi?-
-Simon, il tuo vecchio amico.-
-Non ricordo bene, forse Simon Jackson. Lo conoscevo quando avevo 14 anni, come te. Ricordo solo che tutti nel paese lo chiamavano Fuliggine, per i capelli neri.-
Il nonno si allontanò cercando di ricordare qualcos’altro su quel “Simon Jackson”.
Jordie rassegnato cominciò a fare i compiti.
Gli sembrava tutto così inutile, cosa gliene importava a lui se uno stupido pazzo aveva fatto esplodere due stupidissime torri? Nulla, assolutamente nulla.
Sentì per l’ennesima volta quel maledetto fischio nelle orecchie e si rese conto di dover chiarire immediatamente qualche questione con Emily, la sua fidanzata, l’aveva vista farsela con Simon e voleva farla vedere ad entrambi. Prese un coltello da un cassetto della cucina mentre un vecchio gli intimidava di fermarsi. Ma nessuno poteva fermare la furia omicida di Jordan Clark in quel momento.
Trovò Emily e Simon in un campo fuori città che pomiciavano beatamente.
Non smisero neanche quando lui si avvicinò. Anzi, Simon addirittura lo salutò con la mano.
Jordie non ricambiò il saluto e si fermò a fissarlo per qualche istante.
Perché Fuliggine aveva i capelli biondi?
O meglio, sembrava  che li avesse sia biondi che neri. Per un momento sembrava Alex, per l’altro Simon. Ma quando guardò in faccia la ragazza non ebbe più ripensamenti. Era Emily, coi suoi capelli ramati un po’ ricci. La prese per le spalle e con un calcio sullo stomaco la buttò a terra.
-Come hai osato, troia!- le urlò in faccia.
Sentì Simon che lo caricava da dietro, con una mossa fulminea si girò e gli conficcò il coltello in pancia.
Il suo amico cadde a terra in ginocchio e il calore del sangue fece sentire di nuovo a Jordie quel fischio nelle orecchie.
Lui era Jordie Clark! E aveva appena ucciso il suo migliore amico, Alex. L’unica testimone era Annie Buster, la fidanzata del suo amico. Questa volta furono l’angoscia e il terrore a guidare le sue mani tremanti.
Le tagliò la gola mentre era a terra svenuta.
Cominciò a correre verso la brughiera mentre i momenti di silenzio erano ben meno frequenti rispetto ai fischi nelle orecchie e i ricordi di Jordi Clark si alternavano a quelli di Jordan Clark.
Si mise a ridere quando gli venne in mente il suo vecchio maestro che gli chiedeva come si chiamasse suo padre e lui rispose che si chiamava Fred Vipera perché sua madre gli aveva detto che era sparito sotto le pietre da brava vipera.
Si ricordò anche del vecchio racconto dei due ragazzini di 15 anni sgozzati sotto un albero, Simon Jackson e Emily Jones.
Mentre Jordie scappava da pensieri che non poteva controllare, suo nonno esalava l’ultimo respiro nel suo letto.
Anno 1952
Mi chiamo Jordan Clark, ho 28 anni. Ho ucciso il mio migliore amico. 
  
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