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Autore: idrilcelebrindal    29/04/2013    3 recensioni
Durante la Battaglia dei Cinque Eserciti. Kili incontra qualcuno che cambierà il suo destino in modi che non avrebbe mai immaginato. Si trova così ad affrontare sfide inaspettate, ma avrà l'aiuto dei suoi compagni e di qualcuno del tutto imprevisto.
Ho scoperto da poco questo sito fantastico, ed è la mia primissima ff.. incrocio le dita...
Aggiunta: la storia ha preso una piega un po' diversa da quella prevista, forse è il caso di cambiare qualche indicazione...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Erede di Durin'
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6. Chi sei?
6. Chi sei?

Kili crollò. Affondò il viso nella spalla dello zio e pianse, ignorando il dolore della ferita. Ora era veramente solo. Nella desolazione del suo cuore si aggrappò ad un  unico pensiero:  aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta, non avrebbe permesso che la morte di Fili e di Thorin finisse per risultare  inutile.
A fatica si alzò ed incontrò lo sguardo di  Balin: per il vecchio nano la morte di Thorin era stata uno schianto. Lo vide piegare  un ginocchio a terra e dire, con voce rotta:
“Mio signore, concedimi di essere il primo a giurarti fedeltà,” ma Kili lo prese per le mani e lo fece alzare.
“Zio, avrò bisogno di te più che mai…” iniziò, ma subito si interruppe. Una fitta di dolore più forte delle precedenti gli esplose nel petto, e barcollò. La guaritrice fu subito al suo fianco. “Mio signore!”
Il giovane nano si sentiva mancare; tese il braccio  sano in cerca di sostegno e trovò le braccia della guaritrice. Fu con il suo viso davanti agli occhi che perse i sensi.
Lei lo abbracciò, e con l’aiuto di Balin, scivolò in ginocchio con il corpo di Kili sempre stretto a sé impedendogli di cadere rovinosamente. Poi gli toccò la fronte.
“Ha la febbre,” disse a Balin. “La sua ferita è stata curata?”
“Sì, ieri” rispose il vecchio nano. “Non so altro…” poi imprecò. La guaritrice abbassò lo sguardo sul proprio grembiule: là dove il corpo di Kili si era appoggiato, era macchiato di sangue. La ragazza gli aprì rapidamente la giubba e vide che il sangue aveva intriso la camicia.
“Passami quei tamponi,” disse a Balin, “poi chiama qualcuno che mi aiuti a metterlo a letto. Ha fatto troppi sforzi  e la ferita si è riaperta; inoltre, se ha la febbre, ci sarà un’infezione… Irridis!” chiamò. Subito accorse una vecchia nana.  Balin uscì in cerca di aiuto.
La guaritrice aprì la camicia di Kili rivelando le bende insanguinate. Premette un tampone sulla ferita, per tentare di fermare l’emorragia, ed il suo sguardo scivolò sul viso del giovane principe. Sapeva che non avrebbe dimenticato facilmente la sensazione della bella testa bruna abbandonata sulla sua spalla.

Fu Dwalin, che stazionava fuori dalla tenda, ad accorrere al richiamo di suo fratello. Attendeva con animo affranto la notizia della morte di Thorin, ma rimase sconvolto alla  vista di Kili privo di sensi tra le braccia della guaritrice. Si precipitò presso di lui.
“Sapevo che qualcosa non andava,” disse a Balin, “avrei dovuto fermarlo…”
“Non ti  avrebbe dato ascolto, fratello.”
Il gigantesco guerriero sollevò da solo, senza alcuno sforzo apparente, il corpo del giovane nano e lo portò nella tenda vicina, seguito dalla guaritrice e dalla vecchia  nana che recava con sé una cassetta di medicinali, fasce e garze.
Dwalin depose Kili sul basso letto, e con il suo aiuto la guaritrice gli sciolse la cintura, spogliandolo della giubba e della camicia. Ma quando tentò di togliere le bende, si accorse che il sangue rappreso aveva fatto aderire gli ultimi strati ad una parte della ferita, mentre l’altra sanguinava. Le bende erano inoltre macchiate dai segni dell’infezione; alcuni punti erano saltati provocando ulteriori lacerazioni. Dwalin impallidì e masticò qualche imprecazione fra i denti alla vista di quel disastro, e la ragazza mormorò:
“Ci credo che è svenuto. E per fortuna …” ma proprio in quel momento il petto del ferito si sollevò in un respiro corto e faticoso. La guaritrice guardò il viso di Kili, mentre  le lunghe ciglia brune fremevano e si sollevavano. Lo sguardo della ragazza incontrò un paio di occhi scuri, lucidi di febbre e colmi di sofferenza. Per un attimo eterno si fissarono.
“Chi… chi sei..?” sussurrò lui.
“Miralys,” fu la risposta. “Mio signore, la tua ferita va curata… e farà male.”
“Fa già m-male…” alitò Kili. Dwalin posò le mani sulle spalle del ferito, ben sapendo cosa sarebbe seguito.
“Kili, ragazzo mio, coraggio, non durerà molto.”
“Dagli questo,” disse Miralys porgendogli un bicchiere. “Lo aiuterà… un po’. Ha perso molto sangue, non oso dargli nulla di troppo forte.’”

Fu un’ordalia. In ogni momento la guaritrice sperò che Kili perdesse i sensi, ma non avvenne mai. Appena Miralys iniziò a lavorare, tutti i muscoli del corpo del giovane nano si tesero per resistere al dolore devastante, mentre Dwalin gli impediva movimenti frenetici che avrebbero causato ancora più danni. Ogni volta che la guaritrice toccava la ferita, gonfia ed arrossata, per eliminare l’infezione, dalle labbra contratte uscivano lamenti ed implorazioni che spezzavano il cuore del grande guerriero.
“B-basta… ah… f-fa male…” sussurrava Kili, mentre Dwalin mormorava incoraggiamenti. Miralys si fermò, alzò gli occhi dalla ferita e guardò il suo paziente.
Il respiro si era fatto affannoso e rantolante, il viso era contratto per il dolore, gli occhi chiusi; si era morso un labbro nel tentativo di non gridare. Gli posò una mano sul petto e sotto le sue dita sentì che il cuore batteva freneticamente.
“Sta soffrendo troppo…”
“Respira, ragazzo, non manca molto…”
“Allora non f-fermarti… finisci…” alitò Kili a denti stretti.
“No,” disse la guaritrice. “Non riesci a respirare… guardami, se puoi.” Miralys prese le mani di Kili, e delicatamente forzò le dita serrate a pugno ad aprirsi, insinuandovi le sue in una lenta carezza.  Kili aprì lentamente gli occhi e gli sfuggì un lungo sospiro tremante.
“Non manca molto, ormai, mio signore. Andrà tutto bene, vedrai, presto il dolore passerà…” più che le parole, fu il tono a calmare il ferito; il respiro si fece più regolare, il battito rallentò. Miralys guardò le mani abbandonate tra le sue: le unghie avevano lacerato la pelle del palmo. Erano le mani  di un  guerriero, coperte da piccole cicatrici, ma inaspettatamente morbide rispetto a quelle callose dei veterani che ben conosceva, e questo le ricordò quanto giovane fosse il suo paziente, solo di poco più grande di lei che aveva appena raggiunto la soglia della maggiore età. Eppure aveva compiuto grandi imprese… si riscosse: aveva un lavoro da fare.
“Mio signore, posso continuare? Te la senti?” Kili chiuse gli occhi ed annuì.
“Stringigli le mani” disse Miralys a Dwalin “o si farà del male. Non serve più che tu lo trattenga, non ha più forze: non si muoverà.”
Dopo pochi minuti la ferita era perfettamente pulita, e Miralys sistemò alcuni punti che ne avevano bisogno. Kili giaceva ad occhi chiusi, esausto, semi-incosciente, e tremava in modo incontrollabile per lo choc e per la febbre, che stava salendo. Miralys applicò sulla ferita una garza con un unguento, poi coprì il  giovane con una coperta.
“Lasciamolo tranquillo qualche minuto” disse a Dwalin, che continuava a stringere la mano del suo signore, “poi penserò a fasciarlo.”

La guaritrice uscì dalla tenda  ed andò in infermeria, senza badare ai richiami che le venivano rivolti.  Cambiò il grembiule sporco di sangue con uno pulito e si inginocchiò tra le cassette dei medicinali. Raccolse un paio di ampolle poi si rese conto che le tremavano le mani; una lacrima le cade in grembo. Cosa le stava succedendo? Non era certo la prima volta che procurava dolore ad un paziente, era inevitabile, dal giorno precedente era successo almeno altre quattro volte… appoggiò le boccette per non farle  cadere, e scoppiò in un pianto irrefrenabile: quella appena trascorsa era stata una dura prova anche per lei. Ma perché? Pensò. Si sforzò di ricomporsi, si asciugò le lacrime e raccolse le sue cose.
“Su, idiota,” disse, “Stai perdendo tempo e lui ha bisogno di te!”.  

Fuori dalla tenda Miralys trovò un assembramento di nani, elfi e uomini, tra i quali riconobbe Bard ed uno dei generali di Dàin. Questi la fermarono.
“Scusa, magistra,” chiese Bard, “come sta il principe Kili? Le sue condizioni sono gravi?”
“Ha trascurato una ferita; ha passato dei brutti momenti ed ha sofferto molto. Domani ne sapremo di più.” Rispose la guaritrice.
“Che tutti gli dei di Arda lo aiutino!” mormorò Bard. “Ti ringrazio. I miei uomini sono a sua disposizione, ad hanno ordine di proteggerlo ad ogni costo.”
Miralys entrò nella tenda, e trovò Kili assopito, vegliato da Irridis.
“E’ più tranquillo,” disse la vecchia nana. Con il suo aiuto la ragazza fasciò la ferita; poi la mandò all’infermeria ad aiutare gli altri guaritori, e si accinse a terminare il suo lavoro. Irridis la guardò, un po’ sorpresa.
“Perché?” chiese, “di solito questo è compito mio… “
“Ma lui è speciale,” mormorò Miralys. “Ieri ha salvato la vita a Storri, e Storri è molto riconoscente.”
“E Miralys?” chiese Irridis, con una strana espressione sul vecchio viso. La guaritrice guardò il viso del giovane nano, ora più rilassato: i lineamenti delicati, il profilo aristocratico degli zigomi e delle sopracciglia, la bocca decisa ma accattivante… e quegli occhi
“Che c’entra? Comunque Storri se n’è già andato,” rispose, “ non credo che lo rivedremo, per ora. Adesso  vai”.
Rimasta sola, la ragazza spogliò completamente il suo paziente, cercando di muoverlo il meno possibile. Con un panno morbido intriso di acqua tiepida con un balsamo alle rose lavò il suo corpo dal sangue e dal sudore, canticchiando piano una ninna nanna. Medicò le molte piccole ferite che si era procurato in battaglia; disinfettò le ferite alle mani ed applicò  un leggero bendaggio; poi lo avvolse in calde coperte. Gli rinfrescò il viso accaldato per la febbre, scostandogli dalla fronte e dal collo le lunghe ciocche scure; spalmò delicatamente un unguento lenitivo sulle labbra gonfie per i morsi.
Kili giaceva come sospeso tra la coscienza e l’incoscienza, il dolore finalmente sopportabile. I suoi sensi ottenebrati coglievano appena i tocchi delicati sulla sua pelle, che alleviavano sofferenza e disagi, mentre la dolce melodia acquietava il suo cuore, finchè scivolò lentamente in un sonno agitato.
Miralys, terminato il lavoro, sedette al suo fianco, sperando irrazionalmente che quegli occhi si aprissero e la guardassero di nuovo; ma Kili ormai non ne aveva la forza.

Per due giorni Kili lottò contro la febbre, l’infezione e la debolezza causata dalla perdita di sangue. La febbre salì, e nel delirio rivide Fili morire mille volte. Miralys non lasciò mai il suo letto, usando tutte le sue arti e tutte le sue risorse per aiutarlo nella sua battaglia contro la morte. Più volte disinfettò e medicò la ferita; applicò panni intrisi di acqua di rose per rinfrescare il corpo che ardeva per la febbre; accarezzò la fronte rovente; passò ore stringendogli le mani tra le sue e parlandogli dolcemente, ed a volte il tocco e la voce raggiungevano Kili attraverso il delirio e lo calmavano un poco, concedendogli un breve riposo.
Ascoltando le frasi sconnesse che uscivano dalle labbra livide e contratte, capì molte cose di lui: il suo immenso dolore per la morte del fratello, il desiderio di dimostrare il suo valore, l’amore e l’ammirazione per lo zio, il peso della enorme responsabilità che gli era piombata sulle  spalle, del tutto  inaspettata…

Finalmente, alla fine del terzo giorno, la febbre scese e Kili cadde in un sonno profondo e ristoratore. Fu solo la mattina successiva che  aprì finalmente gli  occhi, e per un momento rimase disorientato. Poi vide Dwalin accanto al suo letto e tentò di alzarsi dai cuscini.
“No, ragazzo, non… “ l’avvertimento di Dwalin arrivò in ritardo, e Kili si era già pentito amaramente della sua iniziativa: il dolore  lancinante che gli trafisse il petto e la spalla lo fece ricadere all’indietro, ansimante.
“Pe-per Durin..!” alitò.
“… muoverti!” Kili annuì a denti stretti,  immobile, cercando di regolarizzare il respiro, finchè il dolore non si ridusse ad un livello sopportabile. Poi disse:
“Ah, ricordo… quanto tempo è passato? Cosa è successo?”
“Ragazzo mio, va tutto bene. Fuori dalla tenda ci sono Elfi, Nani e Uomini che si controllano l’un l’altro in attesa che tu ti riprenda, e lo stesso avviene davanti alla Porta Principale: i nostri sono dentro, tutti gli altri sono fuori e si guardano l’un l’altro di traverso, e Gandalf sorveglia tutti come un falco e non permette che si dicano una sola parola. Il mondo intero trattiene il respiro in attesa del tuo risveglio.”
“Ma… non capisco, cosa?...” Kili era stupefatto. Ricordava di aver tentato di accordarsi con tutte le fazioni in campo, ma non capiva cosa fosse cambiato, perché ci dovesse essere qualche disaccordo.
“Quando si è saputo della… della morte di Thorin e delle tue condizioni, Bard, Thranduil e alcuni dei generali di Dàin hanno deciso, ognuno per conto proprio, che nessuno degli altri doveva cercare di disfare quello che tu avevi  fatto. Quindi ognuno  ha mandato un proprio contingente per proteggere te  dalle possibili cattive intenzioni  degli altri.  Così stanno lì a guardarsi storto, assalgono noi e la guaritrice ogni volta che usciamo per avere  notizie, e aspettano che tu ti degni di far sapere loro che stai bene. Pare che tutti ti considerino il garante della pace in questa parte del mondo. Nel frattempo Balin si sta occupando degli affari correnti. Ogni giorno arrivano nani e uomini che si offrono di lavorare, e lui li mette al lavoro.”
  
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