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Autore: Cherrie_2709    29/04/2013    1 recensioni
-Madre...Padre...ho una richiesta da fare-
"Oddio no" pensò Flora
Federico si inchinò ai suoi piedi -Flora, amore mio...-
La tensione nella stanza era palpabile.
-...vuoi sposarmi?-
Silenzio. Silenzio totale. La ragazza stava ascoltando il suo cuore. Sapeva cosa le stava dicendo, ma aveva paura di dar voce ai suoi sentimenti. Prese un bel respiro e si preparò a rispondere. Ma qualcun'altro lo fece per lei.
-NO!- gridò Ezio, senza pensarci due volte.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Buon compleanno!!! Proprio così, ormai è da un anno che scrivo Flora's Secret ^^ La cosa mi rende molto fiera, perchè prima di questa FF e delle altre due in corso non ero mai arrivata a così tanto. Spero che la mia storia renda contenti/e anche voi, cari lettori, perchè è solo grazie a voi se scrivo ancora :) Questo capitolo è un po' più lungo del normale e spero vi colpisca come ha colpito me (fino a stamane non sapevo ancora come sarebbe finito xD). Perciò leggete e fatemi sapere, magari mettendo "mi piace" (se non l'avete ancora fatto) alla pagina fb di Flora's Secret :D

Era ancora notte quando partì per Firenze. Decise nuovamente di non usare alcun destriero, per non farsi notare. Rubò però una lampada ad olio per non camminare alla cieca: le nuvole non si erano ancora diradate del tutto e non permettevano alla luce della luna di illuminare il paesaggio. Sentiva molto la stanchezza, ma non voleva fermarsi a dormire. Una volta raggiunta la sua città natale si sarebbe coricata da Paola.
I paesaggi di campagna erano meravigliosi alle prime luci dell’alba. Erano luminosi, ma non accecavano come accadeva in pieno giorno. Avrebbe voluto avere con sé tela, tempera e pennelli per riprodurre quella visione, ma non era nemmeno sicura di saper ancora dipingere. Quel pensiero le ricordò che non aveva più visto Leonardo da quando era partita e che, in fondo al cuore, il suo maestro le mancava. Lo aveva sempre ammirato per le sue idee e lo ringraziava per averle insegnato l’arte del dipingere.
 
Quando vide le mura di Firenze era di nuovo notte, la notte fra il 30 aprile e il primo maggio. Fu una notte molto luminosa, luminosa come la speranza e la gioia che le infiammavano il cuore. Si sentiva come due anni prima, con lo stomaco sottosopra e la grande voglia di vedere Ezio. Riuscì però a resistere e ad andare prima alla bottega del Da Vinci. Il maestro dormiva raramente e, quando lo faceva, non era mai di notte. Eppure nessuno rispose al suo bussare sulla porta decorata. Ci volle parecchio trambusto prima di sentire dei passi all’interno della casupola. Flora non vedeva l’ora di guardarlo negli occhi e vedere cosa accadeva: l’espressione sorpresa di Leonardo era sempre bellissima, per non parlare della gioia che lo invadeva. Ma i passi non erano i suoi.
-Salai?-
Ad aprire la porta fu il giovane assistente di Leonardo, colui che il maestro incaricava delle commissioni.
-Madonna Tanucci? Siete voi?-
La ragazza posò di nuovo il cappuccio sulla testa, non più tanto contenta e tranquilla come prima.
-Dov’è il maestro?-
-Oh, ultimamente è davvero impegnato. Presto partirà per Venezia, i suoi servigi sono richiesti. Così va in giro per la città a concludere vari affari in sospeso-
-Capisco…beh, fategli sapere che sono passata, ma ditegli anche che è meglio se nessuno viene a sapere della mia presenza qui-
-Certamente, Madonna. Sarà felice di sapere che state bene-
Un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra nel sapere che il maestro non l’aveva dimenticata, ma avrebbe davvero voluto vederlo. Salutò Salai con solo un cenno del capo e si diresse verso la Rosa Colta.
Quando bussò alla porta del bordello e nessuno le rispose, ebbe un attimo il sospetto che anche Paola mancasse all’appello. Ma tutto tornò alla normalità quando i bellissimi occhi castani della donna le apparvero davanti. Adorava il calore con cui accoglieva la gente.
-Flora! Mia carissima Flora!-
La strinse forte a se, contenta di vederla. La ragazza ricambiò, sollevata di avere qualche appoggio in città e che tale appoggio fosse proprio lei.
-Madonna Paola, sono felice di vedervi-
-Entrate, mia cara. Entrate. E’ notte fonda e a una ragazza come voi non conviene girare-
La tenutaria sapeva bene che Flora era in grado di difendersi, ma ovviamente preferiva che non ce ne fosse il bisogno. Le sue ragazze non erano altrettanto contente di vedere l’assassina, memori probabilmente della sua influenza sul giovane Ezio. Non diede loro molta importanza e tornò a guardare Paola.
-Sono qui per salutare Ezio-
-Lui, però, non è qui. Mi hanno detto che era a Firenze, ma non alloggia qui da me-
-Lo so, lo so. Difatti sono io a voler alloggiare qui- disse sorridendo –Ho viaggiato per un giorno intero e credo di essere prossima a uno svenimento se non mi corico immediatamente-
-Ma certo, non v’è problema. Manterrò sempre una stanza libera per le persone che lo meritano. Andate di sopra, l’ultima camera non è occupata da nessuno. Potete restare finchè vi serve-
La stanza non era certo bella come quella di Moteriggioni e nemmeno come quella della locanda. Era piuttosto sudicia ed era certa di aver visto qualche insetto muoversi agli angoli. Il letto sembrava straniero: era pulitissimo e le lenzuola ben tirate su di esso.
La tranquillità e la solitudine di quella strana stanza riportarono Flora ai suoi pensieri di giustizia. Aveva un nome: Tullio Semproni. Aveva un luogo: Napoli. Il movente lo aveva ormai da due anni. Ricordò sua madre stesa per terra, immersa nel proprio sangue, dopo tanto che non ci pensava. Non sentiva le lacrime salire agli occhi: ormai non ne aveva più. Sentiva solo la solitudine. Suo padre le mancava, ma non troppo. Sua madre invece molto. Lei l’aveva fatta donna, grazie a lei era diventata ciò che era.
Concentrata su quei ricordi si addormentò, stranamente tranquilla. Non fece alcun sogno né incubo, vide solo il buio e riaprì gli occhi quando ormai il sole picchiava forte sulla città. A quell’ora del mattino era difficile trovare qualcuno sveglio al bordello, così non se la sentì di svegliare nessuno. Come saluto, lasciò un pugnale da lancio sul tavolino all’ingresso, certa che Paola avrebbe capito di chi fosse.
Il nuovo problema che le si poneva davanti era come trovare Ezio. Non sapeva dove alloggiava e se si fosse effettivamente fermato a dormire. Provò prima alla vecchia dimora Auditore, poi provò perfino alla sua vecchia casa. Di lui non trovò nulla, né là né in giro. O quasi. Si credeva ormai perduta, convinta che senza un informatore avrebbe fatto poco. Poi vide una donna. Una donna per cui non provava particolare simpatia, ma che poteva aiutarla. Stava passeggiando vicino alle bancarelle, diretta verso casa. Sapeva che non le avrebbe mai parlato di sua spontanea volontà, così escogitò un semplice piano. Si nascose in un vicolo lungo il percorso della giovane, sfruttando le ombre per capire quando sarebbe arrivata. Doveva coprirle prontamente la bocca per non farla gridare, ma doveva anche riuscire a calmarla perché non si liberasse.
Lo scatto fu fulmineo e, come immaginava, la donna iniziò subito a dimenarsi terrorizzata.
-Dovete stare buona, di grazia. Non voglio farvi del male, né rapinarvi, né null’altro. Ho solo bisogno di informazioni-
La giovane continuava a respirare affannosamente, tentando di liberarsi la bocca dalla mano di Flora, però smise di muoversi convulsamente. Fece di si con la testa e Flora, per essere certa che non gridasse, si liberò repentinamente del cappuccio.
-Voi?-
-Buondì, Cristina. Come state?-
Ascoltandosi, la ragazza si rese conto di aver acquisito un po’ della beffardaggine di Ezio in quegli anni.
-Cosa volete da me?-
Dagli occhi della Vespucci traspariva solo una cosa: gelosia. Aveva ragione, insomma, lei lo amava ancora.
-Sapete dov’è?-
-Chi?-
-Oh, andiamo, non provate a giocare con me. Sapete di chi parlo-
La squadrò dalla testa ai piedi, con un’aria un po’ altezzosa. Per diversi minuti tenne il broncio e la testa voltata di lato. Poi, capito che Flora non si sarebbe arresa, sbuffò e parlò.
-L’ho visto, se volete saperlo, ma non ho idea di dove sia. Doveva…farmi un favore, ma non so se ha già concluso-
-Dove?- insistette.
-Non lo so, dico davvero. Gli ho solo detto chi doveva cercare e lui ha risposto che ci avrebbe pensato da solo-
Era tipico di Ezio. Aveva sempre avuto una certa “abilità speciale” nel trovare le persone dal nulla. Chissà come faceva.
-Ora posso tornare alla mia passeggiata?-
-Certo-
Non le serviva più il suo aiuto. Flora si stava rimettendo il cappuccio e la giovane Vespucci stava tornando sui suoi passi, quando il sole illuminò qualcosa al suo collo. Era il ciondolo di una lunga e dorata collana, che al centro portava una piccola pietra rossa. Immediatamente fermò la ragazza trattenendola per un polso, così da guardare meglio. Si, non era solo una collana, era un medaglione.
-Dove l’avete preso?-
-Cosa?-
-Il medaglione-
Cristina guardò la sua collana e in quel momento capì che Flora non sapeva. Ezio non glielo aveva mai detto. Un sorrisino compiaciuto apparve sul suo viso e, contenta, si liberò dalla presa, iniziando a giocherellare con l’oggetto in questione.
-Secondo voi? Non ne esistono molto, ma immagino lo sappiate, no?-
In effetti ne aveva visti solo altri due. Uno al collo di Maria Auditore, uno al collo di Claudia. Difatti, quello era il medaglione della famiglia di Ezio. Tutti i componenti adulti l’avevano, ma solo le donne lo mostravano come fosse un normale gioiello.
-Me lo ha dato Ezio, tempo fa, quando ci siamo salutati-
Sapeva che era vero, che era l’unica possibilità. Ma non voleva crederci. Con forza afferrò il gioiello, sottolineando la domanda.
-Dove l’avete preso???-
Quel gesto fu un grosso errore. A pochi passi da loro, passeggiava un gruppo di quattro guardie che, sentendo le grida, si allertarono. Flora era vestita da assassina e oltretutto il modo in cui teneva la collana non la ritraeva come qualcuno dalle buone intenzioni.
-Non muovetevi- le ordinarono avvicinandosi.
Lei però non poteva obbedire. Guardò un’ultima volta Cristina negli occhi e, lasciandole la collana, cominciò a scappare.
Non tornava a Firenze da due anni e alcune strade erano cambiate. Decise di non provare ad arrampicarsi per paura di inciampare. Sapeva che il suo umore e le sue emozioni la stavano distraendo. Corse, ma non per molto. Presto si trovò in un posto davvero sconveniente: un vicolo cieco. Il muro era alto e senza appigli, perciò doveva combattere. Fortunatamente il gruppo nemico era formato solo da soldati semplici, gente in erba e con armi leggere. Sfoderò lo stiletto ed estrasse la lama celata, pronta a farli fuori tutti se necessario. Il primo provò ad attaccarla da sinistra con un fendente. Lei si abbassò e, girando su se stessa, gli procurò un grosso squarcio sulla pancia grazie al pugnale. Con tale mossa riuscì anche ad avvicinarsi a un suo compagno abbastanza da coglierlo di sorpresa e trapassargli il collo con la lama celata. Ne mancavano altri due. Quello più vicino pareva molto spaventato, mentre quello dietro era carico di adrenalina e voglia di attaccare. Flora prese una lieve rincorsa e si fece scivolare tra le gambe del primo. Ancora stesa a terra calciò nelle palle il secondo, che si piegò per il dolore. Ripose lo stiletto e, rialzandosi, prese la spada per poi privare la guardia della testa. Concluse puntando l’arma al petto dell’ultimo individuo. Il poveretto tremava davvero molto. Lasciò cadere la sua spada e si pisciò pure nelle braghe.
-Andate via e non provate a chiedere aiuto, intesi?-
Agitò velocemente la testa su e giù, pregandola con gli occhi. Lei lo lasciò andare, sapendo che con uno spavento del genere non avrebbe mai parlato.
Uscendo dal vicolo cieco, si accorse di essere vicino all’Arno. Non era nella zona del Ponte Vecchio, però. Il ponte che si trovò vicino era ancora in costruzione. Su di esso però c’era qualcuno. E quel qualcuno stava tenendo qualcun altro sospeso verso le acque del fiume. L’uomo in vantaggio lei lo conosceva bene. Non voleva interromperlo, però. Voleva vedere come andava a finire.
-Ezio…- sussurrò.
Si nascose di modo da vederlo ma da non farsi vedere. Il poveretto a rischio era il nuovo fidanzato di Cristina, Manfredo. Ezio l’aveva appena salvato dalle grinfie di un malfattore, ma non si fidava. Voleva sapere se amava davvero Cristina e se per lei avrebbe smesso di giocare d’azzardo. Impaurito quasi quanto il soldato che Flora aveva liberato poco prima, l’uomo fece cenno di si. Doveva averlo convinto, perché Ezio lo lasciò andare. Il volto di Flora si dipinse di gioia nel vedere che Ezio non era cambiato e non andava in giro a uccidere innocenti. Stava per alzarsi dal nascondiglio e corrergli incontro, quando qualcosa la fermò. Cristina Vespucci stava arrivando, preoccupata per il marito. Era diretta verso il ponte, quando Ezio la fermò portandola contro un muro. Anche se il cappuccio dell’assassino lo copriva, Flora capì subito cosa stava facendo. Stava baciando la ragazza e la stava baciando intensamente. Il bacio durò diversi secondi: durante i primi Cristina provò a liberarsi, per poi lasciarsi andare e acconsentire. Erano ormai abbastanza vicini perché Flora potesse sentire le loro parole.
-Sta bene- disse Ezio una volta concluso l’atto –Sarà un buon marito per te. Me ne sono accertato-
La Vespucci rimase parecchio allibita da tale affermazione.
-Che…che cosa?- chiese incredula.
Ma Ezio si allontanò senza aggiungere altro.
 
Lo seguì senza farsi sentire fino a raggiungere le mura. O così credeva. Non appena superato uno dei cancelli, Ezio scomparve, per poi riapparire alle sue spalle. La afferrò così come aveva fatto con Cristina, pronto a baciarla, ma lei fece qualcosa di tutto inaspettato. Il giovane si ritrovò una lama celata puntata alla gola.
-Che fai?-
-Che fai tu?!-
Ezio era riuscito ad accorgersi del pedinamento, ma non l’aveva vista quando erano al ponte nuovo. Dalla rabbia che traspariva negli occhi della ragazza, si rese conto che forse aveva visto. Ma voleva esserne sicuro.
-Io…io? Nulla. Ho sventato la congiura, se è questo che intendi-
-Si, beh, bravo. Davvero. Ma io parlo di Cristina-
Ecco, ne era certo. Lei aveva visto e lui non sapeva come spiegare. Si allontanò da Flora, per evitare di avere ancora un’arma puntata alla gola.
-Era…era un addio-
-Mh…gliene dai tanti di addii, perché ricordo che facesti la stessa cosa due anni fa-
-L’ho incontrata e non ho resistito, va bene?-
-Anche qui sbagli. Tu l’hai cercata, non l’hai incontrata per caso-
Quelle parole fecero comprendere a Ezio che forse non li aveva solo visti, ma aveva anche incontrato Cristina, da sola.
-Le hai parlato, vero?-
-Proprio così. Ti stavo cercando ed è apparsa lungo il mio cammino. Per davvero-
-Che altro sai?-
-C’è altro?-
La guardò, aspettando che ammettesse di sapere ogni cosa.
-In effetti…mi mostreresti il tuo medaglione di famiglia?-
Quello fu il colmo. Ezio capì di aver sbagliato ogni mossa, dalla prima all’ultima. Capì che aveva perso la sua fiducia come quando avevano lasciato Firenze. Capì che non c’era mai cascata nelle sue menzogne.
-Io…non l’ho con me-
-E perché?-
-Perché…-
-Ve lo dico io perché. Perché ce l’ha Cristina Vespucci, la donna che non avete mai smesso di amare-
Da che teneva gli occhi bassi, Ezio tornò a guardarla in viso. Lei era piena di rabbia, lui di rimorso. Entrambi condividevano il dolore.
-Perché Ezio…perché?-
-Non lo so, Flora. Quando lei non c’è non la penso, non sento il bisogno di vederla. Ma quando ho messo piede qui ho sentito che non potevo farne a meno-
-Non è di questo che parlavo-
-Cosa volete sapere allora?-
-Perché avete chiesto la mia mano, se non sono l’unica che volete?-
In quel momento anche lo sguardo di lei si riempì di tristezza. Ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero. Avrebbe voluto parlare, avrebbe voluto chiarire, ma non c’era tempo. Decise di dirgli ciò per cui era arrivata là.
-Ho un nome-
Per un momento in Ezio balenò di nuovo la gioia.
-Davvero?-
-Si chiama Tullio. Tullio Semproni. E…si trova a Napoli-
Ed ecco che svanì di nuovo. Napoli. Era davvero lontana. Non significava più stare lontani per qualche giorno, ma per molto di più. Mesi, forse addirittura anni.
-Flora- disse prendendole le mani –Spero davvero che ciò risolva i tuoi problemi. Quando lo avrai ucciso e saprai finalmente di aver fatto giustizia, sappi che la causa degli assassini ha bisogno di te. Che io ne ho bisogno-
Lei sapeva che non mentiva. Lui la amava, o quantomeno provava qualcosa di forte per lei. Ma al contempo amava anche Cristina. E lei non poteva stare a guardare, non poteva basare la sua vita su un uomo ancora così confuso. Sorrise leggermente e gli donò un lungo bacio, quello che prima aveva tentato di rubarle.
-Lo so, Ezio. Ora devo andare-
Gli mise qualcosa tra le mani e allontana dosi sussurrò un dolce “Ti amo”. Lui ricambiò, per poi guardare cosa gli avesse dato. Nella mano stringeva il ricordo del colore dei suoi occhi1.

Cherrie's notes 
1. Spero abbiate capito....in caso contrario vi ricordo che l'anello di Flora era color acquamarina. If you know what I mean xD
  
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