-si..-
- ma è possibile?-
-io un po' me lo aspettavo-
ascoltai i discorsi dei ragazzi intorno a me. chiusi gli occhi e respirai a fondo.
- un'altra... non ci voleva..- si era radunata una piccola folla ormai. chi non sapeva ancora cosa stesse accadendo si avvicinava agli altri, dando gomitate e spintoni per ascoltare un ragazzo che parlava. stava riportando il discorso del vecchio e il suo imbarazzo era evidente.
- ha detto...- cominciò, - ha detto che è scoppiata una guerra, i ribelli si sono rivoltati. ha detto-
smisi di ascoltarlo. mi guardai intorno. non vidi niente. mi sentivo solo, immensamente solo.
- ... quindi probabilmente in breve tempo, ha detto, si presenteranno qui i soldati della leva. ha detto-
ascoltai quest'altro pezzo di discorso e chiusi gli occhi; era solo una piazza di una baraccopoli addossata alla città, ma era gremita di gente. presi un respiro e soffocai le lacrime. presi la direzione della mia tenda, ci arrivai. scoppiai a piangere. non capivo più nulla; il dolore, i ricordi, la rabbia. tutto si mescolava. come potevano chiedere le nostre vite?
-Koerek... figliuolo... come ti senti?-
girai la testa. sull'uscio della tenda c'era il vecchio.
-io... io sto bene, non devi preoccuparti Plearco.- lui fece un passo avanti ed entrò.
- mi ricordo quel giorno come fosse ieri...- Plearco cominciò a raccontare.
-mi sembra di poter vedere il volto stravolto di Celia, tua madre. urlava e piangeva stringendo un bambino di pochi mesi al petto... tuo padre trascinato dalle guardie della leva... sono passati 17 anni da allora, io ero troppo vecchio per essere reclutato... aiutai tua madre in ogni modo... ma l'anno dopo morì. di un male oscuro ed incurabile. tuo padre... tuo padre non tornò più. mi presi cura di te, ti crebbi, e ti diedi un posto dove dormire...-
-perché mi dici questo?- chiesi io, adirato, con la vista scura dalle lacrime, con il volto affondato nelle mani. il dolore di quei ricordi era insopportabile.
- ti ho istruito...- continuò lui imperturbabile - e ti ho dato di che vivere.- prese un respiro profondo.
- questa non è la tua storia. questa è la storia di tutti i ragazzi riuniti in questo campo profughi. la guerra di diciassette anni fa, quella che rapì le vostre famiglie è tornata. questa volta si chiama in un'altro modo ma è sempre la stessa. ogni guerra toglie molto all'uomo e lo getta nella miseria... in questi 17 anni il re non si è mai curato del suo popolo... e adesso quei ribelli gli daranno ciò che si merita!-
- e cosa faremo quando arriverà la leva?-
-fuggirete. vi unirete ai ribelli se vorrete. o cercherete di vivere una vita normale.-
e il vecchio uscì sussurrando -scusa... ho dovuto dire questa bugia...- ma io non lo sentii.
arrivò la notte. non riuscivo a dormire. mi alzai in silenzio, per non svegliare Reiko, il mio compagno di tenda, e uscii. guardai in alto, verso la cittadella fortificata. là vivevano i ricchi, non tocchi della povertà che aveva avviluppato il paese dopo la guerra... Andreia... la città dei guerrieri. così la chiamavano. ma noi non eravamo guerrieri. e noi avrebbero preso.
la mattina dopo mi svegliai, triste, ma mi sentivo assai meglio; e ricominciò la vita di tutti i giorni, una vita da poveri ma pur sempre una vita.
passarono i giorni, le settimane. non successe niente. ma non sarebbe stato così per sempre...