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Autore: Glinda    02/05/2013    2 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.), tranne Rebecca “Becca” Temple, Henry Boeshane e Harlan Andrews. Loro sì che li rivendico!

 

 

Capitolo 24: I mulini degli dei, parte prima

 

Una volta tornati al QG di Sagittarius A*, Becca e io continuammo a interrogarci sul mistero dell’uomo in cui ci eravamo imbattuti su Boeshane. Becca appoggiava la tesi del ‘normale’ viaggiatore spaziale, mentre io continuavo ad affermare l’assurdità di tale argomento. Quando mi chiese come mai non era possibile che invece ad aver ragione fosse lei, le illustrai il mio pensiero. Che era molto lineare, in realtà.

 

Il viaggio interstellare era iniziato nel ventinovesimo secolo con l’adozione del programma STARS, vero, ma a quei tempi si era solo agli inizi, e le distanze da percorrere si erano rivelate enormi, talmente enormi che i confini della Via Lattea non sarebbero stati varcati prima del quarantesimo secolo, come ben sapevo.

 

Il problema risiedeva nel fatto che all’interno della Via Lattea si trovavano ben pochi pianeti dotati delle caratteristiche tipiche dell’abitabilità, e anche questi ultimi non potevano certo definirsi dei paradisi. Ne potrei citare uno, per esempio: Ragnarok. Il suo sole orbita a più o meno 21 anni luce da quello della Terra, dunque abbastanza vicino, e infatti fu tra i primi a essere colonizzato dagli esseri umani, nel trentatreesimo secolo. Su Ragnarok, però, la gravità è doppia rispetto a quella terrestre, e la luce molto fioca. Un posto buio, miserabile, di sicuro non il migliore sul quale decidere di passare il resto della propria vita. Via via che gli esploratori si addentrarono nel resto dello spazio conosciuto, tuttavia, saltarono fuori diversi altri mondi, assai più appetibili. Non fu quindi un caso se a Becca e ai suoi compatrioti, stabilitisi su Luna 12 nel trentacinquesimo secolo, andò decisamente meglio.

 

E passiamo ora al mio pianeta, Boeshane: atmosfera respirabile, temperatura media superficiale di circa 5 gradi Celsius, presenza di acqua in tutti e tre i suoi stati, ricca flora e fauna autoctona compatibile con la vita di tipo umano, gravità pari a 1 G, esattamente come sulla Terra… Devo continuare con la lista? Insomma, prima di Henry Boeshane nessuno era mai sbarcato sul mio mondo per il puro e semplice motivo che fino al quarantasettesimo secolo era stato troppo lontano per chiunque. E non a torto, visto che non fa nemmeno parte della Via Lattea, ma della galassia di Isop.

 

Proprio per tutta questa serie di ragioni, era inconcepibile che un essere umano fosse capitato su Boeshane per caso, nel trentunesimo secolo, col solo ausilio di un veicolo spaziale e non spazio-temporale. Lo ripetei a Becca non so quante volte. Al limite, gli strani risultati espressi dai nostri Manipolatori potevano essere dovuti a un malfunzionamento degli stessi. L’idea mi pareva piuttosto improbabile, ma sempre meglio di quella sostenuta da Becca.

 

Ciononostante, vi era un elemento sul quale tutti e due concordavamo: la scritta tracciata sulla sabbia dallo sconosciuto indicava chiaramente che eravamo stati osservati, per non dire spiati, durante l’intero nostro soggiorno su Boeshane. E qui si aggiungeva un ulteriore dilemma: come mai non ci eravamo accorti della presenza di un’altra persona, di un estraneo, sul pianeta?

 

Compilammo un rapporto dettagliato per i nostri superiori sull’intera faccenda e, visto che c’eravamo, inoltrammo finalmente la tanto sospirata richiesta di creazione di uno status di Coppia. L’ufficializzazione della nostra relazione sarebbe perciò diventata effettiva entro un mese, e ovviamente avremmo potuto scioglierla in qualsiasi momento. Infatti, pur trattandosi di un legame simile al matrimonio, l’Agenzia non si sarebbe mai sognata di porre dei rigidi paletti sulla facilità o meno di dissolverlo; era quindi perfetto per le esigenze di chi come Becca aveva bisogno di veder inquadrata la propria relazione, e di chi come me non desiderava sentirsi costretto in un vincolo troppo definitivo.

 

E nel frattempo, poiché la vita di tutti i giorni doveva pur andare avanti, ritornammo alla nostra attività di Agenti.

 

***

 

Il primo incarico che ci venne affidato al rientro dalle ferie consisteva nel rintracciare e catturare una banda di ladri molto particolare; gli elementi di cui era composta ammontavano a due, forse tre. Su di loro, comunque, Becca era decisamente più informata di me.

 

“Li conosco di fama, Jax,” mi informò un giorno, mentre eravamo nel nostro ufficio, intenti a sfogliare i dossier riguardanti le ultime rapine messe in atto dai banditi in questione. “Alcuni anni fa si sono impossessati di un Manipolatore del Vortice, e da quel giorno non fanno altro che scorrazzare per lo spazio-tempo e minacciare la stabilità del continuum. Finora, nessuno è riuscito a prenderli, né a vederli in faccia.”

 

“Ma perché?” ribattei. “Se sono tanto famosi, e se è da parecchio che l’Agenzia li sta braccando, dovrebbero esistere molti più indizi sulla loro reale identità, non trovi? E qui leggo che non sapete nemmeno quanti sono di numero.”

 

“La questione è complessa,” replicò Becca. “Ci sono dei nostri colleghi che parlano di due uomini, altri che riferiscono di un uomo e una donna, quindi la logica conseguenza è che si alternino nei colpi che mettono a segno.”

 

“Non potrebbe trattarsi di due bande distinte, invece?”

 

“Non credo. Il loro MO è sempre lo stesso, e poi c’è un altro elemento che li accomuna: il bracciale rubato che usano per spostarsi, anche quello non cambia mai. Il che ci porta a un’ulteriore complicazione…” Becca lasciò la frase in sospeso.

 

“Cioè?”

 

“Maledetta Agenzia Temporale,” borbottò lei invece di rispondermi. Poi esalò un lungo sospiro e si sistemò meglio sulla poltroncina della propria scrivania. “Il punto è, Jax, che si tratta del Manipolatore di Andrews,” mi confidò infine.

 

“Cosa?!” sbottai.

 

Noi Agenti siamo abituati a paradossi e controsensi vari; dobbiamo esserlo per forza. Per cui, sebbene la sorprendente rivelazione di Becca mi avesse colto letteralmente di sorpresa, essa non mi indusse a credere nemmeno per una frazione di secondo che l’onestissimo Andrews fosse implicato nella serie di rapine commesse dal duo, o trio che dir si voglia, di malviventi.

 

Probabilmente, il Manipolatore era stato sottratto al professore stesso. Pur essendosi ritirato a vita privata, infatti, ad Andrews era stato concesso di conservare il proprio bracciale, privato ovviamente delle funzionalità spazio-temporali, visto che non gli sarebbero servite più. Tuttavia, l’incongruenza dell’intera situazione non consisteva nel fatto che il Manipolatore del professore fosse stato chiaramente riparato dai ladri, ma che, stando alle ultime notizie riferiteci dall’Agenzia, il furto dell’apparecchio non si fosse ancora verificato. O almeno, non lo era al momento della partenza di Andrews per la Terra, e nemmeno dal punto di vista del mio TLS e di quello di Becca.

 

“Abbiamo quindi la possibilità di beccarli prima che glielo rubino, Jax, e prima che inizino la loro scia criminale!” esclamò Becca, e si mise a ridere di gusto. “Ah, quanto amo questo lavoro sconclusionato!”

 

“Ma se poco fa hai imprecato contro l’Agenzia,” le feci notare.

 

“Dettagli, dettagli! L’importante è che vengano rinchiusi una volta per tutte. Sarà come perdere dei compagni di avventura, però.”

 

“In che senso?”

 

“Beh, sai, intorno a questi tizi e alla loro inafferrabilità si è creata una sorta di leggenda, nel corso del tempo. Se riusciremo a catturarli, un po’ mi dispiacerà. Sarà come assistere alla fine di un mito.”

 

***

 

Proprio l’anomalia che si era venuta a creare – lo stesso, identico Manipolatore presente in due diversi momenti del continuum spazio-temporale – ci avrebbe permesso di raggiungere il nostro scopo, poiché bastava monitorare eventuali segnalazioni provenienti da uno o dall’altro apparecchio. In parole povere, quello ancora in mano ad Andrews inviava un segnale costante, sempre in linea con il secolo e il luogo in cui il professore si stava godendo la sua pensione; all’altro Manipolatore, invece, pur essendo stato riparato e dunque di nuovo dotato di schermatura (furbi, i nostri amici!), ogni tanto sfuggiva qualche debole segnale. In genere troppo rapido e fuggevole per poter agire efficacemente, ma io e Becca confidavamo che prima o poi ci sarebbe stata offerta l’occasione propizia per porre la parola fine alle razzie della banda. E puntualmente, in capo a due settimane dalla fine del nostro soggiorno su Boeshane, tale opportunità non mancò di verificarsi.

 

***

 

Sto, Cintura Casivaniana, quarantunesimo secolo

 

“Il mio Manipolatore si sta comportando in modo strano, Becca… Sicura che il posto sia qui?” domandai a Becca, mentre ci apprestavamo a entrare di soppiatto in un magazzino abbandonato, ai margini di una delle città più popolose del pianeta Sto.

 

“Sicurissima,” mi rispose lei. “Probabilmente è ora che tu vada a farti riparare il Manipolatore da un bravo Tecnico, perché invece le letture del mio sono precise, vedi?” Con l’indice mi mostrò l’oloschermo proiettato dal suo bracciale. “Il punto da cui proveniva il segnale era proprio questo. Ed è da qualche minuto che si sta mantenendo costante, il che significa che quei delinquenti sono ancora qua dentro, e che finalmente saremo in grado di acciuffarli. Muoviamoci!”

 

Ci introducemmo dunque all’interno del magazzino, stando bene attenti a non dare nell’occhio, e a non rendere nota la nostra presenza. Fu subito palese che i ladri a cui stavamo dando la caccia non avevano di tali problemi, poiché le loro voci alterate risuonarono improvvise sino alle nostre orecchie.

 

“Attento a dove metti i piedi, Jax,” mi fece Becca, facendosi strada fra i vari mucchi di ciarpame e rottami sparsi un po’ ovunque.

 

“Da come gridano, dubito che quei due ci sentirebbero se urtassi uno di questi affari,” replicai, e sollevai una gamba per evitare di inciampare in un tubo arrugginito.

 

Mano a mano che ci avvicinavamo, infatti, era sempre più palese che ci stavamo per imbattere in quella che sembrava una lite furibonda. Finalmente giungemmo a una distanza ideale, che ci avrebbe permesso sia di seguire l’agitata conversazione in corso, sia di intervenire non appena se ne fosse presentata l’occasione.

 

“Ecco, qui è perfetto come nascondiglio,” mi suggerì Becca, accucciandosi dietro una cassa di legno.

 

Mi sistemai accanto a lei, e osai sbirciare al di sopra della mia testa. “Sono solo i due uomini di cui mi parlavi. La donna della banda non la vedo, e il Manipolatore non mi segnala la presenza di un’altra persona, oltre a noi quattro.”

 

“Peccato,” commentò la mia collega. “Avrei preferito trovarmi di fronte anche lei. Pazienza. Vorrà dire che, in due contro due, avremo maggiori possibilità di catturarli. Intanto, sentiamo cosa si stanno dicendo.”

 

I nostri obiettivi erano entrambi vestiti di scuro, da capo a piedi. Uno dei due, quello che ci dava la schiena, aveva una figura stranamente familiare e, a giudicare da come gesticolava e dal tono alterato della voce, mi parve senz’altro il più nervoso.

 

“… Ti sei immischiato?! Eh già, ma che lo dico a fare? Tu ti comporterai sempre così, non è vero? È implicito nella tua natura!” lo udii sbraitare.

 

Il suo compagno, invece, gli rispose con apparente calma. “Non puoi farmene una colpa. Stavo solo cercando di aiutarlo.”

 

“Di che diavolo stanno parlando?” mormorò Becca.

 

“Shhh,” le sussurrai di rimando.

 

“Sei solo un bastardo arrogante,” stava intanto urlando il primo uomo, a una decina di metri da noi. “Mi domando perché mi ostino a viaggiare insieme a te!”

 

“Fra questi due la tensione sessuale si taglia col coltello,” dissi a bassa voce.

 

“Tu vedi il sesso dappertutto, Jax. Sei davvero fissato,” mi rispose Becca, dandomi una gomitata scherzosa.

 

“Probabilmente perché ti piaccio. Sono secoli che non fai altro che ripetermelo,” fu la replica del secondo uomo.

 

Lanciai un’occhiata trionfante in direzione di Becca. “Avevo ragione io... Tensione sessuale!”

 

Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata, mentre nel frattempo il primo uomo (dentro di me lo ribattezzai Esagitato) stava ribattendo al secondo (lui invece d’ora in poi sarebbe stato l’Imperturbabile).

 

“Ora come ora, piuttosto che baciarti ho una gran voglia di prenderti a pugni!” esclamò furente l’Esagitato.

 

L’Imperturbabile allargò le braccia. “E allora cosa aspetti a farlo? Me lo merito, no?”

 

“Fra poco tocca a noi,” disse piano Becca.

 

“Ma così mi togli tutto il divertimento,” mi lamentai.

 

“Intendevo che in quel momento saranno entrambi distratti, e allora potremo finalmente mettergli le mani addosso, Jax!” sibilò lei.

 

“Come sta facendo adesso l’Esagitato?”

 

“L’Esagitato? E chi cavolo sarebbe questo Esagitato?” ripeté Becca, aggrottando la fronte.

 

Le feci un cenno col mento, e le mostrai la scena che si presentava ora dinanzi a noi. Fedele al suo primo proposito, l’Esagitato aveva afferrato l’Imperturbabile per la nuca, e lo stava baciando con un’intensità ragguardevole; dal canto suo, invece, l’Imperturbabile era rimasto fedele al nomignolo da me affibbiatogli, e non aveva mutato di un centimetro la sua rigida posa. Alla fine il primo uomo si staccò, e appoggiò la testa sulla spalla dell’altro; solo allora l’Imperturbabile si scosse dalla propria immobilità, e lo abbracciò a sé.

 

“Ci siamo,” mormorò allora Becca. Prima che potessi aggiungere qualcosa, balzò in piedi e sollevò la sua pistola laser verso i due ladri. “Agenzia Temporale! Fermi e mani in alto, all’istante!” esclamò perentoria.

 

I due, come prevedibile, rimasero paralizzati nell’udire la voce di Becca.

 

“Mi dispiace interrompere un momento tanto romantico, signori, ma ve lo assicuro, potrete continuare le vostre effusioni in santa pace, una volta che vi avremo sbattuti in prigione!” continuò Becca.

 

Dopo alcuni secondi che durarono un’eternità, l’uomo che ci volgeva le spalle si girò verso di noi, e fu allora che compresi, con mio totale sbigottimento, perché la sua figura mi fosse sembrata tanto familiare, all’inizio…

 

L’Esagitato altri non era che il tizio incontrato su Boeshane.

 

***

 

Note esplicative al testo:

- Il titolo del capitolo si riferisce a una citazione di un filosofo greco, lo scettico Sesto Empirico, che così sentenziava a proposito della giustizia divina: I mulini degli dei macinano tardi, ma macinano molto fine.

- Nel prossimo capitolo: la conclusione dello scontro, una novità inaspettata, nonché il ritorno di una nostra vecchia conoscenza…

  
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