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Autore: Lady Lee    03/05/2013    4 recensioni
Noi scrittori siamo diversi da tutti, diversi dal mondo, diversi dai modi di pensare altrui. Jane è una scrittrice, come gli altri. Ma... come sono in realtà gli scrittori? Di certo non sono persone comuni.
Spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Superpoltix, questa storia è per te. Tu condividi questo mio pensiero, perciò, te la dedico e ti ringrazio per quel sorriso che mi hai regalato. Grazie :)

-Sono Jane e sono una scrittrice.
Così si presentava quella ragazza.
Non aveva bisogno di nient’altro per descriversi, quella frase diceva tutto di lei, tutto quello che bisognava sapere: che fosse una scrittrice.
Da lì, chiunque stesse parlando con lei, avrebbe dovuto capire che genere di persona era.
Perché lei non l’avrebbe mai detto. E non voleva dirlo.
Era convinta che sarebbe bastato dire: “sono una scrittrice” per identificarsi; gli altri non erano d’accordo.
Erano poche le persone che comprendevano il perché di quelle parole.
Queste persone, erano gli scrittori.
Gli unici che erano come lei, che pensavano fosse giusto presentarsi in quel modo, che agli amici di Jane sembrava assurdo.
Ma cosa avrebbero dovuto capire le persone?
“Sono una scrittrice.”
Cosa capivano, con quella presentazione?
Secondo Jane, avrebbero capito che, essendo una scrittrice, lei era speciale. Ed era vero.
Speciale, come tutti gli scrittori.
E poi lei era anche un po’ strana. Sarebbe stata capace di arrampicarsi sugli alberi del parco o della villa comunale, pur di recuperare un foglio con degli appunti per una nuova storia. E non solo.
Probabilmente si sarebbe gettata tra le auto nel traffico caotico, per non perdere la penna blu, quella tutta mangiucchiata con la quale aveva scritto una storia da regalare al ragazzo che le piaceva.
Ma, in fondo, quelle stranezze le piacevano. Servivano ad identificarla, erano le sue particolarità, e le adorava.
Le adorava, come tutti gli scrittori.
E probabilmente se gliel’avessero chiesto i suoi amici, non sarebbe neanche cambiata, non avrebbe messo da parte quelle stranezze. Non badava a ciò che dicevano gli altri; non le importava.
Non le importava, come a tutti gli scrittori.
Le importava solo delle cose interessanti.
Come ad esempio dell’amicizia, della famiglia, ma, soprattutto della scrittura. Lei scriveva sempre.
Era triste? Scriveva.
Era felice? Scriveva.
Era innamorata? Scriveva.
E scriveva ovunque.
Era al parco? Scriveva.
Era a scuola? Scriveva.
Era in palestra? Scriveva.
Ogni volta che le arrivava l’ispirazione, prendeva il suo quaderno rosso e la penna blu, e cominciava a scrivere con la sua incomprensibile grafia, senza far leggere a nessuno. Scriveva quando voleva.
Quando voleva, come tutti gli scrittori.
La scrittura contava molto per lei, sin da quando era piccola.
E, ora che era cresciuta, aveva capito perché. Poteva scrivere tutto, senza timore. Non come quando parlava: doveva fare attenzione a ciò che diceva, altrimenti sarebbe sembrata un’ignorante, e lei l’avrebbe detestato.
Invece, quando scriveva, era libera, si sentiva bene. Come un cane che si libera dal guinzaglio, che, dopo aver sperato di essere libero, realizza il suo sogno e corre lontano, al riparo da chiunque possa fargli del male. La scrittura era la sua vita.
Era la sua vita, come per tutti gli scrittori.
Jane preferiva non far leggere a nessuno quello che scriveva. Le sue storie le teneva per sé, le rileggeva con amore e attenzione, e poi le conservava, lei non scriveva per ricevere premi o complimenti. Lei scriveva per amore della scrittura, per il piacere di scrivere.
Per amore, per il piacere di scrivere, come tutti gli scrittori.
E lei si sentiva parte del mondo degli scrittori, si sentiva una di loro.
“Sono una scrittrice” diceva, con lo sguardo fiero e la voce ferma.
Nessuno poi le faceva altre domande. Era una scrittrice, lei.
Alcuni pensavano fosse pazza. E forse un po’ lo era. Però era comunque una scrittrice, ed essere scrittori è una cosa seria. Ma, in fondo, non le dispiaceva essere pazza. Era semplicemente se stessa.
Semplicemente se stessa, come tutti gli scrittori.
E poi, lei amava dire: “sono una scrittrice”.
Le portava onore. Ma, oltre ad essere “come tutti gli scrittori” lei era qualcosa in più. Ma anche l’autore del romanzo che le piaceva tanto, era qualcosa in più. E la famosa giallista, era qualcosa in più.
Ogni scrittore era qualcosa in più.
Sì, è vero, erano tutti diversi dal resto del mondo, ma erano anche diversi tra di loro. Ognuno aveva le sue caratteristiche, le sue particolarità, i suoi modi di pensare. C’era chi lottava per un ideale, chi per un altro; chi osservava certe regole, chi altre; ognuno alla propria maniera.
Jane l’aveva capito, era contenta di potersi considerare diversa, speciale.
Diversa, speciale, come tutti gli scrittori.
E non avrebbe mai cambiato idea, avrebbe per sempre continuato a scrivere, a considerarsi speciale e a dire: “Ciao, sono Jane e sono una scrittrice.”
Avrebbe per sempre amato la scrittura, perché lei era una scrittrice.
Ed era fiera di esserlo.
 
 
 
a tutti gli scrittori (e non) che hanno letto, cosa ve ne pare? Vi prego fatemelo sapere in una recensione!
e, soprattutto, condividete questo mio pensiero? Mi farebbe davvero piacere saperlo e confrontarmi con voi!
Il nome della ragazza, Jane, non l'ho scelto casualmente. L'ho chiamata così per ricordare Jane Austen, una scrittrice che apprezzo molto.
Grazie per aver letto e grazie a tutti quelli che recensiranno!


 
 
  
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