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Autore: Jay_Myler    09/05/2013    2 recensioni
Diciamo che è una romanzata su questo gioco, partendo dal primo giorno di scuola della protagonista.
La coppia è ovviamente la protagonista e Castiel, il rosso che ha fatto impazzire noi ragazze che amiamo i ribelli; ma oltre a raccontare le vicende della scuola, racconterò anche la storia che nasconde questo misterioso ragazzo - e quella della nostra protagonista, che manco ci scherza- (Ovviamente tutta a fantasia mia)
N.d.A. Per romanzata si intende una ricamatura intorno alla storia originaria, a cui vengono aggiunti momenti inediti del tutto inventati.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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«Promettimi che non lo dirai a nessuno..»
«Conosci il mio ruolo da delegato e una cosa simile non può essere taciuta.»
«Ormai è acqua passata... è una storia vecchia e non è tutto vero» Jay cercò di dissuadere il ragazzo dal dirlo a qualcuno in giro; una cosa simile su di lei, non doveva essere risaputa, non dopo tutto quello che aveva fatto per evitarla.

«Non posso evitare di dirlo a chi di dovere.» le disse in modo fermo e deciso.

«Davvero non ci credo ancora; l'unica persona che mi abbia creduto è stato Ken..» disse sorridendo a malincuore e abbassando la testa per non far vedere a Nathaniel una lacrima che le stava lentamente solcando la guancia.

 

Un anno prima.

 

«Cos'hai da guardare, pivellino?» intimò ad un ragazzino dai capelli rossi e coperto di lentiggini che la stava fissando, completamente impaurito accanto al suo armadietto.

Due uomini la mantenevano per le braccia facendola camminare a ritmo sostenuto, ed impedendole di scappare via, come aveva fatto l'ultima volta.

Ormai conosceva la strada a memoria e non c'era bisogno che l'accompagnassero, così strattonò via le due persone che la stavano scortando, che fecero due passi indietro e la seguirono da lontano, mentre lei, a passi rumorosi si incamminò verso il solito ufficio che frequentava almeno una volta alla settimana; tutti la fissavano mentre camminava nel corridoio, ma non se ne preoccupava, era abituata ad avere gli occhi puntati su di lei.

Si andò a sedere nella sua solita sedia, dove ormai nessuno più osava sedersi sapendo che lei lo considerava come il suo posto privato.

Si mise con le gambe incrociate sul poco spazio che le offriva la sedia rossa e di plastica che la faceva stare comoda in quella sala, più spesso del desiderato; le calze le si impigliarono nel tavolino di fronte a lei e le si sfilarono all'altezza del ginocchio, ma nel giro di pochi secondi si mimetizzò con gli altri buchi già presenti che le avevano sfilato le calze pochi minuti prima.

Prese una rivista ed iniziò a sfogliarla tanto per passare il tempo, nell'attesa del via libera; era già la quarta volta in sei giorni che si trovava lì dentro costretta ad aspettare controvoglia, qualcosa che avrebbe sicuramente voluto evitare.

Una ragazza dietro il bancone stava prendendo delle chiamate senza toglierle un'istante gli occhi di dosso, come se avesse avuto paura, che da un momento all'altro, le sarebbe potuta saltare addosso come una bestia selvatica si getta sulla sua preda; ma la ragazza – della quale non ricordava il nome, nonostante la vedesse almeno una volta ogni due giorni – era decisamente l'ultimo dei suoi problemi e dei suoi interessi.

Dalla porta aperta che dava sul corridoio entrò una ragazza bionda con i capelli in disordine, con un occhio nero, gli abiti sgualciti e sporchi di polvere e a tratti strappati - scortata dai due uomini che avevano cercato di accompagnarla prima – che appena la vide accelerò il passo per poi scomparire in una porta alle spalle della receptionist, che si chiuse immediatamente senza darle il tempo di vedere nemmeno uno squarcio dell'ufficio; alla fine della fila, rimasto fuori con i due gorilla accompagnatori, c'era una ragazzetto strano che si vide chiudere la porta in faccia.

Girandosi vide la ragazza seduta con la rivista in mano, e le si andò a sedersi vicino.

«Ho visto tutto, stai tranquilla, dirò la verità a tutto si risolverà!» le comunicò allegramente mentre le prendeva la mano.

«A che serve? Tanto non ti crederanno e daranno comunque la colpa a me. Niente di nuovo, sono abituata.» gli disse alzando le spalle e gettando la rivista sul tavolino.

Il ragazzo la guardò da sotto gli occhiali e con faccia rassegnata si mise a sedere composta nella sua piccola sedia a schiera.

Dopo circa mezz'ora, la ragazza bionda uscì dall'ufficio con aria trionfante e lanciandole un'occhiata di sfida.

La ragazza al bancone fece segno loro di entrare; i due si alzarono ed entrarono nell'ufficio più velocemente possibile. Prima iniziavano e prima avrebbero finito.

«Vorrei dire che mi stupisce rivederla, ma evidentemente non è così. Mi ero aspettato un cambiamento dall'ultima volta che ci siamo visti, cioè martedì, e ad oggi, giovedì, la ritrovo di nuovo qui a dover discutere.»

L'anziano signore che le stava davanti si ergeva dritto nella sua poltrona girevole, e tra una respiro e un altro si girava a destra e sinistra scrutandola come un avvoltoio; il suo ufficio lo rispecchiava in pieno: grigio e senz'anima.

Non c'era neanche un accenno di colore, e le uniche cose presenti, a parte la scrivania centrale, erano degli armadietti, e altri mobili che contenevano svariati documenti.

«Io.. non so davvero più che fare. Guardi qui.» le disse lanciandole davanti un fascicolo che per voluminosità ne valeva sei.

«Vogliamo leggere qualcosa da qui? Dai, leggiamocela.

Vediamo cosa dice qui... disadattamento scolastico, atteggiamenti non consoni all'ambiente, mancanza di rispetto per le persone che coprono ruoli autoritari, volti altalenanti ed assenze frequenti e continue. Questo è il suo primo anno in questo liceo, e già incomincia ad aggiungere miriadi di altri crimini che si aggiungeranno al suo fascicolo.

Lei ha già avuto precedenti problemi in questa e nelle sue scuole precedenti per una sequela di risse e svariate scenate di violenza gratuita con i cuoi coetanei, ed una volta anche con un insegnate. Lei continua a ripetere sempre gli stessi errori, ormai questo stupido foglio firmato dallo psicologo scolastico non ha più senso! Non è l'istituzione scolastica che è sbagliata nei suoi confronti, è lei che sbaglia in modo recidivo e repentino, senza mai avere una valida scusa. Mi costringe a prendere seri provvedimenti questa volta; so già com'è andata la cosa, mi è stata già ampiamente descritta e narrata, ma come è giusto che sia mi dia la sua versione.»

Il ragazzo vicino a lei, che era rimasto in piedi, tentò di dire qualcosa, ma la mano della sua amica glielo impedì prontamente.

«Cosa vuole che le dica? Solita storia: io sono la bulletta che prende a botte tutti; è questo che voleva sentirsi dire, non è vero? Non mi sento in dovere di spiegare nulla, le prove parlano da sé. Ci siamo picchiate.»
Ma l'uomo anziano, che la scrutava da sotto i suoi occhialetti rotondi appoggiati sul naso, non era affatto contento della risposta ed evidentemente deluso dall'ennesimo comportamento sciocco della ragazza si passò una mano su quei pochi capelli che gli erano rimasti; continuava a giocherellare con le dita sul tavolo, cercando di trovare qualcosa di efficace e duraturo da dirle per farle cambiare comportamento.

Cosa le importava di dare la sua versione, i conti erano già stati fatti e già la considerava colpevole, glielo leggeva negli occhi; era prevedibile: lei non era certo l'icona della brava ragazza, e per una bravata o per un'altra stava più spesso del dovuto dal preside della scuola.

Ma non riusciva proprio a tenersi fuori dai guai e con cadenza settimanale una rissa non gliela toglieva nessuno; era più forte di lei, non riusciva a trattenersi quando sentiva quella massa di gente idiota fare commenti del tutto inappropriati.

«Non vuole nemmeno fare un commento al riguardo?»

Senza dire niente mostrò all'uomo seduto di fronte a lei il labbro inferiore spaccato.

«Ho decisamente vinto io no? Non ha visto come è conciata l'altra?» disse sorridendo.

«Non è una cosa su cui scherzare! La ragazza ha riportato varie ferite, tra cui un ginocchio e un gomito sbucciato, un occhio nero, una spalla lussata e molto probabilmente una costola incrinata, visto i dolori acuti che accusava.»
«Gliel'ho detto che me la sono cavata meglio io.»

«Esca fuori, immediatamente! In punizione oggi, ed è sospesa per un mese con obbligo di frequenza alle lezioni e contatterò seduta stante i suoi..»
La ragazza alzò un sopracciglio e lo guardò accigliata.

«Il suo tutore legale insomma.» disse in evidente imbarazzo.

Senza dargli il tempo di aprire la porta per farli accomodare fuori la ragazza prese un foglio di carta davanti a lei ed una penna e ci scrisse sopra un nome ed un numero di telefono.

«Se magari prova a chiamare, potrebbe anche risponderle mio padre; sempre che i dottori glielo passino.» le disse strappando quel pezzo di carta per poi metterlo nella mano del preside che la guardava scioccato.

Dopo avergli fatto una smorfia soddisfatta se ne uscì fuori.

Il ragazzo invece rimase lì dov'era e guardando il preside con aria ancora più triste di quando era entrato gli prese il foglio e lo buttò nella pattumiera.

«A volte serve leggere più attentamente i dossier che riguardano uno studente; parlargli senza sapere esattamente le cose non è la scelta più giusta. Ma anche se non le interessassero i motivi che ci sono dietro al suo comportamento, sappia che tutte le zuffe in cui si caccia, non sono mai volute o incominciate da lei – almeno la maggior parte-. Non creda che gli altri studenti siano migliori di lei, anzi, molto spesso le danno la colpa perché conoscono la sua nominata.; le posso assicurare che il 90% delle cose scritte su quel fascicolo non sono imputabili a lei.»

Il preside continuava a guardarlo, senza riuscire a dire nulla.

«Oggi l'ha accusata di non aver mai avuto istigazione o motivazione per i suoi gesti di violenza, ma le assicuro che non ha mai sbagliato di più; è vero che è irascibile e poco controllata, ma le assicuro che senza una valida motivazione non farebbe male ad una mosca.

Se le interessa davvero qualcosa, non della ragazza in particolare, ma dell'educazione che volete impartire ai vostri alunni, bhe, dovrebbe decisamente far evitare stupidi commenti sui suoi genitori; ne ha sentite di tutti i colori da anni!

Io la conosco dall'asilo, ed è da tutta una vita che la etichettano come la figlia di un tossicodipendente; ma non ha mai reagito in alcun modo, fin quando l'unica figura amorevole che aveva è venuta mancare, e da quel giorno in poi si è chiusa in sé stessa, e l'unico modo che ha per proteggersi è l'isolarsi e il difendersi a pugni; i commenti inutili ed offensivi sulla madre, sappia che volano un po' troppo spesso tra i ragazzetti di questa età.

Non la sto di certo giustificando ma almeno cerchi i veri colpevoli nelle situazioni che le vengono sotto poste; il suo stare da sola in questi anni le ha fatto evitare la maggior parte delle eventuali risse che si sarebbero potute creare, ma spesso, ragazzi crudeli la vanno ad infastidire nel suo piccolo mondo che si è creata, andandola ad infastidire, a loro rischio e pericolo, oserei dire.

Voi la considerate prima di tutto come una persona che causa solo guai, poi come studente, poi come essere umano, ma solo alla fine, forse, iniziate a considerarla come Jay Myler.

Jay è Jay, e c'è tutto un mondo dietro il suo atteggiamento ed il suo modo di fare che voi, a quanto apre, non avete voglia nemmeno di approfondire.» dopo di che, lasciandolo a bocca aperta e senza parole, se ne uscì correndo alla ricerca della ragazza che era uscita due minuti prima di lui.

Si affacciò nel corridoio, per vedere se a colpo d'occhio riusciva a vederla, ma probabilmente si era già allontanata troppo; si girò verso la brunetta al banco – che portava un cartellino con il nome, Katy - e la salutò per chiederle se aveva visto da che parte era andata la sua amica. La ragazza si limitò ad indicargli di andare a destra mentre rispondeva ad una chiamata da parte della scuola.

Si incamminò per il corridoio prendendo la strada che gli avevano indicato e proseguendo a quando sentì un tonfo e vide formarsi un capannello di persone vicino alle scale.

Cercò di farsi spazio tra la gente, fino ad arrivare ad essere davanti e tutti e vide che c'era la ragazza bionda, che aveva visto prima dal preside, a terra svenuta; un paio di alunni le si avvicinarono per vedere se stava bene, mentre tre di loro correvano a cercare aiuto e ad avvertire chi di dovere.

L'infermiera scolastica ed il preside arrivarono immediatamente, accertatisi dell'incolumità della ragazza chiesero a gran voce cosa fosse successo.

«E' stata lei!» gridò uno del primo anno dai capelli rossi del primo qualcuno che si trovava in piedi all'inizio della rampe di scale. «L'ho sentite litigare, e poi l'ho vista rotolare giù!»

Il ragazzo si aggiustò gli occhiali per vedere meglio quella figura indistinta che si stagliava immobile sull'ultimo scalino.

«E' stato un incidente! Lo giuro, non sono stata io!» disse indietreggiando di qualche passo.

Il preside iniziò a salire le scale con foga, prendendo la ragazza per il braccio e trascinandosela dietro, fino a raggiungere il pian terreno.

«Non sono stata io vi dico!» disse cercando di liberarsi dalla presa.

«Tu mi credi, vero Ken?» chiese supplichevole Jay, mentre gli passò davanti; ma i ragazzi intorno a loro iniziarono a gridarle contro che era una bugiarda e non sentì che cosa, - e se – il ragazzo le avesse risposto, costretta ad andare per la seconda volta nell'ufficio del preside.

 

 

«Tu mi credi, vero Nathaniel?»


 


Jay Myler 
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