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Autore: CowgirlSara    09/05/2013    7 recensioni
Perché quando porti il nome di una ninfa greca che non è mai tornata dall’Ade, pensi che tutti gli eroi si volteranno troppo presto, lasciandoti nel grigio di un’esistenza qualunque. Ma a volte gli eroi somigliano a quel pazzoide sociopatico del tuo boss. O si nascondono dietro ad un paio di gentili e fermi occhi blu che hanno attraversato il tempo senza smettere di combattere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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INHA - 7
Bene, gente, insospettabilmente siamo giunti al penultimo capitolo di questa storia, che devo dire mi sta procurando più soddisfazioni di quante avrei pensato. Le vostre recensioni mi riempiono di gioia, davvero! Grazie ancora, in anticipo e anche a chi legge soltanto.

La canzone che introduce il capitolo è “Mr. Big Time” (soprannome perfetto per un certo genio filantropo di nostra conoscenza XD) di Jon Bon Jovi, presente nella colonna sonora di “Armageddon”.

Buona lettura!
Sara

Capitolo 7

I'm getting ready for the big time
Someday I'm going to be in big time news
Ain't going to waste it when I'm big time
I'll be ready for it, bing, bang, boom
I can taste it, I'll be prime time

Dixi guardò la sveglia: le quattro e quaranta del mattino. Negli ultimi giorni aveva perso la cognizione del tempo, senza contare che in quella base sotterranea non poteva nemmeno vedere il cielo e farsi un’idea delle ore che scorrevano. Potevano essere passati molti giorni dall’ultima volta che aveva visto casa. Sperò che la vicina si fosse occupata di Zephyr come aveva promesso.
La ragazza sospirò e tornò a fissare il soffitto, cosa che stava facendo da almeno un’ora, alternandolo con la sveglia. Accarezzò il braccio di Steve, che l’abbracciava ancora, dormendo profondamente. Per quanto le dispiacesse, doveva svegliarlo.
“Steve.” Chiamò piano, carezzandogli il viso.
Era proprio un sacrificio, privarsi di quell’abbraccio caldo e rassicurante, del corpo di lui contro il proprio. Il mondo poteva cadere, ma finché era tra le sue braccia, tutto sarebbe andato bene.
“Steve.” Insisté la ragazza.
Le lunghe ciglia bionde del capitano fremettero, per poi aprirsi piano e mostrare le sue iridi azzurre e assonnate. Le sorrise con tutta la dolcezza di cui era capace. Dixi sentì un bellissimo calore buono diffondersi nel suo cuore.
“Ciao.” Mormorò lui, prima di baciarle il collo.
“Ciao.” Rispose lei. “Mi dispiace averti svegliato, ma devo assolutamente fare una cosa.” Aggiunse con espressione colpevole.
“Cosa?” Domandò confuso lui.
“Devo parlare subito con Tony.” Confessò Dixi. Steve spalancò gli occhi e la guardò allarmato.
“Non di quello che è successo tra noi!” Esclamò quindi.
La ragazza ridacchiò, abbracciandolo. “No! Anche se penso ne sarebbe molto lieto.”
“Di che cosa, allora?” L’interrogò Steve.
“Quando mi sono svegliata ho cominciato a pensare a cosa fare per introdurre il nostro virus nella programmazione dei robot e mi è venuta un’idea.” Raccontò lei. “So che non è molto romantico…”
Rogers si staccò da lei, sollevandosi su un gomito, per guardarla meglio. Nella stanza c’era la penombra data dalla luce del bagno che filtrava attraverso la porta socchiusa.
“Vestiamoci.” Dichiarò pratico l’uomo, lei annuì.
Pochi minuti dopo erano pronti per tornare in azione. Avevano indossato le prime cose a disposizione: jeans, anfibi e la maglietta con cui dormiva per Dixi, pantaloni di una tuta e analoga t-shirt per lui. Si guardarono negli occhi, appena prima di uscire dalla porta.
“Quanto al romanticismo…” Fece Steve, prendendole la mano. “…per quanto mi costi dirlo, ora non abbiamo tempo per essere romantici.”
“Già.” Confermò la ragazza.
“Ma, credimi, quando tutto sarà finito, mi dedicherò solo a te.” Le promise lui.
“Stanotte, è già stata così tanto, Steve.” Replicò Dixi con un sorriso dolce.
“Ti amo, Euridice.” Confessò sicuro lui, guardandola negli occhi.
A lei venne un’extrasistole, da cui si riprese con sorprendente facilità.
“Oh, Dio…” Fece poi, sconvolta, coprendosi il viso, Steve la fissava confuso. “Ti amo anch’io, Cap!” Gli disse infine, rassicurandolo con un abbraccio, dopo quella rivelazione inaspettata.
Steve sorrise più determinato. “Andiamo a salvare il mondo, Signorina Spitz?”
“Se lo dici così, potrei anche crederci.” Affermò sorridente Dixi, poi lui la prese per le spalle e la guidò nei corridoi della base.

Meno di mezz’ora dopo erano di nuovo tutti nel laboratorio e Stark stava fissando con sguardo vacuo l’espressione determinata di Dixi.
“Allora?” Le fece, poco convinto. “Qual è il motivo per cui sono stato svegliato dal mio sonno di bellezza, per il quale dovevo ringraziare un paio di sonniferi e un bicchiere di vodka?”
“Ho avuto un’idea.” Gli disse la ragazza.
“Prima o dopo essergli saltata addosso?” S’informò spento Tony, accennando al capitano.
“Dopo.” Rispose lei.
“Ahhh!” L’espressione del milionario si fece immediatamente più interessata, mentre ammiccava al compagno d’armi.
“Lascia perdere le tue battute idiote, Stark e stalla a sentire.” Ordinò Steve con piglio severo.
“Hmm, non è arrapante quando fa il duro?” Soggiunse Tony, rivolto a Dixi.
“Oh, sì.” Confermò lei, seguendo i movimenti del capitano mentre si spostava nella stanza. Lui roteò gli occhi arreso.
“Che poi, con quella faccia lì, quanto duro potrà mai essere?”
“Abbastanza, ti dirò…” Rispose Dixi allusiva, sollevando le sopracciglia in direzione di Tony.
Rogers si girò di scatto e fulminò entrambi con un’occhiata glaciale che avrebbe potuto trasformali agevolmente in parenti di Loki.
“Vogliamo ascoltare l’idea di Dixi, invece di continuare con le cavolate?” Intervenne Bruce.
“Finalmente una persona ragionevole!” Sbottò il capitano.
“E va bene, ascoltiamo.” Fece Tony, passando accanto a Steve. “Però, lascia che te lo dica Rogie, la gente di solito si rilassa, facendo sesso…” Aggiunse, dandogli una pacca sul braccio.
“Vabbene.” Fece la ragazza alzando le mani. “Parliamo di cose serie.” Sentenziò, attirando l’attenzione di Stark. “Cosa sai del progetto Brother One?”
Tony si appoggiò ad uno dei tavoli ed assunse un’espressione riflessiva; dopo qualche secondo annuì e rialzò lo sguardo in quello della ragazza.
“C’erano voci di un progetto supersegreto della Nasa, riguardo una rete alternativa per la gestione degli armamenti nucleari, ma l’agenzia governativa ha smentito, adducendo teorie complottistiche e deliri di hacker strafatti.” Affermò infine il milionario.
“Non è una teoria complottistica, né il delirio di un hacker.” Sostenne Dixi. “Il progetto Brother One esiste, c’è il satellite ed io so anche dove si trova.”
“E come fai a sapere tutte queste cose?” Domandò Stark più interessato.
“Lo sai, come…” Biascicò lei, deviando lo sguardo imbarazzata.
“Ah!” Esalò Tony. “Questo non c’era nei verbali…”
“Non mettono nei verbali i file segretissimi.” Fece la ragazza.
“Io non capisco…” Intervenne confuso Steve. “Verbali? Ma di che state parlando?”
“Lascia stare, Cap.” Lo interruppe Tony, continuando a fissare Dixi. “Cosa avresti intenzione di fare, ragazzina?” Le chiese serio.
“Se riuscissimo ad avere accesso al satellite del Brother One, potremmo usare la rete alternativa e riuscire ad infettare i robot.” Rispose appassionata la ragazza.
“Una volta sovrascritta la loro programmazione, potremmo usarli a nostro piacimento.” Asserì Bruce, improvvisamente molto interessato.
“È possibile fare una cosa del genere?” Domandò Steve. “Accedere e controllare un satellite…”
Dixi annuì. “Sì, ma c’è un solo modo.” Guardò negli occhi Tony.
“Dobbiamo interfacciare il satellite.” Dichiarò lui, lei confermò con un cenno.
“E come possiamo farlo?” S’informò il capitano.
“C’è una sola possibilità.” Rispose Banner con espressione cupa. “Dobbiamo andare lì.”
“Vuoi dire, nello spazio?” Fece Steve incredulo. Lo scienziato annuì.
“Bene, ragazzi.” Intervenne Tony battendo le mani. “Niente panico, c’è qui il vostro Iron Man pronto ad affrontare quest’ennesima azione eroica, sì, non ringraziatemi, gli applausi alla fine, prego.” Aggiunse baldanzoso, facendosi spazio tra gli altri.
“Stark…” Accennò corrucciato il capitano.
“Tony, non mi risulta che la tua attuale armatura sia stata testata per la stratosfera.” Gli fece presente Banner, con tono preoccupato.
“Oh, ma saranno sufficienti alcune piccole modifiche che possiamo benissimo fare io e te.” Gli assicurò lui. “E, in fondo, sono già stato nello spazio con un modello precedente, quindi…”
“Quello era un portale artificiale, non è esattamente la stessa cosa.” Si permise di obiettare Bruce.
“Dobbiamo metterci subito al lavoro, Banner, finiamola con i discorsi inutili!” Sbottò Tony.
“Che detto da te…” Commentò Steve.
“Io e Bruce lavoreremo alle modifiche per l’armatura.” Dichiarò però Stark, ignorandolo. “E tu, Dixispitz, finirai col programma e preparerai l’interfaccia. Avete i vostri compiti, Signori… ai posti di combattimento.” Aggiunse con piglio deciso.
Gli altri non poterono fare altro che raggiungere le proprie postazioni e salutare Rogers, il quale, sentendosi abbastanza inutile, si apprestò a tornare in sala comando, salutato da un bacio di Dixi.

“Sei consapevole, vero, che quello che possiamo darti sono solo secondi?”
“Li farò bastare.”
“Se non farai in tempo, la tua armatura potrebbe fare la fine di una vaschetta di alluminio nella spazzatura e tu, grande Tony Stark, quella dell’avanzo delle lasagne.”
“Questo, Bruce, gli altri non devono saperlo per forza.”

Lavorarono senza praticamente alzare la testa per le successive otto ore. Quando Dixi annunciò che il programma era pronto, fu fatta una verifica da Stark e Banner, poi si trasferirono tutti in sala comando per una riunione operativa.
“Quello che ci serve adesso è un diversivo.” Annunciò Rogers. “Che possa distrarre il nemico e darci il tempo di arrivare al satellite, interfacciarlo e infettare i robot col nostro virus.”
“Abbiamo pensato che questo diversivo potrebbe essere liberare il Presidente e gli altri prigionieri alla Casa Bianca.” Spiegò Fury. “Sarà pericoloso, non lo nego, soprattutto senza le solite comunicazioni, ma è necessario alla riuscita del piano.” Aggiunse serio. “Guiderò personalmente l’azione.”
“Siamo con lei, Signore.” Annuì Barton.
“Non vedo l’ora di distruggere un altro paio di quei cosi.” Rincarò Natasha con un ghigno sadico.
“Thor, vuoi essere dei nostri?” Chiese il direttore all’asgardiano.
“Sarebbe un onore, Uomo Bendato.” Annuì il biondo.
“E noi, cosa faremo?” Domandò preoccupata Dixi.
“Tu, io e Tony saremo su uno degli edifici più alti della città, pronti a spedire Iron Man nello spazio, mentre Bruce ci guarderà le spalle.” Affermò Steve.
La ragazza guardò verso Banner, il quale le sorrise mite, ma lei sospettò che i nemici non avrebbero trovato quell’arrendevole scienziato ad aspettarli.
“Bene, Signori, ora sapete qual è il piano.” Dichiarò Fury. “Le nostre strade si dividono qui.”
“E speriamo di non rivederci a cena nell’aldilà.” Scherzò Barton.
“È stato comunque un piacere, combattere ancora insieme.” Intervenne la Romanoff, sorridendo decisa. Clint confermò annuendo.
Dixi si guardò intorno un po’ confusa, non aveva ancora familiarità con quell’aura eroica e rotta alla possibilità di una morte gloriosa. Trovò, infine, i rassicuranti occhi blu di Thor.
“Non temere, Euridice.” Le disse il dio norreno. “Sono certo che il Capitano non permetterà che ti succeda niente di male.” Poi le prese la mano e la baciò piano.
Lei spostò lo sguardo alla propria sinistra, dove sedeva Steve. L’uomo le sorrise tranquillo, prima di stringere la sua mano nella propria, già chiusa nel guanto di cuoio rosso.

*****

Era dunque così, trovarsi in una battaglia? Il suo massimo erano stati i sit-in durante Occupy Wall Street e già aveva avuto una paura assurda, circondata da tutti quei poliziotti in assetto da sommossa. Qui, tutto era così calmo e silenzioso.
Dixi si guardò intorno. Washington occupata era deserta, in quell’alba nebbiosa e lei si sentiva inquieta, anche se era stretta tra Steve in uniforme, col suo scudo ben piazzato sul braccio, e la sfolgorante armatura color rubino che conteneva Tony.
Affondò il viso nel giubbotto di Steve – che aveva insistito per indossare – e strinse a se il lap top che conteneva quella che speravano sarebbe stata la salvezza, il pezzo più prezioso di quell’attacco. Attaccata al fianco rassicurante del capitano, si girò appena per osservare la scena circostante.
Accanto al loro gruppo c’era un grattacielo altissimo e intorno solo strade vuote. Pensò che in quella città non c’era stato così poco traffico nemmeno ai tempi di Lincoln.
La ragazza, però, improvvisamente sussultò, facendo voltare anche i due supereroi. Un gigantesco essere verde, dalla impressionante muscolatura, si dirigeva verso di loro.
Non aveva mai visto Hulk di persona e ne rimase impressionata, faceva veramente paura. Steve la rassicurò posandole un braccio sulle spalle.
“Tranquilla.” Le disse con voce calma.
“Hulk resta giù.” Disse il gigante, con una voce che non somigliava neanche lontanamente a quella mite del dottor Banner.
“Bravo.” Annuì Tony.
“E spacca tutto quello che ci minaccia.” Gli ordinò il capitano.
“Hulk spacca!” Ruggì lui e se andò minaccioso come era arrivato.
“Mamma mia…” Esalò Dixi, quando se ne fu andato, posandosi una mano sul petto.
“Fa impressione, vero?” Fece Tony, prima di chiudere la protezione per il viso e girarsi verso Steve. “Come procediamo, Cap?”
“Io salgo da dentro, tu porta su Dixi.” Rispose Rogers.
“Come?” Interrogò lei. “Mi porta su? E come?”
La risposta di Steve fu solo un sorrisetto furbo, poi lei si sentì sollevare da terra e si ritrovò tra le braccia di metallo di Stark.
“Reggiti.” Le disse lui, prima di spiccare il volo.
Quando furono sul tetto, la depositò delicatamente a terra. Lei era completamente sbalordita e entusiasta. Lui sollevò la maschera e le sorrise compiaciuto.
“Allora?” Le chiese.
“Questa – è – una – cosa – FIGHISSIMA!” Scandì la ragazza con un saltello, Tony gongolò.

Quando Steve li raggiunse, la ragazza stava già preparando l’interfaccia che Iron Man avrebbe portato verso il satellite.
“Tutto ok?” Domandò prudente il capitano.
“Siamo attivi.” Rispose Tony.
Rogers si avvicinò a Dixi, la quale scriveva velocissima sulla tastiera, con espressione concentrata. Alzò appena gli occhi per sorridergli.
“Dix.” La chiamò però lui; lei gli mostrò attenzione con un cenno. “Sei davvero sicura di riuscire a farlo?” Le chiese serio.
La ragazza lo fissò stupita. “Steve, ho crackato i file della Nasa, del Pentagono, dello SHIELD…”
“Sì, ma quello era quasi una specie di gioco e…” Obiettò lui.
“Ma quale gioco!” Intervenne Tony. “Diciotto imputazioni su tre stati, l’FBI le è stata alle costole per mesi.”
Rogers lo fissò sbalordito per un lungo secondo, poi spostò uno sguardo severo su Dixi.
“Ehm…” Fece lei, desiderando di scomparire nel nulla.
“Prima o poi avresti dovuto dirglielo, ragazzina.” Dichiarò Stark.
“Grazie della delicatezza, Tony…” Commentò lugubre la ragazza.
“Spiegami.” Ordinò nel frattempo Steve, fissandola con piglio autoritario.
“Faccio io, che abbiamo fretta.” S’intromise ancora l’amico. “Quando i federali l’hanno arrestata, Dixi ha fatto un accordo col procuratore che includeva la mia offerta di lavoro – sai, sono dell’opinione che è meglio avere qualcuno tanto dotato con me, invece che contro – ma stai tranquillo Rogie, la libertà condizionata le scade l’anno prossimo.”
Steve e Dixi si scambiarono un’occhiata. Lui sembrava ancora perplesso, vagamente arrabbiato. Lei avrebbe preferito scambiarsi di posto con Tony ed essere spedita nello spazio.
“Ora, gentilmente…” Fece Tony, dando le spalle ad entrambi, un portello si aprì sulla schiena dell’armatura. “…vuole penetrarmi, Signorina Spitz?”
Dixi, con già il cavo in mano, fece una smorfia colpevole a Steve e poi si rivolse ad Iron Man.
“Con piacere, Signor Stark.” E con un sorrisetto un po’ sadico allacciò il cavo alla presa nell’armatura.  
“Oh!” Esclamò Tony sussultando. “Questo è… interessante!”
“Perché, dalla tua espressione, sembra qualcosa di sessuale?” L’interrogò il capitano.
“Uhuhhh… Perché lo è!” Rispose l’altro, contorcendosi nella sua corazza.
“Mi scusi, Signore, devo adattarmi alla nuova configurazione.” Sostenne Jarvis.
“Tranquillo, fai pure!”
Steve levò gli occhi al cielo. “Bene.” Affermò poi, sarcastico. “Sto per affrontare una battaglia con un ninfomane e una pregiudicata.”
“Cap!” Sbottarono all’unisono Stark e Dixi.
Ma non poterono aggiungere altro, perché in un punto alla loro destra il cielo si addensò ed i fulmini cominciarono a convergere verso il basso. Thor stava attaccando. Osservarono la scena e le loro espressioni si fecero immediatamente serie.
“È cominciato.” Annunciò cupo il capitano.
“Dixi, siamo pronti?” Domandò Tony, con un tono solenne che non erano abituati a sentirgli.
“Solo un attimo.” Rispose lei, il capo sulla tastiera.
Rogers andò davanti a Stark e lo guardò negli occhi, gli rispose lo sguardo profondo ma sempre ironico dell’amico. Steve gli sorrise brevemente.
“Qual è il piano B?” Domandò il milionario.
“Non abbiamo un piano B.” Rispose il soldato.
“Quindi se il piano A non funziona sarà un gran tuffo di testa in un mare di sterco, ottimo.” Commentò l’altro.
“Abbiamo sempre dimostrato di essere bravi a tenerci a galla.” Replicò tranquillo Rogers.
Stark sorrise storto, poi porse la mano all’amico. “È sempre un onore, Capitano.”
“Anche per me, Signor Stark.” Ribatté Steve, quindi si strinsero reciprocamente l’avambraccio.
Dixi, che aveva seguito tutta la conversazione con un sorriso, staccò il cavo che collegava il computer all’armatura. I due uomini si voltarono verso di lei.
“È tutto pronto.” Annunciò la ragazza.
“Beh, che dire…” Fece Tony. “Merda.”
Salutò Dixi con un buffetto metallico, annuì al capitano e poi spiccò il volo. Lo seguirono con lo sguardo, finché anche l’ultimo puntino di luce sparì tra le nuvole.
“Adesso è solo.” Commentò la ragazza. “Speriamo soltanto che il segnale funzioni.”

Il robot fu avvolto dai fulmini, poi si accartocciò su se stesso emettendo una fumata nera, quindi il dio del tuono si voltò, spiccò un balzo e schiacciò la testa di un altro robot col suo martello.
Se la battaglia davanti alla Casa Bianca non si era ancora trasformata in un’epica sconfitta per i Vendicatori, molto era merito di Thor, perché non molte altre armi oltre ai suoi fulmini ed al martello, erano efficaci contro i nemici.
Certo Clint e Natasha ne avevano fatti fuori un paio, grazie all’astuzia della Vedova ed alle frecce esplosive del Falco, ma i robot erano troppo corrazzati per qualsiasi altra azione efficace.
“Abbiamo notizie certe che Iron Man è appena partito.” Riferì Fury, parlando a Barton e Romanoff da sopra uno degli ultimi mezzi blindati rimasti intatti dagli attacchi precedenti. “Dobbiamo dargli un altro po’ di tempo.” I due agenti annuirono.
Natasha guardò Clint con espressione pensierosa, non appena il capo si fu allontanato per portare un nuovo attacco. Lui intuì che le era venuta un’idea.
“Cosa c’è?” Domandò l’uomo, prima di caricare un’altra freccia esplosiva.
“Non c’è nessuno a pilotare questi robot, sono comandati in remoto.” Affermò la donna. “Deve esistere un centro di comando.”
Lui la fissò per un lungo significativo momento. “Certo, che deve esserci.” Confermò.
“Troviamolo.” Dichiarò lei decisa.
Clint annuì ed ebbero una nuova missione, mentre Thor friggeva l’ennesimo guerriero artificiale.

Dixi alzò gli occhi dallo schermo del lap top ed osservò la figura solida e perfetta del capitano stagliarsi contro il cielo; immaginò il suo sguardo serio rivolto ai rumori lontani della battaglia, le belle labbra imbronciate, la mascella contratta.
Fino a quel momento, la ragazza non aveva ancora realizzato quanto fosse assurda tutta la situazione. Era consapevole di avere doti non comuni nella propria materia, ma aver contribuito a qualcosa che poteva salvare il mondo era leggermente fuori dalla sua portata. Si sentiva emotivamente impreparata a quello che stava succedendo. Eppure vedere Steve, bello e fiero come una statua antica e altrettanto solenne, le dava un certo senso di sicurezza.
Questo almeno finché l’uomo non parlò e la sua voce di solito dolce suonò stranamente fredda e allarmante nel silenzio di quel tetto.
“Di quanto tempo abbiamo ancora bisogno?” Chiese a Dixi, facendola sussultare; lui non si era girato, continuava a guardare insistentemente verso la battaglia.
“Secondo i calcoli…” Rispose lei, dopo essersi ripresa. “…circa nove minuti.”
“Non abbiamo nove minuti.” Sentenziò il capitano, dandole ancora le spalle.
“Che vuol dire?!” Interrogò preoccupata la ragazza. Steve si girò verso di lei con espressione seria.
“Stai lavorando in linea con Jarvis, vero?” Le disse quindi e lei capì.
Dixi annuì. “Sì.” Confermò poi. “Ci individueranno…” Aggiunse poi, consapevole.
Steve la guardò negli occhi, cercando di essere il più fermo possibile, nonostante l’idea che lei fosse coinvolta in uno scontro gli facesse tremare le mani.
“Se arrivano, tu pensa solo al computer.” Le disse. “A loro ci penso io.”
“Steve…”
“Shh.” Fece lui, avvicinandosi. “Andrà tutto bene.”
Le prese la nuca con la mano guantata e l’avvicinò a se, dandole un bacio appena umido. Dixi fece un piccolo sorriso nervoso e gli strinse l’avambraccio.

“Sei minuti, Signore.” Annunciò la voce di Jarvis.
“Bene.” Annuì Tony. “Eccolo là.” Aggiunse, dopo aver adocchiato il profilo del satellite.
Nel buio dello spazio, la superficie metallica dell’attrezzatura brillava colpita dai raggi del sole. Iron Man si avvicinò veloce e preciso, rallentando quando gli fu vicino.
“Adesso troviamo l’accesso più facile.” Disse il milionario, facendo iniziare a Jarvis la scansione del satellite.
“Non devo dirle, vero Signore, che appena cominceremo a scaricare l’interfaccia, probabilmente il nemico ci individuerà.” Sostenne l’intelligenza artificiale.
“Ci preoccuperemo di quello quando succederà.” Sostenne Tony, mentre estraeva il cavo da un portello sull’armatura. “Dammi il tempo, piuttosto.”
“Quattro virgola quarantotto minuti alla decompressione della corazza.” Rispose Jarvis.
Tony trovò e scardinò il portello che copriva l’accesso ai sistemi del satellite, poi inserì la spina del cavo ed ordinò a Jarvis di cominciare col download.
“Siamo dentro.” Soffiò quindi, mentre nel petto il cinismo combatteva con la speranza.

Steve stava fissando l’orizzonte con nel petto la spiacevole sensazione che la pace stesse per finire. Lanciò una veloce occhiata a Dixi, la quale fissava intensamente lo schermo del lap top, poi tornò a girarsi in direzione della battaglia.
“Il download è quasi completato.” Annunciò la voce concentrata della ragazza, proprio nel momento in cui lui vide tre punti neri alzarsi in volo e prendere la loro direzione.
“Mettiti al riparo.” Ordinò il capitano.
Lei lo guardò incredula. “Che succede?” Domandò allarmata.
“Arrivano.” Rispose Steve, mentre si metteva in posizione divaricando le gambe.
Dixi osservò l’orizzonte, dove si stavano allargando le tre figure scure; ormai poteva riconoscere senza problemi i robot che li stavano per attaccare.
“Ho detto: riparati.” Insisté Steve con tono glaciale.
La ragazza prese il computer e si rifugiò oltre uno dei lucernari in vetro che affacciavano sul tetto, quindi cominciò a dividere la sua attenzione tra lo schermo – dove la barretta del download andava riempiendosi – e quello che stava per affrontare il capitano.
Il primo robot non riuscì nemmeno ad approcciare il tetto. Steve lanciò lo scudo e gli tranciò di netto un braccio e un’ala. L’automa perse stabilità, piegò di lato e precipitò, schiantandosi con un boato contro l’edifico accanto. Dixi sussultò per lo schianto e poi vide il fumo.
Il secondo nemico, però, stava già per atterrare. Il capitano lanciò ancora lo scudo, che lo colpì al petto, tornando indietro. Il robot sparò e Steve si difese dietro lo schermo di vibranio. In quel momento, atterrò anche il terzo nemico.
Dixi osservava la scena terrorizzata. Steve era certamente forte, agile e con i riflessi prontissimi – e anche particolarmente elegante quando combatteva – ma affrontare due robot da solo e senza armi le sembrava un’impresa enorme anche per lui.
Non fece in tempo a formulare questo pensiero, che il capitano balzò sulle spalle di uno dei due robot, strappandogli poi i circuiti sporgenti nella zona del collo. L’automa sfrigolò e fumò, prima di accasciarsi.
Tutta questa operazione, però, comportò un attimo di distrazione, per Steve. Il terzo robot non perse tempo e lo colpì con un raggio di energia. Lui non fece in tempo a ripararsi con lo scudo.
Dixi vide Steve essere investito dal raggio e lo sentì gridare di dolore, quindi il suo corpo s’inarcò all’indietro in modo innaturale, quasi sollevato sulle punte dalla scarica.
“Steve!” Gridò disperata, balzando in piedi, senza pensare che così rischiava di compromettere tutto.

Quando Tony li vide arrivare, mancavano pochi secondi alla fine del download e due minuti scarsi alla compromissione della corazza di Iron Man.
“Merda.” Imprecò tra i denti. “Quanti sono, Jarvis?”
“Cinque, Signore.”
“Completiamo il download e inviamo il segnale, poi ci occuperemo della collezione di Transformers.” Disse beffardo. “Mi manca giusto l’ultimo Decepticon.”
“Download completato, Signore.” Annunciò Jarvis, proprio mentre il primo robot lanciava un missile. “Le armi del nemico sono puntate verso di noi.”
“Mirano al satellite, cazzo!” Esclamò Tony, rendendosi conto della situazione. “Dobbiamo tenerli bada, Jarvis.” Aggiunse, rispondendo al fuoco e distruggendo il missile dei nemici.
“Sistemi in linea, risposte d’attacco pronte.” Replicò il software.
“Tempo?”
“Un minuto e cinquantaquattro secondi alla decompressione dell’armatura.”
Tony strinse i denti, analizzò con lo sguardo i suoi schermi e distrusse altri due missili che puntavano al satellite.
“Invia il segnale, Jarvis.” Fu il suo ordine più urgente. “Adesso!”

Clint e Natasha presero un elicottero e sorvolarono l’area dell’attacco. Non gli ci volle molto ad individuare, nei pressi dello Smithsonian, un grande rimorchio nero circondato da ben quattro armatissimi robot.
I due agenti si scambiarono uno sguardo significativo. Se quella non era la base operativa del nemico, ci somigliava parecchio ed era nel raggio d’azione necessario per controllare gli automi da combattimento.
Non sarebbe stato facile radunare uomini sufficienti ad affrontare i robot a guardia della base, specie con le comunicazioni completamente azzerate. Provarono ad inviare un segnale radio, ma prima che qualcuno gli potesse rispondere, uno dei guardiani li individuò e sparò un missile contro di loro.
Ci volle tutta l’abilità di pilota di Barton, per schivare il colpo ed atterrare a debita distanza; ad ogni modo, lui e la donna, fecero appena in tempo a scappare dall’elicottero che questo fu distrutto da un secondo missile. Le fiamme baluginavano ancora alle loro spalle, mentre si rifugiavano dietro un edificio.
“Comunicazioni?” Domandò la Romanoff, ricaricando un fucile.
“La radio era sull’elicottero.” Rispose Barton, controllando le rimanenze nella faretra.
“Munizioni?” Fece allora Natasha; si guardarono. “No, non me lo dire: sull’elicottero!”
“Abbiamo solo questo.” Dichiarò Clint, accennando all’equipaggiamento che avevano davanti, mentre un primo colpo raggiungeva il muro alle loro spalle, facendo esplodere pezzi di cemento.
“Bene.” Annuì lei scuotendo i boccoli rossi. “La nostra situazione preferita…”
“Intendi quella con un nemico dalla forza e potenza di fuoco superiore, senza rinforzi, con poche armi e scarse possibilità di riuscita?” Ironizzò lui.
“Esatto!” Esclamò la donna, con una luce vagamente folle negli occhi chiari.
“Lasciatelo dire, Nat.” Replicò Clint. “Tu sai come far divertire un uomo.”
“E non hai visto il meglio.” Sostenne lei, mentre montava l’ultimo pezzo di un piccolo bazooka.
La donna si mise l’arma in spalla e poi prese Clint per il bavero, dandogli un sensuale bacio.
“E questo?” Fece lui sorpreso.
Lei si strinse nelle spalle. “Domani potremmo essere morti.” Rispose pratica, prima di spostarsi sulla destra e sparare il primo colpo contro i robot.

Il grido di Dixi aveva attirato l’attenzione del robot rimasto, dopo che Steve era crollato a terra esanime. La ragazza lo vide camminare pesantemente verso di se e prese l’unica decisione possibile: scappare.
Prese da terra il lap top e corse. Non sapeva dove, ma doveva allontanarsi al più presto possibile. Corse verso una delle torrette delle scale, forse all’interno poteva salvarsi.
Il tempo, però, decise che quello era il momento. Un cicalino insistente dal computer le annunciò che – sì, proprio mentre correva disperatamente per sfuggire ad un robot e non sapeva quale fosse la sorte dell’uomo che amava – era il momento di premere quel pulsante e dare il via al virus.
“Cazzo, cazzo, cazzo!” Imprecò correndo.
Dixi, poi, sentì arrivare i colpi; probabilmente non la raggiungevano perché era in movimento. Incavò la testa nel collo della giacca di Steve, mentre la ghiaia del tetto le colpiva le gambe.
Un raggio raggiunse uno dei lucernari, alla sua destra, facendolo esplodere in milioni di schegge di vetro. Lei si riparò con un braccio, ma un’altra esplosione fece spostare l’aria e venne colpita da qualcosa, che la spinse con forza di lato. Si ritrovò a penzolare nel vuoto, senza sapere come era successo. Si reggeva solamente con un braccio, perché con l’altro teneva il computer – che continuava a cicalare – e, fortunatamente, con un piede che poggiava su una qualche sporgenza.
Ecco, muoio così… di tutti i modi è quello che meno avrei pensato… Rifletté la ragazza. Potevo esser messa sotto da un taxi, per dire, o morire a centosei anni nel mio letto, meglio, ma lasciare un mucchietto di budella sotto un grattacielo non era esattamente nei miei progetti…
Quando la figura del robot si affacciò sopra di lei, si convinse che era davvero la giunta la sua ora. L’automa fece per alzare il suo braccio armato e colpirla, ma proprio in quel momento lo vide vibrare, qualcosa sul suo collo sfrigolò, poi l’imponente macchina vacillò in avanti e cadde nel vuoto passandole sopra.
Lo schianto al suolo avvenne proprio mentre qualcuno le afferrava la mano rimasta attaccata al cornicione. Una manica azzurra e un guanto rosso e Dixi ricominciò a respirare.
“Steve!” Chiamò con urgenza.
“Dix.” Rispose lui, affacciandosi oltre il cornicione; era senza cappuccio, spettinato e pallido.
“Dio, sei vivo!” Esclamò la ragazza con le lacrime agli occhi.
“Non so cosa mi ha fatto quel raggio, ma sono molto debole, aiutami o non ce la farò a tirarti su…” Le disse lui serio, con evidente sforzo. “Butta il computer e dammi anche l’altra mano.”
“No!” Rifiutò decisa lei, lui aggrottò la fronte. “C’è il segnale, Steve, Tony ce l’ha fatta… manca così poco!” Aggiunse, guardandolo negli occhi.
“Non ce la faccio, Dix…” Rantolò il capitano, stringendo la stretta sul suo polso.
“Steve…” Lo supplicò lei, che sentiva la propria presa allentarsi.
Ma la fortuna, si sa, aiuta gli audaci e loro lo erano stati fin troppo quel giorno. Una gigantesca mano verde si sporse dal tetto e acchiappò Dixi alla vita, sollevandola con la stessa facilità che chiunque altro riserverebbe ad un biscotto. La ragazza si ritrovò a fissare incredula il faccione minaccioso di Hulk, mentre Steve ansimava ancora disteso a terra sul bordo del palazzo.
“Adesso mettila giù, piano…” Fece il capitano, mentre si metteva seduto, facendo gesti calmi al gigante.
“Hulk salva.” Grugnì l’alter ego di Banner, mentre depositava Dixi a terra.
“Oh, Dio, grazie!” Esalò la ragazza una volta rimessi i piedi sul tetto.
Non poterono prendere respiro più di tanto, perché videro subito altre due robot dirigersi verso la loro posizione. Steve sospirò e scrollò le spalle, apparentemente esausto.
“Oh, cazzo…” Imprecò poi.
“Steve, hai detto cazzo…” Gli fece notare Dixi sbalordita.
“Pensa Hulk.” Sentirono però ringhiare dalle loro spalle, poi videro il gigante verde balzare e acchiappare in volo i due nemici, per poi portarli sul tetto dell’edificio di fronte e sbatterli come stracci per la polvere.
“Dio, Dix, schiaccia quel pulsante!” Esclamò subito il capitano, voltandosi di scatto. Lei riaprì il lap top sulla schermata del segnale d’invio.

“Ora!” Sostennero speranzosi Natasha e Clint, al riparo dai colpi, vicini alla sala operativa del nemico.

“Ora!” Pregò dentro di se Nick Fury, mentre guidava un ultimo disperato attacco contro i robot alla Casa Bianca.

“Ora!” Sputò Tony Stark, combattendo per la salvezza del satellite dai missili nemici, mentre il contatore del suo tempo scendeva minacciosamente.

“Ora!” Invocò Thor brandendo il suo martello nel mezzo del Giardino delle Rose assediato dai nemici.

“Ora!” Gridò Steve e Dixi schiacciò il pulsante d’invio.


CONTINUA



   
 
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